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Autore: Lady Amber    04/10/2010    6 recensioni
L’uomo procedeva velocemente nel buio. I suoi passi, resi pesanti e strascicati dalla fatica, rimbombavano come spari tra le pareti sporche del vuoto corridoio corroso dal tempo. Era quello l’unico imperativo che si stagliava prepotentemente nella sua mente: correre. Correre nonostante i numerosi tagli che costellavano il suo dorso martoriato, nonostante il sangue caldo che gli colava lungo la fronte e gli annebbiava la vista. Correre a perdifiato come se avesse il diavolo alle calcagna, perché era quello l’unico modo per sfuggire al mostro che lo braccava.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Christine Chapel, James T. Kirk, Nuovo Personaggio, Spock
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo lo dedico a Rei Hino, la dea indiscussa del Threesome- fluff! >///////< Spero che sia abbastanza smielato per i tuoi gusti, cara! ^^



Schneider riprese coscienza del proprio corpo in modo lento e graduale.
La prima cosa che avvertì fu la piacevole sensazione di un fresco e morbido lenzuolo che gli accarezzava lievemente le punte dei piedi nudi. Poi incominciò a percepire anche un fastidioso prurito al collo provocato probabilmente dall’orlo di un ruvido camice di ospedale, il braccio ripiegato e fasciato strettamente al torace indolenzito e una luce che lo raggiungeva tremolante nonostante le palpebre ancora serrate. Ancora mezzo incosciente, il ragazzo notò distrattamente che attorno alla sua mano libera aleggiava un caldo e piacevole tepore.
L’ingegnere aprì lentamente gli occhi. Fortunatamente la luce non era così intensa da fargli male, ma fu comunque costretto a sbattere più volte le palpebre per abituarsi a quella nuova illuminazione. Poco a poco, la vista gli si snebbiò.
La prima cosa che vide fu un soffitto chiaro. Tutto intorno a lui sembrava regnare il colore bianco, reso ancora più brillante e acceso dalla luce soffusa che pervadeva l’ambiente.
Sono in infermeria, realizzò il ragazzo con un certo sollievo. Era vero, allora: si trovava davvero di nuovo a bordo dell’Enterprise.
“Rafe…” lo chiamò d’un tratto una voce dolce e vellutata.
Il giovane ingegnere voltò cautamente il capo. E la vide.
L’infermiera Christine Chapel era seduta compostamente accanto al suo letto e gli sorrideva caldamente. Vagamente stupito, Schneider realizzò che era lei che gli stava tenendo la mano.
“Chris!” esclamò subito, riuscendo in qualche modo a drizzarsi a sedere. “Stai… stai bene?”
Lei non rispose, continuò semplicemente a guardarlo. Inclinò la testa di lato e sorrise di nuovo.
“Chris…?”
La donna avvicinò una mano al viso dell’ingegnere e dischiuse le morbide labbra come per dire qualcosa.
Di colpo, indistinta e inesorabile come un’ombra, una lucida zampa artigliata spuntò a rilento alle sue spalle.
Schneider spalancò gli occhi.
L’arto scheletrico e affilato agguantò la bionda con una lentezza infinita, stringendosi pian piano attorno al suo lungo e candido collo. Poi, la testa allungata dell’Alieno fece silenziosamente capolino dal bordo del letto.
Schneider rimase letteralmente paralizzato sul posto, atterrito.
L’Alieno si avvicinò. Strusciò la sua fredda mascella scura contro il chiaro e pallido viso di Chapel. Lei non reagì, continuò ossessivamente a fissare Schneider con espressione vuota.
D’un tratto, il suo sorriso si spense. L’Alieno emise un basso e cupo gorgoglio, scoprendo le svariate file di denti aguzzi di cui era dotata la sua doppia bocca argentata.
Con uno scatto fulmineo, azzannò la donna.
Quando gli schizzi del sangue caldo dell’infermiera colpirono il suo viso, Schneider ritrovò finalmente la voce. E gridò come non aveva mai fatto in vita sua.
“Rafe!” lo chiamò un’ansiosa voce vellutata dal suono famigliare. “Rafe!”
