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Autore: Sara Saliman    29/09/2010    7 recensioni
"Non c'erano Goblin a brulicare per la stanza, questa volta, non c'erano risatine che facessero vibrare le ombre, nè tuoni fuori dalla finestra. Nessun temporale aveva spalancato le imposte con una folata di vento. Ma lui... al chiarore che entrava dall'esterno, lui costituiva la stessa visione allucinata di allora." A cinque anni dagli eventi narrati nel film, una minaccia grava sul Labirinto e sui suoi abitanti. Jareth e Sarah sono costretti a collaborare: lui per il bene del Labirinto, lei per la salvezza dei propri amici. Ma, come sempre, nulla è come sembra!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ok, eccomi di nuovo qui. Oltre ai problemi di tempo cui avevo accennato, devo anche dire che questo capitolo non voleva proprio uscire.
Ringrazio tutti per i commenti e vi invito, ovviamente, a farmi sapere anche questa volta cosa ne pensate ;)
Un grazie speciale va a ShinigamiNoir, per la sua preziosa consulenza :)



Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

****



Perdere il controllo in quel modo non era da lui.
Con questa consapevolezza, Jareth spostò la cortina di rampicanti che nascondeva l'ingresso e uscì dal rifugio. Il passo risoluto e la posa sprezzante non riuscirono a dissipare del tutto il sospetto che, più che allontanarsi, una parte di lui desiderasse fuggire. Passeggiò per il piazzale costeggiato di anfore e siepi accuratamente potate. L'aria notturna gli sfiorò il viso, placando i suoi pensieri in subbuglio.
La luna splendeva alta sopra il Labirinto; la luce argentea scintillava sui muri coperti di edera, formava una patina brillante e azzurrina sugli archi di pietra. Con l'esclusione della collina su cui era arroccato il castello, ogni cosa era avvolta in un chiarore irreale, e le sagome scure delle siepi fremevano sommesse contro le stelle.
Il re inspirò a fondo il profumo dei fiori notturni.
Quel livello del Labirinto sembrava indenne dalla degradazione generale: se guardava le vie lastricate dei giardini, il piazzale deserto, gli archi di pietra coperti di fiori, Jareth poteva persino fingere che tutto fosse normale.
Ma c'era un aspetto che non poteva ignorare, e che lo feriva al cuore come una stilettata: udiva la voce del Dedalo, sentiva il suo canto levarsi verso il cielo, ma non riusciva più a capirne il linguaggio. Appena cinque anni di esilio, meno di un battito di ciglia nella vita di un Sidhe, e il suo regno gli era diventato estraneo e ostile.
(Oh Maestà, le cose sono cambiate così tanto!
Perchè tornino alla normalità, anche voi dovrete cambiare!
)
Jareth camminò verso la meridiana, gli occhi socchiusi e il capo rovesciato all'indietro, ascoltando quel canto struggente e per lui ormai incomprensibile.
-Maestà.-
Il sussurro era così sommesso da suonare irreale. Il re abbassò lo sguardo.
Poco distante, seminascosta nell'ombra di un arco, c'era una fanciulla. Non fece alcun cenno di avvicinarsi, nè di uscire allo scoperto. Poco importava: il re dei Goblin sapeva bene chi fosse e la raggiunse.
-Sono passati quattro anni da quando ho chiesto l'aiuto della Signora.- disse con freddezza. -Avevo smesso di sperare in una sua risposta.-
La ragazza chinò il capo da un lato, un gesto simile a quello di un uccello.
-La Signora non mi ha mandato qui per darti aiuto. Mi ha mandato a portarti un messaggio.-
Protese le mani verso di lui: una era bianca e morbida come una colomba, l'altra nera e raggrinzita come un ramo bruciato. In una reggeva un coltello, nell'altra una mela. Una metà del frutto era tonda e rossa, l'altra metà marcia e avvizzita.
-Se scegli la metà giusta, Maestà, ti consegnerò il messaggio della Signora.-
-E se scelgo quella sbagliata?-
La donna sorrise, fra le sue labbra biancheggiarono denti da lupo.
Jareth prese il coltello e la mela e la tagliò in due metà, ma di traverso, in modo che ogni metà avesse un lato marcio e uno buono. Mangiò una metà e restituì l'altra alla fanciulla. Lei gli sorrise, gli occhi bianchi come il ventre di un rettile.
-Hai agito con saggezza- disse maliziosa.- Il messaggio è questo: il Labirinto è cambiato. Perchè torni com'era, anche tu dovrai cambiare.-
Jareth sentì un'ondata di rabbia scuoterlo fin nel profondo. Le diede le spalle con aria incurante e la schernì con il tono più vacuo che seppe trovare.
-Tutto qui? Ero già in possesso di questa informazione. La Signora poteva risparmiarsi il disturbo, e tu il viaggio.-
La fanciulla proruppe in una risata, un verso così sgradevole che indusse il re a voltarsi di nuovo verso di lei.
-Sarà un cambiamento doloroso, Maestà! Molto, molto doloroso!-
E con un balzo all'indietro, la ragazza scomparve tra le siepi.
Il re dei Goblin rimase perfettamente immobile, il mento sollevato, i pugni serrati. Sentì tra le costole qualcosa di simile ad una scheggia di vetro, e seppe che era paura. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasto così, a fissare il punto in cui la ragazza era sparita.
-Jareth?-
La voce di Sarah alle sue spalle lo fece quasi trasalire. Non l'aveva sentita arrivare e certo non aveva immaginato che l'avrebbe seguito. Udire il proprio nome sussurrato da quelle labbra gli diede un piacere amaro, un brivido segreto che si concesse di assaporare prima di voltarsi verso di lei e raggiungerla.
Era a pochi metri dal rifugio, avvolta nella coperta, i lembi stretti al petto con la mano sottile. Aveva la testa fasciata e i capelli e la camicia sporchi di sangue rappreso. Evitava di guardarlo e si mordeva le labbra come una ragazzina. Jareth spiò il suo nervosismo con una punta di compiacimento.
-Si stava male al coperto, o sei qui per il semplice piacere di importunarmi?- la apostrofò indolente.
Confondere, sedurre, manipolare.
E quando niente ha successo, semplicemente ferire.

