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Autore: VaniaMajor    06/10/2010    5 recensioni
La battaglia al Monte Hakurei ha posto fine alla vita di Naraku, la Sfera si è dissolta e il futuro sembra sorridere a Inuyasha e ai suoi compagni. Solo per Sesshomaru nulla è cambiato, almeno finché una donna dai misteriosi poteri non compare per magia, sconvolgendo di nuovo la vita di tutti.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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CAPITOLO 4 - TETSUYA

Anna uscì dalla propria camera e si avviò lungo i corridoi, diretta verso la stanza di Rin.
«Buongiorno, Anna-sama.» la salutò una hanyo, passando con le braccia cariche di pezze di stoffa pulite. Anna salutò a sua volta con un gesto della mano. Quando quella fu passata, tornò seria e sospirò. Si fermò prima di lasciare la balconata e appoggiò una mano sulla ringhiera guardando il cortile interno, che in quel momento era quasi deserto.
Era passata da poco l’alba. Da quando era diventata uno yokai, Anna non aveva bisogno di dormire tutte le notti: lo faceva più per vecchia abitudine che altro. Le era diventato usuale alzarsi la mattina presto e poi vegliare il sonno di Rin, cosicché la bimba la trovava sempre al suo fianco quando si svegliava.
Quanto tempo era passato da quando avevano preso dimora nel grande palazzo? Forse nemmeno un mese, ma ad Anna sembrava una vita. Sospirò di nuovo e si appoggiò completamente alla balaustra, giocherellando con i suoi capelli d’oro. Rin si era ambientata nella nuova, sontuosa casa che era a sua disposizione. Stava esplorando tutti i giardini sotto l’occhio vigile di Anna, chiedeva spiegazioni ai giardinieri di palazzo, correva e giocava. Sembrava molto felice.
Per Anna non era lo stesso. Oh, certo, ormai conosceva il palazzo a memoria, riusciva a orientarsi anche grazie all’olfatto. Tutto era bello e confortevole, ma la sola bellezza stava cominciando a stancarla. A dirla tutta, se non fosse stato per Rin sarebbe stata preda di una noia opprimente.
Né Anna né Rin avevano più visto Sesshomaru in tutto quel tempo, se non sporadicamente. Lo yokai sembrava essersi dimenticato della loro esistenza. Convocava Anna circa una volta alla settimana per chiedere di Rin. I colloqui erano sempre brevi e concisi, molto freddi, quindi Sesshomaru la congedava. Provvedeva affinché avessero i vestiti migliori e fossero ben servite, ma non riteneva necessario passare il tempo in loro compagnia.
Anna aveva cercato di non badare alla cosa. Aveva giocato con Rin, esplorato il Palazzo, conosciuto un po’ tutta la servitù, si era perfino allenata nel combattimento da sola, in una grande palestra che stava nel sotterraneo. Eppure, il suo disagio non faceva che aumentare. Inutile prendersi in giro, non riusciva a vivere in quella casa, fredda quanto il suo padrone, senza la presenza del padrone stesso.
Le mancava Sesshomaru? Probabilmente sì, anche se non vedeva perché. Dopotutto, durante il loro viaggio verso il palazzo, Sesshomaru era sempre stato freddo e distaccato, sicuramente non una persona di compagnia. Alzò la mano destra, che non presentava più i lunghi artigli da yokai. Quella era una delle cose che Sesshomaru le aveva insegnato a nascondere per non ferire Rin inavvertitamente.
Tutta la sua natura di yokai era legata a Sesshomaru.
«Mi manca quel ghiacciolo senza cuore. Sono proprio ridicola.» mormorò.
Con un gesto nervoso, lasciò il balcone e si diresse verso la stanza di Rin.

 
***

Più tardi, Anna e Rin, con le mani piene di fiori raccolti in giardino, si dirigevano nuovamente alla grande balconata.
«Vedrai, nee-chan! – disse Rin, tenendo i fiori con cura e seguendo con dispiacere ogni petalo perduto – La tua stanza sarà bellissima! Faremo dei grandi mazzi e li metteremo un po’ dappertutto!»
«Non sarebbe meglio addobbare la tua camera, Rin-chan?» chiese Anna, conoscendo già la risposta.
«La camera di Rin è già piena di fiori, nee-chan! Rin vuole che Sesshomaru-sama si innamori della stanza di Anna nee-chan quando andrà a trovarla!» esclamò la bimba.
Anna sospirò, scuotendo il capo. Era inutile dire alla bimba che Sesshomaru non aveva intenzione di andarla a trovare e che per il suo naso fino il profumo era quantomeno intossicante. Avrebbe fatto sparire quei fiori al momento opportuno.
