Libera
uscita: una sera all’ osteria
Era la metà del mese di gennaio.
L’inverno rigido si preannunciava lungo e
opprimente.
Questo pensava André, mentre guardava fuori
dalla finestra del corridoio della caserma, lo spazio esterno delimitato dal muro
di cinta, ricoperto da una coltre bianca e farinosa. I deboli fuochi delle
torce poste a intervalli lungo le mura, facevano sembrare giallognolo quel
manto quasi inviolato da piede umano. Non aveva ancora smesso di nevicare;
fiocchi fitti e leggeri continuavano a scendere lenti dal cielo che imbruniva
al crepuscolo e andavano a seppellire le orme di stivali, lasciate durante il
giorno.
Gli era sempre piaciuto guardare la neve, e
quella che ora ricopriva il cortile della piazza d’armi rendeva il paesaggio
meno grigio del solito. Un vago sorriso gli increspò le labbra, sapeva che per
lui non sarebbe stato freddo.
Aveva accettato l’invito di Alain e ora
aspettava di unirsi ai suoi compagni che si stavano preparando per la libera
uscita.
Aveva nevicato fin dal mese precedente.
I campi e le messi già scarse delle campagne
erano ancora sotto la morsa del gelo; nell’ultimo anno la siccità e la scarsità
dei raccolti, avevano colpito duramente la popolazione. I silos di grano erano
semivuoti e la produzione di pane scarseggiava. La situazione era drammatica;
la gente si lamentava per le strade perché aveva sofferto ancor più la
fame.
Il fermento attraversava gli animi e si
sentiva nell’aria pungente che tagliava come lame di rasoio; pareva un sibilo
sinistro che percorreva le vie e i vicoli sudici di Parigi, come un’ infezione.
Serpeggiava tra il popolo scontento che faceva
le file presso le botteghe dei fornai per riuscire a trovare l’ultimo filone di
pane nero raffermo.
I soldati di Oscar lo sentivano salire, quando
pattugliavano le strade o le piazze dei mercati gremite di persone affaccendate
alla compravendita di generi alimentari che erano rincarati, diventando
proibitivi per molti abitanti di Parigi.
Dall’alto comando arrivavano ordini e
disposizioni quasi ogni giorno e la tensione era palpabile; un’ intera nazione
era avviata al disastro, al collasso politico ed economico, ma nessuno ancora
pareva intuirlo, o forse, ad alcuno importava.
La vita di tutti continuava nello stesso modo
inesorabile; poveri disperati e mendicanti cenciosi senza scarpe, continuavano
a morire di fame ai bordi delle strade, e i nobili oziosi e annoiati
seguitavano a vivere nel lusso dei loro palazzi parigini, a viaggiare in
carrozze eleganti per andare a teatro a vedere commedie divertenti, in netto
contrasto con la realtà della miseria che dilagava subito dietro l’angolo,
portando all’esasperazione e allo sfinimento.
Anche la vita dei Soldati della Guardia era
sempre la stessa, ma per una sera poteva essere diversa, forse più leggera,
senza pensieri per poche ore.
Quella sera erano in libera uscita.
Il comandante aveva deciso molto saggiamente
di concedere l’ultima prevista per quel mese, prima di non poterlo più fare
successivamente. Già, perché dopo sarebbe stato impossibile.
Non ce ne sarebbero state altre per molto
tempo e i soldati lo sapevano.
E allora, tanto valeva godersi le ultime ore
di libertà, magari tra le braccia di qualche bella sconosciuta, prima di
ritornare tra pulci e pidocchi, alle brande sporche e maleodoranti delle
baracche.
Una decina e forse più di questi giovani
soldati si erano ritrovati tutti nella solita osteria della città, dove si
andava a gozzovigliare bevendo vino scadente, o corteggiare qualche procace e
generosa fanciulla che si manteneva col mestiere più antico del mondo.
Alain e André erano fra questi.