Sarah trasse un profondo respiro, palesemente a disagio.
-Io...-
S'interruppe bruscamente.
Jareth vide le sue pupille dilatarsi, il volto pallido farsi ancora più pallido mentre fissava qualcosa che si trovava dietro di lui.
Si girò. Piccole ombre si erano staccate dai margini del piazzale e avanzavano verso di loro. Le figure avevano occhi enormi e denti grandi come pugnali. Erano basse e deformi, e mentre avanzavano cominciarono ad emettere un suono sommesso e continuo di mandibole in movimento.
-Cosa...-
-Squig.- disse Jareth.
Li vide uscire dall'ombra e avanzare sotto la luna. Erano glabri, la pelle rosea e rattrappita, come consumata dal fuoco.
Sarah gli si fece più vicina, lasciando cadere a terra la coperta.
-Me li ricordo. I Goblin li legavano sulla sommità delle lance e li usavano come armi.-
Jareth sentì un sorriso perverso affiorargli alle labbra.
-Già. Se vengono lasciati liberi hanno la pessima abitudine di divorare i loro padroni.-
Ecco perchè questo livello sembrava così tranquillo. I miei sudditi sono tutti morti.
Sarah lo guardò allarmata.
-Cosa vogliono da noi?-
-Così su due piedi direi che vogliono mangiarci!-
Con un gesto del polso evocò una sfera nel palmo della mano. La lanciò in aria e la riafferrò che era una spada. La puntò contro le creature.
-Restate indietro.- ordinò.
Non si faceva illusioni, e infatti gli esseri continuarono ad avanzare.
Sarah indietreggiò.
-Non sembrano molto propensi ad obbedire.-
Jareth la guardò con la coda dell'occhio.
-Torna nel rifugio.-
-No. Non ti lascio.-
-Non sai difenderti, e se resti qui mi sei solo d'intralcio. Torna dentro!-
Con riluttanza, la ragazza indietreggiò fino ad uscire dal suo campo visivo.
Man mano che gli esseri lasciavano l'ombra delle siepi, Jareth vide che erano davvero degli Squig, ma qualcosa li aveva cambiati rendendoli più grossi e ripugnanti. Camminavano su due zampe, ma stavano curvi. Sulla pelle rosea spuntavano ciuffi di ispido pelo bruno, gli occhi gialli erano coperti da una membrana, come quelli dei serpenti. Ai piedi e alle mani avevano dita munite di artigli ricurvi.
Una spada in una mano e una sfera nell'altra, Jareth si mise in guardia.
Gli Squig si misero a quattro zampe e sibilarono minacciosamente, facendo guizzare la lingua attraverso le fauci dischiuse. Uno di loro spiccò un balzo, ma il re si scansò prontamente e lo colpì con un fendente. La creatura emise un verso acuto e crollò al suolo, il corpo squassato da un brivido.
Mentre cadeva a terra, un secondo Squig spiccò un salto e il re gli scagliò contro la sfera: il mostro volò in fondo al piazzale, cadendo fra le fila dei suoi compagni.
Come eccitate dalll'odore del sangue, altre creature si avventarono su Jareth: il re ne falciò due con la spada, ne respinse un terzo con una sfera, rispedendolo tra i suoi compagni. Quelli si dispersero lanciando strida acutissime, ma fu una sconfitta di breve durata: subito dopo le fila si richiusero e gli Squig ripresero ad avanzare, formando attorno al re un cerchio sempre più stretto.