Arrivarono alla porta della camera di Anna. La yokai spostò l’intero mazzo su un solo braccio per afferrare la maniglia, quando tra il profumo dei fiori si fece strada un altro odore. C’era qualcuno nella stanza. Gli occhi di Anna si fecero gelidi, ma finse noncuranza. Si voltò verso Rin con un sorriso.
«Rin, tesoro, mi andresti a prendere il nastro per capelli? Credo di averlo lasciato in camera tua prima di scendere in giardino. Non posso lavorare così.» chiese. Rin annuì, notando che Anna aveva i capelli sciolti. Affidò anche il suo mazzo di fiori a lei e corse verso la sua camera. Appena la bimba svoltò l’angolo, il sorriso di Anna svanì.
Aprì la porta con disinvoltura. Chiunque fosse l’intruso, era appoggiato alla sinistra della porta. Con un movimento fulmineo, Anna attraversò la soglia e si spostò a sinistra, afferrando il collo dell’intruso e inchiodandolo alla parete, mentre il mazzo di fiori si spargeva per terra. Ci fu un grido di donna. L’intruso non era niente di più pericoloso di una hanyo per metà uccello che tremava sotto la sua stretta. Anna sbuffò e la lasciò andare, ma alla donna non ressero le gambe e crollò a terra, faticando a deglutire.
«Non entrare nella mia stanza senza che io lo sappia. – sospirò Anna, raccogliendo i fiori – Lo dico per la tua incolumità. Sono ipersensibile, ultimamente.»
Anna appoggiò il mazzo su un tavolo intagliato, quindi aprì la grande finestra che dava sul giardino.
«Ebbene?» chiese Anna. La hanyo non aveva ancora aperto bocca.
«Rin ha portato il nastro, nee-chan!» esclamò Rin, entrando in quel momento. Si fermò, perplessa, alla vista della hanyo ancora per terra. Anna le andò incontro e le prese il nastro dalle mani.
«Grazie, Rin-chan. Ora chiudi la porta e siediti accanto a me.»
Rin ubbidì. Anna versò del tè per sé e per la bimba, quindi porse una tazza alla hanyo. Questa, finalmente, sembrò scuotersi dalla sua immobilità e si avvicinò.
«Allora?» la incitò Anna.
«Perdonate la mia intrusione, Anna-sama…» mormorò la hanyo. Anna fece un gesto distratto per liquidare la questione. «Io sono Rika, prima concubina di Sesshomaru-sama.»
Il viso di Anna si indurì percettibilmente.
«Ah, capisco. – fu il suo gelido commento – Così, Sesshomaru-sama ha un concubinato.» Rin guardò le due, perplessa.
«È così, Anna-sama, benché…» La hanyo si fermò, incerta.
«Parla pure. Non mi stupisco più di nulla ormai.» Un concubinato…che orrore! Le mancava quel maledetto dal cuore di ghiaccio che si sfogava su ragazze che non amava nemmeno? Ecco come passava il tempo! Le veniva da vomitare.
«Ecco, è molto tempo, ormai, che Sesshomaru-sama non fa visita a nessuna di noi.» disse Rika. Anna la guardò per un istante, decidendo poi che la hanyo non mentiva.
«Cos’hanno a che fare certe attività di Sesshomaru-sama con la sottoscritta?» chiese, rifiutandosi di essere cordiale.
«In quanto principessa della Casa, mi chiedevo se Sesshomaru-sama vi avesse fatto menzione di una sua prossima visita a noi concubine per darvi riposo…» disse Rika, prima di zittirsi bruscamente vedendo Anna impallidire e i suoi occhi mandare lampi d’ira. La yokai sbatté la tazzina sul tavolo con tale violenza da incrinarla.
«Prima di tutto, Sesshomaru-sama non si è mai avvicinato a questa camera, né io alla sua. Quello che fa con le sue concubine è affar suo e io non voglio saperne nulla. Le uniche cose che faccio per Sesshomaru-sama sono curare Rin e combattere.» sibilò con ira. Cercò di calmarsi alzandosi e andando alla finestra. «In secondo luogo, io non sono la principessa della Casa. Se le sue attenzioni vi mancano così tanto, andate a dirglielo di persona.»
«No, Anna-sama! Non è questo! – disse Rika, in fretta – Una di noi ha un grave problema…ma forse non dovrei dirvelo.»
Anna si voltò, sorpresa.
«Allora è per questo che sei qui?» chiese Anna. Rika annuì.
