Un nuovo capitolo,
l’ho appena inserito nella trama. Inizialmente non c’era, ma oggi a lezione di
architettura a scuola non ci stavo
capendo
assolutamente niente così ho mandato a quel paese tutto, ho preso un foglio e
ho iniziato a scrivere.
Non ci sono
dialoghi in questo capitolo, nemmeno uno. È totalmente composto da pensieri e
da emozioni espresse con riflessioni.
Spero vivamente che
vi piaccia, perché ho cercato di far trapelare qualcosa in più delle semplici
parole.
A voi il nono capitolo ^.^
9. ALBA DI PERFEZIONE
Quando tutta la tua
vita non è altro che una sanguinosa e infinita guerra tra la vita e la morte,
ogni piccola cosa accumula,
a poco a poco, un
valore speciale.
Ogni singola azione,
ogni oggetto, ogni colore, ogni sensazione, trova un posto speciale nella tua
mente.
O nel tuo cuore.
Cominci a chiederti
il perché di tutto questo, ma sai benissimo di conoscere la risposta: potresti
non vederlo, o sentirlo, mai più.
La paura della morte
è talmente forte che la memoria fa qualsiasi cosa per non farti perdere
assolutamente nulla di quelli che
possono essere gli
ultimi piccoli istanti della tua vita.
L’odore puro
dell’aria, il calore del sole, i toni ambrati e rossastri del tramonto, il viso
di una persona cara.
Ma anche un suono,
un movimento, una parola.
Era questa l’unica
spiegazione che era stato capace di darsi Edward, seduto sulla ghiaia di una
stradina che risaltava tra i
soffici fili d’erba,
mentre il suo sguardo vagava per il cielo, alla ricerca di nuvole vaporose,
mentre il sole faceva capolino
da dietro le
montagne, tingendo il paesaggio di romantiche tonalità come il rosa e il
giallo.
Gli sembrava davvero
una riflessione perfetta.
Sorrise, non faceva
una piega.
Durante il suo lungo
viaggio come alchimista di stato aveva provato molte volte quella sensazione.
O almeno, non
trovava altre parole per spiegare come tutto in quel posto (il sorriso di Winry
per primo) gli facesse riaffiorare
alla mente quella
sensazione di mancanza e nostalgia che aveva provato durante le sue strazianti
battaglie come Alchimista d’Acciaio.
Quante volte in
quegli anni aveva desiderato tornare a casa, nelle tranquille campagne di
Resembool, lasciando il cosiddetto
“lavoro sporco” ai
veri adulti.
Ma la verità era che
il tempo della guerra l’aveva fatto maturare prima del previsto, spingendolo a
cercare sempre più
approfonditamente un
modo per riavere il proprio corpo e quello di suo fratello, respingendo ogni
segno di paura, o di abbandono.
Sapeva più che bene di
aver commesso un terribile errore alcuni anni prima, e il suo dovere era quello
di rimediare a quello sbaglio.
Si guardò intorno,
facendo scorrere lo sguardo su quei rettangoli di pietra, accanto ai quali
giacevano vasi di fiori e candele spente,
ormai quasi
totalmente consumate.
Era strano da
pensare, ma in quel luogo si trovava meravigliosamente bene, immerso nella luce
tenue dell’alba e nella tranquillità
silenziosa della
solitudine.
Non era mai stato
molto estroverso, lui.
Lesse un paio di
volte la scritta incisa sulla lapide grigiastra davanti a lui.
Socchiuse gli occhi
con dolcezza, assaporando i teneri ma annebbiati ricordi che gli donava quel
semplice nome.
Trisha Elric.
Accarezzò la pietra
ruvida e fredda con il palmo della mano sinistra.
Rise.
Da quando, molti
anni prima, Winry e la vecchia Pinako gli avevano installato l’automail sul
braccio destro, tutte le cose importanti
le aveva sempre
fatte con il suo arto umano, il sinistro, quasi a voler dare più valore, o
rendere quel gesto – un abbraccio, una stretta,
una carezza – più...
naturale.
Nonostante il
braccio fosse tornato normale, Edward non aveva perso la sua abitudine. Si alzò
in piedi, guardando con malinconia
la silenziosa tomba
della madre, poi vi posò accanto un delicato mazzolino di fiori di campo.
Quando era in vita,
ne andava matta. Lui lo ricordava bene.
Sorrise nuovamente,
al ricordo della sua cara mamma.
La palandrana rossa
svolazzava, agitata dall’alitare fresco del vento mattutino, che gli faceva
venire i brividi.