Schneider si svegliò di soprassalto. Ansante e madido di sudore, si drizzò a sedere di colpo e si guardò freneticamente intorno, realizzando con un certo sconcerto di trovarsi ancora in infermeria.
Girandosi di scatto, vide che Chapel semisdraiata sul lettino accanto al suo che lo stava fissando con espressione preoccupata.
“Calma, ragazzo” lo tranquillizzò subito il dottor McCoy entrando all’interno del suo campo visivo. “È stato solo un incubo. Sei al sicuro adesso. Prendi dei bei respiri profondi” continuò fissando con una certa apprensione il monitor sulla testa del tedesco. “Così, bravo. Insipira, espira. Inspira…”
Schneider chiuse gli occhi e seguì le istruzioni del medico, concentrandosi per calmare i battiti frenetici del proprio cuore. Quando McCoy gli posò delicatamente una mano sotto il mento per osservare meglio il suo viso, li riaprì.
“Come ti senti?” indagò il buon medico.
“Come se mi fosse caduto addosso un Klingon obeso…” gemette il ragazzo ricadendo pesantemente sul morbido lettino.
La risata cristallina di Chapel pervase piacevolmente la stanza.
“Beh, è normale” sorrise allora McCoy lanciando un ultimo sguardo ai rilevamenti. “Hai ancora la febbre alta. Ma se riesci a trovare la forza per fare dell’ironia, vuol dire che la situazione non è poi così grave. Entro un paio di giorni sarai di nuovo in piedi sveglio e pimpante come sempre ad ammazzarti di lavoro assieme al caro Scott. Non hai idea di quanto sia disperato, poverino, ora che ha perso il suo aiutante tutto fare” aggiunse con un sospiro. Questa volta fu il turno di Schneider di sorridere. “Sarà il caso che vada a dire al capitano che ti sei svegliato. Aveva una certa urgenza di parlarti.”
“Riguardo a cosa?” chiese l’ingegnere confuso.
“Ah, non chiederlo a me. Sono un medico, non un indovino” borbottò McCoy uscendo.
Schneider si morse leggermente un labbro e si voltò nuovamente verso Chapel.
Osservò avidamente il dolce sorriso che le illuminava il volto, lo scintillio vivace di quei suoi occhi azzurri e limpidi come il cielo di primavera, i riflessi luminosi dei suoi capelli dorati che le incorniciavano il pallido viso di luna. Lo stava  fissando in attesa, come se aspettasse che fosse lui a parlare per primo. E in effetti Schneider aveva così tante cose da dirle, così tante… “Ciao” riuscì a balbettare.
Ciao?! Dio, ma quanto sono deficiente? pensò subito con un moto di stizza nei confronti di sé stesso. Aveva davanti la donna dei suoi sogni che lo stava guardando sorridente e tutto quello che riusciva a dire era un misero “ciao”?!
Chapel sorrise tacitamente.
Per un attimo, Schneider ebbe l’agghiacciante déja-vue dell’orribile zampa dell’Alieno che spuntava silenziosamente alle spalle della donna.
“Ciao” rispose invece la bionda rompendo il silenzio. Notando l’ingegnere rilassarsi impercettibilmente, Chapel gli lanciò un’occhiata incuriosita. “Mi hanno detto che hai rischiato di fare andare Kirk fuori dai gangheri, giù sulla Patience.”
“Già.” Schneider accennò un sorriso, nonostante il ricordo di quell’episodio fosse tutt’altro che divertente. “Voleva che lasciassimo la nave senza di te, così ho dato un po’ in escandescenze… Ehi, aspetta un momento!” Il suo sguardo si fece di colpo allarmato. “Non sarà per quello che Kirk vuole vedermi!”
“No, non credo proprio” rise di nuovo Chapel. “Penso che volesse chiederti qualcosa riguardo al signor Spock. O almeno, questo è quello che ho capito io.”
“Dio, grazie…per un momento ho temuto il peggio” sospirò Schneider sollevato. “Da quant’è che sei sveglia?” chiese poi.
