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Autore: Night Sins    24/09/2010    1 recensioni
Raccolta di oneshot sui sette vizi capitali (come l'originalissimo titolo non avrebbe mai fatto sospettare, eh?). Sono 'preda' di questi vizi Peter o Neal (Peter E Neal per uno solo), ma non tutte le storie sono slash (e alcune potrebbero essere considerate Peter/Neal/El).
1.Lussuria - 2.Superbia - 3.Ira - 4.Invidia - 5.Avarizia - 6.Gola - 7.Accidia
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Seven Sins. (Invidia)
Fandom: White Collar
Personaggi:  Neal Caffrey, Peter Burke ("presenti" Elizabeth Burke e Kate Moreau)
Pairing: Peter/Neal, Neal/Kate (Peter/Neal/El a discrezione)
Rating: PG
Genere: fluff, introspettivo
Avvertimenti: oneshot
Timeline post seconda serie, una volta che la questione di Kate è risolta
Spoiler  nessuno
Conteggio Parole: 1376 (FDP)
Prompt: invidia scritta per il contest sui sette vizi capitali indetto da AkaneMikael sul forum di EFP.
Betareader: nessie_sun ♥ ♥ & ioio10 (per l'IC, è una mano santa ♥)
Disclaimer: "Io scherzo... forse." (cit. A.Costa) // I personaggi non sono miei, ma degli autori e di chiunque ne abbia diritto; tanto meno sono utilizzati a fini di lucro, ma solo per mero piacere personale. 
Note: che Neal invidi Peter e El e quello che hanno e 'vorrebbe averlo' è canon, tra Matt, Jeff, Tim e Tiffani l'hanno ripetuto un centinaio di volte X°°°°D! 




Era stato un lavoro biunivoco fin dall’inizio quello tra Neal e Peter, fin da quando il primo era ancora un truffatore libero di vivere come più preferisse e il secondo indagava su di lui per arrestarlo.
Fin da allora che lo osservava da lontano, Neal invidiava la sua vita a tratti perfetta. Peter Burke aveva una donna meravigliosa che lo amava, che lo attendeva a casa quando tornava da lavoro e con cui poteva vivere alla luce del sole senza dover usare trucchi e messaggi segreti per comunicare.
Aveva sempre voluto poter raggiungere quella situazione con Kate, perché tutto quello che aveva fatto l’aveva fatto per Kate. Kate e solo Kate nella sua mente; aveva preso lentamente il posto di Alex ed era diventata ancora più importante di lei.
Non erano più dei ragazzini quando si promettevano che un giorno avrebbero brindato con grandi vini e avrebbero vissuto una vita meravigliosa, Neal ci credeva con tutto sé stesso. Era riuscito a superare gli anni in prigione solo perché sapeva che, una volta fuori, lei sarebbe stata lì ad attenderlo e, magari, avrebbero potuto davvero cominciare quella vita che desideravano.
E invece niente era andato come aveva sognato, non uno dei suoi progetti si era realizzato.
Oh, certo, viveva in una casa lussuosa e beveva vini squisiti, ma non era quello che voleva; avrebbe rinunciato a tutto ciò, perfino all’incredibile caffè dalla tostatura italiana che Peter amava tanto, se avesse potuto vivere con lei.
Invece tutto ciò che aveva avuto era stata un’assurda caccia al tesoro finita con i suoi amici che gli dicevano che la donna della sua vita non l’aveva mai amato e con l’esplosione di un aereo in cui c’era suddetta donna -e in cui avrebbe dovuto esserci anche lui.
Si era ritrovato, così, non solo ad osservare da lontano quella famiglia che tanto agognava, ma anche a viverci assieme, dentro. Ci si era tuffato a capofitto, non sapeva nemmeno lui se per illudersi di far parte di quella perfezione o se, solamente, per afferrare almeno un po’ di quella atmosfera magica.
Ma oramai era diventata un’abitudine alla quale non sapeva rinunciare.
Entrare in casa Burke senza preoccuparsi di suonare il campanello, appropriarsi di una tazza di cereali al mattino, portare Satchmo a fare una passeggiata o anche solo stare ad osservare Peter e Elizabeth. Erano tutte attività che faceva per un proprio bisogno, non per dar loro noia, come pensava i primi tempi l’altro uomo.
Poi le cose erano cambiate, in meglio avrebbe dovuto dire, eppure sentiva che tutto quello sarebbe finito; non poteva andare avanti così in eterno, no? Non era normale, Peter aveva una moglie, lui non era un bambino e la coppia aveva diritto alla propria vita -di cui lui non ne era una parte fondamentale, nonostante tutto.
Doveva trovar un modo per dar un taglio a tutto quello, o almeno a qualcosa, poi gradualmente sarebbe riuscito ad allontanarsi, sperava.

