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Autore: Night Sins    23/09/2010    1 recensioni
Raccolta di oneshot sui sette vizi capitali (come l'originalissimo titolo non avrebbe mai fatto sospettare, eh?). Sono 'preda' di questi vizi Peter o Neal (Peter E Neal per uno solo), ma non tutte le storie sono slash (e alcune potrebbero essere considerate Peter/Neal/El).
1.Lussuria - 2.Superbia - 3.Ira - 4.Invidia - 5.Avarizia - 6.Gola - 7.Accidia
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Seven Sins. (Ira)
Fandom: White Collar
Personaggi:  Neal Caffrey, Peter Burke
Pairing: nessuno
Rating: PG
Genere: angst, suspance (sort of? XD)
Avvertimenti: oneshot
Timeline post seconda serie, una volta che la questione di Kate è risolta
Spoiler  nessuno
Conteggio Parole: 1405 (FDP)
Prompt: ira scritta per il contest sui sette vizi capitali indetto da AkaneMikael sul forum di EFP.
Betareader: nessie_sun ♥ ♥ & ioio10 (per l'IC, è una mano santa ♥)
Disclaimer: "Io scherzo... forse." (cit. A.Costa) // I personaggi non sono miei, ma degli autori e di chiunque ne abbia diritto; tanto meno sono utilizzati a fini di lucro, ma solo per mero piacere personale. 
Note: questa fic mi è stata ispirata da Tim DeKay in persona. XD In un’intervista al Comic-con ha detto che se qualcuno avesse osato mettere Neal in “guai seri” Peter sarebbe diventato un "cane rabbioso" ([URL=http://www.youtube.com/watch?v=RGbHMwB1Xpo&feature=player_embedded]QUI[/URL], minuto 6, circa). Per questo, ho voluto restare nel canon in tutto e per tutto, senza cadere nello slash. E ci son riuscita e sono molto fiera di me! *_* (E c'è una frase che m'è uscita da sola, che potrebbe fuorviare, ma l'ho lasciata perché Ruiz ♥ nella 1x03 dice qualcosa di simile, o almeno sul solito tono. XD)



Peter era un uomo di legge. Conosceva le regole e le rispettava quasi pedissequamente; se qualcuno le aveva messe, voleva dire che era giusto che ci fossero e lui doveva rispettarle e farle rispettare.
O almeno aveva pensato ciò fino a nemmeno due anni prima, prima che Neal entrasse ancora più in profondità nella sua vita, sconvolgendo tutto quello in cui credeva. Gli aveva fatto mettere in gioco ogni cosa; gli aveva fatto vedere un aspetto della legalità che non conosceva, un aspetto dove giusto e sbagliato si avvicinavano così tanto da confondersi e, a volte, scambiarsi. Molte volte.
E aveva capito che non sempre trattenersi era la cosa migliore; che le leggi della ragione non dovevano sovrastare sempre quelle dell’istinto.
Allo stesso modo, era riuscito a far capire al suo protetto che la strada che aveva intrapreso era sbagliata, che anche vivere totalmente dall’altro lato non era positivo. E lentamente Neal l’aveva capito. Non era diventato un santo, ma era una persona onesta, la maggior parte delle volte e sulle cose importanti.
Peter si era assicurato con tutto sé stesso che così fosse ed era certo d’aver raggiunto il proprio scopo; era stato il suo lavoro e la sua missione, per questo -e per il fatto che conosceva Neal e fosse suo amico- non poteva sopportare una cosa del genere.
Era palese a tutti; Diana, Jones e perfino Hughes sapevano che Neal era stato incastrano, eppure non potevano far niente per salvarlo. Tutte le prove erano contro di lui; per la legge, Neal Caffrey, famoso truffatore di fama internazionale, era colpevole non solo di aver violato gli accordi per la libertà vigilata rubando e falsificando qualche opera di valore più o meno alto, ma, preso da chissà che raptus, aveva anche ucciso un uomo. Con una pistola calibro 45.
Era una delle storie più inverosimili che Peter avesse mai sentito.