Con la coda dell'occhio, Jareth vide Sarah affiancarsi a lui. Impugnava un lungo pezzo di legno infuocato, e lo agitò davanti agli Squig, che si ritrassero sibilando.
-Stai bene?- gli chiese senza guardarlo.
-Starei molto meglio se non dovessi pensare anche a te!-
Una risatina che gli parve divertita vibrò sulle spalle di lei.
-Mi dispiace, re dei Goblin: io la damigella in pericolo non la so fare!-
Uno Squig lanciò un balzo verso di lei: Sarah brandì il bastone infuocato e lo colpì in pieno, il mostro prese fuoco come fosse fatto di carta e cadde nel piazzale, correndo impazzito dal dolore.
Jareth sorrise, colto da un'improvvisa ispirazione.
-Non male come idea.-
Movendo le dita al chiarore del fuoco, catturò il bagliore rosseggiante dentro tre sfere e le lanciò contro gli Squig: i cristalli s'infransero al suolo, esplodendo in un muro di altissime fiamme.
Sarah fece un salto all'indietro, proteggendosi il viso con un braccio. Jareth la afferrò per un polso e la trascinò con sè in uno dei corridoi.
-Via di qui!-
Lei lo seguì incespicando fra le siepi fruscianti, il bastone le cadde di mano ma non si chinò a raccoglierlo.
-Ehi, piano!-
Il silenzio del Dedalo era agghiacciante, l'oscurità impenetrabile per i loro occhi abbacinati dal fuoco.
-Dobbiamo sbrigarci! Non ci metteranno molto a capire che è un'illusione!-
-Un'illusione? Mi sono quasi ustionata la faccia! Sembrava assolutamente vero!-
Jareth la gratificò di un'occhiata sdegnosa.
-Certo che sembra vero: perchè credi che si chiami illusione?-
Corsero fra i sentieri delimitati dai cespugli, il rintocco dei loro passi era l'unica cosa che riempisse il silenzio assordante.
-Fa' qualcosa!- disse Jareth.
-Io? cosa dovrei fare io?-
-Sei tu la guida: trova le porte!-
Un tonfo sordo risuonò tra i cespugli dietro di loro. Cupi lamenti stridettero nella notte, seguiti da urla lamentose. Jareth sentì i capelli rizzarsi sulla nuca, accentuò la presa sul polso di Sarah e corse fra i corridoi aggrovigliati come serpenti.
Con la coda dell'occhio, colse delle figure che balzavano da un'ombra all'altra.
-Aspetta... io non... ce la faccio...- protestò la ragazza.
-Sì che ce la fai!-
C'era un bivio: svoltarono a sinistra.
Una curva a gomito: Jareth la imboccò senza esitare, trascinandosi dietro Sarah.
E a quel punto si fermò di scatto, ansimante, il cuore che perdeva un battito: erano di fronte ad un vicolo cieco.
Si voltò in fretta, parandosi di fronte a Sarah, fissando l'oscurità da cui erano venuti. Il viale si stava riempiendo di piccoli occhi lucenti.
-Jareth...- la voce della ragazza fu un sussurro alle sue spalle. -Vattene. Spicca il volo.-
-COSA?!-
Il re si voltò con tanta violenza che per poco non sbattè il naso contro quello di Sarah.
Lei non si lasciò intimidire. Il viso a pochi centimetri dal suo, sostenne il suo sguardo con fermezza.
-Hai capito benissimo! Trasformati. Spicca il volo. Vattene via!-
Aveva la stessa espressione con cui l'aveva affrontato nel loro ultimo scontro, la stessa determinazione con cui aveva accantonato una dopo l'altra le lusinghe che lui le aveva rivolto. Il lampo di reminescenza fu talmente violento che Jareth si trattenne a stento dall'indietreggiare. Come in un