Nel locale, oltre ai soldati altri avventori,
stanchi dalla giornata e con la voglia di dimenticare dentro un boccale di
birra, i problemi difficili del vivere in una città affamata.
Erano entrati cantando e schiamazzando come un
gruppo di forsennati, e dopo aver chiesto da bere all’oste, si erano impegnati
a passare la serata in svariate attività: chi a giocare a carte, chi a lanciare
coltelli alle travi nere di legno del soffitto, chi costruiva improbabili
piramidi con boccali di vetro che immancabilmente crollavano rovinosamente a
terra con dispiacere dell’oste, chi faceva scommesse su chi avrebbe bevuto di
più e c’era chi si faceva consolare dalla dolce compagnia di qualche nota signorina
del quartiere.
Alain e Andrè si erano seduti a un tavolo un
po’ isolati rispetto agli altri compagni.
Erano diventati ottimi amici e Andrè qualche
rara volta, si univa a quelle bevute tra soldati solo perché era il buon vecchio
Alain a chiederlo. In fondo, ogni tanto faceva piacere passare una serata
diversa dalle solite. Non che delle sue serate avesse a lamentarsi.
Dal canto suo, Alain pensava che era il caso
di approfittare un po’ di quell’ occasione; come per altro succedeva tutte le
volte che aveva condiviso la sua compagnia con l’amico, avrebbero parlato di
lei. Per Alain, il comandante era sempre un argomento di vivace interesse e
bonaria curiosità. Magari, una notevole quantità di vino avrebbe aiutato a
scogliere la lingua notoriamente silenziosa del Grandier.
Uno dei loro compagni alzò un braccio verso di
loro per chiamarli.
“Ehi, voi due, perché non giocate a carte con
noi? Ci mancano un paio di giocatori per la partita!!”
Alain gli rispose rimanendo al suo posto senza
guardarlo.
“Non stasera amico, non mi va molto di giocare
a carte.”
Il soldato, dopo il rifiuto di Alain chiese a
qualcun altro e finalmente trovò i suoi partecipanti.
Intanto Alain si versava da bere in un
bicchiere e ne versava anche in quello di André; l’ex-attendente era silenzioso
come al solito.
Ma Alain aveva voglia di parlare e forse
ridere un po’: non lo avrebbe lasciato tranquillo a riflettere sul senso della
sua vita, o peggio ad ubriacarsi come, in verità, era accaduto certe sere ormai
lontane.
“Allora André, a che brindiamo?” esordì
ghignando.
“Non saprei; abbiamo qualcosa da festeggiare?”
“No, ma siccome non so quando ricapiterà,
meglio farlo adesso. Allora, a cosa?”
“Se proprio insisti; brindiamo… alle gioie
dell’amore!!” esclamò Andrè, levando in alto il suo boccale, con un’allegria
che appariva davvero insolita in lui.
“Ah, l’amore!! Bravo ragazzo!!” Gli gridò in
risposta uno degli avventori, un calzolaio dalla camicia unta, seduto poco
distante, probabilmente già parecchio sbronzo, che tratteneva tra le mani
callose un piccolo fiasco di vino.
Alain quasi si strozzò, mentre tentava di
trattenere la risata che gli avrebbe fatto sputare il vino sulla faccia
sorpresa di Andrè.
“Non hai ancora bevuto e sei già ubriaco,
André?”
Sono ubriaco, sì… sono ubriaco…
“Perché ti sorprendi? Non è un bel brindisi?
L’amore è quello che muove il mondo…”
Alain aveva notato da un po’ di tempo, che
André aveva perso la sua consueta aria corrucciata, anzi, in alcuni momenti
pareva che fosse addirittura felice.
“Sì certo, se tu sapessi di cosa parli.”
Ironizzò Alain.
“Perché, tu lo sai?”
“Credo di sapere quello che mi serve.”
Sentenziò.
“Quello che ti serve? Ma di che parli? Tu le
donne le paghi…” Obbiettò Andrè con un sorriso indulgente.