“Non lo so di preciso…” Chapel ci pensò un attimo su. “Devo essermi risvegliata circa quattro o cinque ore fa, ma mi sono riaddormentata quasi subito dopo la visita del capitano. Ho dormito per tutto il resto del tempo, almeno finché tu non hai cominciato ad agitarti nel sonno.”  
“Mi dispiace…” Schneider deglutì e si asciugò con la manica il sudore che gli imperlava ancora la fronte. “È stato un incubo davvero orribile.”
“Temo che ne avremo parecchi altri, nelle prossime settimane” disse l’infermiera annuendo.
“Già, è quello che penso anch’io.” Schneider scrollò le spalle con uno sbuffo di frustrazione. “Tanto vale prenderci l’abitudine fin da ora…”
Il sorriso sul viso delicato di Chapel si attenuò leggermente. La donna distolse lo sguardo, passando a osservarsi attentamente le mani poggiate in grembo. “Rafe, ti devo delle scuse” esordì improvvisamente. Schneider fissò stupito la bionda. “Devo scusarmi per aver dubitato dei tuoi sentimenti.”
“Chris, non c’è bisogno che tu…”
“Invece sì,” si affrettò a ribattere Chapel senza lasciargli il tempo di continuare. “Il tempo che ho passato dentro a quello schifo di bozzolo è stato un’eternità. Saranno anche state solo poche ore, nella realtà, ma ti posso assicurare che a me è sembrato molto, molto di più. Proprio per questo ho avuto la possibilità di riflettere a lungo, per quanto la mia mente fosse più assente che altro. E…” Lanciò a Schneider un’occhiata incerta. “… sono giunta alla conclusione che forse la mia risposta alla tua ultima proposta è stata un po’ troppo avventata.”
“Chris…”
“No, aspetta, lasciami finire. Vedere il tuo viso laggiù è stata la mia salvezza. Letteralmente. Non quello di Kirk, non quello di Konrad… non quello di Spock. Il tuo. È stato solo in quel momento che mi sono resa conto di quanto tu fossi importante per me.” L’ingegnere poté notare chiaramente lo sforzo che l’infermiera stava facendo per ammettere che aveva avuto ragione lui, fin dall’inizio. “Quindi volevo chiederti se, una volta usciti da qui, magari ti andava di… sì, insomma, di continuare a vederci come abbiamo fatto negli ultimi tempi…”
Schneider scrutò la donna per qualche secondo, pensieroso. “Non lo so, Christine.”
Gli occhi dell’infermiera si allargarono per lo sgomento.
Il ragazzo prese un profondo respiro e la guardò di sbieco. Provò a mantenere un’espressione al contempo seria e grave, ma il suo tentativo andò miseramente a monte. “Ma quanto sei credulona?” le chiese allora scoppiando a ridere fragorosamente. “Possibile che dopo tutto quello che abbiamo passato tu creda davvero che non ti voglia?”
Accorgendosi della presa in giro, Chapel fece una smorfia indispettita e si allungò leggermente verso Schneider, tentando di dargli uno scappellotto in testa.
“Okay, okay, va bene…” rise l’ingegnere riparandosi dai colpi della bionda. “È stato uno scherzo cretino, lo ammetto!”
“Non che da un bambino come te ci si potesse aspettare altro, dopotutto…” sbottò Chapel in tono vagamente risentito.
“Ma sentitela, parla la vecchia signora!” la canzonò lui con un sorrisetto furbo stampato in faccia.
“Aspetta solo che esca di qui, Raffael…” iniziò lei con aria ostentatamente minacciosa.
“… e sentiamo, che cosa mi farai?” la stuzzicò il ragazzo.
“Lo scoprirai presto, mio caro…” Chapel lo guardò intensamente, poi sorrise con aria maliziosa. “Oh sì, ti assicuro che in confronto la nostra prima notte ti sembrerà un tranquillo pisolino tra fratellini.”
Il lieve aumento dei battiti del cuore di Schneider venne tradito dal rumoroso monitor sopra la sua testa.
“Sei così carino quando arrossisci!” affermò Chapel sorridendo e portandosi le mani al viso.
L’ingegnere distolse lo sguardo, imbronciato.
