Film > Labyrinth
Segui la storia  |       
Autore: Sara Saliman    07/10/2010    5 recensioni
"Non c'erano Goblin a brulicare per la stanza, questa volta, non c'erano risatine che facessero vibrare le ombre, nè tuoni fuori dalla finestra. Nessun temporale aveva spalancato le imposte con una folata di vento. Ma lui... al chiarore che entrava dall'esterno, lui costituiva la stessa visione allucinata di allora." A cinque anni dagli eventi narrati nel film, una minaccia grava sul Labirinto e sui suoi abitanti. Jareth e Sarah sono costretti a collaborare: lui per il bene del Labirinto, lei per la salvezza dei propri amici. Ma, come sempre, nulla è come sembra!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuovo capitolo! :)
Lady Stardust mi ha gentilmente fatto notare che alcuni passaggi non erano chiari, così ho cercato di correggerli. Mi fate sapere se ci sono altre cose troppo confuse? Possibilmente dovreste segnalarmi i punti con precisione, in modo da consentirmi una correzione mirata. Grazie per la collaborazione! :)

Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

****




Mi ha costretto ad odiarlo perchè potessi ammettere che esisteva.
 dal film "Fine di una storia" di Neil Jordan

Come una canna che si piega alla corrente, sopraffatta dalla sua forza, ma senza essere spezzata.
"I segreti di Golgotha Falls", di Frank De Felitta




Fu un bacio del tutto privo di dolcezza: un puro e semplice atto di sopraffazione.
Sarah ne rimase pietrificata.
Jareth la sentì irrigidirsi e trattenere il fiato come se temesse che lui potesse rubarle il respiro. Vide sorpresa, smarrimento e qualcos'altro, un lampo colpevole, guizzare in quegli occhi verdissimi.
Desiderio.
Jareth sapeva tutto dei desideri. Suonarli come strumenti, trasformarli in sonagli d'argento. Usarli per allettare, lusingare, e persino esaudirli, sì, ma in modo da farti rimpiangere di averli mai concepiti. Lasciò scivolare le braccia attorno alla vita e alle spalle di Sarah: la strinse a sè, premette le labbra sulle sue con deliberata insolenza.
"Non importa cosa pensi: sono più potente di te", diceva quel bacio.
Per un istante il re dei Goblin ebbe la certezza di essere davvero un mostro, e fu una sensazione quasi rassicurante. Ma poi... poi Sarah si arrese nel suo abbraccio, dischiuse le labbra e, semplicemente, accettò il bacio del mostro. Come una canna che s'inclinasse nella corrente, si lasciò vincere dalla sua forza senza esserne spezzata.
E Jareth, che aveva contato su una resistenza da abbattere, si ritrovò sperduto, in bilico tra la tentazione di quella dolcezza e l'urgenza di fare del male. Sarah gli prese il viso fra le mani, come a impedirgli di spaccarsi in due perfette metà, come a guidarlo su un confine sottile dove non c'erano certezze nè inganni. La bocca di Sarah, il respiro di Sarah, la curva sconosciuta della sua vita, il leggero profumo della sua pelle. Era morbida, morbida fra le sue braccia, dolce come uva mentre con piccoli baci gli assaggiava le labbra.
Jareth non sapeva più chi dei due stesse baciando l'altro, o anche solo dove finissero le proprie labbra e cominciassero quelle di lei.
Era come avere dentro una fiamma, una febbre divorante o una ferita nascosta.
Anche Sarah aveva una ferita simile: il re lo sapeva da tempo, ma ora seppe di averla trovata. Lo capì dall'abbandono con cui la sentì ricambiare l'abbraccio, dalla naturalezza con cui gli affondò le dita nei capelli e si protese verso le sue labbra.
Senza difendersi, lei lo stava conducendo là dove Jareth non avrebbe mai ammesso di voler arrivare.
Quell'improvvisa consapevolezza lo accecò come un lampo di luce.
Desiderio per desiderio per desiderio: l'Ingannatore è stato ingannato.
Il re dei Goblin reagì nell'unico modo che conosceva: serrò le braccia con cattiveria, un serpente che stringeva tra le spire un uccellino. Ferire Sarah o ferire se stesso: non ne era del tutto certo, non gli sembrava un particolare importante.
Sarah gli appoggiò le mani e sul petto e cercò di spingerlo via.
Jareth la trattenne, affondò il viso nei suoi capelli, una mano premuta fra le sue scapole. Le avvicinò le labbra all'orecchio, suadente, beffardo.
-Paura del principe azzurro, mia preziosa?-
Lei si scostò quel tanto che bastava a guardarlo negli occhi.
-Sì.- E poi, con la stessa semplicità: -Ma non agiresti così, se anche tu non avessi paura.-
In quell'istante, Jareth capì di aver perso.
Sarah aveva sacrificato la propria armatura, gli aveva permesso di aprirsi un varco nelle proprie difese, solo per costringerlo a mettere nudo se stesso. Provò una sincera ammirazione per l'eleganza di quella mossa.
La lasciò andare, libera, inafferrabile come era sempre stata. Non si sarebbe sorpreso se all'improvviso lei si fosse trasformata in un uccello e fosse fuggita con un frullo d'ali. Sarah non lo fece, naturalmente. Rimase a fronteggiarlo, inflessibile, pallida a parte le guance chiazzate di rosso. Il re dei goblin indovinò che quella vittoria le era costata cara.
Si inchinò rigidamente: un atto dovuto, non di sottomissione, ma di rispetto tra pari.
-Mai più.- le promise solennemente, guardandola negli occhi.
Lei annuì. Esitò un istante.
-Cosa sai dei sentimenti umani, Jareth?-
Il re scrollò le spalle.
-Tutto.-
Sarah annuì.
-Allora capirai.-
E prima che lui potesse fare o dire qualcosa, sollevò una mano affusolata e lo schiaffeggiò.

