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Autore: VaniaMajor    03/10/2010    3 recensioni
La battaglia al Monte Hakurei ha posto fine alla vita di Naraku, la Sfera si è dissolta e il futuro sembra sorridere a Inuyasha e ai suoi compagni. Solo per Sesshomaru nulla è cambiato, almeno finché una donna dai misteriosi poteri non compare per magia, sconvolgendo di nuovo la vita di tutti.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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CAPITOLO 3 - LA DIMORA DEL SIGNORE DELL'OVEST

«Ma è contro la mia natura!»
«Fallo e basta.»
«Vi ripeto che non ci riesco. Come faccio a immedesimarmi in un…»
«È l’aspetto che hai adesso a essere una finzione, sciocca donna!»
«Non datemi della sciocca! Siete voi che pretendete troppo!»
La foresta echeggiava di queste voci che battibeccavano l’una con l’altra in toni aspri e seccati. Tutti gli animali del bosco, persino gli yokai, stavano abbandonando la zona, avvertendo la tensione precedente un combattimento nell’aria. Non era salutare restare nei paraggi quando due inu-yokai decidevano di darsele di santa ragione.
I due in questione, d’altra parte, erano troppo impegnati per accorgersi dell’effetto che stavano producendo sugli altri. Il primo, un uomo dai capelli d’argento, era già per metà trasformato e fissava con occhi di brace l’altra, una ragazza che in quel momento aveva le braccia conserte e guardava cocciuta il vuoto.
Sesshomaru si sedette su una roccia, seccato, mentre riprendeva la forma umana. Insegnare a quella testa dura della ragazza a usare il suo potere si stava rivelando un’impresa al di là delle sue forze. Erano passate già un paio di settimane da quando Anna si era trasformata in inu-yokai, perdendo la propria natura umana per sopravvivere all’attacco di uno yokai che mirava al suo potere latente. Sesshomaru l’aveva accolta nel suo gruppo con lo scopo di creare un’arma che l’avrebbe servito fedelmente, nonché di fornire a Rin una compagnia più indicata di un rospo logorroico. 
Si stavano quindi dirigendo alla grande magione che, dopo la morte del padre, era passata a Sesshomaru, la dimora del Signore delle Terre dell’Ovest. Durante il viaggio, ogni giorno, Sesshomaru si appartava con Anna per farla abituare ai suoi nuovi poteri e alle potenzialità del suo corpo demoniaco. Non si stava rivelando un’impresa facile. Anna era testarda e puntigliosa, e non si faceva remore nel rispondergli a tono quando le faceva un’osservazione, cosa che gli faceva perdere immediatamente la pazienza e che lo costringeva ad abbandonare gli allenamenti per non aggredirla e dover poi spiegare le sue ferite a una preoccupatissima Rin. La ragazza era una stupida. Faceva tante storie, gli procurava mal di testa atroci, e poi, come se nulla fosse, faceva esattamente quello che le aveva chiesto per tre ore. Lei lo rimproverava di non essere abbastanza paziente. Sciocchezze. Non aveva mai avuto tanti riguardi.
Bastava pensare a quando aveva cercato di spiegarle a che velocità poteva correre e con che slancio poteva saltare. Niente di concreto per più di un’ora. Benché il suo corpo fosse predisposto a sforzi per lei impensabili, si ostinava ad avere movenze troppo umane e quindi goffe. Alla fine, Sesshomaru si era stancato e si era allontanato saltando da un albero all’altro, tanto per sottolineare la sua superiorità. Le aveva detto di sbrigarsi, perché non l’avrebbe aspettata. Stava giusto pensando a quanto era stupida, quando aveva gettato uno sguardo all’indietro e l’aveva vista imitare i suoi movimenti, seppur goffamente. Aveva accelerato il passo per metterla in ulteriore difficoltà…e d’un tratto se l’era vista sfrecciare a fianco. E rideva! Rideva al cielo, mentre correva sempre più forte, ed emanava tanta di quella gioia di vivere che Sesshomaru era rimasto per un attimo sconvolto dall’intensità del suo odore nell’aria. Quindi si era arrabbiato, e molto. Ma come: aveva parlato al muro per un’ora e adesso lei correva e rideva come se nulla fosse accaduto? Aveva iniziato a inseguirla a folle velocità e in quel modo erano giunti fin dove Rin e Jaken li aspettavano. Quando erano arrivati, erano stravolti e l’ira di Sesshomaru si era dissolta. Lei gli aveva sorriso…bah, strana ragazza.