«Se Sesshomaru-sama entrerà nel concubinato lo scoprirà. Ho pensato che voi avreste avuto il potere di evitarle la punizione che le spetta.» disse. Anna sospirò e si sedette di nuovo, più calma.
«Cos’è successo?» chiese. Rika cominciò a raccontare.

 
***

Sesshomaru sedeva in cima agli spalti della cinta di mura più esterna. Il vento giocava coi suoi capelli e col vestito elegante che portava in casa, libero dall’armatura che indossava quando era in viaggio. Non era più abituato all’inattività della vita casalinga, non gradiva i pensieri che lo ingabbiavano nelle loro reti. Attorno a lui, le guardie svolgevano il loro lavoro in silenzio, cercando di disturbarlo il meno possibile.
Sesshomaru corrugò la fronte. Era passato un mese da quando era tornato a casa e ancora non aveva approntato un nuovo piano per appropriarsi di Tessaiga. In realtà, il pensiero stesso della spada faticava a farsi strada nella sua mente. Forse perché aveva una nuova arma in Anna? Era potente, capace di togliere la vita col semplice tocco, senza contare i suoi poteri di yokai. Sapeva che si allenava ogni giorno, aveva spie che lo informavano di qualsiasi movimento compiesse.
Non aveva cercato la sua compagnia né quella di Rin, preferendo restare solo e mettere ordine nei suoi pensieri. Dopotutto, erano solo un’arma e un oggetto di studio. Eppure, a volte non poteva fare a meno di voltarsi verso l’eco della risata di Rin, che gli giungeva dai giardini. Quando Anna cantava, restava alla finestra ad ascoltarla. Naturalmente le due non lo sapevano, non c’era alcun motivo per cui dovessero conoscere i suoi motivi e le sue azioni. In quel caso specifico, non le capiva nemmeno lui. Questo suscitava altri pensieri e altra necessità di solitudine.
«Forse dovrei lasciare di nuovo il palazzo per qualche tempo…» mormorò.
«Mio signore, Sesshomaru-sama!»
Sesshomaru abbassò lo sguardo, seccato per l’interruzione. Jaken stava accorrendo col suo passo barcollante alla base del muro.
«Che c’è, Jaken?» chiese Sesshomaru, annoiato.
«Ho scoperto una cosa Sesshomaru-sama! – disse Jaken, quasi saltando per l’eccitazione – Una delle vostre concubine ha macchiato il vostro onore!»
Sesshomaru corrugò la fronte. Scese dal muro e afferrò Jaken per la collottola, alzandolo al suo livello. Jaken si affrettò a snocciolare l’intera storia. Una guardia e una delle concubine avevano consumato il loro amore proibito, e durante l’assenza di Sesshomaru la concubina aveva dato alla luce un figlio bastardo, che ora allevava in segreto all’interno del concubinato.
«La ucciderete, vero, Sesshomaru-sama?» chiese Jaken, pieno di aspettativa, mentre Sesshomaru lo lasciava andare, facendolo cadere per terra. Lo yokai non rispose, dirigendosi in silenzio verso il palazzo. Non gli importava nulla del suo concubinato. Era un regalo di un vecchio amico di suo padre, ma Sesshomaru ne aveva approfittato solo raramente e in giovane età. Ormai si era quasi dimenticato della sua esistenza. Tuttavia, quelle donne gli dovevano rispetto e l’azione dei due amanti andava punita.
Entrò nel palazzo e si diresse senza esitazione nell’ala riservata alle donne. Tutti si ritrassero al suo passaggio, avvertendo il gelo che il padrone di casa emanava. Sesshomaru raggiunse una grande porta e la aprì con un colpo della mano. Le donne al suo interno si volsero verso di lui, spaventate.
«Se…Sesshomaru-sama…» mormorarono, guardandosi con aria smarrita e preoccupata, quindi cercarono di avvicinarlo, ma Sesshomaru le respinse. Il suo naso colse subito l’odore dell’infante. Si avvicinò a una yokai di basso rango, dalle sembianze volpine.
«È inutile che lo nascondi, donna.» disse. Lei si mise a tremare, ma non smise di stringersi al seno un fagotto in movimento. «Non posso tollerare che mi si disonori. – disse, senza un minimo d’espressione sul viso – Muori.» Alzò la mano artigliata, quindi la calò sulla yokai, che chiuse gli occhi e cercò di proteggere il figlio in un ultimo gesto disperato.
«NO!»