****


Cinque anni prima, la foresta era stata l'unico livello del Labirinto di cui Sarah avesse avuto realmente paura. Oh, aveva incontrato minacce e trabocchetti un po' dappetutto, e certo non ricordava con piacere nè la segreta, nè gli Spazzini, nè la Palude, ma la Foresta era diversa: avvolta com'era nella penombra incombente, fra le radici poderose degli alberi e le ragnatele imperlate di brina, le era sempre sembrata un luogo di tenebra.
E i Fireys. Non dimenticare i Fireys , pensò reprimendo un brivido. Se già cinque anni fa cercarono di staccarmi la testa, chissà cosa potrebbero fare questa volta.
Sarah camminava a fianco di Ludo, lasciando che fosse lui, con la sua mole imponente, ad aprire una strada fra le altissime felci. Jareth, poco dietro di loro, era insolitamente silenzioso. Sarah sentiva su di sè i suoi occhi spiati: avrebbe dato dieci anni di vita per sapere cosa passava nella mente del re. O anche solo per venire a capo della confusione che regnava nella propria mente.
Per cinque anni si era chiesta, più o meno sinceramente, come sarebbe stato baciarlo. Il fatto che quel bacio fosse stato solo l'ennesimo terreno di scontro lo aveva reso più amaro, ma non meno inebriante. Sentiva ancora il sapore di Jareth sulle labbra, il suo odore sulla punta delle dita quando le avvicinava al viso furtivamente.
Quei capelli dorati erano davvero morbidi come sembravano.
Non ha importanza, si censurò brutalmente.
Sarah... triste!
La voce di Ludo la riscosse. Sarah gli affondò le mani nella soffice pelliccia, con tenerezza.
-Non è niente, Ludo.-
Sollevò gli occhi al cielo, cercando di distrarsi. Era davvero buio. Era notte inoltrata e le fronde degli alberi erano così fitte da oscurare la luna e le stelle. E tuttavia fra i tronchi poderosi serpeggiava una strana nebbia, che riluceva di una fluorescenza malsana. La nebbia strisciava fra le felci in filamenti scintillanti, il suo tocco era umido e quasi urticante contro le dita. Nell'oscurità ai piedi degli alberi risuonavano cupi richiami, un tenue gracidare di rane, versi a metà tra grida di uccelli e risate scomposte.
Istintivamente, Sarah si strinse a Ludo.
Sarah... paura...
Lei gli accarezzò le lunghe orecchie.
-Sì, Ludo. Sarah ha un po' paura.-
Lo guardò e provò una profonda gratitudine per la solidità della sua presenza. Era diventato una poderosa macchina di muscoli e zanne, ai lati del capo aveva tre paia di occhi color ambra. Gli artigli affondavano nel terreno, scostando con la stessa facilità le fittissime felci e i rami più bassi.
Per certi versi il cambiamento di Ludo era incredibile, ma Sarah lo trovava stranamente sensato. Cinque anni prima aveva avuto soprattutto bisogno di qualcuno da amare.
Oggi, forse, ho più bisogno di qualcuno che mi infonda coraggio.
Il riflessi fluorescenti della nebbia trasfomavano i tronchi in figure contorte dai volti ghignanti.
Sarah si voltò alle proprie spalle, inquieta.
Il viso di Jareth, pallido e composto mentre avanzava nella semioscurità, aveva qualcosa di maestoso e solenne. Gli alberi fremevano al suo passaggio, quasi soffocassero sommesse risatine di scherno; la nebbia lucente gli frugava il petto con dita insolenti. A tratti, fra quelle spire di nebbia, Sarah distinse lei lineamenti vagamente umani. Qualcosa di simile a un volto sussurrò delle parole all'orecchio del re, poi perse forma e tornò alla nebbia da cui era venuto. Sarah represse un brivido: aveva la sensazione che, qualunque cosa quelle figure di nebbia stessero dicendo, non fosse affatto gradevole.