Da quel momento in poi, le cose erano andate meglio. Pareva che ad Anna piacesse combattere e stava imparando piuttosto bene, anche se Sesshomaru si sarebbe trasformato in un essere umano prima di ammetterlo. Il suo potere latente era ormai pienamente attivo. Anna poteva assorbire l’energia di qualunque creatura vivente e ora stava imparando a dosare questa forza. Dopo aver fatto seccare una quercia per errore, si era doppiamente impegnata nel controllare il suo potere. Sesshomaru sapeva che la spaventava, ma lui era molto soddisfatto. Lei stava maturando una certa fiducia in Sesshomaru, cosa che andava a suo vantaggio, Rin la adorava e Jaken…non osava esprimere la sua opinione. Sesshomaru l’aveva interrogata sul suo passato e aveva scoperto che arrivava addirittura da un’altra dimensione spazio-temporale. La cosa non l’aveva sorpreso, sapeva da tempo della loro esistenza; piuttosto, gli aveva fatto piacere. Nessun legame o rimpianto legato alla sua umanità che potesse portarla lontano e fargli sprecare tutto il tempo impiegato ad addestrarla. Ma ora lo stava facendo veramente impazzire! 
In quelle due settimane, non una volta Anna aveva cercato di assumere la sua forma reale, quella di inu-yokai. Sesshomaru se ne era reso conto e aveva deciso di porre rimedio. Le aveva quindi comandato di trasformarsi e lei l’aveva guardato con quei suoi irritanti, perplessi occhi azzurri. 
«Fai ciò che faccio io. Lascia che il tuo potere cresca dentro di te.» le aveva detto, per poi trasformarsi a sua volta, prendendo la propria forma canina. Abituato a suscitare terrore, era rimasto non poco seccato nel notare solo ammirazione nello sguardo di Anna, nonché un’aria confusa che era quantomeno irritante. Aveva atteso per qualche minuto. Lei aveva chiuso gli occhi, cercando di concentrarsi per mostrare almeno un po’ d’impegno, ma alla fine non erano arrivati ad alcun risultato.
«La mia vera forma è sempre stata questa! Come posso sapere cosa sarò d’ora in avanti? – aveva ribattuto lei quando aveva iniziato a sgridarla per il tempo che gli faceva perdere – Non capisco quello che devo fare!»
Così avevano cominciato una discussione inutile e frustrante e ora Sesshomaru non ne poteva più. Si accorse che Anna lo stava guardando. In effetti, era rimasto seduto in silenzio per diverso tempo. La ignorò, decidendo che ne aveva abbastanza.
«Non siete stanco di litigare, Sesshomaru-sama?» chiese lei, con un tono di voce più basso. Sesshomaru non la degnò di uno sguardo e Anna sospirò, paziente. «Mi ci vorrà del tempo per accettare la mia nuova natura. Prima o poi riuscirò a trasformarmi, ma ho bisogno di procedere gradualmente. Cercate di capire.»
Sesshomaru non rispose, né la guardò.
«Mi state ascoltando, Sesshomaru-sama?» chiese Anna, iniziando a irritarsi.
Sesshomaru, per tutta risposta, si alzò e cominciò a incamminarsi, dandole le spalle.
