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Autore: suzako    13/09/2010    2 recensioni
"Adesso devi lasciarmi andare. Devi lasciarmi tornare, perché anche io possa morire.
Devi lasciarmi morire, Alfred. Alfred."
(Era stato sciocco sperare che la guerra fredda rimanesse tale. USUK)
Genere: Dark, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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<< Vorrei che la smettessi >>

Mentre parlava, sentiva il vetro della finestra freddo sotto il palmo delle sue mani. Fuori era buio, un panno nero che non lasciava alcun appiglio alla vista.

<< Non riesco a vedere niente, Alfred >>

<< Questo perché non c’è nulla da vedere >>

E lui aveva riso.


<< Lo sai che non è possibile >>

America alle sue spalle sedeva con la pistola in mano, poteva udire chiaramente gli scatti del metallo e il rumore morbido del palmo che ne accarezzava la superficie. Poteva quasi sentirla lui stessa.
Aveva parlato in poco più di un sussurro, una risposta automatica priva di convinzione. Dopotutto, non aveva alcun bisogno di convincerlo. Arthur sapeva di non poter combattere.

Oh, America, io so che è possibile tutto ciò che tu vuoi. Non puoi mentire, non a me. Puoi usarmi, puoi costringermi, puoi rinchiudermi, puoi distruggermi come puoi proteggermi. Ma non mi conquisterai, mai. Mai.

Il ticchettio regolare dell’orologio sul muro. I passi quieti sul pavimento, il respiro appena impercettibile, per la paura di fare troppo rumore. L’abbaiare di un cane, lontano anni luce, perso nell’oscurità del mondo al di là di quelle quattro mura.
Ci sono rumori che si svelano solo nel silenzio.

<< Sono molti giorni che non mi fai uscire >>

Giorni? Settimane ormai. Dubitava che Alfred conservasse la benché minima cognizione temporale ormai. Era perso in sé stesso, deciso a trascinare tutti nella sua caduta.

<< Non è sicuro. Non ancora. Ascolta, ancora un poco e potrai tornare alla tua fangosa Inghilterra, okay? >>

Arthur inalò profondamente, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. Poteva quasi sentirlo, l’odore del muschio silvestre dei suoi boschi, il terriccio umido sotto le unghie, il freddo che dalle punte dei piedi risaliva tutto il corpo. Poteva sentire il silenzio sotto lo scrosciare regolare della pioggia, le macchine e le voci umane attutite dalla coltre maestosa dell’acqua. Li sentiva, e sentiva anche che erano sempre più lontani.

Quanti mesi erano passati dall’ultima volta che aveva messo piede nel suo corpo?
Non sarebbe tornato. Né in una settimana né in altri sei mesi. Era evidente quanto le conseguenze che comportava.

Separare una nazione da sé stessa è come togliere ad un corpo umano quei ventuno grammi che lo rendono vivo. Significa condannare entrambi ad una morte lenta come l’inesorabile sprofondare di un anello nel fango. Arthur poteva sentire i suoi fiumi prosciugarsi, le arterie del suo corpo restringersi, le città assopirsi e il sangue scorrere più lentamente. E la pioggia, la pioggia che continuava incessante a cadere, sui suoi occhi e sulle sue tempie, rendendogli le membra pesanti, gli occhi appannati, incapace di reagire e opporsi alla sua stessa dissoluzione.

Ironico pensare che l’unica guerra che l’avrebbe ucciso sarebbe stata quella che aveva deciso di non combattere.

<< Che cosa hai fatto, Alfred? Che cosa ci hai fatto? >>

Dopotutto, era stato sciocco pensare che la guerra fredda sarebbe rimasta tale per sempre. Era stato stupido pensare che l’America fosse troppo buona, troppo gentile per fare una cosa del genere. L’Inghilterra aveva deciso che ciò che era stato fatto, fosse stato per il bene maggiore. Per la causa, una giusta causa. Alfred aveva visto dopotutto, aveva visto con i suoi stessi occhi la follia di Ludwig, e cosa questa avesse portato ad ognuno di loro. Aveva visto

I fiumi d’Inghilterra rossi di sangue

I cadaveri sbocciare dal terreno come fiori, nell’Aprile più crudele.

Aveva visto. E Arthur aveva pensato avesse imparato. Ma non così. Non per quello. E lui forse, era stato l’unico a non vedere. Accecato dalla luce e dal sangue ormai secco che non era riuscito a lavare via, non aveva capito.



<< …E’ un pericolo, Inghilterra. Per noi e per se stesso >>

<< Non dire idiozie, Francis! Ci ha salvati tutti, mi ha salvato, dopo che tutti ve ne siete lavati le mani, dopo che anche te mi hai lasciato a morire! >>

La Francia aveva chiuso gli occhi dalle lunghe ciglia, per non guardare o per meglio colpire, come tante volte aveva fatto nella sua, nella
loro lunga storia. Codardo era la parola non pronunciata che risuonava ad ogni respiro.

<< Sono stato sconfitto. Per la seconda volta in trent’anni, Arthur. Non ne vado fiero, ma non parlare come se avessi avuto scelta. Lo spirito della Francia, il mio spirito è sempre stato con la resistenza: ma il mio corpo, la mia nazione, sono stati calpestati. Ho lottato, ho perduto, e ora vivo perché non accada di nuovo >>

Arthur poteva sentire il tumulto di Londra nel proprio petto, le folle urlanti il giorno della vittoria e i cori delle proteste. Poteva sentire il clamore la battaglia, il fuoco bruciare e le fondamenta scuotersi. Era una rabbia che non poteva contenere, amplificata dai pensieri di migliaia di altri individui che erano lui, ma non esattamente.