La voce che gli giunse alle spalle rallentò il movimento mortale della mano di Sesshomaru, i cui artigli, un istante dopo, incontrarono un corpo che non era quello della concubina. Sotto i suoi occhi stupefatti, Anna si era frapposta tra lui e la sua vittima. Gli artigli le si erano conficcati in una spalla, spillando sangue, ma l’espressione di Anna era densa di cocciutaggine e sfida.
«Cosa diavolo stai facendo?» chiese Sesshomaru, ritraendo la mano.
«Non è giusto che la uccidiate.» disse Anna, continuando a proteggere la yokai, che la guardava con espressione incredula.
«Ciò che è giusto in questa casa è affar mio.» disse Sesshomaru. 
«A voi non importa nulla di queste donne! – replicò Anna, con violenza – Lasciate che amino e che crescano i loro figli, se questo sarà il loro desiderio!»
Sesshomaru corrugò la fronte. Che discorsi stava facendo quella stupida?
«Mi pareva di averti accennato al fatto che non tollero insubordinazioni…» cominciò, ma in quel momento Rika e Rin entrarono nel concubinato. Gli occhi di Rin s’ingrandirono enormemente nel vedere Anna insanguinata.
«Nee-chan!» esclamò, venendo avanti. Rika la fermò, guardando con aria disperata Sesshomaru e Anna.
«Cosa dovrei fare con loro, sentiamo.» sospirò Sesshomaru, dopo un istante di silenzio meditativo. Anna sorrise. Aveva vinto. In quel momento cadde su un ginocchio, il volto pallido e sudato, e Sesshomaru corrugò la fronte.
«Stupida. Hai in circolo il mio veleno.» mormorò. Con somma sorpresa di Anna, Sesshomaru la prese in braccio, quindi si rivolse alle concubine.
«Da questo momento, non fate più parte del concubinato. Chiederete a questa stupida quali saranno le vostre nuove mansioni.» disse, gelido, prima di dirigersi fuori dalla sala. 
«Grazie Sesshomaru-sama, hime-sama…» mormorarono le concubine. Rin si aggrappò a Rika, preoccupata.
«Anna nee-chan guarirà?» chiese. Rika sorrise.
«Certo! Sesshomaru-sama si occuperà di lei.» rispose.
Sesshomaru uscì mentre Jaken arrivava, trafelato, convinto di essersi perso la scena principale. Rimase basito e a bocca aperta quando vide il proprio padrone portare in braccio Anna. 
«Porta l’antidoto al mio veleno.» gli ordinò Sesshomaru, prima di scomparire. Lo yokai trasportò Anna nella sua stanza, quindi la fece stendere sul futon. Guardò per un attimo il suo viso immobile e pallido, quindi scosse il capo, andando verso la finestra.
«Cosa le sarà saltato in mente…È davvero stupida.» mormorò.
Nonostante questo, pochi minuti dopo era ancora al suo capezzale a curarle le ferite.

 
***

Anna si riprese dal veleno in due giorni, che videro Sesshomaru spendere una considerevole quantità di tempo al suo capezzale a squadrarla con aria critica e a sottoporla a strenui interrogatori.
«Perché ti sei messa in mezzo e non hai lasciato che la uccidessi?» era la domanda più ricorrente. Anna stava cominciando a perdere la pazienza. Glielo aveva spiegato infinite volte, usando lo stesso tono conciliante che si usa con i bambini turbolenti, ma sembrava che Sesshomaru avesse le orecchie foderate.
Anna sospirò quando quella domanda fece di nuovo la sua comparsa assieme al questionante. Ormai il veleno era scomparso dalle sue vene, grazie all’antidoto che Sesshomaru le aveva fatto somministrare in quegli ultimi due giorni. Anna dubitava che litigare con lui potesse aiutarla a guarire più velocemente, ma era inutile tirare in ballo l’argomento. Dopotutto, anche se la sua compagnia era esasperante, la ragazza era segretamente contenta che Sesshomaru si degnasse di passare del tempo con lei, anche se irritandola fino all’estremo. 
«Non riesco a capire il tuo punto di vista.» ribadì Sesshomaru, squadrandola con aria di sufficienza. Anna sospirò, sedendosi a gambe incrociate.
«Come vi ho già spiegato, Sesshomaru-sama, – cominciò, conoscendo il copione a memoria – stavate per uccidere una madre col suo bambino. È un’azione sbagliata. Erano due esseri più deboli alla vostra mercé.»
«Chi è più debole è ancora più facile da schiacciare.» osservò Sesshomaru, rifiutando di seguire il suo ragionamento.
«Non è giusto imporre la propria forza su esseri più deboli, che per di più non vi stanno attaccando in alcun modo.» disse Anna.