«Sesshomaru-sama!» gli gridò Anna, di nuovo in preda all’ira. Lo raggiunse e lo tirò per una manica, costringendolo a voltarsi. Sesshomaru le lanciò un’occhiata disgustata e si liberò con un gesto brusco dalla sua stretta.
«Sei seccante. – le disse, gelido – Non ho intenzione di sprecare il mio tempo. Se non sei in grado di accettare la tua natura, non mi sei di alcuna utilità.»
Anna ristette e impallidì, ritraendo la mano. Sesshomaru la fissò per un attimo con occhi gelidi, quindi si voltò di nuovo e si allontanò. Anna rimase con lo sguardo puntato sulla sua schiena, mordendosi le labbra per soffocare un inizio di pianto. 
Non sono in grado di accettare la mia natura? – pensò, abbassando lo sguardo sui suoi piedi – Non sono di alcuna utilità…” Strinse le palpebre. Sesshomaru e Rin erano le uniche persone con cui poteva vivere, ora. Non poteva tornare tra gli esseri umani. Non poteva stare tra gli yokai, che l’avrebbero sempre evitata per via della sua origine umana. Non poteva nemmeno tornare a casa. Se Sesshomaru avesse deciso che non aveva più alcun interesse per lei, sarebbe stata perduta. Lei si impegnava, ma non riusciva ad accettare ciò che era ora e Sesshomaru non poteva capirlo. 
Non era una stupida. Aveva compreso che Sesshomaru la stava addestrando per avere un buon alleato in caso di combattimento, qualcuno in grado di utilizzare il suo potere per difendere il proprio padrone. Perché di questo si trattava: accettando di seguirlo, Anna era diventata una sua proprietà. Gli era utile come arma, una sorta di Tessaiga di ripiego. E per Rin, certo.
«Io ce la sto mettendo tutta. – sibilò, le zanne scoperte, fissando la direzione in cui Sesshomaru era scomparso – Non ha alcun diritto di farmi sentire così.» 
Oh, certo! Vuoi fargliela pagare? Cos’è, vuoi morire?” si chiese la parte razionale della sua mente. Scrollò la testa e ciocche di capelli d’oro le ricaddero sul volto. Non voleva attaccarlo…eppure non aveva alcun diritto di farla sentire così! Lasciandosi alle spalle i pensieri razionali, Anna si lanciò all’inseguimento di Sesshomaru con una profonda rabbia negli occhi.
Mille e mille torture e frasi crudeli le passarono per la mente mentre gli correva dietro, ma tutto, compreso la sua rabbia, morì quando uscì in una radura e vide Rin aggrappata a una gamba di Sesshomaru, ridente mentre gli offriva un mazzo di fiori appena colti. Non che Sesshomaru accettasse la cosa con una qualsiasi espressione su quel maledetto viso dalla bellezza glaciale, ma la scena era tenera, nonostante tutto. La ragazza sospirò, scuotendo la testa e fermando i propri passi.
Sono davvero una stupida.” pensò.
«Nee-chan! – la salutò Rin, andandole incontro – Guarda! Ho colto fiori anche per te!»
«Grazie, tesoro.» le rispose, sorridendo debolmente e cercando di non dare a vedere il vuoto che aveva dentro. Accettò i fiori che Rin le porgeva, poi le prese la mano.
«Hai imparato tante cose oggi?» le chiese la bimba, mentre si incamminavano dietro a Sesshomaru, che aveva ricominciato la marcia, svegliando Jaken dal suo sonnellino pomeridiano con una pedata.
«Molte, Rin. – rispose lei, guardando con aria assente la morbida coda di Sesshomaru svolazzargli alle spalle – Moltissime.» “Più di quelle che avrei voluto.” finì nella sua mente, prima di prendere in braccio Rin e adeguarsi al veloce passo dell’inu-yokai.

