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Autore: MaxT    22/09/2010    7 recensioni
“Non si può fermare l’inverno, ma si può seminare per la primavera”. Adariel Escanor, sesta Luce di Meridian. Questo prequel racconta gli avvenimenti culminati con l’ascesa al potere di Phobos, la lotta di una regina morente per assicurare un futuro al suo mondo e la fuga sulla Terra dei genitori adottivi di Elyon con la predestinata al trono di Meridian.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Phobos
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian'
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14-Dimenticato in un altro mondo  
 
Ad personam:
Cara Melisanna, grazie della tua rapidissima recensione. Hai perfettamente ragione a dire che Adariel ricorda Elyon come potrebbe essere per i prossimi due-trecento anni. Anni di Meridian, naturalmente. Sono contento che ti piaccia la mia interpretazione dell'Oracolo, che ho cercato di mantenere fedele a quello del fumetto nei suoi momenti migliori. Spero sempre di poter leggere il finale di Terra magica.
Cara Silen, grazie delle tue recensioni, sulle quali so di poter contare, e per l'aiuto datomi a suo tempo nel rileggere le bozze di tutta questa storia. Per Phobos, poverino, c'è un'altra sberla in vista, e ancora una volta sarà Cedric a fare da testimone e da sfogo. Miriadel e Yan Lin sono tra i miei personaggi preferiti, tra quelli che rivedrei più volentieri in ipotetici futuri lavori, anche se Miriadel, sia nel fumetto che nel cartone, rimane un personaggio molto marginale. Yan Lin invece segue una sorte diversa nel fumetto e nel cartone; in quest'ultimo, infatti, resta al suo ristorante, viva a tutti gli effetti, dando luogo a diverse sottotrame simpatiche. 
Cara Atlantislux, ti ringrazio per seguire costantemente questa fiction.   Per quanto riguarda Nerissa, immagino che la pena di morte non fosse contemplata da Kandrakar. Il fumetto racconta che fu sigillata in un sarcofago, non è chiaro se viva o più probabilmente in animazione sospesa, visto che le persone vive devono mangiare, bere e fare anche i loro bisognini. L'incantesimo che la sigillava fu scioccamente formulato in modo da rompersi qualora si fosse verificato un evento ritenuto impossibile, che puntualmente si realizzò in WITCH n.14. A questo punto non è chiaro perchè non l'avessero tenuta nella Torre delle Nebbie. La spiegazione che potrei immaginare è che in origine, dopo il processo, fosse stata destinata lì, da dove però ha tentato di evadere. Potrebbe avere realizzato un talismano materializzando una copia semi-inerte del cuore di Kandrakar  (infatti sempre nel fumetto si vede che il fantasma della guardiana da lei uccisa, Cassidy, è in grado di materializzare un cuore di scorta e lo cede a Will che ne è stata privata), e l'ha montata su uno scettro potenziato con un po' di magie imparate a Meridian (infatti tale scettro appare tra le sue mani, nel fumetto). 
Poi potrebbe aver cercato di evadere seducendo qualcuno dei sacerdoti-guardiani finchè Endarno, il capo custode della prigione, non l'ha affrontata e sconfitta, trasformandola in una orribile mummia vivente e spezzando la sua copia del Cuore (che infatti, nei disegni del fumetto appare crepata). 
La inusuale crudeltà di tale punizione potrebbe appunto essere spiegata, oltrechè con il tentativo di evasione di Nerissa dalla prima prigione, col fatto che la sua bellezza avesse avuto un ruolo importante in tale tentativo.