(incubo)
sogno vide quegli occhi verdi pieni di lacrime, quei lineamenti puri deformati dal dolore, il corpo sottile di Sarah dilaniato dai denti.
No, no, e ancora NO!
(Andiamo, quanti umani hai visto morire per il sollazzo dei Sidhe dell'Alta Corte?)
Non è la stessa cosa!
Giovani donne che venivano drogate e stuprate presso le feste della corte Unseelie.
Fanciulle poco più che bambine costrette a danzare fino a crollare.
Ragazzini sedotti dalle Fate, imprigionati in visioni talmente orribili da arrivare a strapparsi gli occhi.
(Generoso? Che cosa hai fatto di generoso?)
Per i convitati erano solo scherzi: le loro risate squillanti coprivano le grida di agonia dei mortali.
Niente. Non ho mai fatto niente di generoso.
Il re soffocò quei pensieri con fermezza. Si voltò verso gli Squig, una sfera stretta nell'altra mano.
-Non vado da nessuna parte.- disse asciutto.
Ombre e ringhi si avvicinarono nell'oscurità, sempre più vicini.
All'improvviso, una creatura mostruosa fece irruzione attraverso una siepe: un poderoso ammasso di muscoli, artigli e zanne si parò al centro del viale. Afferrò uno Squig fra le fauci, lo scaraventò oltre le siepi. Ne addentò un altro alla testa e lo sballottò nell'aria con violenza, lanciandolo contro propri compagni. Gli altri Squig si dispersero, stridendo e gemendo.
La creatura rovesciò il capo all'indietro e ruggì, un suono che sembrò scuotere il Labirinto fino alle sue fondamenta. Jareth sentì la mano di Sarah stringergli il braccio, e istintivamente la prese nella propria.
Il mostro si voltò lentamente verso di loro: le fauci snudate, il capo abbassato, pronto a caricarli. Era alto almeno tre metri e camminava su quattro zampe, curvo sotto il peso delle enormi spalle. La testa enorme era un prolungamento del collo muscoloso. Quando il mostro li guardò: Jareth vide se stesso e Sarah riflessi in tre paia di occhi color ambra.
Sollevò la spada contro il mostro.
(Sarà un cambiamento doloroso, molto doloroso)
Dopotutto la Signora si sbagliava. Non ci sarebbe stato alcun cambiamento.
Il re lasciò la mano di Sarah e si preparò a sferrare un unico, inutile attacco.
La ragazza lo prese per un braccio e lo indusse a farsi da parte, con gentilezza ma con fermezza.
-Sei impazzita?!-
La ragazza non lo ascoltò.
Avanzò verso il mostro, il capo rovesciato all'indietro per guardarlo negli occhi, i palmi rivolti verso l'alto, bianchi sotto le stelle. Protese le braccia verso il viso della creatura e quella le posò il muso contro il petto, così forte da farla barcollare.
Lei si aggrappò a quella testa enorme e singhiozzò.
Ma non di dolore.
Sotto gli occhi sconvolti di Jareth, Sarah piangeva di sollievo e di gioia.
-Ludo! Oh, Ludo! Sei vivo! Ero così preoccupata... !-
Il re dei Goblin rimase di pietra. La spada e la sfera gli caddero di mano, si dissolsero non appena toccarono il suolo. Una voce riempì la notte: Jareth impiegò qualche istante per rendersi conto che la sentiva dentro la testa.
Sarah... amica!