“Che succede, qui?” iniziò allora McCoy entrando in infermeria insieme al capitano. “Siamo un po’ agitati, ragazzo?” si informò controllando accigliato i dati del rilevatore. Chapel ridacchiò.
“Sto bene” tagliò corto l’ingegnere.
“Ne sono davvero felice, tenente” sorrise Kirk affiancandosi al medico. “Eravamo tutti molo preoccupati… c’è mancato poco che Scotty non si accampasse in infermeria per vegliarla.”
“Tipico suo” rise Schneider scuotendo leggermente la testa.
Kirk annuì, divertito. “Senta Schneider, avrei bisogno di alcune informazioni che solo lei può fornirmi. Se la sentirebbe di rispondere a qualche domanda?”
Il giovane ingegnere si mordicchiò un po’ il labbro ma mantenne un’espressione decisa. “Certo, signore. Di che si tratta?”
“Oh, niente di troppo comlicato” rispose Kirk con uno strano bagliore negli occhi. “Solo curiosità.”

§---°°°°°---§

Kirk suonò il cicalino della porta degli alloggi di Spock.
“Avanti” rispose dopo qualche istante la voce profonda del vulcaniano.
Ottenuto il permesso, il capitano entrò nell’ambiente caldamente illuminato. Come sempre lo sbalzo di temperatura rispetto all’esterno colpì l’umano come una frustata, facendolo quasi barcollare.
Il Primo Ufficiale era seduto compostamente alla sua scrivania. Lo sguardo scuro prima fisso sul monitor luminoso si sollevò tranquillamente per accompagnare l’entrata dell’uomo nella stanza.
“Ciao, Spock. Come vanno i tagli?”
“Ormai sono in via di guarigione.” Il vulcaniano si alzò e invitò il capitano a sedersi. “Vuoi qualcosa da bere, Jim?”
Kirk lanciò a Spock uno sguardo enigmatico. “Un brandy danubiano sarebbe fantastico.”
Spock si diresse con eleganza verso il sintetizzatore. “Immagino che sarebbe inutile ricordarti che assumere alcolici in servizio è un comportamento che va ufficialmente contro il Regolamento.”
“Suvvia, lo sai che lo reggo bene l’alcool” rise Kirk. “Un goccetto non mi farà alcun male. Se non mi sbaglio” incominciò poi assumendo un tono più serio, “noi due abbiamo una discussione in sospeso.”
Spock finse di non capire, ma Kirk notò le sue spalle irrigidirsi impercettibilmente. “Una discussione, Jim?”
“Sì. A proposito della nostra ultima missione, ricordi? Dovevi spiegarmi perché invece di portare Schneider e Chapel sull’Enterprise sei ritornato indietro per cercarmi. Hanno rischiato molto grosso, e lo sai anche tu.”
Il vulcaniano parlò con ostentata indifferenza. “Il vento di Anteres 4 aveva danneggiato i motori della Galileo, cosicché le eliche principali erano risultate quasi interamente incrostate di sabbia. Per poterle liberare sarebbe stato necessario portare la rena a temperatura di fusione, quindi bisognava fare riscaldare sufficientemente il motore. Sapevo per certo che eri ancora vivo. Visto che il processo avrebbe comunque richiesto una quantità non trascurabile di tempo, ho ritenuto opportuno approfittare dell’occasione per verificare il tuo effettivo stato di salute” concluse Spock voltandosi con un bicchiere in mano.
Kirk lo scrutò con sguardo indagatore e accettò il drink. Rimase in silenzio.
“Puoi chiedere anche al tenente Schneider. Lui confermerà sicuramente che-”
“Sì, sì, ho già parlato con Schneider.”
Spock gli lanciò un’occhiata confusa. “E allora perché me lo hai chiesto?”
“Perché Schneider ha aggiunto anche qualcos’altro” rivelò Kirk facendo oscillare distrattamente il contenuto del bicchiere. “Ha detto che ancora prima di essere arrivato alla Galileo e avere scoperto in che condizioni si trovava il motore, tu avevi già deciso di ritornare indietro a cercarmi. È rimasto molto impressionato dalla tua enfasi, in effetti.”