Ed ora qualche parola su questo capitolo. Ciò che vi appare di nuovo non è un personaggio, ma piuttosto il primo accenno a un talismano: il Sigillo di Phobos, che nel fumetto le W.I.T.C.H. hanno ritrovato nello scantinato di casa Portrait, racchiuso in un libro-cofanetto sigillato da un incantesimo. Dopo un drammatico tentativo di forzare lo scrigno, il sigillo venne infine inglobato nel Cuore di Kandrakar. 
Qualcuno si sorprende che sia stata Adariel l'ispiratrice di questo oggetto, descritto come così sinistro? Tenete conto che poi è servito per far fuggire i genitori adottivi con Elyon sulla Terra.
Invece con questa puntata daremo l'addio al geniale ed egocentrico Jonatludr, che andrà incontro al suo destino nel passato, ma sarà comunque il protagonista ancora per oggi.

Buona lettura
MaxT

Capitolo 14

Dimenticato in un altro mondo

Chi controlla il passato, controlla il futuro.
Jonathan Ludmoore


Le grandi finestrature laterali lasciano entrare nella sala del trono la luce grigiastra di un’altra giornata cupa. Dopo quei disordini in piazza, il tempo su Meridian non si è mai ristabilito: nuvole e pioggia, sempre.
A Phobos, ogni giorno così ricorda ciò che più vorrebbe seppellire nell’oblio, la maledizione di sua madre. Da quel giorno orribile non si sono più incontrati, ma lui non ha potuto smettere di pensare al biasimo feroce che ha intuito nei suoi occhi.
Il breve sprazzo di sole che è apparso stamattina gli ha acceso una speranza: forse sta per cambiare qualcosa.