A cavalcioni sulla schiena di Ludo, nessuno osò importunarli. Sarah, seduta davanti, era china sul collo del mostro e gli accarezzava il capo come fosse un bambino.
Jareth, seduto dietro di lei, scrutava i profili delle siepi e ascoltava il fruscio del fogliame riempire il silenzio insopportabile. Sfiorò il pendente che portava al petto, contemplando le fontane asciutte, i piazzali deserti e, ben più in alto, sulla sommità della collina, la massa del castello ritagliata contro il cielo, così scura da inghiottire la luce.
Il suo regno era in rovina, pensò, e la responsabile era lì davanti a lui, che accarezzava fiduciosa la pelliccia di Ludo.
Jareth ebbe una smorfia: il pensiero di quelle mani stava diventando una quieta ossessione. Si domandò come sarebbe stato sentirle sul viso o lungo la schiena mentre premeva il petto contro il suo seno. O assaggiava dalle sue labbra il timore e il desiderio che le leggeva negli occhi.
Le porte comparvero all'improvviso davanti a loro: due archi di bronzo apparentemente identici, incastonati in una parete coperta di edera.
Jareth smontò in fretta dalle spalle di Ludo. Sarah fu sul punto di cadere, ma riacquistò l'equilibrio roteando le braccia.
Sarah... cade! la voce del mostro vibrò nella loro mente.
Lei ebbe una risata allegra, e Jareth pensò che non aveva mai riso in quel modo con lui.
Ludo avvicinò l'enorme muso ad una delle due porte e la annusò con attenzione.
Porta... cattiva...
Si voltò con decisione verso l'altra e la aprì con una piccola spinta, sparendo al suo interno.
Sarah si voltò verso Jareth.
-Si direbbe che Ludo abbia deciso per noi.- Aveva un sorriso radioso sulle labbra e gli occhi verdi erano illuminati di una gioia che il re non vi aveva mai visto.
Si sentì freddo, e solo, e qualcosa di oscuro dentro di lui desiderò avere quella luce soltanto per sè.
-Come hai fatto a riconoscere il tuo amico?- volle sapere.- E' molto cambiato.-
Sarah chinò il capo da un lato, come se non capisse bene la domanda.
-Ludo è... Ludo. Non importa quanto sia cambiato, o quanto ancora potrà cambiare. Resterà sempre ciò che è.-
Jareth socchiuse gli occhi.
-E... che cosa è?-
-Un cucciolo. E un mio amico.-
Arrossì, come se pensasse di essersi in qualche modo tradita. Si voltò verso la porta come se volesse aprirla, poi parve ripensarci e si girò di nuovo verso di lui. Jareth la vide mordersi le labbra, a disagio.
-Ti ringrazio. Per avermi difeso dagli Squig.-
Il re dei Goblin strinse le spalle.
-Mi servi viva.-
Lei gli sorrise con garbata malizia.
-Lo dici così tanto spesso! Comincia a suonare come una scusa.-
-Pensa ciò che preferisci.- rispose Jareth. E si chiese se appartenesse davvero a lui, quella voce piena di stanchezza.
Sarah scrollò le spalle.
-Prima, quando ti ho raggiunto fuori dal rifugio... volevo chiederti scusa.-
Jareth la guardò sprezzante.
-Ma davvero? E di che cosa ti staresti scusando?-
(Di avermi sconfitto?
Di avermi costretto a vagare per cinque anni nel Sottosuolo?
Di aver distrutto il mio regno, di essere la sua unica speranza?
Di avermi dato del mostro, del fatto che lo pensi davvero?
)
Lei lo fissò dritto negli occhi, senza celare la propria dolcezza. Una sensazione che Jareth trovò vagamente destabilizzante.
-Di non averti mai dato nemmeno una possibilità.-
Jareth quasi barcollò per la sorpresa.
-Tu. Dare una possibilità. A me?-
Strinse i pugni, mentre un'ondata di odio lo travolgeva fin quasi a soffocarlo.
Non fu per l'affermazione in sè.
Fu perchè si rese conto, all'improvviso e con intollerabile chiarezza, che era proprio questo che aveva sempre invidiato a Hoggle: la possibilità che Sarah gli aveva dato. Lei aveva dato al nano l'opportunità di essere qualcosa in più di quel che appariva: una persona diversa, forse migliore. Di più: aveva concesso la stessa occasione a ciascuno dei propri amici, ma non a lui.
Era quello il desiderio che da cinque anni lo confondeva, l'ansia nascosta di cui non osava ammettere l'esistenza, se non per brevissimi istanti strappati all'orgoglio.
C'erano cose che il re dei Goblin poteva accettare.
Che una ragazzina mortale lo avesse sconfitto cinque anni prima, persino che continuasse a tenergli testa.
(tu non hai alcun potere su di me!)
Poteva accettare di aver vagato come un esule per il Sottosuolo, le porte dell'Alta Corte chiuse in faccia, il grido di dolore del proprio Labirinto che gli straziava le orecchie.
Poteva persino accettare che la giovane donna che lo aveva condannato a quell'inferno fosse stata l'unica persona disposta a non abbandonarlo.
(Non ti lascio)
Ma guardare quegli occhi imperturbabili, immuni ai suoi inganni, e vedervi messo a nudo il suo desiderio più umiliante... no, questo Jareth non poteva tollerarlo.
Mosse un passo verso Sarah, i pugni serrati, le gambe rigide.
-Mia cara, cosa ti fa pensare che io voglia una possibilità?-
Vide un lampo di sorpresa guizzarle negli occhi, percepì il battito del suo sangue accelerare sotto la pelle chiara. Tuttavia non vide quello che avrebbe voluto: non la vide indietreggiare.
La afferrò per le spalle, con tanta violenza da affondarle le dita nella carne.
Provò il desiderio di ucciderla, di spezzarle il collo a mani nude.
Invece si chinò su di lei e la baciò.