«Prima di tutto, la mia forza esiste perché la imponga su qualcuno. – sottolineò Sesshomaru – Secondo, quella donna e la sua creatura mi hanno procurato offesa.» Anna sbuffò e Sesshomaru si scurì in volto.
«Non dite stupidaggini, Sesshomaru-sama. – borbottò Anna – Non ve ne importa un fico secco delle vostre concubine. È solo che avete un ego spropositato.»
Gli lanciò un’occhiata, conscia di aver detto troppo, ma Sesshomaru parve riflettere sulle sue parole.
«Mettiamo il caso che sia vero ciò che dici, cioè che non mi importa nulla delle concubine. – disse Sesshomaru, sorprendendola – In questo caso, esse sono diventate inutili ai miei occhi. Perché hai voluto che continuassero a vivere nel palazzo? La loro vita non ha senso. Perché non uccidere ciò che non è più utile?»
Anna si coprì il volto con una mano, sconfortata. Ma che razza di ragionamenti erano?!
«Sesshomaru-sama, il mondo non gira attorno a voi. – quasi ringhiò – La gente non vive per compiacervi, morendo dopo aver perso ogni utilità. Nessuno è un oggetto.»
«Coloro che vivono quaggiù sono mie proprietà.» disse Sesshomaru, gelido.
«E anche di se stessi, e di altre persone ancora. – disse Anna con veemenza, toccata sul vivo – Anche se una persona non vi serve più, può essere indispensabile per qualcun altro e in ogni caso provare un forte attaccamento alla propria esistenza. La vita non si deve togliere con leggerezza!»
Sesshomaru si prese un istante per riflettere, quindi aprì bocca per rispondere quando qualcuno bussò alla porta.
«Entra, Jaken.» dissero i due yokai in coro, riconoscendo il suo odore. Il demone rospo entrò con un’espressione contrariata sul viso. Non gli andava che il suo padrone passasse troppo tempo ad ascoltare le chiacchiere insulse di quella strana ragazza. Non voleva che al padrone venissero messe delle strane idee in testa. Fin da quando Sesshomaru aveva resuscitato Rin con Tenseiga, Jaken aveva dei bruttissimi presentimenti. Si accorse che Sesshomaru lo stava guardando con una punta di impazienza per il suo prolungato silenzio e tornò in sé con un sobbalzo.
«Ehm, perdonate, Sesshomaru-sama, – disse, girandosi tra le mani il bastone Ninto – ma pare ci sia un ospite alla Prima Porta.»
«Mandalo via.» disse Sesshomaru, voltandosi di nuovo verso Anna. 
«Ma è un amico di vostro padre!» disse Jaken, con un borbottio. Sesshomaru corrugò la fronte, quindi si alzò con un movimento fluido e si diresse alla porta. Prima di uscire si voltò.
«Continueremo in seguito questa…curiosa conversazione.» disse ad Anna, prima di uscire e chiudere il pannello dietro di sé. Anna continuò a guardare la porta per un istante, sbalordita, quindi si buttò sul letto, sospirando.
Curiosa conversazione? Kami-sama, forse avrebbe fatto meglio ad arrendersi e a lasciare che Sesshomaru continuasse a pensare come aveva sempre fatto. Non che ci fosse stato qualche progresso…
«Però mi sta ascoltando. Già è un passo avanti.»
«Anna nee-chan!» si sentì chiamare fuori dalla porta. Anna sorrise e Rin fece irruzione in quel momento nella sua stanza, portando un cesto di frutta più grande di lei. «Guarda, hanno regalato tutta questa frutta a Rin! La mangiamo?»
Anna sorrise e annuì.
«Andiamo fuori, però. – disse, iniziando a vestirsi – Sono stanca di vedere sempre e solo la mia camera.»
Le due si recarono nel giardino appena fuori dal Palazzo, sistemandosi sotto un salice accanto a uno dei laghetti dalle acque scure. Furono presto raggiunte da Rika e dalla kitsune col suo bambino, Misao e Shuei. Anna aveva dato loro l’incarico di far compagnia a Rin quando lei non poteva starle vicina. In realtà, era solo una scusa per dare loro la possibilità di rimanere al castello: presumeva che da allora in poi avrebbero sempre passato le giornate in cinque.
Chiacchierando e ridendo, si misero a mangiare la frutta di Rin. Anna stava giusto stupendo la bimba tenendo su un dito una farfalla blu, quando si accorse che Sesshomaru si stava dirigendo verso casa in compagnia di qualcuno.