 
***

Sesshomaru riposava su un ramo d’albero, incurante del forte vento che si era alzato da est. Era notte inoltrata e i suoi compagni di viaggio dormivano sotto di lui. Tutti tranne Anna, che quel giorno non aveva avuto un solo comportamento che le fosse abituale.
Sesshomaru abbassò lo sguardo e la vide seduta sull’erba, intenta a guardare il vuoto, per quel che ne poteva sapere. Corrugò la fronte. Era dal battibecco pomeridiano che la ragazza aveva qualcosa di strano. Non gli era sfuggito l’odore della sua rabbia, quando aveva avuto quella crisi dopo che si era liberato di lei in malo modo. Né gli era sfuggito il fatto che lo stesse inseguendo con intenzioni aggressive. Stupida ragazza, davvero stupida, aveva pensato, sordo alla vocetta allegra di Rin mentre attendeva che lei giungesse nella radura. Era proprio curioso di vedere se avrebbe avuto il fegato e l’incoscienza di attaccarlo, con la misera tecnica che possedeva. Giunti a quel punto, una piccola lezione su come era doveroso trattare il grande Sesshomaru si era resa necessaria.
Invece, non appena giunta nella radura, la rabbia aveva abbandonato la ragazza e il suo spirito combattivo si era volatilizzato. Quando si era voltato, l’aveva vista guardare Rin con occhi assenti, mentre la bimba le correva incontro tendendole i suoi fiori.
Sesshomaru era rimasto perplesso, oltre che pieno di disappunto per lo scontro mancato, che gli avrebbe perlomeno scaricato i nervi. Non sembrava che Anna avesse rinunciato perché d’un tratto impaurita dal gesto che stava per compiere. Prima che la rabbia scomparisse dal suo volto e dall’aura di yokai che la circondava, c’era stato un miscuglio di emozioni contraddittorie e senza senso. Dopodiché…il nulla. Da quando era uscita dalla foresta, dalla persona di Anna non proveniva l’odore di un’emozione che fosse una.
Sesshomaru ci aveva pensato su per l’intera giornata. Che la ragazza avesse iniziato a comprendere come celare le proprie emozioni? Era un’arte raffinata e complicata. Sesshomaru ne era un maestro e sapeva bene che pochi erano in grado di giungere al suo livello. Occorreva una notevole freddezza e un controllo rigoroso sul proprio corpo. Non credeva possibile che quella sciocca l’avesse appresa in così breve tempo, però…Forse intendeva vendicarsi per le caustiche parole che le aveva rivolto nel pomeriggio? In quel caso, sarebbe venuta meno ai patti e Sesshomaru sarebbe stato costretto a ucciderla. Lo yokai appoggiò la testa al tronco, trattenendo un sospiro seccato. 
No. Anche nelle più ardite delle ipotesi, era troppo presto perché possedesse quella capacità. Probabilmente le sue parole l’avevano talmente scossa da produrle un effetto temporaneo. Forse avrebbe dovuto essere meno duro, dopotutto se lei era turbata la faccenda andava a suo discapito. La mancanza di tatto era l’unica cosa che aveva in comune con quel bastardo di suo fratello Inuyasha…
«Nee-chan…» 
La voce di Rin lo distrasse dai suoi pensieri. Guardando giù, vide la bambina avvicinarsi ad Anna, che fece fatica quanto lui a tornare nel mondo reale.
«Cosa c’è, Rin-chan? – chiese Anna, la cui voce aveva il solito tono tenero e preoccupato, benché dalla sua persona non trasparisse nulla del genere – È molto tardi. Non riesci a dormire?»
Rin scosse il capo, sospirando, e Anna la fece sedere sulle sue gambe.
«Rin ha avuto un incubo.» borbottò Rin. 
«Un incubo? – chiese Anna, stringendosela al seno – Cos’hai sognato?»
«Lupi.» sospirò Rin. 
