IT’S ALL HIS FAULT
Vederli
cadere ad uno ad uno. I tuoi amici, la tua famiglia.
[Oars… e Garp accanto a te… e tutti lì di fronte a combattere e Rufy, Rufy…]
E
perché poi? [E’ tutta colpa tua, colpa tua, solo colpa tua.]
Per
liberarti da qualcosa che continuerà a inseguirti per tutta la vita, a
braccarti come un cacciatore con la sua preda, qualcosa che ti ha già marchiato
come suo, benché tu lo neghi da quando hai scoperto la forza di un’illusione
che si trascina e continuerà a farlo, da sempre per sempre.
Fino a questo momento.
Sempre, sempre.
Il
per sempre fa parte del gioco, dell’irreale visione che intercorre tra sogno e
verità che è diventata la tua vita, così, in uno schiocco di dita senza che tu
potessi fare o dire nulla in contrario. Forse è proprio questo il punto, lo è
sempre stato, il nocciolo nascosto ad occhi inquisitori come i tuoi, più dei
tuoi.
[Non si sceglie chi essere, solo cosa diventare.]
E si è figli e si è padri e si è
tutto ciò che si desidererebbe che altri fossero per te, non tu per loro.
Si
nasce e già nel venire al mondo, nella luce effimera del grigiore che deturpa
quella vita che potrebbe essere così bella e meravigliosa se solo lo si
volesse, se solo si vivesse senza cercare qualcosa che è sotto al nostro naso,
c’è la fatalità del dolore disperato che accompagnerà ogni nostra memoria
futura e passata.
In
quel primo grido svezzato, quel primo urlo che è inno alla brutalità che fa del
forte il vincitore, c’è il predecessore di ciò che seguirà, il pianto segreto
di un cuore già infangato al suo concepimento, al primo battito di sangue
contaminato dal veleno e d’aria defraudata al respiro ultimo di un morente. E c’è
l’odio intenso e divorante che fagocita in un rancore così denso che ci si può
solo far trasportare come in una corrente e un amore che è dolore oltre che gioia
e che sembra rubato in ogni suo attimo frammisto.
Quest’amore
sofferto, quest’improvvisa voglia di vivere, le terrei care, serbandole come
cimeli.
Sono
frammenti di vite distrutte quelli che scorrono sul viso, insieme al liquido
che sgorga dalle ferite aperte, i lividi pulsanti, gocce di sudore lungo le
mani che tremano nella presa ferrea che le blocca dietro la schiena, col
tatuaggio ben in vista tra i muscoli tesi come nervi a fior di pelle.
Teste
chinate come non lo è la tua, costretta – da chi? Dal nemico o dal senso di
colpa feroce che ti angustia?- a scrutare [devi guardare… devi anche se fa male
più di qualsiasi altra cosa tu riesca ad immaginare…] con occhi ricolmi di un’angoscia che non conosce
fine, le esistenze mozzate e recise di coloro che stanno donando il loro
coraggio per quel ragazzo tutto efelidi e ghigni. Per salvarlo. E da cosa poi?
[Guardati dalla
verità perché
quella più di qualsiasi altra sarà capace
di raggiungere il tuo cuore.
E strangolarlo.]
Questo
è il prezzo delle tue bugie, Ace. Delle menzogne in cui ti sei cullato come i
bambini fanno con i balocchi dell’infanzia. E’ il conto di una scelta che ha
seguito il richiamo ancestrale dell’animo. E puoi detestarla questa parte di te
che ha amato il mare sin dal primo sguardo, dal primo sole che ha visto spezzarsi
in tanti barbagli di luce rossa e viola riflessi sul pelo dell’acqua, lucida
come una massa di lacrime, al tramonto, questa parte prepotente che divampa
come incendio in fiamme di fuoco ad ogni scontro, questa parte che trascende
ogni volontà e desiderio, che ti guida in un cammino di rivalsa che secondo
altri è già tracciato, questa parte di te che rifiuti perché potrebbe essere
non tua, non appartenere a te solo.
Solo i sogni ci appartengono, come
mancanze inconfessate di cui ci si è privati volenti o dolenti.
Ma
è anche questa parte sai, quel sorriso tutto denti sotto un cappello arancione
e capelli e occhi neri socchiusi, che ora questi pirati vogliono proteggere,
far di nuovo comparire tra le file dei loro.
Ti
aggrappi a questa tua realtà, la ripeti a voce alta in mente come a
rassicurarti.
In qualcosa però i
Marines hanno avuto ragione.
Quella
Giustizia iscritta sulle loro divise, lettere incise come sigilli che li
obbligano a rispettare qualcosa per cui hanno imparato a nutrire il più sacro
terrore, il senso del dovere che li nutre. L’amore per la patria, principi che
regolano l’ordine mondiale e ogni terra e mare e uomo o donna verecondo. La
morale che li educa dalle culle e li spinge ai limiti dell’umana intolleranza
nei riguardi di tutto ciò che è diverso dalla loro idealità, verso tutto ciò
che va contro al loro emblema di pace.
In
fondo si tratta solo di scelte, decidere se val la pena di ingoiare la libertà
per sottostare a quella di un altro in cambio del permesso di spadroneggiare su
chi possiede meno gradi.
In
marina la volontà la si qualifica in gradi, tra pirati nel numero di cicatrici
che fregiano il tuo pugno.
Nella
dimestichezza dell’orecchio che convive col rumore delle spade che cozzano tra
loro, della spinta delle gambe e delle braccia già rivolte in avanti, al
prossimo nemico, coll’odore aspro del ferro e del rame e del mare che
accompagna le narici e la fa dilatare, profumo di guerra e campo di battaglia
che rimanda anche quello di casa. Terra bruciata e ghiaccio distillato dalle
vette più alte di una montagna.
Mani
solide e prese salde che impugnano le armi in pacche fraterne che sono eguali a
quelle gemelle che hai scambiato con loro al termine di ogni saluto
cameratesco.
Sono
gente di mare, figli delle onde e del sale che brucia gli occhi, usciti dal
ventre degli abissi più profondi ed inespugnabili.
Sì, per quanto strano, hanno avuto ragione.
La tua vita
Ace non è mai stata tua.
Mai.
E’
stata degli incubi che governavano le notti di chi ti riconosceva come figlio
del diavolo, dell’ira di chi ti sapeva a portata di fucile, ma ancora troppo
distante, troppo protetto e inviolabile, della speranza di chi è giunto sino a
qui, si è spinto ai propri limiti per metterti in salvo, dell’amore che leggi
nelle loro mani tese verso le tue e nei loro richiami fiduciosi.
La
tua vita Ace è loro… e solo a loro
devi il fatto che sia stata in ultimo anche tua.
NA:
Ieri sera ho rivisto le scan, mi sono immersa nuovamente nelle puntate in streaming e beh questo è il risultato. Ho tentato di creare una visione di come è stato vissuto il momento della battaglia attraverso gli occhi di non so bene neppure io chi. Avevo iniziato a scrivere con l’intenzione di concentrarmi sui pensieri di Ace, ma ci ho preso la mano ecco. Non riesco a capire cosa ne sia uscito né se abbia un senso effettivamente ^^”, ma spero ad ogni modo vi piaccia. Credo sia più un’accozzaglia di pensieri generali a questo punto, ad ogni modo mi auguro ugualmente riesca a trasmettervi qualcosa, che vada oltre la confusione dell’autrice magari ;) Saluti a tutti!