«Così, è quello l’ospite?» mormorò, cercando di carpirne le sembianze. Era uno yokai che manteneva una forma umana, vestito con opulenza, ma senza ombra di dubbio era molto potente. Doveva essere un demone maggiore. Vide Rika ritrarsi e cercare di nascondersi dietro Misao. «Ne sai qualcosa, Rika?» chiese.
«È un vecchio amico del padre del nostro Signore, Anna-sama. – disse Rika, a disagio – È un demone rettile molto potente. Fu lui a regalarci a Sesshomaru-sama.»
Anna storse la bocca in una smorfia. Quel demone non le piaceva in partenza.
«Beh, probabilmente non avremo mai modo di conoscerlo.» disse.
La farfalla volò via.

 
***

«Rin può tenerlo, Misao?» chiese Rin, tendendo le braccia verso Shuei mentre tornavano in casa dopo il pomeriggio passato all’aperto.
«Ma certo, Rin. – rise la kitsune – Stai attenta, il mio piccolo Shuei è molto irrequieto.»
«Hime-sama!»
Anna sospirò platealmente e fermò i propri passi alla voce che la chiamò dal fondo del grande atrio. Quando avrebbero abbandonato quell’hime-sama?! 
«Sì?» chiese, girandosi verso il Maestro di Palazzo, che stava raggiungendo il loro gruppetto. Il vecchio yokai si inchinò, quindi disse: «Sesshomaru-sama vi invita a raggiungerlo nelle sue stanze tra un’ora e mezza. Consumerete la cena con lui e con il suo ospite.»
Gli occhi di Anna si riempirono di sbalordimento, ma non aprì bocca, limitandosi ad annuire. Il Maestro di Palazzo si inchinò di nuovo e si allontanò, diretto verso altre faccende.
«Dovrete prepararvi come si conviene, Anna-sama!» esclamò Rika, contenta, quasi spingendola verso la sua stanza. Rin saltellò dietro a loro, seguita da Misao.
«È solo una cena, Rika.» sospirò Anna, ma la lasciò fare.
Più tardi, Anna si fermò davanti alla porta, lisciando meccanicamente le pieghe dell’elegante vestito che Rika l’aveva obbligata a indossare. I suoi capelli dorati erano stati acconciati in una coda alta e folta. Perché essere nervosa? Forse perché non si era mai avvicinata agli appartamenti di Sesshomaru? O perché era stata invitata a dividere la cena con lui? 
Ma in che razza di pensieri ti stai perdendo?” pensò, seccata con se stessa. Bussò una sola volta e il Maestro di Palazzo le aprì la porta. 
«Seguitemi, hime-sama.» disse, voltandosi e incamminandosi attraverso una grande atrio ricco di oggetti preziosi. Anna si guardò attorno, incuriosita. L’amore per la bellezza sembrava essere la caratteristica preponderante in Sesshomaru, insieme alla leggendaria freddezza.
Venne condotta attraverso tre stanze, quindi fu introdotta in una sala al cui centro troneggiava un lunghissimo tavolo apparecchiato. Sesshomaru sedeva in fondo, a capotavola. Alla sua sinistra sedeva l’ospite, che in quel momento stava ridendo, in contrasto col volto mortalmente serio di Sesshomaru. L’inu-yokai si voltò verso di lei.
«Entra.» disse, facendole cenno di sedersi alla sua destra. Anna si inchinò brevemente all’ospite, quindi si fece avanti. La porta venne chiusa dietro di lei. 
«Buonasera.» mormorò Anna, prendendo posto di fronte all’ospite. 
«Così, è questa la nostra piccola novizia!» disse lo yokai rettile, protendendosi sulla tavola e prendendole una mano per baciarla con galanteria. Anna alzò un sopracciglio. Lo yokai aveva un aspetto umano, ma la sua pelle aveva un leggero colorito verdastro e gli occhi erano gialli. I capelli neri erano tagliati corti e il sorriso strafottente mostrava denti acuminati. Dimostrava pochi più anni di Sesshomaru, anche se doveva essere più vecchio di secoli.
«Sono Anna.» precisò lei, con un sorriso molto breve.
«Anna, questo è Tetsuya, un vecchio amico di mio padre.» disse Sesshomaru, freddamente. Anna annuì, ritirando la mano, e lo yokai fece un burlesco inchino, poi si rivolse a Sesshomaru.
«Ottima scelta, mio caro. Bell’aspetto e potente. Ottima per generare figli!»
Rise all’espressione gelida di Sesshomaru.