“A volte, sì… perché so che l’amore non è
qualcosa che si trova sotto i sassi, ma soprattutto so che non bisogna
picchiare la testa ostinatamente contro un muro.”
André non volle ribattere, ma rimase
tranquillo in silenzio, con la piega di un mezzo sorriso sul viso.
Abbassò appena lo sguardo sul tavolo.
Attorno a loro si sentivano le voci concitate,
a volte alticce degli altri avventori miste a quelle dei soldati. Nel locale il
vino scorreva a fiumi e l’allegria rendeva l’atmosfera rilassante. Era bello
per una sera non pensare a tutti i grattacapi che rendevano quella vita
complicata.
Alain parlò ancora.
“Bene Andrè, voglio dimenticarmi dell’esercito
francese fino a domani…”
“Capisco perfettamente… - rispose il Grandier,
e si girò ad osservare una ragazza poco distante che li osservava con evidente
interesse, poi si rivolse nuovamente all’amico - …sicuramente lei saprebbe
aiutarti.”
Ironizzò divertito, indicando la fanciulla col
pollice e bevendo un sorso di vino annacquato.
“Stasera no… Con i tempi che corrono non posso
buttar via il mio poco denaro tutte le volte. Senti un po’: perché non sei
tornato a casa col comandante?”
“Oscar questa sera aveva una riunione con
alcuni alti ufficiali dell’esercito a Versailles… sarebbe stata una cosa lunga…
e poi, mi sembrava giusto approfittare dell’ultima sera di libera uscita…”
Vorrei essere con te Oscar… brucio dalla
voglia… invece sono qui, in questo posto, a dar retta alle cavolate che dice
Alain, quando è ubriaco. Ti avrei seguita
a Versailles, ma non hai voluto…
“Si preparano a fotterci tutti!!” esclamò
Alain ridacchiando e vuotando d’un fiato la sua bevanda.
“Oscar, non lo farebbe mai!” protestò Andrè e
dicendolo aveva quasi picchiato il bicchiere sul tavolo.
“Non ti scaldare subito; non stavo parlando
della tua Oscar, ma di quella manica di imbecilli impomatati col parrucchino e
i nei finti, che sono i generali dell’esercito francese.”
Intanto si versava un altro goggio, mentre
Andrè lo sbirciava in tralice con la coda dell’occhio.
“L’hai sempre chiamata così?” chiese
all’improvviso.
Andrè non colse subito il riferimento.
“Chi?”
“Come chi? Il comandante…”
“Intendi col nome di battesimo?”
“Sì…”
“Certo.”
Alain, prima di parlare di nuovo, per un
attimo osservò il colore rosso rosato del liquido che ballava nel bicchiere che
faceva oscillare tra le dita, e intanto, giocava coi riflessi sul vetro
generati dal fuoco di una candela.
“Sai, non so davvero come tu faccia…” Osservò
come se parlasse fra sé.
Andrè per un attimo ebbe un brivido,
trattenuto a stento dal tremito della voce.
“A fare che?”
“A nutrire ancora delle speranze. Sai, penso
che potresti vincere il premio alla pazienza…”
Andrè restò in silenzio un secondo… premio
alla pazienza…
“Hai proprio ragione, Alain… ma la vita può
sempre riservare delle sorprese…”
Alain non seppe decifrare quella risposta
ambigua e si limitò a guardare il compagno in maniera perplessa e un po’
sardonica.
“Davvero non hai mai cercato di interessarti
ad altre donne? Sei un bel tipo e ho visto come ti guarda quella cara ragazza
all’angolo della sala.”
E con un cenno impercettibile della testa,
indicò una bella ragazza coi capelli rossi e ricci, e la pelle lattea, che
lanciava verso Andrè occhiate implacabili.