Sesshomaru si passò una mano tra i capelli, corrugando la fronte. Sempre lo stesso incubo. L’immagine della propria morte era rimasta nella mente di Rin, nonostante fosse scomparsa a livello conscio.
«Non aver paura, Rin-chan. – le disse Anna, iniziando a cullarla – Qui ci siamo io e Sesshomaru-sama, e c’è perfino quel rospaccio malefico di Jaken.» Rin ridacchiò e Jaken, disturbato, brontolò nel sonno. «Nessun lupo si avvicinerà. Non devi aver paura.» continuò a blandirla Anna.
«Sì, Rin lo sa.» mormorò Rin, prima di fare un grande sbadiglio. Anna cominciò a mormorare una canzone a bassa voce e presto la bimba le si addormentò tra le braccia.
Quella canzone…” pensò Sesshomaru, riconoscendo il motivo lento e malinconico. Era la stessa canzone che le aveva sentito cantare la notte in cui era diventata un’inu-yokai. Nonostante la bambina si fosse addormentata, Anna continuò a cantare tra sé, finché il motivetto non finì. Sesshomaru avvertì operarsi un cambiamento in lei. Dopo un attimo, Anna si circondò di un’aura di tristezza intensa. La vide stringere Rin ancora più forte e chinare il capo, schermandosi il viso coi capelli.
Ogni dubbio era fugato. Anna non aveva affatto imparato a contenere le sue emozioni. Si era soltanto bloccata. Soddisfatto, si rimise a guardare il cielo, attendendo l’alba. Ancora un giorno di marcia e sarebbero finalmente giunti a casa.

 
***

«Eccoci.»
La voce di Sesshomaru attirò l’attenzione dei tre che procedevano dietro di lui. Era tutto il giorno che camminavano, ma la vista che si godeva dall’alto della collina su cui si erano fermati valeva la fatica.
Nella valle sottostante si ergeva infatti una magione immensa, che occupava un’area degna di un intero villaggio. La grande casa, sfarzosa ma non pacchiana nella sua ricchezza, sorgeva al centro di tre cerchi di mura, l’uno più alto dell’altro, intervallati da meravigliosi giardini irrorati da canali artificiali e laghetti.
«È bellissima…» mormorò Anna, ammirata.
«Nee-chan, guarda quanti fiori! – esclamò Rin, battendo le mani per l’eccitazione – Quella casa è tutta un giardino!»
«Ovviamente è una casa bellissima! È la dimora di Sesshomaru–sama! – gracchiò Jaken, guardando le due con astio – Cos’altro vi aspettavate dal mio grande padrone, Signore delle Terre dell’Ovest?»
«Ma come può passare inosservata agli esseri umani? Non avete problemi da parte loro?» chiese Anna, perplessa, mentre Sesshomaru riprendeva a camminare.
«Una barriera protegge la casa da sguardi indiscreti. – rispose Jaken, gongolando quasi la cosa fosse merito suo – Le tre mura offrono sapienti difese contro vari tipi di yokai. Il tutto è stato progettato dal padre del mio signore, ma la barriera contro gli umani è stata riattivata solo dopo la sua morte, perché…» Jaken si morse la lingua nel vedere l’occhiata tagliente del proprio padrone e continuò a camminare in silenzio.
Anna guardò Sesshomaru. Non era difficile capire il senso delle parole di Jaken. Dopo essersi innamorato di un’umana, il padre di Inuyasha e Sesshomaru aveva abbassato la barriera. Sesshomaru, alla sua morte, si era affrettato a ristabilirla. Lui non voleva nemmeno sentire parlare di esseri umani. Rin era un’eccezione e lei stessa non si poteva più definire una ningen.
Giunsero presto alla base della prima cinta di mura, raggiungendo un grande portone nero decorato con smalto rosso. Gli spalti erano pieni di guardie, che si misero subito all’opera.
«È tornato il padrone!» sentirono gridare dall’alto. Molti corni vennero suonati mentre la grande porta veniva aperta. 