Davanti alla pedana del trono, al centro dello snello colonnato, un baluginio prelude all’apparizione a porte chiuse del comandante dei servizi segreti.
“Vostra Altezza”, saluta il nuovo arrivato con una genuflessione che fa allargare sul pavimento l’ampia veste azzurrina.
“Allora, Cedric; mi hai anticipato che sei latore di un messaggio di mia madre”, lo sollecita il principe.
“Un messaggio e un dono”. Tende la mano, e sul palmo appare un ciondolo: incastonata in un supporto argenteo, una sfera di ametista spande  bagliori violacei ben visibili nella penombra della sala.
Phobos rimane sbalordito riconoscendo l’oggetto: “Il Cuore di Kandrakar!”. Ricordi lontani ma indelebili si riaffacciano con prepotenza.
“Solo una copia, Altezza”, specifica con rammarico il comandante dei Servizi Segreti. “La Regina ha detto di averla materializzata una sera di sedici anni fa, dopo una cena cui Voi avevate invitato una Guardiana…Nerissa?”.
“Nerissa!”. Phobos tende una mano, e l’oggetto percorre a mezz’aria i sei metri che li separano, come tirato da un filo invisibile fino al suo palmo.
“La Regina poté sfiorare l’originale, e tanto le bastò per riprodurre questa copia. Purtroppo non le fu possibile replicare anche lo spirito che lo animava”.
“Quello della ninfa Xin Jing”, completa Phobos un po’ deluso, scrutando i misteriosi riflessi dell’oggetto. “Senza lo spirito, questo è solo un bel souvenir”.
“La Regina ritiene che questo pendente conservi dentro di sé l’impronta della magia di Kandrakar. Che sia possibile ottenerne un talismano in grado di vincere la muraglia”.
“Come?”, chiede Phobos incredulo; poi, pentito del suo stupore da sciocco mortale, torna a farsi autoritario e ieratico. “Riferiscimi esattamente ciò che mia madre ti ha detto!”.
“Sua Altezza ritiene che la Muraglia agisca sul portale naturale come un macigno fa su un ruscello: se gettato nel suo letto, lo spezza in rivoli che si cercano la loro strada verso valle. Ha detto che questi rivoli… che questi passaggi potrebbero essere controllati e addirittura spostati in luoghi nascosti e percorribili a piedi”.
Phobos socchiude gli occhi, valutando le implicazioni di queste parole: questi passaggi sarebbero molto più pratici dello stesso portale naturale, che fluttua a grande altezza e costringe a spendere preziose energie per teletrasportarsi. “Continua!”.
“La Regina dice che nella biblioteca proibita, nel quarto scaffale, ci sono due libri, “Poteri di Kandrakar” e “Tolo… topologia del portale…”.
“Topologia del portale naturale”, lo corregge il principe.
“Sì, Altezza. Mettendo assieme le informazioni di questi libri, Voi sarete in grado di controllare i passaggi”.
“Molto bene!” , annuisce Phobos soddisfatto, “E poi?”.
“La realizzazione del nuovo sigillo comporterà il sacrificio di questa copia che vi ha fatto avere; perciò sarà possibile realizzarne solo uno”.
Phobos annuisce ancora. Sperava di tenere questo oggetto come ricordo della sua Nerissa, ma ora si presentano prospettive del tutto nuove. L’accordo con Kandrakar è rotto, e ora esiste la possibilità di ricercare anche lei, qualora sia ancora viva.
Sorride soddisfatto, poi un’altra speranza lo rende titubante. “Cedric… come ti è sembrata mia madre? Voglio dire…”. Cerca con imbarazzo le parole migliori per formulare una delicata domanda personale a un subordinato.
“Invero, Altezza, la Regina non ha affidato direttamente a me l’oggetto e il suo messaggio. Mi sono stati passati dal capitano Miriadel”.
Phobos si acciglia. “Hai perso la sua fiducia, incapace!”. Scuote il viso. “A quanto pare, mi ha dato un motivo per andare a ringraziarla di persona”.
Cedric deglutisce per l’imbarazzo. “Ancora una cosa, Altezza. La Regina ha detto che non vuole essere ringraziata. Per lei… - si fa piccolo- … per lei non è cambiato nulla rispetto a quanto vi ha detto di persona...”.
Phobos torce il viso, volgendolo verso le finestre. E’ umiliante che lei abbia affidato un messaggio del genere a un subordinato di un subordinato. Come il tempo plumbeo, anche il volere di sua madre non è cambiato; neanche il guizzo di sole che ha visto stamattina era per lui.
Cedric riprende: “L’Oracolo di Kandrakar ha ignorato le sue suppliche. Lei vuole solo che Voi dimostriate loro che questo affronto gli si è ritorto contro. Non ha più la forza di farlo di persona”.
“Un affronto alla Regina è un affronto a tutta la dinastia”, conviene Phobos amareggiato.
Chiude gli occhi, riflettendo. Quei due volumi in biblioteca sono grandi e criptici, andranno settimane solo per leggerli. Ecco un altro lavoro per Jonatludr, quel maghetto da strapazzo.
D’improvviso, una fitta di dubbio gli attraversa i pensieri. “Cedric, quando hai richiamato i nostri agenti dalla Terra, hai avvisato anche Jonatludr, vero?”.
E’ ricambiato con uno sguardo incerto. “Chi, Altezza?”.
“Jonatludr!”. Vedendo l’incomprensione sempre più netta sul viso dell’altro, aggiunge: “Quello che ti avevo ordinato di dimen…”. Si ferma, afferrando che si è già risposto da solo: Cedric ha preso il suo ordine alla lettera.
 