Spock non disse nulla. Si limitò a lanciare al capitano un’occhiata guardinga, come se avesse capito fin troppo bene dove voleva andare a parare.
“È vero?” lo incalzò Kirk.
“Sì.”
“Quindi in poche parole avresti lasciato il comando della navetta a Schneider che, oltre ad essere gravemente ferito, non aveva neanche lontanamente l’abilità di un pilota professionista. La Galileo si sarebbe potuta schiantare al suolo e noi due saremmo potuti rimanere bloccati sul pianeta, alla mercé dello xenomorfo.” Kirk si alzò e si piazzò davanti al suo Primo Ufficiale, con le braccia conserte. “La tua azione non è stata per niente logica” constatò con durezza.
Spock esitò. “Ovviamente avrei inserito il pilota automatico.”
“Ma saresti comunque tornato a cercarmi.”
Il Primo Ufficiale fissò il capitano, in silenzio.
Lo sguardo di Kirk si intenerì. “Questo non va affatto bene, Spock. Non fraintendermi, ovviamente mi ha dato una gioia assurda il fatto che tu sia tornato indietro a cercarmi. Però io ho bisogno di poter contare sempre su di te, di sapere che agirai secondo logica quale che sia la situazione.” Spock chinò il capo e fissò il pavimento, le orecchie affilate pervase da una leggera tinta verdognola. Kirk sospirò. “Avanti, guardami” disse prendendo il pallido viso del vulcaniano tra le mani. L’espressione di Spock sembrava calma e pacata come sempre, ma i suoi occhi tradivano ora uno scintillio di tristezza. “Analizziamo la situazione. Io sono un impulsivo attaccabrighe e Bones è un lunatico brontolone. Siamo tutti e due irrecuperabili, temo.”
L’ombra di un sorriso aleggiò per un secondo sul bel viso del vulcaniano. “Concordo.”
“Purtroppo tu sei l’unico che può riparare a questi nostri difetti. E devi farlo seguendo la tua logica,senza tenere conto delle conseguenze che essa potrebbe avere per noi due o per chiunque altro.”
“Mi stai dicendo che dovrei smettere di farvi da balia?” chiese d’un tratto Spock sollevando un sopracciglio.
Kirk si grattò la testa, accigliato. “Beh, non l’avrei espressa proprio in questi termini, ma sì. Il concetto è quello.”
Spock si avvicinò all’umano e sfiorò il naso di Kirk con il proprio. “Ci proverò, Jim.”
Per tutta risposta, Kirk ridacchiò sulle labbra del vulcaniano e lo sospinse dolcemente sul letto, attento a non pesargli troppo sul petto ancora dolorante. “Lo spero” sussurrò nella sua bocca calda.
D’un tratto, la porta degli alloggi del Primo Ufficiale si spalancò.
“Uh là-là… giù le mani dal capitano, folletto dei boschi.”
“Parli del diavolo…” sorrise Kirk alzandosi su un gomito.
“Leonard, non ti ha mai detto nessuno che sarebbe cortesia bussare, prima di entrare nella stanza di qualcuno?” chiese Spock rotolando su un fianco.
“Davvero?” chiese McCoy gettando da una parte il suo tricorder medico. “Sono allibito. Francamente credevo che ormai avessimo raggiunto un livello di intimità tale da poter saltare i convenevoli.”
Spock sollevò un sopracciglio. “Cortesia e convenevoli sono due concetti molto diversi.”
“Toh, brandy…” mormorò il medico tra sé e sé. Trangugiò in un solo sorso il resto del drink che Kirk aveva abbandonato sulla scrivania. “Mh-mh, certo, certo” convenne poi annuendo senza convinzione. “È sicuramente come dici tu, Spock.”
Kirk roteò gli occhi e si spostò per fare posto a McCoy. Con un sospiro, il medico si lanciò a peso morto sul letto e si posò la superficie fresca del bicchiere sulla fronte. “Dio mio, che giornata.”
“Come sta Fischer?” biascicò Kirk. Diavolo, quanto era comodo quel letto.