«Bentornato, Sesshomaru-sama!» salutò dall’alto quello che sembrava ricoprire la carica più elevata. Sesshomaru non lo degnò di un’occhiata, precedendoli all’interno del primo giardino, che sembrava disseminato di alberi da frutta. Anna e Rin si guardarono attorno, ammirate. Il nuovo olfatto di Anna recepiva più odori di quanti ne potesse gestire. Quella casa era stracolma di gente. Erano tutti yokai minori o hanyo, almeno dall’odore. Non avvertiva la presenza di alcun umano all’interno della casa e la cosa non la sorprese affatto.
Presto furono alla base della seconda cinta di mura, il cui portone era già aperto per accoglierli. Lo oltrepassarono, mentre le guardie li salutavano scambiandosi poi occhiate incerte e incuriosite alla vista della bambina umana e della nuova inu-yokai. Entrarono in un giardino in cui crescevano le varietà più bizzarre e colorate di fiori. Rin scappò quasi dalle braccia di Anna, tanto era rimasta rapita dallo spettacolo.
«Come mai le barriere non funzionano su di me?» chiese Anna, incuriosita. Aveva già attraversato metà del territorio e ancora non avvertiva alcuna forza a ostacolarla.
«È destinata a coloro che portano con sé intenti offensivi. – spiegò Jaken, dandosi arie di importanza – In quanto serva di Sesshomaru-sama, tu non puoi avere alcun istinto offensivo nei suoi confronti.»
Anna lanciò un’occhiata di odio a Jaken, quindi lo mandò gambe all’aria con noncuranza, continuando il suo cammino dietro a Sesshomaru. Non gradiva essere definita serva da un brutto rospo lecchino.
Sono un’arma, non una serva.” pensò. Sospirò. La cosa non cambiava poi molto. 
«Guarda quanta gente, nee-chan!» mormorò Rin, un poco spaventata, indicando di fronte a sé. Stavano per entrare nell’ultimo giardino e alla porta sembrava ci fosse l’intera popolazione del castello, riunitasi per accoglierli. Si fermarono sulla soglia.
«Bentornato, Sesshomaru-sama.» disse un vecchio yokai che pareva avere qualcosa in comune con i cavalli. Sesshomaru annuì in segno di saluto. Ci fu qualche istante di silenzio imbarazzato, quindi lo yokai chiese: «Possiamo chiedervi, Potente Signore, chi sono coloro che viaggiano con voi?»
Sesshomaru lanciò un’occhiata a coloro che lo seguivano, quasi si fosse dimenticato di loro, quindi fece un gesto distratto. 
«Questa sera parlerò di chi mi segue nella Grande Sala, dopo che tu mi avrai informato di ciò che è successo in questa casa durante la mia assenza.» rispose con voce gelida.
«Naturalmente, Sesshomaru-sama.» rispose il vecchio yokai, che doveva essere il Maestro di Palazzo, inchinandosi.
Tutti lasciarono che il gruppo procedesse nel suo cammino. Attraversarono la folla, avvertendo la loro curiosità. Anna corrugò la fronte, stringendo Rin a sé. Dovevano solo provare a toccare la bambina, e…Si inoltrarono in un grande giardino ricco di laghetti, ponti sottili e pergolati. Tutto aveva un’intensa sfumatura arancione, vista l’ora tarda. Anna si attardò a guardarsi intorno, ammirata dalla leggiadria del luogo.
«Vivrò qui, d’ora in avanti.» mormorò.
«Hai intenzione di restare laggiù tutto il giorno?» 
La voce dura di Sesshomaru la riscosse dai suoi pensieri. Si voltò con una risposta ben poco diplomatica sulla punta della lingua, ma le parole le morirono in gola. L’inu-yokai stava ritto di fronte alla porta della magione, guardandola con aria irritata, e il sole al tramonto strappava riflessi dorati ai suoi capelli d’argento. Eppure, per un istante, Anna ebbe la netta sensazione che fosse notte e che Sesshomaru fosse in realtà una persona disperata che stava gridando qualcosa…qualcosa che aveva udito prima di essere strappata dal suo mondo e portata in questo, ma che ora non ricordava più.