“Quella cara ragazza ha guardato prima te
nello stesso modo; sarei solo la sua seconda scelta. Probabilmente le hai
spezzato il cuore. Me la vuoi rifilare dopo esserti divertito con lei? Non è
carino da parte tua, Alain…”
“Ti assicuro che non ha mai guardato me, come
ora guarda te. Ci siamo divertiti, sì…
comunque, è una brava ragazza. Meriterebbe un brav’uomo accanto…”
“Non ne dubito. Allora, perché non hai fatto
sul serio con lei? Tu non fai mai sul serio con le donne, non ci metti mai il
cuore. Le ami tutte a modo tuo… vero Alain?”
“Non stavamo parlando di me, ma di te…
Dovresti puntare la tua attenzione altrove, dico sul serio… So di cosa parlo.”
Andrè l’ osservava con assoluta calma, forse
con l’ombra di un sospetto nello sguardo, mentre vivide immagini attraversavano
la sua mente, scene che forse avrebbero fatto arrossire anche un uomo
disinvolto e pratico come Alain.
Interessarmi a un’ altra? No, non potrei mai…
non ho mai potuto. Ora non potrei più…
“Non dico che non abbia mai guardato le altre
donne… so apprezzare anch’io le belle ragazze, ma… al dunque…”
“Facevi cilecca? No, ti prego…- sghignazzò -
Non dirmi che hai avuto problemi in quel senso…”
“No Alain, non andavo fino in fondo. Non mi
facevo coinvolgere…”
“Cosa vuol dire che non ti facevi coinvolgere?
Andarci a letto non vuol dire per forza sposarsele. ” Esclamò.
“Ti racconterò solo che una sera di qualche
anno fa, mi ero infilato nel letto di una bruna… beh, nel bel mezzo della
serata, mi sono sentito addosso due iridi azzurre che mi fissavano… e non ti
dico come mi sono sentito. Beh, alla fine, l’ho lasciata seminuda su quel letto
come un idiota…”
“Sì, decisamente idiota, da parte tua.”
Commentò Alain sarcastico.
“Non puoi capire. Io non sono come te.
Semplicemente non potevo, perché…”
Alain non lo lasciò continuare, ma esclamò con
vivacità.
“Perché quella donna ti è entrata nel sangue
oltre che nella testa. È come una malattia. Sì, tu sei malato e non esiste
cura.”
Sì, è una malattia… una splendida, ammaliante
malattia e non voglio essere curato…
Ormai mi hai stregato completamente e prego
che questa malia non mi abbandoni mai…
“Oppure sei soltanto pazzo; solo un pazzo
potrebbe insistere a morire dietro una come il nostro comandante dal cuore di
ghiaccio.”
“Ti sbagli Alain, lei non è…“
“Razza di idiota! Levati dai piedi e porta il
tuo alito puzzolente da un’ altra parte!”
Un soldato ubriaco era arrivato lì
barcollando, ed era crollato addosso alla schiena di Alain, che stava parlando
con Andrè e reggeva il suo bicchiere a mezz’aria; nell’urto si era rovesciato
il liquido rosso del vino addosso. Alain, con una manata non troppo gentile,
mandò il compagno invadente a dormire sul pavimento sporco e bagnato
dell’osteria. Poi riportò la sua attenzione su Andrè.
“Tutto bene, Alain?”
“Sì, sì… quell’idiota mi ha macchiato la
camicia; Diane l’aveva appena lavata e stirata - disse mentre tentava di
pulirsi - …cosa dicevi André?”
“Dicevo che lei non è come la credete voi… non
è fredda o insensibile… può dare quest’impressione, ma non è così…”
“Sarà come dici tu… ma secondo me, non sei
obbiettivo.” Diceva mentre tentava ancora di ripulirsi del vino.
Lei non è fredda, assolutamente; è piena di
slancio e di calore.
È passione pura che ti travolge; annebbia la
mente e ti stordisce di desiderio che accende i sensi e ottenebra la ragione.
“Hai condiviso l’infanzia con lei… ma da
bambina com’era? Sai Andrè, io me la immagino come un piccolo tiranno… ti
faceva stare sull’attenti già allora?” e si lasciò andare in una risata sonora.