“Come credi che possa stare uno che ha perso fidanzata e figlio nel giro di un quarto d’ora? È letteralmente distrutto. Gli ho dovuto somministrare una doppia dose di sonnifero, per farlo dormire.”
“Sono convinto che con le tue straordinarie doti mediche riuscirai ad aiutarlo, Leonard.”
“Ah beh, se ne è convinto il folletto allora…” sorrise McCoy poggiando il bicchiere a terra.
Assonnato, Kirk trasse a sé il medico e lo circondò con le proprie braccia in un tenero abbraccio. Poi incominciò ad accarezzargli dolcemente i capelli color caramello, imitato da Spock che li cinse entrambi da dietro.
“Vi ho sentiti” mormorò McCoy dopo un po’.
“Lo so, Leonard” sussurrò Spock di rimando. “Mi dispiace. Non credevo che ci saresti riuscito anche senza il Legame.”
“Non mi era mai successo prima.”
“Di che cosa state parlando?” chiese Kirk confuso.
“Poco dopo la vostra partenza” spiegò nervosamente McCoy, “ho provato le vostre stesse emozioni. Ho avvertito la vostra paura, il vostro dolore, la sensazione di qualcosa di orribile che si annidava nell’oscurità, era… era tutto così reale…”
“Tranquillo, Bones” sussurrò piano Kirk rinsaldando la presa attorno al medico tremante. “Siamo qui al sicuro, adesso. Tutti e tre insieme, come dovrebbe essere.”
McCoy annuì lentamente e sbadigliò, stringendosi di più al capitano. “Da non credere” borbottò in tono sonnacchioso. “Siamo nello stesso letto con un prestante vulcaniano e tutto quello che riusciamo a fare è sbadigliare. Che tristezza.”
Kirk ridacchiò. “Però, devi ammettere che è la prima volta che ci capita.”
“Già” sogghignò McCoy. “Di solito c’è ben poco per cui sbadigliare.”
“Silenzio…” li rimproverò Spock dolcemente. “Avete la necessità di riposare, ora. Tutti e due.”
“Cosa dicevamo prima, riguardo al farci da balia?” mugugnò il capitano ormai in dormiveglia.
Spock non rispose, ma Kirk poté comunque avvertire tra i capelli il lieve movimento della sua bocca che si tirava in un leggero sorriso. Il vulcaniano continuò ad accarezzare dolcemente i suoi due umani e a cullarli per conciliare loro il sonno. Ormai semicosciente, Kirk aumentò la presa sul medico addormentato fra le sue braccia e voltò il capo verso Spock. La sua guancia fresca incontrò le labbra bollenti del vulcaniano. Cielo, quanto erano calde, pensò distrattamente. Davvero di un caldo assurdo. Un caldo arido, secco.
Afoso, quasi.
In un attimo, il capitano si ritrovò nuovamente sull’instabile pianeta di Antares 4. In un vortice confuso di sensazioni, suoni e colori, gli ritornarono alla mente tutti i pensieri che lo avevano accompagnato durante il tragitto verso la U.S.S.Patience… Percepì nuovamente il vento afoso e instabile che spazzava la superficie, gli irritanti mulinelli di sabbia del deserto, il sole ustionante, la terribile arsura della sete… La sensazione di avere la gola incredibilmente secca, il disperato bisogno di acqua che attanagliava le sue viscere…
Un momento.
Acqua?
“Spock!” esclamò Kirk drizzandosi a sedere di colpo.
“Eddài, Jim…” piagnucolò McCoy nel sonno strattonandolo giù nuovamente e tornando a utilizzare il suo petto come cuscino.
“Cosa c’è, T’hy’la?” sussurrò Spock scostando dolcemente un ciuffo color miele dalla fronte sudata del capitano. “Un incubo?”
“No, no…” bisbigliò Kirk per non svegliare McCoy. “È solo che mi è tornata in mente una cosa che volevo chiederti.”
Spock aggrottò la fronte con aria interrogativa. “Cosa?”
“Davvero non sai nuotare?”