Così si era fatto sempre più sfuggente, aveva cercato di limitare le visite ai momenti strettamente necessari. Si inventava brunch a casa di June, che Mozzie aveva bisogno di una mano o qualsiasi altra cosa gli venisse in mente sul momento per rifiutare i gentili inviti di Elizabeth.
E lei sorrideva comprensiva e gli diceva che sarebbe stato per la prossima volta.
Pensava di riuscirci, aveva considerato tutto, in fondo; tutto tranne l’insistenza di Peter e quanto lui lo conoscesse, per questo fu stupito di ritrovarselo davanti alla porta quando lo immaginava a casa con sua moglie, mangiando qualche delizioso manicaretto che lei gli aveva preparato.
“Proprio un pranzo imperdibile, quello di June, vedo”, commentò secco il federale.
“Non ho detto che ci sarei andato…” rispose alzando le spalle e guadagnandosi così una delle peggiori occhiate di Peter.
Senza commentare oltre, si spostò e gli fece cenno d’entrare.
“Come mai qui?”
“Come mai tu non sei a casa mia?”
“Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda; non lo sai, Peter?” chiese ancora il truffatore dirigendosi verso il frigo per estrarne una bottiglia di vino ed una birra.
“El è preoccupata… e anche io”, confessò prendendo la propria bevanda.
Neal sollevò gli occhi dal bicchiere che stava riempiendo e lo guardò stupito -Peter non aveva mai smesso di meravigliarlo, in un modo o nell'altro- prima di lasciarsi andare in un lieve sorriso. “Non dovete, è tutto a posto.”
“Rifiuti gli inviti di El, non sbuchi in casa mia da ogni dove incurante di che ora sia… insomma, la mia vita è tornata quasi normale. Niente è a posto”, spiegò il federale, allargando le braccia a indicare quanto tutta quella situazione lo sorprendesse e preoccupasse.
“Non è quello che volevi?” rispose voltandogli le spalle.
Gli occhi del più grande si spalancarono ancora di più. “Che diavolo stai dicendo, Neal?”
“La verità, lo volevi e probabilmente lo vorrai di nuovo più in là… meglio farla finita subito.”
Peter lo fece girare verso di sé senza troppi complimenti. “Hai preso una botta in testa?”
Il ragazzo non rispose ed evitò di guardarlo, obbligando il federale a prendersi da solo la sua attenzione. “Ehi,” chiamò dopo aver spostato una mano sul suo volto, portandolo ad incrociare i suoi occhi con i propri, “che è successo?” domandò più dolcemente.
Neal posò il bicchiere di vino sul tavolo prima di andare a portare le proprie braccia attorno al suo collo e, quindi, baciarlo delicatamente, a fior di labbra, quasi come se avesse paura.
“Non è giusto,” cominciò poi, allontanandosi lentamente, “tutto questo… non so se lo faccio solo perché sono geloso di quello che voi avete o se è quello che provo sul serio…”
“Che stai dicendo?” chiese ancora Peter, accarezzandogli una guancia.
“Ho sempre invidiato te e Elizabeth, il vostro matrimonio, quello che avete e…” abbassò lo sguardo, “era qualcosa che avrei voluto con Kate”, confessò a bassa voce.
Peter lo osservò in silenzio alcuni istanti, metabolizzando quelle notizie.
“Mi dispiace”, continuò Neal.
L’agente sospirò, la mano scese sulla sua spalla, in una lenta carezza, prima di stringerlo a sé. “Non devi dispiacerti. Amavi Kate, ma ora è morta, è normale che tu voglia rifarti una vita.”
Il più giovane si aggrappò alla sua giacca, rimanendo in silenzio a riflettere su quanto gli aveva detto; si accorse che quell’abbraccio e quelle parole erano ciò di cui aveva bisogno e si rilassò. “Grazie,” disse prima di allontanarsi per guardarlo in volto; sorrise appena, ritrovando un po’ della propria spensieratezza, “ma non prendertela a male, lei era più bella.”
Peter ricambiò il sorriso. “Lo so”, replicò baciandolo.
Neal si allontanò, mordendosi il labbro inferiore. “C’è un’altra cosa…” iniziò stringendo la presa sulle sue braccia. Aveva paura di quanto stava per dire, di come potesse reagire, anche se non aveva senso continuare a nascondere le cose. Sospirò. “Non era solo questo, il problema… Io… Voi… Non andrà avanti così per sempre, non mi vorrete per sempre tra di voi. Forse tu, forse lei…”
“Che stai dicendo?” domandò per l’ennesima volta l’agente guardandolo sconcertato, non riusciva proprio a capirlo ed era una situazione nuova. Si era abituato a comprenderlo solo da piccoli indizi, anche se lui non era presente fisicamente, mentre ora che l’aveva lì davanti, che gli stava rivelando cose importanti, non sapeva cosa provava, di cosa avesse paura. Non gli piaceva quella situazione.
“Non stai parlando sul serio…”
Il giovane abbassò la testa, restando in silenzio e riprendendo a torturarsi il labbro.
“Stai parlando sul serio!” esclamò, ancora più sconvolto, l’uomo.
“Cioè, lo pensi davvero… non posso crederci!”
“Perché non dovrei pensarlo?” domandò debolmente.
“Perché mi conosci? E nessuna battuta come quella di prima”, ammonì.
“Appunto. So che amavi la tua vita tranquilla e io ti ho stravolto tutti i piani, e-”
Peter gli sorrise, interrompendolo. “Amavo, hai detto bene… Ora non sopporterei più tutto quel silenzio. Non lo sopporto più.”
Lo attirò di nuovo a sé e passò una mano tra i suoi capelli.
Neal non poté fare a meno di sentirsi stupido e infantile. Aveva ancora paura che un giorno sarebbe finito, ma il calore al petto che stava provando in quel momento, tra le braccia di Peter, lo confondeva e stordiva; gli faceva credere d’aver detto e pensato sul serio solo una lunga sequela di stupidaggini senza fondamento, anche se ne era, o almeno ne era stato, fermamente convinto.
“Se le confessioni sono finite -e non ne hai mai fatte così tante-” cominciò di nuovo il federale, dopo diversi istanti di silenzio e sorridendo bonariamente alla propria battuta, “penso che ci sia ancora un pranzo che ci attende, a casa mia.”
   
 
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