Jareth si voltò verso di lei, e la ragazza distolse subito lo sguardo.
Sbirciò d'istinto le querce poderose, avvolte in quel lucore malsano. Avevano strani profili, come di volti deformati dal terrore o dall'agonia. Sarah aveva la sgradevole sensazione che li osservassero passare, ghignando, lanciandosi nell'ombra sorrisi allusivi.
La sensazione era quella, angosciosa e sempre più soffocante, di stare avanzando nelle viscere di un mostro.
-Ludo...- Sarah si strinse ancor di più al gigantesco amico. Le sembrava che un nodo le serrasse la gola; annaspò per respirare, come fosse sott'acqua.
-Tutto a posto?-
La ragazza si voltò di scatto: era stato Jareth a parlare.
Le sembrò strana, come domanda, fatta proprio da lui. Sarah si strinse le braccia intorno al corpo, in preda ad un improvviso senso di gelo.
-P-perchè?-
-Stai tremando.-
I lineamenti puliti e angolari del re dei Goblin sembravano alterati in quella luce marcescente. Sarah ebbe la sensazione di stare fissando non lui, ma le ossa del suo cranio tese sotto la pelle. Guardò Ludo, allarmata. Anche lui sembrava aver subito un oscuro cambiamento. La pelliccia sembrava polverosa e stopposa, sul punto di strapparsi in ciocche grigiastre. La sua testa enorme sembrava escavata, come se qualcosa la stesse erodendo dall'interno.
-Ragazzi, che vi sta succedendo?- gemette.
La foresta catturò sua voce e la frantumò in mille eco distorte.
Sarah si fermò e chiuse gli occhi, si tappò le orecchie.
Non è reale , pensò. Quello che sto vedendo non è reale! Sono illusioni create dalla foresta!
-Sarah.- la voce di Jareth era implorante. Sarah aprì gli occhi e rimase spiazzata.
La foresta intorno a lei era sparita: si trovava in una segreta. Qualcosa biancheggiava appeso alla parete di fronte a lei: la ragazza si avvide che era uno scheletro umano.
Si voltò di scatto.
Jareth era in piedi, la camicia bianca chiazzata di rosso, i chiodi neri piantati negli occhi.
-Perchè hai permesso che mi accadesse questo, Sarah?-
Lei si premette una mano contro la bocca.
-No, Jareth! Non sono stata io!-
La gola del re era squarciata, i capelli dorati impiastrati di sangue. Chiunque fosse stato a ridurlo in quel modo, doveva averlo torturato a lungo e con sadico compiacimento.
Jareth le si avvicinò: il petto segnato, le labbra viola.
-Tu non lo hai fermato, Sarah. Tu gli hai permesso che mi facesse questo. Come hai potuto?-
Protese la mano verso il suo viso, Sarah indietreggiò precipitosamente.
-Non è stata colpa mia!-
Cadde all'indietro. Come in un sogno, l'illusione della segreta si dissolse e la foresta ricomparve, reale come non mai. Sarah ruzzolò lungo un pendio che, ne era sicura, fino ad un istante prima non c'era. Rotolò fra le felci che si protendevano verso di lei come mani; il terreno era umido, dalla sgradevole consistenza spugnosa. Ebbe l'impressione che i rami più bassi degli alberi si protendessero verso di lei cercando di afferrarla, che i volti nella nebbia ridessero, osservandola cadere.