Man mano che le indagini andavano avanti, la rabbia del federale cresceva sempre più, e sapeva di chi fosse la colpa. Agente Joe Rivera, divisione Violent Crime, assegnato al caso affianco ai White Collar. Aveva mostrato fin da subito dei pregiudizi verso Neal e Peter era sicuro che fosse stato lui a incastrarlo, anche se non era riuscito ancora a trovare le prove per dimostrarlo. Ma non c’era più tempo, il processo ci sarebbe stato quel pomeriggio ed era praticamente certo che Neal sarebbe stato giudicato colpevole. L’unica via d’uscita possibile era che l’uomo avesse confessato il proprio intervento, ma non c’era modo che lo facesse; non di sua iniziativa.

Peter raggiunse l’agente nel suo ufficio, chiudendosi la porta alle spalle e assicurandosi di girare la chiave nella serratura.
“Cosa stai facendo, Burke?” domandò Rivera, stupito.
Un sorriso gelido apparve sulle labbra di Peter. “Non preoccuparti, dobbiamo solo parlare”, rispose mentre chiudeva le tapparelle con fare solo apparentemente affabile.
“Parlare di cosa?” domandò ancora, mentre spostava le mani dai fogli che stava leggendo prima che Burke entrasse nel suo ufficio.
“Ah-ah. Non farlo”, consigliò. “Non ti conviene chiamare qualcuno.”
“È una minaccia?”
“Un consiglio amichevole”, rispose avvicinandosi alla scrivania e parandosi davanti a lui.
Rivera sbuffò. “Allora, cosa vuoi?” continuò con le domande, spazientito.
“Che tu confessi di aver incastrato Neal, che è stato tutto un piano per proteggere i veri colpevoli.”
L’agente scoppiò a ridere. “Sei impazzito, Burke?”
“Lo hai incastrato!” urlò di nuovo, la voce più acuta del normale, il colorito che andava a imporporarsi di rabbia e lo sguardo che, se avesse potuto, avrebbe trafitto l’uomo che stava osservando.
“Sei un pazzo!” replicò l'altro. “Hai perso così tanto la testa dietro quel criminale che non ti rendi nemmeno più conto dell’evidenza!” esclamò scattando in piedi e sbattendo le mani sulla scrivania.
Alcuni fogli caddero per terra in un fruscio che non riuscì a coprire il battito del proprio cuore nelle orecchie di Peter mentre, senza nemmeno pensarci, estraeva la pistola e la puntava al petto del collega.
“Alza quelle mani.”
Scandì ogni parola attentamente, cercava ancora di mantenere un minimo di autocontrollo.
“Sei un pazzo!” ripeté.
“Allora non ti conviene contraddirmi, no?” chiese spostando la mira dell'arma dal petto al centro della fronte. “Metti le mani ben in vista. Ora!”
Joe fece come gli era stato ordinato, cominciava a credere sul serio che Peter Burke avesse perso la ragione. “Senti, non so perché tu pensi che sia stato io, ma ti stai sbagliando.”
“So di non starmi sbagliando e lo sai anche tu. Ora,” disse riprendendo fiato, “le cose sono due: o confessi di tua spontanea volontà e mi dai tutte le prove che Neal è stato incastrato, oppure posso piazzarti una pallottola in testa e poi cercamele da sole. Ma non vorresti rovinare questa splendida moquette, vero?”
“Non sono stato io!”
Peter tolse la sicura alla pistola, “Ne sei sicuro?”
“Ovvio!”
“Oh, dai, vuoi sul serio farmi perder tempo a cercare tra tutte le scartoffie della tua scrivania?” sbuffò Peter con tono forzatamente cantilenante. Ritrasse il braccio e andò ad osservare la propria pistola prima d’alzare lo sguardo su Rivera.
“La riconosci?” chiese mostrandogliela e solo in quel momento l’altro federale prestò reale attenzione all’arma. Non era una di quelle in dotazione all’FBI, ma una Smith&Wesson con il caricatore a tamburo, calibro 45 Long Colt. La consapevolezza si fece velocemente strada in lui, trasparendo dal suo sguardo.
“Sì, è dello stesso modello di quella che ha ucciso Carlton. È una bella arma, non è vero?” chiese ancora Peter, rigirandola per osservarla da diverse angolazioni. “Sai cosa amo delle pistole a tamburo? Che ci si possono fare giochetti interessanti.”