Desiderò ardentemente
che sua madre fosse lì, accanto a lui, ad abbracciarlo, stringerlo tra le
braccia, a dargli il coraggio e le
certezze di cui
aveva bisogno.
A donargli
quell’affetto e quell’amore che tanto gli erano mancati quand’era ancora un
bambino.
Abbassò lo sguardo,
e strinse i pugni, triste.
Sapeva benissimo che
quell’abbraccio non sarebbe mai arrivato. Ne quello, né nessun altro gesto
della donna. Non avrebbe
sentito la sua voce
sussurrargli di volergli bene, o di farsi coraggio, e affrontare la vita a
testa alta.
Scosso dalla
amarezza dei ricordi, sussultò, non appena sentì il delicato tocco di una mano
sulla sua spalla.
Si girò, e il suo
viso si aprì in un piccolo sorriso non appena vide Winry accanto a lui, con i
capelli che si muovevano leggeri
al vento, e il
piccolo pigiama rosa, completamente spiegazzato e arrotolato alle ginocchia.
La ragazza non disse
una parola, si limitò a ricambiare il sorriso ed ad allargare leggermente le
braccia, quasi ad invitare
il suo amico
d’infanzia a trovarvi un rifugio.
Edward appoggiò la
testa tra il collo e il petto della meccanica, sospirando. Chiuse gli occhi,
concentrandosi sull’umido suono
del battito cardiaco
della ragazza.
Quel tamburellare
caldo scacciò ogni traccia di tristezza dalla sua anima. Capì che nonostante la
mancanza di sua madre
si facesse sentire
davvero molto, non aveva bisogno di averla accanto per continuare a vivere.
Aveva Winry con lui,
e lei gli sarebbe sempre stata accanto.
La mano della bionda
sfiorò i lucidi ciuffi dorati della chioma di Edward, accarezzandoli con
estrema tenerezza.
Le dita dell’altra
mano erano intrecciate con quelle dell’ex alchimista, in una dolce stretta.
Non c’era bisogno di
parole.
Winry inspirò a
pieni polmoni la fresca fragranza del ragazzo, la stessa che si alzava
dall’erba inumidita dei campi.
Un brivido di
piacere le attraversò la schiena, ed Edward emise un mugolio soddisfatto.
Era così
dannatamente bello essere tra le sue braccia.
Per una volta nella
sua vita, era lui ad aver bisogno di protezione. Riaprì gli occhi, giusto per
capire se stava sognando.
No, era tutto vero.
Ripensò alla
promessa che la settimana precedente aveva fatto al fratello. Probabilmente,
quello era il momento adatto
per rivelare
finalmente i suoi sentimenti per lei.
Aprì la bocca per
parlare, ma nessun suono si liberò dalle sue corde vocali.
Richiuse le labbra.
Sorrise.
Circondò i fianchi
di Winry con le sue braccia e la strinse forte, mentre quelle della ragazza
scivolarono a circondare il collo del ragazzo.
Si era sbagliato,
non era quello il momento.
Quella mattina tutto
sarebbe dovuto rimanere così.
C’erano solo loro
due, con i loro sentimenti nascosti, ancora sigillati in quei cuori che
battevano all’unisono.
E quell’abbraccio,
indescrivibile.
Ed era giusto così.
Era tutto perfetto.
Tutto dannatamente
perfetto.
Concluso anche il capitolo numero nove. È stato
abbastanza complicato cercare di descrivere quelle che Edward prova ricordando
i tempi delle guerre, mentre sta seduto davanti alla
tomba di sua madre. Ho provato a immaginare cosa desidererei io se fossi
nella sua identica situazione e mi è uscito questo.
Spero con questo breve capitolo di non aver deluso
nessuno di voi.
GiugitzuxD ti ringrazio per
il tuo commento, come ho già detto sono davvero molto felice che la mia storia
ti piaccia ^.^
_VioletMars_ anche a te
grazie della recensione. Non importa per gli altri capitoli, puoi anche non
recensirli, non obbligo nessuno! =)
grazie comunque!
MyEarendil grazie, ce l’ho
messa tutta in questa fan fiction. In effetti neanche a me piacciono le storie
eccessivamente smielate. E poi,
i personaggi sarebbero diventati OOC =)
KiriDellenger II hihihi! Grazie per il commento e anche per quello degli
altri capitoli! Ok, ti devo dire però che questa dichiarazione...
mmmmh.... no non arriva subito... ma nel prossimo
capitolo succederà qualcosa che... beh... lo leggerai! xD
Al prossimo capitolo, baci!
Ele_divina