Come era arrivata, la sensazione la lasciò, senza però abbandonarla del tutto. Non fidandosi delle sue forze, lasciò che Rin riprendesse a camminare da sola.
«Arriviamo.» sussurrò, passandosi una mano sul volto. Non fu lieta di scoprire che quella mano tremava.
Non appena entrarono, Rin e Anna furono separate da Sesshomaru e affidate alle cure di alcune hanyo che servivano nella casa. Anna fu portata attraverso un intrico di corridoi eleganti e pieni di ornamenti fino a una grande balconata. Lì, le donne aprirono una porta e la introdussero in una camera sfarzosa e ampia, con un’alta finestra rivolta sull’altro lato del giardino. Le hanyo le spiegarono che quell’ala del castello era adibita ad alloggio per le donne e che se si fosse persa non avrebbe dovuto fare altro che chiedere ad una di loro.
La costrinsero a farsi lavare, vestire e pettinare. Mentre sedeva a una grande specchiera, aggiustandosi addosso l’abito nuovo, chiese di Rin.
«La bimba umana è nel secondo corridoio a destra, Anna-sama. – rispose una delle hanyo – Sesshomaru-sama ha ordinato che non fosse troppo distante da voi.»
«Non chiamatemi Anna-sama, vi prego.» brontolò Anna, imbarazzata. Le hanyo scossero il capo, quasi scandalizzate. Per loro era naturale rivolgersi in quel modo a uno yokai di sangue puro.
Le venne portata anche la cena senza che giungesse alcuna notizia di Sesshomaru. Anna si sedette accanto alla finestra, ora che le hanyo se ne erano andate, e cominciò a riflettere su quanto aveva visto quella sera. Non poté però pensarci a lungo perché un intempestivo Jaken venne a chiamarla.
Dopo molti corridoi – Anna cominciava a chiedersi seriamente quando avrebbe imparato a orientarsi in quel posto – giunsero in una grande sala illuminata. Molta gente era assiepata all’interno e altra aspettava fuori. Tutti mormorarono un saluto al passaggio di Jaken e Anna. La ragazza si guardò attorno, perplessa, cercando Rin, e la trovò tra due inu-yokai di basso rango, ben vestita e pettinata.
«Nee-chan! – esclamò la bambina, correndo da lei – Visto come hanno vestito bene Rin? Anche tu sei molto bella!»
Anna sorrise alla bimba, quindi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi ambrati di Sesshomaru, che stava conferendo col Maestro di Palazzo. Sesshomaru notò la loro presenza e fece cenno di avvicinarsi al grande trono che occupava. Anna si approssimò con cautela, tenendo Rin ben stretta a sé. Notò che Sesshomaru non si era cambiato affatto in quelle ore. Non aveva nemmeno tolto l’armatura, ma, come al solito, non aveva un capello fuori posto.
Mentre loro gli si avvicinavano, Sesshomaru fece cenno alla folla di fare silenzio, ordine che venne immediatamente eseguito. Anna fece una breve smorfia. Non era difficile immaginare come l’obbedienza generale a Sesshomaru fosse generata dalla paura.
«Sono tornato da un lungo viaggio, lasciando la casa priva del suo Signore. – esordì Sesshomaru, spazzando la sala con lo sguardo – A parte alcuni casi di disobbedienza, ho avuto il piacere di trovare tutto invariato e in buone condizioni.»