Mentre parlava aveva aperto il caricatore e aveva estratto i proiettili. “Ti senti fortunato questa mattina?” domandò mostrandogli una pallottola che riposizionò al suo posto originario prima di far rullare il tamburo.
“No-Non starai facendo sul serio, vero?”
“Ovvio che faccio sul serio”, rispose ridendo del suo sguardo spaventato, mentre richiudeva l’arma. “Andiamo, cominciamo da una domanda semplice semplice: hai incastrato tu Neal?”
“N-no.”
“Risposta sbagliata, amico”, commentò premendo il grilletto.
Joe chiuse gli occhi attendendo il colpo, ma lo raggiunse solo il rumore dello scatto del cane che aveva battuto sul percursore.
Quando Peter parlò nuovamente, lui li riaprì. “Sembra che questa volta ti sia andata bene. Allora? Sei ancora sicuro della tua risposta?”
“Certo! Sono un federale, perché dovrei fare una cosa del genere?”
L’agente Burke lo guardò scettico. “Chissà… Ci sono tanti motivi che possono spingere un uomo a venderne un altro, proprio come tu hai venduto Neal.”
“Non ho venduto nessuno!” urlò ancora Joe.
“Pessima mossa continuare su questa strada”, lo informò prima di premere nuovamente il grilletto.
Anche questa volta il colpo era a vuoto.
“Ancora niente, ma fino ad ora la probabilità è stata dalla tua. I colpi disponibili, però, stanno diminuendo”, avvisò Burke. “Allora, che vogliamo fare? Provo il prossimo colpo?”
“E va bene, va bene! Hai ragione!” esclamò Rivera e un sorriso soddisfatto apparve sulle labbra di Peter, “Ora però-”
L’ingresso nell’ufficio di alcuni agenti lo interruppe; “Oh, siete arrivati!” un sospiro di sollievo lo rimise quasi letteralmente al mondo, mentre aveva ripreso tutta la sua sicurezza. “Arrestatelo!” ordinò indicando Peter, che aveva di già abbassato la pistola.
“Veramente siamo qui per lei”, disse Diana, dopo essere entrata nella stanza, e si avvicinò all'uomo porgendogli un foglio. “È il mandato firmato dal giudice per perquisire il suo ufficio.”
“Ce ne avete messo di tempo, non sapevo più che inventarmi”, si lamentò Burke quando Jones lo raggiunse.
“Scusaci, capo.”
Joe Rivera si guardò intorno, spaesato, mentre tre uomini controllavano dappertutto. Poi all’improvviso una consapevolezza. “La porta era chiusa.”
“No, tu hai sentito due scatti. Il primo di quando ho chiuso, il secondo quando l'ho riaperta”, spiegò Peter. “Dovevo tenerti impegnato e impedirti di nascondere le prove fino a che non avessero avuto il mandato”.
“Mah… mah… E la pistola? Volevi spararmi, anzi, lo hai fatto! Due volte. Potevi uccidermi!” chiese ed oramai stava blaterando quasi senza rendersene conto.
Peter aprì nuovamente il caricatore e lo capovolse, ma non cadde nessun proiettile. “Era scarica. A stare accanto a quel criminale qualcosa ho imparato anche io.”
“Non è possibile…”
“Agente Burke, abbiamo trovato i documenti”, disse uno dei tre uomini.
“Bene!” esclamò avvicinandosi e prendendogli i fogli per controllare che fossero proprio quelli che cercavano. Sorrise soddisfatto. “Arrestatelo.”
“Jones, andiamo!” chiamò subito dopo, uscendo dall’ufficio.
Mentre si dirigevano al palazzo di giustizia pensò a quanto avrebbe voluto sparare sul serio a Rivera; per un istante aveva pensato di non togliere il proiettile, che sarebbe valsa la pena di finire in carcere.
Poi, in un corridoio del tribunale, vide Neal, vide il suo sguardo illuminarsi quando gli sorrise soddisfatto e pensò che aveva fatto bene a trattenersi, che quello era il finale perfetto e non avrebbe voluto rovinarlo solo perché non era riuscito a contenere la propria rabbia.

   
 
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