Lo afferrò per il bavero dell’uniforme, sbattendolo al muro con la poca forza che gli rimaneva, utilizzandola per costringerlo a stare lì, fermo, e l’avrebbe crocifisso a quel muro se solo avesse potuto.
Non sarebbe stato difficile. Nessuno di loro era più stato lo stesso dopo quella guerra, ma se L’Inghilterra poteva essere un cadavere chiuso nella propria corazza, la Francia non era altro che una corazza vuota.

<< Tu. Tu sei vivo perché io l’ho deciso, idiota incapace che non sei altro! Sei vivo perché io ho resistito, perché ho combattuto da solo contro un intero continente che per tre anni ha tentato di farmi a pezzi! Sei vivo grazie alla tua codardia, e alla doppia faccia che adorna la tua bella persona: sei sempre stato infimo e basso, e per questo non c’è mai stata pace tra noi, solo tregua. Sapevo che la nostra alleanza non avrebbe portato nulla di buono, ma te comunque sei riuscito a tirarne fuori il meglio, non è così? Non è cosi, amico mio? >>

Arthur gli vomitò tutto in faccia, tutto il rancore, la fatica e la delusione di quegli anni in un sibilo basso e ringhioso. Per cosa aveva lottato, per chi aveva sacrificato sé stesso?
Teneva gli occhi vitrei infissi nei suoi per trapassarlo da parte a parte come una pallottola, ma Francis non abbassò lo sguardo pallido neanche un secondo. I suoi occhi erano vuoti, e le pallottole lo attraversavano senza potere veramente ferirlo.

<< Oh, Arthur. Piccola amena Inghilterra, così sola e sperduta, così vuota senza il suo potere. Hai perso tutto, non è così? La tua gloria e la tua potenza, tutto perduto! Ormai ti rimane solo il ricordo, e lo sai bene. Cosa avresti fatto tu, senza l’America? Con tutto il tuo coraggio e la tua testardaggine, da solo non avresti vinto questa guerra. Si, tu hai resistito. E’ stato il tuo canto del cigno, l’ultimo baluardo di una forza ormai esistita. Hai resistito, mandando al macello migliaia dei tuoi uomini, lasciandoli cadere sulla tua terra con le ali spezzate. Sai cosa significhi morire in volo? Conosci il muto terrore della morte a seimila piedi da terra, quello che provi nell’esatto momento in cui comprendi che tutto è perduto, e le fiamme iniziano a divorarti la pelle? >>

Francis si lasciò sfuggire il più impercettibile dei sorrisi. Arthur se ne accorse, e strinse la presa attorno al suo collo. << Bastardo. Stai zitto! Stai zitto! >>

<< Sì, dalla tua reazione vedo che è un terrore che conosci molto bene >>, andrò avanti, ignorandone gli insulti e le minacce << L’hai provato sulla tua stessa pelle e tutte le volte che è toccato ai tuoi uomini >>

<< Smettila Francis, smettila subito >>, era una minaccia o una preghiera? Oramai, era impossibile dirlo. Il nemico e l’alleato. Il bene maggiore e il male minore. La vittima. L’assassino. Chi erano? Dov’erano adesso? Tutte le certezze delle guerra cancellate. In un solo gesto. Una sola parola.

<< Ma a cosa è servito? Sei stato rimpiazzato, vecchio nemico. Nessuno avrà più paura di te oramai. Chi ha vinto la guerra? Né io né te, lo sai bene. L’America ha vinto. Noi abbiamo perso. E ora dobbiamo pagare le conseguenze. La sua crudeltà e la sua indifferenza hanno eguali soltanto in Ivan, e con ciò la nostra sorte è segnata >>

<< E’ stato necessario, Francis! Non era crudeltà non più di tutto il resto! Chi sei tu per parlare di pietà? Sai bene cosa hai fatto, come lo so io! Sappiamo entrambi di cosa siamo stati capaci! E Ludwig? La sua follia ci ha trascinato in due guerre, ci ha portato nel baratro e ci avrebbe lasciati lì! Tu hai visto Francis, e sai che quella è crudeltà. America ha fatto solo ciò che era necessario, e non l’ha fatto volentieri! La tua lingua velenosa non può più ferirmi. Non sei più niente per me. Non sei neanche un nemico. Non sei nulla >>

Lentamente, le sue mani lasciarono la presa. E non c’era soddisfazione nella sua voce, non c’era piacere, non c’era niente. Era come uno di quei crateri lasciati dalle bombe, sui quali si deposita la polvere eterna delle case circostanti, che sono lì in tutta la loro mostruosità, ed è ancora più mostruoso quando iniziano ad apparire normali.

Arthur si schiarì la voce, e la sua postura e il suo sguardo tornarono quelli di sempre. Un militare. Un ambasciatore. Un uomo politico. Un rappresentante ufficiale. Una nazione.

<< Hiroshima è stata… Un sacrificio necessario. E che Dio ci perdoni per essere arrivato a questo punto, per non essere riusciti a fermare questa follia prima che fosse necessario arrivare a tanto. Ma lo era. Era indispensabile, non si poteva fare altrimenti >>

Francis lasciò che ci pensasse il muro a sostenere il suo peso. E lo guardava, con quello stesso piccolo sorriso che si faceva sempre più larghi, e quegli occhi vuoti sempre più cattivi.

E poi disse una parola.

Una sola parola

E quella parola era

<< Nagasaki >>

Tutte le certezze della guerra… cancellate.
Se solo avesse guardato.





<< Arthur? Arthur, dove sei? >>





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