Ci furono sospiri di sollievo. Evidentemente coloro che avevano disobbedito non erano più abbastanza presenti da poter provare paura alle minacce del padrone. Anna si fece un’idea di come Sesshomaru avesse occupato le ultime ore. Lo yokai abbassò lo sguardo e fece cenno a Rin di avvicinarsi a lui. La bimba lanciò un’occhiata ad Anna, quindi raggiunse Sesshomaru, che le mise una mano sulla testa e guardò con intenzione la folla davanti a sé.
«Questa bambina umana si chiama Rin ed è sotto la mia protezione. – disse Sesshomaru, gelido – Chiunque causerà danno alla bambina verrà ucciso. Chiunque farà commenti sulla cosa subirà la stessa sorte.»
Le parole vennero accolte da un silenzio di tomba. Sesshomaru lasciò andare Rin e afferrò un polso di Anna, che volse gli occhi su di lui di scatto, sorpresa. Sesshomaru non la guardò nemmeno.
«Questa è Anna. – disse Sesshomaru, ignorando la sorpresa di lei – È un’inu-yokai al mio servizio. I suoi ordini in questa casa saranno secondi ai miei, parlerà per mia bocca.» Jaken soffocò un’esclamazione di sdegno. In poche parole, Anna aveva usurpato il suo posto nella Grande Casa. «Chiunque violerà i suoi ordini, porterà danno alla mia persona. Per questo verrà ucciso.»
Altro silenzio accolse la notizia. Anna spiò di sottecchi Sesshomaru. Non le aveva ancora lasciato il polso. Uno strano formicolio le prese lo stomaco e la ragazza distolse lo sguardo, a disagio.
«Con questo ho finito. Tornate alle vostre occupazioni.» disse Sesshomaru. La folla iniziò a disperdersi e presto nella sala rimasero solo in quattro.
«Jaken, porta Rin nella sua stanza.» ordinò Sesshomaru, lasciando finalmente Anna, che si ritirò di scatto come se si fosse scottata. Il rospo, borbottando, accompagnò fuori Rin, che salutò tutti allegramente, dando la buonanotte. Anna e Sesshomaru rimasero in silenzio per qualche istante.
«Posso ritirarmi, Sesshomaru-sama?» chiese Anna alla fine, visto che non sembrava che lo yokai avrebbe parlato. Sesshomaru si voltò verso di lei con aria pensierosa, quindi si avvicinò.
Che…che ha intenzione di fare?” si chiese Anna, facendo un passo indietro. Sesshomaru le afferrò il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. Il cuore di Anna mancò un battito. Non gli era mai stata così vicina. D’un tratto, la bellezza del viso di Sesshomaru le divenne insopportabilmente palese.
«Se…Sesshomaru-sama…» disse, deglutendo a fatica.
«Che sia chiaro: il fatto che i tuoi ordini siano secondi ai miei non ti dà il diritto di abusarne.» disse Sesshomaru. Le sue parole le fecero l’effetto di una doccia gelata.
«Oh…ma certo.» rispose Anna, imbambolata. Sesshomaru la fissò ancora per un attimo quindi la lasciò.
«Non tollererò insubordinazioni. – disse, tornando al trono e sedendovisi – Vedi di ricordartelo, o subirai né più né meno il trattamento che riservo agli altri.»
«Ne sono conscia, Sesshomaru-sama.» rispose lei. Sesshomaru le fece cenno di ritirarsi e Anna si affrettò a lasciare la stanza, mormorando una stentorea buonanotte. Si avviò per i corridoi, con una mano poggiata sul suo cuore in tumulto.
Hai sempre conosciuto la sua bellezza. – si disse, cercando di dominare il rossore che le stava sorgendo sulle guance – Cosa te ne importa? È crudele e freddo. Vedi di darti una calmata, Anna, o Sesshomaru comincerà a pensare che tu…
«Che io…cosa?» mormorò, fermando i propri passi.
Ci mise un po’ per riprendere il cammino e ancora di più per ritrovare la sua stanza tra i mille corridoi in cui avrebbe vissuto da quel momento in poi.

   
 
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