Heatherfield, villa Ludmoore

Seduto alla sua grande scrivania di mogano John Ludmoore, alias Jonatludr, chiude il suo quaderno di appunti e sbuffa, scacciando con una mano una zanzara molesta. Nelle ultime settimane si sono moltiplicate… sarà la stagione.
Dovrebbe essere contento: il viaggio nel tempo, da complicato gioco da tavolo per stupire, è stato perfezionato abbastanza da poter essere messo in atto a volontà con un’attrezzatura che sta in una tasca, ed è solo merito suo. Se il mondo fosse giusto, ciò sarebbe abbastanza per farlo passare alla storia, ma Phobos ha sempre accolto i suoi grandi successi come se fossero banali e dovuti; non lo ha mai trattato né da cugino, né da genio della magia come meriterebbe. Inoltre lo costringe al segreto per prendersene i meriti: la gente di Meridian conosce il nome di Jonatludr solo per quella vecchia storia dello spiritismo, e ne diffida.
Chi si potrebbe meravigliare se ora lui preferisse restare incollato alla poltrona di quel rifugio grandioso e solitario che è villa Ludmoore, piuttosto che schizzare su per l’impazienza di fare il suo rapporto al principe?
Malvolentieri, fa sparire il quaderno nel suo palmo pronunciando una formula rituale, e quando riapre il pugno al suo posto c’è il sigillo di teletrasporto.
Si guarda in un grande specchio a parete, godendosi gli ultimi istanti in cui può restare come vorrebbe essere sempre, poi si passa l’altra mano sul viso, e il suo aspetto torna quello che i suoi pari devono mantenere nel palazzo di Meridian, con le odiate striature verdine e le orecchie a punta che lo differenziano dalla stirpe a cui sogna di appartenere.
Sbuffa di nuovo. Togliamoci questo pensiero…
Inizia la sequenza mentale, poi vede il grande studio dalle pareti ricoperte di libri svanire in un debole tremolio.

Cos’è questa luce azzurrina? Dov’è il palazzo? Il pavimento? I suoi piedi annaspano nel vuoto. Si sente senza peso. Inizia a ruotare senza controllo. Realizza di essere sopra il mare. Sta precipitando verso la superficie bluastra da un’altezza che non riesce a definire. Un grido terrorizzato, il suo, copre ogni altro rumore di quella scena irreale. Un vento sempre più forte lo investe dal basso, mentre la velocità di caduta si fa vertiginosa. Le onde si avvicinano. Veloci. Sempre più veloci. Stringe convulsamente il sigillo, finché il suo cervello paralizzato riesce a riprodurre la sequenza. Meridian. Meridian. Meridian.
Il mare svanisce dai suoi occhi per un istante; lui si ritrova davanti ad una nuvola che sembra un tunnel nella nebbia, ma senza alcun appoggio, e sta riprendendo a cadere. Attorno a lui, nell’azzurro, gabbiani in volo e lontane scie di jet. Di nuovo, sotto di lui,  il mare si sta avvicinando rapidamente. E’ paralizzato, incapace di pensare. Le pieghe dei vestiti riprendono a turbinare convulsamente. La superficie è vicina. Le sagome dei pesci traspaiono attraverso l’acqua. Ultimo tentativo, o addio. Villa Ludmoore. Villa Ludmoore. Un tremolio…
Un attimo dopo, tutto si scurisce, poi il grido, l’ impatto, il cozzo della fronte e del naso, e un’esplosione di puntini di luce che solcano il buio.

Dopo un tempo lunghissimo, Jonatludr si rende conto di essere ancora vivo: è nel suo studio a villa Ludmoore, disteso scomposto e dolorante sul pavimento. Tutto il suo corpo è agitato da un tremito irrefrenabile. Sente il sapore forte del suo sangue, che gli cola dal naso senza che lui riesca a fare niente per fermarlo, mentre la stanza gli gira tutt’attorno.

Jonatludr non sa quanto tempo è passato. Forse molto. I raggi del sole hanno il colore del tramonto.
Si rialza, incerto, tenendosi a un immenso scaffale. L’orologio alla scrivania segna… le sei e cinquanta? Possibile che in ottobre il sole tramonti così tardi?
Poi capisce: i raggi vengono dalla direzione del mare, da est. Questo non è il tramonto, ma l’alba.
Barcollando, si porta verso il bagno.
La prima occhiata allo specchio è un altro trauma: le occhiaie sono gonfie e peste; strisce scure di sangue rappreso gli solcano la faccia e gli incollano le labbra, nascondendogli le striature verdi.  Il naso gli fa male, è storto. Rotto. Le orecchie sono appuntite, come si conviene solo a Meridian.
Non è pensabile di chiamare soccorso ad Heatherfield. L’unica speranza è riprendere la lucidità di controllare il suo aspetto.