“Suppongo che tu ti riferisca all’episodio della Patience” mormorò il vulcaniano. “La temperatura dell’acqua era davvero troppo bassa per il mio corpo, tanto da impedirmi di respirare correttamente. In aggiunta, i vestiti inzuppati e gli stivali pesanti intralciavano in modo considerevole i miei movimenti, contribuendo a trascinarmi verso il fondo.”
“Quindi… sai nuotare?” tentò di riassumere Kirk ancora non del tutto sveglio.
Spock esitò. “So rimanere a galla.”
“Strano. Credevo che all’Accademia quello di nuoto fosse uno degli esami più importanti.”
“Lo è, infatti.”
“E allora?” gli chiese Kirk confuso. “Come sei riuscito a passarlo se sai solo stare a galla?”
Kirk aspettò pazientemente una risposta che non venne. Stupito e ormai completamente sveglio, si sollevò quel tanto che il medico-koala ancora aggrappato alla sua pancia gli permetteva.
“Spock?”
Il vulcaniano sembrava essersi addormentato. Il suo viso sereno era completamente rilassato e il suo respiro era lento e regolare.
“Tanto lo so che non stai dormendo” sibilò Kirk a bassa voce. Il medico brontolò nel sonno e sfregò ancora la faccia contro il ventre di Kirk.
“Credo” iniziò cautamente Spock sempre ad occhi chiusi, “che l’istruttore non avesse le idee molto chiare, al momento dell’assegnazione dei punteggi.”
Kirk guardò a bocca aperta le orecchie del vulcaniano tornare a tingersi di verde. “Tu… hai barato?” chiese incredulo.
Spock aprì la bocca per ribattere ma fu interrotto dallo squillo dell’interfono.
“Signor Spock?” 
“Salvato in extremis dalla bella Uhura” commentò Kirk sollevandosi per permettere al vulcaniano di raggiungere la parete opposta della stanza.
“Parla Spock.”
“Sto cercando il capitano, mi hanno detto che si trova lì da lei.”
“Esatto, tenente, è qui” la informò Spock assumendo il suo solito tono professionale. “Lo chiamo subito, attenda in linea.” Detto questo, si affrettò ad aiutare Kirk a districarsi dal mortale abbraccio di McCoy e tornò a stendersi silenziosamente sul letto.
“Che c’è Uhura?” riuscì finalmente a chiedere il capitano.
“Signore, mi dispiace disturbarla ma abbiamo l’ammiraglio Harrison in collegamento video. Vuole urgentemente parlare con lei riguardo alla nostra ultima missione… non sembra affatto contento della sua decisione di distruggere la U.S.S. Patience.”
“Va bene, Uhura, gli dica pure di attendere in linea. Arriverò tra un paio di minuti.”
Il capitano interruppe bruscamente la comunicazione e si girò con un sospiro. Alla vista del suo accigliato Primo Ufficiale avvolto tra le spire del medico ancora addormentato, si lasciò sfuggire una risata.
“Devo andare, Spock. Guai in vista.”
“D’accordo, mi occupo io di Leonard.”
“Del polipo brontolone vorrai dire!” bisbigliò il capitano divertito. Stampò un tenero bacio sulle fronte del medico e accarezzò le fresche labbra del vulcaniano con le proprie, sfiorandogli due dita con l’indice e il medio. “E tu non credere di cavartela con così poco. Dovrai spiegarmi nei dettagli la faccenda dell’istruttore confuso.”
“Jim” incominciò Spock con urgenza, “ti pregherei di non divulgare a terzi questa informazione.”
Kirk rise sommessamente e si avviò in silenzio verso la porta del bagno, intenzionato a passare non visto nei suoi alloggi. “Ovviamente. Immagino che per “terzi” tu intenda Bones, giusto? Ti tormenterebbe a vita.”
“Perché, ti tormenterei a vita?” biascicò improvvisamente McCoy sollevandosi su un braccio e osservando confuso Spock. I suoi capelli erano straordinariamente arruffati e i suoi occhi azzurri erano ancora pieni di sonno.
“Niente” risposero all’unisono Kirk e Spock.
“Balle…” replicò McCoy battendo più volte le palpebre per snebbiarsi la mente. “Non è leale parlarmi alle spalle mentre dormo…!”
