L’isola
che non c’è
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parole}
“Bang,
bang, bang!”
Mi volto per vedere da chi provengano questi suoni e vedo un bambino di
sette
anni, al massimo. Era biondo, con dei vispi occhi azzurri. Stava
giocando con
una pistola, simulando il rumore dello sparo.
Sorrido.
“Avanti, smettila di far rumore!” lo sgrida una
figura femminile, magra e
composta. Suppongo sia la madre. Si somigliano molto. Hanno gli stessi
occhi e
gli stessi tratti somatici.
Il bambino non lo ascolta, e riprende l’attività
di poco prima. La mamma cerca
di farlo stare in silenzio, inutilmente. È bello vedere i
bambini giocare
spensierati, incuranti del futuro, delle regole.
Sono felici, sempre. Amano la compagnia di tutti, grandi o piccini,
indifferentemente dall’aspetto, dall’intelligenza
…
E’ la cosa più bella del mondo vederli sempre
contenti, inconsapevoli di ciò
che li aspetterà.
I bambini vivono e credono nella magia, nelle favole, nei sogni, in
Babbo
Natale, nel topino del dente. Sono liberi da ogni cosa. Sono semplici.
A loro
per fare la pace, basta sussurrare un “mi
dispiace” e non importa se questo sia sentito o no.
Non sanno come sia la realtà. Come sia crescere e diventare
grandi. Loro non
meritano di sapere che i draghi buoni della favola, prima o poi saranno
uccisi.
Loro credono nel bene.
Loro sono felici e senza pensieri.
E’ meraviglioso essere piccoli. Sono sicura che tutti noi
dovremmo adottare la
filosofia di Peter Pan: rimanere bambini per sempre e rifiutarsi di
crescere,
volando verso L’isola che non
c’è.
Era l’unico ad avere ragione.
Note
Autrice:
Allora
quest’idea è nata pochi giorni fa, osservando un
bambino giocare.
E quando vedo qualcosa o qualcuno che mi ispira a scrivere, io scrivo.
E’ come un bisogno, un trascrivere i miei pensieri.
Spero che vi sia piaciuta.
Per favore, lasciate un commentino!
Grazie a tutti!
Baci.
Fra.