Dopo mezza mattinata di tentativi infruttuosi, l’ultimo lo premia: con un luccichio, il suo corpo si trasforma in John Ludmoore, la sua controparte terrestre, e tutte le tracce delle lesioni spariscono.
Si sente subito meglio, ma è ancora confuso: perché il suo teletrasporto si è concluso così, all’ingresso del portale naturale  sull’Atlantico, anziché a Meridian? Che il suo sigillo si sia guastato?
Si chiede a chi potrebbe chiedere aiuto. Forse… forse a Miriadel? Era passata di lì a spiarlo qualche mese prima, travestita da terrestre. Con che nome si era presentata? Eleanor… Brown? Certo, Brown, proprio come lo scrittore di Esperimento, quel racconto inquietante sul viaggio nel tempo.
Non ama certo quella ragazza: sa che ha avuto un ruolo nella sua condanna per spiritismo, anni prima. Però non ha altre scelte: non conosce altri meridiani ad Heatherfield.
Lei aveva detto che lavorava in una libreria. Ma quale?
 

Heatherfield, davanti al Ye Olde Bookshop, quattro giorni dopo

Ye Olde Bookshop, recita la targa di lamiera smaltata.
John Ludmoore controlla sul foglio che ha in mano: è la diciassettesima libreria della lista tratta dall’elenco telefonico. In nessuna delle precedenti ha trovato alcuna traccia di una commessa chiamata Eleanor Brown.
Sulla porta di questo negozio spicca un cartello: “Chiuso per inventario”, ma all’interno non si intravede alcun movimento. Vale la pena di approfondire.
John pronuncia tra i denti una formula magica, e sente lo scatto della serratura. Entra con tutta la disinvoltura che può.
All’interno non c’è alcun segno di vita, se si eccettua un ragno al lavoro sulla sua tela.
Gira attorno al bancone, dove alcuni libri sono impilati, e  vede diversi cassetti ancora aperti e svuotati, come se qualcuno se ne fosse andato in fretta.
Apre una porta sul retro, dove una scalinata lo porta fino ad un seminterrato in cui è allestito un alloggio di fortuna con un lettino pieghevole e uno di quei cosi, un televisore, che ai terrestri sembrano piacere tanto. Lui deve ancora scoprire cosa ci trovino nel passare ore a guardare uno schermo.
Torna su.  La sua intuizione gli grida che quello era il posto giusto, ma che gli occupanti se ne sono andati senza aspettarlo. Del resto, perché avrebbero dovuto aspettare lui?
Il motivo di questa partenza gli resta misterioso, ma significa comunque che dovrà cavarsela da solo.

Seduto dietro il bancone, si sforza di dominare la preoccupazione e ragionare lucidamente.
Si fa apparire in mano il sigillo di teletrasporto e lo osserva con attenzione. In questi giorni lo ha riprovato più volte, e sembra funzionare bene, almeno sulla Terra. Però non ha più osato ripetere il disastroso tentativo di teletrasportarsi a Meridian.
La comprensione lo trafigge come una spada: la Muraglia di Kandrakar! Tutti gli altri se ne sono andati in tempo, e lui…  Dimenticato! Ignorato!
Si affloscia sulla sedia, avvilito e scomposto. Maledetto Phobos! Maledetti loro! Dimenticare lui, che gli ha aperto le porte del tempo…
Già, il tempo! Il sistema per viaggiare nel tempo è collaudato e funzionante! Basterà tornare indietro di qualche giorno, prima dell’attivazione della Muraglia.  Anzi, sicuramente Phobos non lo ha fatto avvisare perché lui a Meridian è già tornato, e adesso forse il principe lo sta elogiando perché questo metodo gli consente di continuare i viaggi sulla Terra aggirando nel tempo l’ostacolo posto da Kandrakar sullo spazio.
E’ vero che il consumo di acqua magica è altissimo, ma ne ha ancora una buona scorta.