“Leonard…”
“Ditemelo, lo voglio sapere anche io!” sbottò il medico sempre più sveglio.
Spock lanciò a Kirk uno sguardo sconcertato.
“Non fargli troppo male, Bones” ridacchiò Kirk ammiccando nella loro direzione. “Mi serve tutto intero, sul ponte. E Spock…” aggiunse sogghignando prima di uscire. “… buona fortuna.”

§---°°°°°---§

Una piccola sagoma di colore indefinito si staccò silenziosamente dalla parete inferiore della Galileo e zampettò senza un suono nel vasto hangar mediamente illuminato. Non visto, l’essere bitorzoluto percorse qualche metro costeggiando la fredda parete di metallo e si infilò con un lievissimo risucchio in un piccola diramazione secondaria del condotto di ventilazione.
Bene, era momentaneamente al sicuro.
La creaturina si appiattì contro il fondo della tubatura e rilassò le sue numerosa zampette fredde mollicce. Tutto quello che gli rimaneva da fare, ora, era aspettare.
  


Okay, care le mie lettrici, a questo punto credo proprio di dovervi qualche spiegazione O___o Come promesso, questo capitolo è a tutti gli effetti l’Epilogo della storia… nonostante ciò, come potete ben vedere, ho comunque deciso di mantenere un finale aperto.
“Eh, perché?!” vi starete sicuramente chiedendo indispettite. “Non ne ha abbastanza questa qui di descrivere squartamenti sanguinolenti, mostri orrendi e disperate corse contro il tempo?” Beh, avreste ragione su tutta la linea, ragazze ù____ù
Però… io un’idea per un eventuale seguito ce l’avrei. E c’entrerebbero anche quegli alieni tanto squilibrati e passionali chiamati Romulani, che ultimamente ho imparato ad apprezzare e amare. Ma non ho ancora iniziato a scrivere nulla e, siccome si prospetterebbe un progetto abbastanza lungo e impegnativo, l’ultima cosa che vorrei sarebbe perderci il sonno (come ho fatto con questa fic, dopotutto ^^”) per poi annoiarvi con un seguito che non vi interessa. Quindi…. *rullo di tamburi* … mi rimetto senza riserve al vostro impareggiabile giudizio! ù___ù Vi prego di farmi sapere se siete pro o contro l’idea di un eventuale seguito... nel caso non vi gustasse  non ci sarebbe davvero alcun problema: lascerei morire di fame il piccolo mostriciattolo color cappuccino e l’Enterprise riprenderebbe la suo solito viaggio di routine come se niente fosse! XDDD
Perciò, niente peli sulla lingua: siate artefici del destino di questa storia!!! ^o^



Voglio ringraziare in particolar modo Rei Hino, MkBDiapason, Fatanera e Persefone Fuxia per i loro bellissimi commenti (vi lovvo tanticcimo, girls! *3*); minnie2004 per aver aggiunto questa storia tra le preferite (merciiiii, cara! ^^) e ovviamente tutti gli altri silenziosi lettori che mi hanno seguita! VI RINGRAZIO CON TUTTO IL CUORE PER IL VOSTRO INESTIMABILE APPOGGIO!! *3*



Risposte ai commenti

Rei Hino: Caro Jim, fammi sapere quando avrai finito la tua “Accademia”… ti aspetterò al varco con un contratto nuovo fiammante, questo sarà senza dubbio un grande film per il tuo esordio! ù___ù E grazie ancora per i complimenti! * Amber arrossisce *

MkBDiapason: Dire che la tua preoccupazione è puccia è un eufemismo! Ops, sorry, volevo dire che la preoccupazione di Bones è un eufemismo… che poi, alla fine, è la stessa cosa… o no…? Bah! Ormai mi sto abituando a chiamare te Leonard e Rei Jim… mi state contagiando, maledette!! XDD

Fatanera: Non venire a dirlo a me, io sto sudando ancora adesso! XDD Spero che gli abbracci siano stati di tuo gradimento! ^^
 
   
 
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