 

****


ShinigamiNoir: ci siamo sentite via chat, quindi direi che non c'è molto da aggiungere in questa sede. Se non: grazie per i commenti e per i consigli. Ti prego di tener d'occhio Jareth e di farmi notare subito se dovesse diventare troppo OOC :)

Dayreamer: grazie per i complimenti! :) allora, mi poni due domande:
"se la gente smettesse di credere a fate e affini il Sottosuolo sparirebbe?"
No, a mio avviso no. In quanto emanazione non solo dei sogni, ma anche del bisogno di sognare, cambierebbe aspetto, ma non sparirebbe.
"E anche Jareth, lui dice che è così perchè Sarah lo ha immaginato in quel modo, quindi se -per assurdo- lei iniziasse a pensare a lui come una specie di romantico Principe Azzurro lui cambierebbe?"
Be', qui il discorso resta volutamente ambiguo. Jareth però dice: "Dimmi cosa sono (...) ed io potrò diventarlo! E al tempo stesso, qualunque sia la forma che tu o altri sceglierete per me, io resterò sempre la stessa cosa!" Quindi a mio avviso lui può cambiare, ma non può diventare qualcosa che, almeno in potenza, non è.
Scusami, non posso essere più chiara :(

Pepe91: benvenuta su questi lidi e grazie per il commento :) Sono molto felice che la storia ti piaccia... spero che gli sviluppi siano all'altezza delle aspettative :)

LadySturdust: sai già quanto il tuo commento mi abbia commosso :) In questa sede mi limito a rinnovarti i miei ringraziamenti... e a dirti che msn non mi ha mandato il tuo invito, quindi non ho il tuo contatto @__@ Dannata tecnologia X)

Devilcancry: benvenuta anche a te! Se ci scapperà del tenero fra i due protagonisti? Eeeh, chissà! ;D

CappellaioMatto: grazie, grazie, grazie! :) Io adoro Beksinski: credo che anche nei prossimi capitoli trarrò ispirazione dai suoi quadri :D

FleurDeLys: grazie per i complimenti, cara! Gaiman è figo in quasi tutte le salse, ma Sandman... be', ho una sorta di feticismo per quell'opera ;)

   
 
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