Appena si è rilassato, tutta la stanchezza di quattro giorni di camminate alla ricerca delle librerie, di spiegazioni e malintesi con questi terrestri gli piomba addosso, appesantendogli le braccia e le gambe.
Decide di concedersi un po’ di riposo in quel luogo, poi si teletrasporterà a villa Ludmoore.
Si guarda attorno. Scaffali e scaffali di libri. Alcuni sono vecchi e ingialliti come quelli della sua preziosa biblioteca, altri quasi nuovi. Chissà se a quella serpe di Miriadel piace leggere.
Ma di cosa scriveranno tanto, questi terrestri? A parte la magia, quanti altri argomenti ci sono sui quali valga la pena di sprecare carta?
Per curiosità, allunga la mano verso alcuni libri appoggiati sul bancone.
1984, di tale George Orwell. E’ l’anno in corso, sulla Terra. Sarà un libro di profezie?
Ne sfoglia alcune pagine, poi lo richiude stizzito. Che vittimismo: come fa il protagonista a sentirsi controllato, se non gli possono neanche leggere il pensiero?
Storia di Heatherfield, di Nicholas Cleverstone. Questo è uguale al libro che aveva con sé Phobos quando gli ha proposto di trasferirsi ad Heatherfield.
Proposto… in realtà una proposta del Principe del Metamondo assomiglia molto ad un ordine.
Ci rimugina: forse dovrebbe continuare le sue ricerche da solo per accrescere il proprio prestigio e la propria potenza, e poi tornare indietro nel tempo per costringere Phobos a considerarlo come un suo pari. Non è male, come idea! Gli brillano gli occhi: forse i suoi poteri magici, dopo una lunga preparazione, potrebbero superare perfino quelli del Principe. In questo caso, perché restargli sottomesso?

La sua attenzione torna sul libro: si ricorda che questo dedica diverse righe e un paio di foto a villa Ludmoore, ed è su queste pagine che Phobos o qualche suo tirapiedi hanno trovato il ritratto dell’alchimista, riprodotto in formato unghia, e hanno notato la sorprendente somiglianza di nome, aspetto e interessi tra l’antico Jonathan Ludmoore e Jonatludr.
Infatti, un fascicoletto di fogli piegati tiene il segno sulla pagina che ne parla.
Lo scorre con disappunto: dedicano più spazio alla casa che a lui. In poche righe lo definiscono un misterioso alchimista scomparso in circostanze ammantate di leggenda.
E’ poco, si rammarica: gli sarebbe piaciuto lasciare un segno più netto nella storia.
L’occhio gli cade sui fogli ripiegati che tiene ancora in mano. Sono fotocopie di qualche altro libro, zeppe di annotazioni in meridiano dalla calligrafia femminile. Di Miriadel, probabilmente.
Legge distrattamente le prime righe: sono proprio su di lui. E’ un resoconto molto più dettagliato, preso da una rivista di misteri.
Poteri degli elementi… demoni dalla pelle verastra… un libro su cui annotava le magie che diventa senziente… le Pietre degli Elementi…
Ma è il finale che lo sconvolge: secondo questa leggenda, Jonathan Ludmoore sarebbe stato risucchiato nello stesso Libro degli Elementi, sfuggito al suo controllo.
John rilegge più e più volte, incredulo e inorridito, il resoconto della sua scomparsa.
Il suo sguardo si perde nella stanza. E’ a questo disastro che è predestinato?
Soppesa le possibilità: non farebbe meglio a sfuggire a questa sconfitta, rinunciando ad andare nel passato per impersonare Jonathan Ludmoore? Eppure, ciò che è scritto è già avvenuto, non può essere cambiato in nessun modo. Ma il passato ha davvero bisogno che sia lui a impersonarlo, perché questo personaggio affascinante esista… sia esistito davvero? E se fugge, non rinuncia a quella che considerava l’assicurazione della sua futura gloria?
Poi razionalizza: se questo epilogo sinistro fosse davvero avvenuto, come potrebbe essere conosciuto da chi ha sparso la voce? Quello che è scritto è solo ciò che si racconta, non è necessariamente vero.
La protezione migliore, per Jonathan Ludmoore, sarà proprio mettere in giro lui stesso quelle voci che, raccolte da qualche credulone, saranno… sono poi state immortalate sulla carta stampata.
Non c’è da preoccuparsi, dunque: questo epilogo è solo una storiella che lui stesso ha raccontato… o racconterà, inventata proprio per scongiurare la sua stessa realizzazione.