«Non ho alcuna intenzione di generare figli. – rispose Sesshomaru – Tantomeno questa è la compagna che ho scelto. Ella combatterà per me quando arriverà l’occasione.»
«Vuoi dire che non ti intrattiene?» lo provocò Tetsuya. Anna decise che quello yokai era in cima alla sua lista nera. «Nemmeno un pochino?» disse ancora il rettile, con voce piagnucolosa. Sesshomaru gli lanciò un’occhiata irritata e Tetsuya rise. «Va bene, va bene. So che sei un misogino! Però questa dolcezza è proprio sprecata! Scommetto che non è brava solo a combattere…»
Anna ignorò deliberatamente lo yokai e si servì da mangiare.
La cena si svolse in uno strano clima di tensione. Tetsuya continuò a lanciare frecciatine maliziose ad Anna, ora che era certo non ci fosse nulla tra lei e Sesshomaru; la yokai lo detestava ma si comportava con fredda cortesia. Sesshomaru, semplicemente, non partecipava alla discussione. Non appena poté, Anna si alzò da tavola e si congedò.
Tetsuya seguì i suoi movimenti finché non fu scomparsa oltre la porta, quindi un ampio sorriso gli comparve sul viso.
«Davvero fantastica, non c’è che dire. Forse un po’ freddina, ma un vero bocconcino.» disse, sfregandosi le mani. Guardò Sesshomaru, che non aveva proferito verbo. «Che ne dici di prestarmela per stanotte?» chiese.
Sesshomaru lo guardò con occhi gelidi. 
«No.» rispose.
«Oh, andiamo! Tanto non te ne fai nulla, tu. – insistette lo yokai – Io, al contrario, avrei un paio di idee.»
La contrarietà di Sesshomaru si manifestò con un leggero contrarsi della mano che poggiava sul tavolo, tanto impercettibile che Tetsuya non se ne accorse nemmeno. Sesshomaru trovava la presenza dello yokai irritante. Non amava i suoi modi lascivi ed esuberanti, lo aveva accolto solo perché in passato aveva aiutato il padre durante una battaglia contro alcuni demoni che avevano deciso di muovere guerra contro la sua famiglia.
Aveva accettato di ospitarlo per una notte. Purtroppo, lo yokai aveva sentito dire che nel castello, ora, c’era una principessa, e l’aveva pregato di fargliela conoscere. Inutile dirgli che Anna era tutto tranne che la principessa del castello. Ora che l’aveva compreso, però, Tetsuya era diventato ancora più appiccicoso. Non che a Sesshomaru importasse qualcosa di Anna, ma era palese che lei lo trovava fastidioso e che non avrebbe subito passivamente le attenzioni dello yokai. Poteva finire male. Poteva perdere una potenziale arma, oppure trovarsi fra i piedi il cadavere di un vecchio amico di suo padre.
«Ho detto di no, Tetsuya. – ribadì, alzandosi da tavola – Non gradirebbe le tue attenzioni e ti assicuro che sa difendersi.»
«Ma come sei premuroso! – cinguettò Tetsuya – Sei cambiato, ragazzo mio. Una volta non ti importava di niente e di nessuno. Ti stai ammorbidendo, come tuo padre prima di te.»
Sesshomaru si voltò di scatto e afferrò Tetsuya per il collo.
«Attento. – gli disse, avvicinando il proprio volto al suo – Potrei non aspettare che sia Anna a farti fuori. Non insultare la mia ospitalità.»
Dopodiché, Sesshomaru lo lasciò e uscì dalla stanza. Tetsuya si massaggiò il collo con un sorrisetto.
«Invece mi ringrazierai, ragazzo mio. – ridacchiò – Ho la sensazione che la mia venuta serva proprio a evitarti il peggio.»

 
***

«Idiota, deficiente, maiale…» ringhiò Anna, entrando nella propria stanza e sbattendo la porta. Brutto porco di uno yokai, ma come si permetteva?! Trattarla come una…come una…
La finestra si infranse, accompagnata da una risata. Anna si tese, pronta a combattere.
«Presumo tu non stessi parlando del giovane Sesshomaru!» disse la voce, presto seguita dalla persona di Tetsuya, che entrò dalla finestra con un salto.
«Fuori di qui.» ringhiò Anna, scoprendo le zanne.
«Sesshomaru ha detto che avresti apprezzato la mia visita, tesoro.» tubò Tetsuya. Anna non ci vide più dalla rabbia.