“Non era un tiranno… e non mi faceva stare
sull’attenti… beh, a volte era un po’ prepotente, quando non era lei a vincere
nei nostri giochi; non sapeva perdere. Era il suo più grande difetto… ma sapeva
essere generosa, allegra e vivace, era uno spasso passare le giornate con lei,
non ti annoiavi mai.”
E il volto di Andrè si era stirato in un
sorriso, mentre nella sua mente passava l’immagine di una bambina bionda che
giocava con lui a nascondino, e lo rincorreva veloce per le stanze del palazzo.
E sapeva essere molto dolce, lo è ancora oggi…
E io non posso resistere… non riesco mai a
resistere… e vorrei…
Vorrei far durare quegli attimi più a lungo…
Alain osservò l’amico assorto; notò la piega
serena che avevano preso le sue labbra e si chiese quale lontano ricordo fosse
tornato a rallegrarlo in quell’istante. Quante cose non poteva sapere di quei
due e come si sentiva curioso, a volte, di poter scoprire qualcosa.
Ma per pudore, non osava chiedere tutto quello
che gli passava per la testa.
“È l’unica donna che hai amato? Davvero?”
“Lei è l’unica che amo e amerò sempre…”
Alain faticava a credere che quella fosse la
verità; ma sapeva che Andrè non mentiva. Non credeva nei sant’uomini, ma il
testardo amico a volte gli era apparso come tale, una specie di martire del
cuore. Certe volte non se ne capacitava.
“Ma davvero in tutti quegli anni, non hai mai
cercato di farle capire cosa provavi? E lei non si accorgeva di niente? Non può
aver avuto qualche sospetto? In fondo eravate sempre insieme… Oste, portami
un'altra bottiglia!” grido all’indirizzo dell’uomo che non tardò ad arrivare.
Andrè dal canto suo, stava cercando di
mantenere la conversazione su un terreno sicuro, cosa che con Alain non era
facile.
“No, lo escludo; è paradossale, ma lei non ha
capito… per tanto tempo…”
“Ma come si fa, dico io, a non capire niente,
così. È brava a dare ordini, ma su altre questioni, non ci arriva. Però, a un
certo punto, devi averglielo detto, giusto?”
Andrè bevve un altro sorso prima di
rispondere.
“Diciamo che lo ha scoperto in un modo che se
lo ricorda ancora adesso…” voleva restare sul vago e sperava che Alain non
avesse voglia di approfondire, ma aveva fatto male i suoi calcoli.
“Tu non mi racconti tutto, amico; è da un po’
che ho il sospetto che tra voi sia accaduto qualcosa…”
Andrè non rispose, ma si agitò sulla sedia
come se fosse seduto sui carboni; strinse le labbra come se non volesse far
uscire alcun suono.
“Sì, penso di avere ragione…” aggiunse Alain
pensieroso.
“Non è… non è accaduto… nulla di drammatico,
ti assicuro.”
“Perché ti affretti tanto a rassicurarmi? Sta
tranquillo, non voglio conoscere i vostri segreti, anche se… ultimamente il
comandante mi è apparso strano… diverso ecco.”
“Diverso?”
Oh Dio… non sarà che Alain…
“Non so se te ne sei accorto, ma qualcosa nel
suo atteggiamento verso di te è cambiato rispetto all’inizio. Un giorno durante
l’adunata, ho notato che ti guardava in una maniera insistente, sembrava non
riuscisse a staccarti gli occhi di dosso; - Alain guardò André direttamente in
faccia - non sarà che la nostra bella comandante sta iniziando a fare qualche
pensierino su di te?”
André si mantenne impassibile, apparentemente
non tradiva nessun turbamento, ma poteva sentire il suo cuore fremere di una
leggera paura che riuscì però a controllare.
“Stai esagerando Alain, secondo me hai preso
fischi per fiaschi.”
