L’ho sempre detto io che
Verràlamorteeavràituoiocchi*
Credo che lei sia una poetessa. In quel suono, nel
suono delle prime tre lettere “poe--“ c’è una lentezza rosata e azzurrina. O
forse solo grigia.
Stronzate, sì lo so, stronzate.
Credo che lei sia una poetessa, con la stessa lentezza
incantata della parola; credo che lei abbia le ciglia lunghe, credo che
guardandola dall’alto non vedresti gli occhi, ma l’arco delle ciglia, come un
ventaglio che mostra ogni tanto quello scintillio bagnato contro l’iride.
Credo che lei sia una poetessa, ma, sapete, ha scritto
solo una poesia.
Il mistero della sua poesia è così sottile, è così
gentile che non le ho mai chiesto di spiegarmela. Da solo, no, non ne
comprenderò mai il senso.
Credo che lei assomigli alla pioggia.
Quando è finita, io ne cancellavo il ricordo, lei
raccoglieva per me in campagna un bicchiere di gelsi rossi.
La conosci la storia del gelso? L’ha raccontata Ovidio,
Shakespeare l’ha presa e ne ha fatto “Romeo e Giulietta”.
La storia del gelso racconta di due amanti che,
credendo l’altro morto, si suicidano. Sulla loro tomba il gelso rosso luccica
della loro tragedia.
Non sono dolci i gelsi, inconsapevole poetessa? Non
sono zuccherini di sangue i gelsi, poetessa con una sola poesia?
Credo che lei non esista. Credo che lei sia una favola,
credo che lei sia una storia, una storia che mi ha cacciato.
Quella sua unica poesia finisce così:
“Quando
sarò sorta il cielo ti chiederà perdono”
A voi non sembrano, queste, le parole della Morte,
innamorata di colui che sta per uccidere?
Addio
Julie