«Ti avverto: fuori o la pagherai cara!» disse. Tetsuya rise, quindi si lanciò contro Anna, che schivò. Allungò una mano per portargli via la vita, poi la ritrasse, imprecando. Quello era un ospite di Sesshomaru, maledizione! In più, lei non aveva ancora tolto la vita a nessuno, eccettuato lo yokai che l’aveva uccisa come essere umano. Schivò un altro paio di attacchi, quindi attaccò a sua volta, riuscendo a ferire lo yokai al volto.
«Brava, bambina! – disse Tetsuya, pulendosi il sangue dal viso – Ma non credere di poterlo rifare!»
La attaccò di nuovo e Anna subì un violento colpo allo stomaco che la mandò lunga distesa sul pavimento. Tetsuya le fu addosso, emanando dalla sua persona una nube verdognola dall’odore acido. Anna cercò di non respirare, ma questo le impediva di usare tutte le sue forze per togliersi di dosso il demone.
«Ecco, fai la brava. Ora ci divertiamo un po’.» ridacchiò Tetsuya.
Anna chiuse gli occhi, disperata. Cosa doveva fare, usare il suo potere e ucciderlo? Prima che avesse il tempo di decidere, sentì il peso che la schiacciava venire meno. 
«Mi sembrava di averti detto di lasciarla stare.» disse una voce gelida.
Aprì gli occhi. Sopra di lei, Sesshomaru teneva Tetsuya sollevato per il collo.
«Sesshomaru-sama…» disse Anna, schiarendosi la gola infiammata dal veleno dello yokai rettile. Sesshomaru non la guardò nemmeno, continuando a stringere il collo di Tetsuya con volto mortalmente serio.
«Non gradisco che si tocchi ciò che è mio.» disse, prima di spedire lo yokai contro la parete con estrema violenza, facendo volare schegge ovunque. Tetsuya si rialzò un po’ a fatica, ma con un sorriso strafottente sul volto. 
«Ragazzo mio, sei troppo impaziente! – disse, spolverandosi i vestiti – Ti assicuro che l’esperienza non potrà farle che bene.»
Anna ringhiò e il viso di Sesshomaru si oscurò ancora di più.
«Tu hai offeso la mia ospitalità. – disse Sesshomaru, preparandosi ad attaccare col potere micidiale dei suoi artigli – E hai deliberatamente ignorato la mia volontà. Non è mia abitudine sorvolare su questo genere di offese.»
«Sei sicuro di volermi attaccare, Sesshomaru? – chiese Tetsuya, con una risata – Dopotutto, ero un amico di tuo padre.»
«La cosa non mi riguarda. – disse Sesshomaru, con un sorriso cinico – Tu, piuttosto. Sei sicuro di voler contrattaccare mentre sei all’interno di questa casa?»
Tetsuya rimase basito per un istante e Sesshomaru ne approfittò per attaccarlo. Tetsuya schivò, ma il sorriso era scomparso dal suo volto.
«Maledizione!» sibilò, prima di saltare fuori dalla finestra e correre via. 
Sesshomaru gli balzò dietro, ignorando il richiamo di Anna, che uscì nel giardino a sua volta. Vide i due yokai inseguirsi, saltando tra le mura, diretti all’esterno del terreno del Palazzo.
Il cuore di Anna batteva a una velocità spaventosa. La yokai vi poggiò sopra una mano, cercando di placarlo. Sesshomaru era venuto a salvarla, non l’aveva venduta a quello yokai…certo, era venuto a salvare una sua proprietà, ma la cosa non le dispiaceva lo stesso. Si chiese perché Tetsuya fosse scappato a quel modo e d’un tratto le sovvenne. Ma certo, le barriere! Chiunque avesse attaccato il Signore all’interno del castello sarebbe stato soggetto alla barriera contro gli yokai! Quei due avevano dunque intenzione di combattere fuori dal castello?
Le mani di Anna si strinsero a pugno. Sesshomaru era potente e non aveva mai perso, tranne che contro il proprio fratello, ma quel dannato era un demone molto più anziano. E se Sesshomaru si fosse trovato in difficoltà? Sarebbe stata colpa sua!
Anna si morse un labbro. Sapeva che Sesshomaru non avrebbe gradito la sua intrusione nel combattimento, ma non poteva lasciarlo da solo, dopo che l’aveva salvata. Non aveva più alcuna remora: in caso di necessità, avrebbe tolto la vita a Tetsuya. Era ora che dimostrasse la sua utilità a Sesshomaru. Anna si recò negli appartamenti di lui, quindi iniziò a correre dietro ai due, balzando sulle mura mentre gli artigli crescevano sulle sue dita e le sue pupille riprendevano il chiarore demoniaco che le contraddistingueva.
   
 
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