Lo disse quasi ridendo, ma Alain non era tipo
da lasciarsi impressionare.
“Andrè… io non sono a digiuno di certe cose;
ti assicuro che so riconoscere uno sguardo di desiderio, quando lo vedo negli
occhi di una donna… anche se è una come il nostro comandante. Certe cose non si
possono nascondere.”
Andrè smise di ridere e tornò serio. Era
inutile tentare di fingere con Alain.
Però non aggiunse altro e Alain capì che non
si sarebbe sbottonato di più, nonostante la gradazione alcolica che gli
circolava nelle vene.
“Il tuo silenzio è sospetto André… non hai
proprio niente da dirmi?”
“No Alain, non ho proprio nulla da dire… ma le
tue parole mi danno speranza.”
“Beh allora, buona fortuna... con la tua
Oscar.” Era la prima volta che la nominava apertamente.
Alain a questo punto alzò il suo boccale in
alto, si girò verso gli altri compagni e gridò con allegria:
“Un brindisi ragazzi, alle donne
irraggiungibili e che non siano più tali!!”
Gli altri fecero eco al suo augurio anche con
espressioni più pittoresche, che fecero ridere molti dei presenti nell’osteria.
“W le belle donne e il buon vino!” rispose
qualcuno.
“W Martine! E quello che c’è sotto le sue
gonne!!” disse un altro soldato che reggeva sulle sue ginocchia una ragazza un
po’ sbronza che ogni tanto baciava e palpeggiava allegramente.
Alain tornò a guardare Andrè con aria
sorniona, quasi da cospiratore, e si apprestò a fare un altro brindisi al suo
indirizzo.
“Alla tua salute amico mio!! E che la tua
bella ragazza ti crolli finalmente tra le braccia… se ancora non ha ceduto…”e
scoppiò a ridere. Andrè non gli rispose, ma trattenne un sorriso mentre
brindava con lui.
Con la mente era già altrove.
Ieri notte…
è stato bello ieri notte.
Nel tuo ufficio di nascosto.
La caserma avvolta nel sonno.
Gli unici suoni erano i nostri sospiri e
parole sussurrate all’orecchio.
È troppo il desiderio per aspettare un luogo
più sicuro.
E allora rubiamo briciole di tempo che non
abbiamo, come due assetati che hanno vagato per troppi giorni in mezzo al deserto.
C’era la luce della luna piena che filtrava
dalla finestra e rendeva tutto vagamente irreale.
Ci siamo fermati un attimo rapiti da quella
visione; io ti ho guardata un momento mentre la luce ti illuminava, sembravi
una creatura eterea di un altro mondo piombata improvvisamente nel mio.
Dio com’eri bella… abbandonata totalmente al
tuo delirio.
Baci e carezze erano febbrili, ansiose.
Le mie e le tue mani, desiderose di superare i
vestiti, di lasciarli sul pavimento freddo.
Pochi istanti e il freddo non lo
sentivamo nemmeno più; solo il fuoco
del nostro sangue che correva impazzito. A volte vorrei rallentare, ma tu non
me lo permetti.
Ti aggrappavi a me come una disperata, sentivo
che mi affondavi le unghie nella carne.
Vedo i tuoi muscoli contratti nello sforzo.
Penso al tuo corpo diafano sotto la luce lunare; sei magnifica in quei momenti
e non sai quanto.
Non sai quanto mi fai impazzire… o forse lo
sai e fai apposta a provocarmi di giorno, quando non posso toccarti.
Così l’attesa a volte diventa snervante e il
desiderio quasi incontenibile brucia nei nostri occhi e devo fare uno sforzo
sovrumano per mantenere il controllo dei miei istinti.
In pieno giorno nel tuo ufficio; c’era un
altro soldato.
Il tempo di dare l’ordine perché il soldato se
ne andasse e noi siamo rimasti soli.
Ti sei alzata e sei andata verso la porta;
l’hai chiusa a chiave.