Nel suo sollievo, John alza gli occhi e nota, nella luce aranciata del tardo pomeriggio, una donna anziana che, dal lato opposto della strada, osserva con insolita attenzione il negozio. E’ piccola di statura, con il viso contornato da capelli grigi lunghi e lisci, una carnagione chiara e un po’ giallina… ciò gli ricorda qualcosa.
La parola ‘asiatica’ emerge sgomitando tra i suoi pensieri.
Ma certo! E’ la descrizione dell’ultima Guardiana di Kandrakar! Dev’essere lei, la vecchia megera che lo sta spiando! Chissà se ha anche individuato la sua abitazione?
Sforzandosi di restare lucido, riprende il libro e le fotocopie che parlano di lui, poi scende nello scantinato, chiudendosi la porta alle spalle. Quella strega non deve vederlo mentre estrae il sigillo e si trasporta alla sua villa sul promontorio.
In quest’epoca, l’aria si sta facendo decisamente pesante. Dovrà completare in fretta i preparativi per il viaggio nel tempo, e abituarsi al suo nuovo nome: non più John, ma Jonathan Ludmoore.
 

Villa Ludmoore, tre ore dopo

John dà un’ultima occhiata al suo sontuoso studio, i cui scaffali colmi di libri si protendono fino al soffitto. Ha fatto più presto possibile, ed è riuscito a completare i preparativi in meno di due ore: ha inserito nella borsa poche decine dei suoi libri di magia ridotti alle dimensioni di zollette, confidando che nella sua nuova e gloriosa vita nel passato non avrà difficoltà a comprare tutti gli altri volumi che sta per lasciarsi indietro, e forse perfino a leggerli. Ha caricato anche un minimo di vestiti, cibo, attrezzature e amuleti, e ovviamente tutta l’acqua magica rimasta. Infine ha convertito in oro, ben accetto in ogni epoca, tutta la sua ingente riserva di dollari. Sì, ha dovuto vincere con l’ipnosi le fisime degli orafi a cui si è rivolto, che strillavano che quel denaro era falso. E se anche fosse?
Emozionato, conclude la sua lista mentale delle cose da portare. C’è tutto, ne è sicuro.
L’attrezzatura per il viaggio nel tempo ora gli sta nelle quattro tasche del vestito e lo seguirà nel passato, anziché restare nell’epoca d’origine. Sorride d’orgoglio ai progressi fatti: solo pochi mesi prima, gli era stato necessario usare quattro grandi specchi solo per spostare di qualche minuto un banalissimo bicchiere.
Bene, è il momento. Addio, 1984. Alea jacta est.

John, ora Jonathan Ludmoore, riapre gli occhi in una tersa alba di centottanta anni fa, su un pendio coperto da erba alta e incolta, circondato da boschi folti.
Attorno a sé non vede traccia di presenza umana, ma è certo che il luogo è lo stesso dove sorgeva, e tornerà a sorgere, la sua maestosa dimora.
Giunto  sulla sommità del promontorio, osserva il sole che nasce a est. Dalla parte opposta, nella baia, si scorge una modesta cittadina portuale sull’estuario di un fiume nella stessa posizione in cui prima aveva osservato Heatherfield stendersi per chilometri lungo la costa e arrampicarsi fino alle pendici dei colli prospicienti.
“Sìììì!!!” grida a pieni polmoni, sovrastando il frangersi delle onde quaranta metri più in basso e gli strilli dei gabbiani.
Phobos, un giorno mi rivedrai, ma non più nei panni di un umile sottoposto. Chi controlla il passato, controlla il futuro!
 

  
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