Poi ti sei appoggiata con la schiena contro di
essa; mi hai guardato in un modo… era inequivocabile quello a cui stavi
pensando.
Ci siamo baciati, solo baciati… ma poi le mani
hanno iniziato a correre ovunque e le nostre dita hanno sbottonato in fretta le
uniformi.
Pochi minuti sono diventati un’ ora sulla tua
scrivania. Voglia che si mischia alla paura, ma non riusciamo a fermarci.
Non penso ad altro, non aspetto altro da
quando finalmente hai scoperto e confessato di amarmi.
Certe volte temo di tradirmi, non riesco a
passarti accanto senza avvertire la corrente calda che ci attira.
Poi incontro i tuoi occhi…
oh Dio, Oscar non guardarmi così, come se volessi
possedermi lì, subito. Aspetta almeno che arrivi la notte.
Vuoi che ci scoprano?
Non sarà che Alain sospetta qualcosa? Ma anche
se fosse, che importa?
Noi non possiamo più resistere…
Penso a dove saremmo adesso se fosse accaduto
tutto prima, perché a volte questa passione mi sembra troppo grande e
improvvisa e ho paura, Oscar. Paura che tutto possa finire, che il fuoco possa
estinguersi.
Ma è un timore che dura pochissimo, si
cancella e svanisce nello stesso istante in cui sono di nuovo tra le tue gambe;
sento che mi desideri e che non ti stancheresti mai, e dopo quando tutto
finisce e dobbiamo separarci, avverto la fatica che devi fare per lasciarmi
andare.
E anch’io Oscar, anch’io faccio uno sforzo
tremendo per staccarmi dal tuo abbraccio.
E pensiamo già al prossimo incontro, a dove
sarà e a come attuarlo senza essere scoperti. Ed è tutto così eccitante…
Domani, un'altra notte nel tuo ufficio perché
non possiamo allontanarci, e sarà bellissimo come sempre.
Domani ancora tra le tue braccia che mi
serrano i fianchi.
Ancora la tua pelle e il tuo profumo che mi
stordisce.
Ancora la tua bocca che accende i sensi e il
cuore.
Ancora… dentro di te… che sei parte di me.
All’alba, con il cuore allegro un gruppo di
soldati di brigata lasciò l’osteria per rientrare in caserma.
C’era chi era ubriaco di vino, chi di baci e
carezze generose.
C’era chi cantava allegramente per la strada
con la giubba sbottonata, le maniche arrotolate sugli avambracci, reggendosi al
proprio compagno di bisboccia, mentre in una mano teneva l’ultima bottiglia
della serata.
C’era chi avrebbe voluto solo dormire. Chi
aveva mal di testa. Chi rimetteva per strada e al freddo.
C’era chi non si reggeva in piedi e scivolava
sul selciato ghiacciato e sporco di neve mista a fango.
C’era forse, chi aveva intuito qualcosa che
non andava raccontato. Chi per questo, aveva riscoperto la speranza.
C’erano pensieri nascosti e segreti. Chi
pensava al domani.
C’era un uomo che portava un dolce segreto sul
cuore.
E c’erano due amanti quella sera, lontani, che
non vedevano l’ora di potersi amare di nuovo; una notte baciata dalla luna
sarebbe scesa ancora a nasconderli.
Fine
Salve
a tutte.
Sono
tornata con questa piccola storiella, era da un po’ che sostava in cantiere,
forse un po’ diversa da quelle che scrivo di solito, ma volevo provare a
scrivere qualcosa che fosse anche divertente. Spero che risulti tale.
C’è
anche un pelino di osè, ma non tanto, non credo che serva il raiting rosso, che
dite?
Piccolo
indovinello; avete colto il riferimento a una delle mie storie? Chi l’ha letta
dovrebbe aver capito.
Per
Audreyny; non ti ha straziato il cuore, vero?
Una
saluto e alla prossima e grazie sempre per tutto quanto. Ninfea