La caduta trasformò tutto in un caleidoscopio delirante e confuso, finchè il pendio non digradò in una radura e la discesa di Sarah si arrestò.
Si ritrovò ansimante, distesa su un letto di foglie. Gli alberi ai margini della radura erano bianchi come ossa, coperti di funghi carnosi.
Sarah si rimise in piedi, in fretta. C'era qualcuno in un angolo della radura. Lo riconobbe immediatamente: il piccolo muso peloso, gli occhi ambrati sgranati nell'oscurità.
-Didimus!-
Sarah gli corse incontro, incespicando.
-Sir Didimus!-
Il piccolo cavaliere non la guardava. Seduto su una larga pietra piatta, contemplava il terreno e piangeva sommessamente.
Sarah gli si avvicinò con cautela.
-Sir Didimus?- lo chiamò dolcemente.
Il cavaliere non diede segno di averla udita.
-Non fui in grado di difenderli.- lo udì singhiozzare. -La mia missione fallì.-
Sarah si chinò su di lui: gli passò una mano davanti al viso, ma non ottenne alcuna reazione.
Grosse gocce si formavano negli occhi del cavaliere, rotolando giù lungo le guance incavate.
-La gentile donzella, il mio ardimentoso fratello... il fido Ambrogio. Tutti morti. Io porto scritto nel cuore il mio fallimento.-
Sarah si inginocchiò per guardarlo negli occhi.
-Sir Didimus, cosa dici? Io sono viva, e Ludo sta bene! Ambrogio e Hoggle non so dove siano, ma sono certa che potremo cercarli! Craggio...!-
-Non ti sente, Sarah Williams.-
Una voce incolore, alle sue spalle, che Sarah riconobbe all'istante.
Si alzò in piedi e si girò di scatto, ponendosi istintivamente davanti a sir Didimus, pronta a difenderlo.
L'uomo emerse dalla fitta parete di nebbia, si staccò come avesse preso forma dall'oscurità che ristagnava tra gli alberi.
-Che vuol dire che non mi sente?- lo affrontò.
Il Corinzio strinse le spalle.
-Vuol dire quello che ho detto: il tuo amico non ti sente. Non sente e non vede niente. E' perduto nelle proprie paure.-
L'uomo la sbirciò da sotto le bianchissime ciglia, e Sarah deglutì per il sollievo all'idea di non dover fronteggiare le sue orbite vuote. Almeno per il momento.
-Sei stato tu?-
L'uomo abbracciò con un ampio gesto la selva circostante. La nebbia rilucente si inanellò attorno alle pallide dita prima di ritrarsi.
-No, Sarah Williams. Tu vuoi bene al tuo amico: non gli farei mai nulla di male. E' stata la Foresta.-
-La foresta non era così l'ultima volta.-
Il Corinzio (non gli piaceva pensare a lui in quei termini, ma in che altro modo poteva chiamarlo?) chinò leggermente il capo da un lato.
-Aveva un aspetto diverso, ma era sempre la stessa cosa, Sarah Williams. Il luogo più spaventoso di tutti, per definizione.-
-Non...-
-Non capisci?- un tenue sorriso incurvò quelle labbra esangui. -Sei così potente, Sarah Williams... la tua immaginazione è così grande... e vivida... e tu non riesci nemmeno a riconoscerne gli effetti! Questa foresta è La Foresta, il Bosco che compare in tutte le fiabe. Il luogo oscuro per definizione. Quello ricco di insidie, pericoli, predatori.-
Sarah cercò febbrilmente di dare un senso a ciò che stava udendo.
In Cappuccetto Rosso, in Hansel e Gretel, nella Bella Addormentata nel bosco. Persino in la Bella e la Bestia e in Biancaneve. In quasi tutte le fiabe, nei momenti di crisi o di passaggio, compariva una foresta da attraversare o un bosco in cui c'era il rischio perdersi. Pensò alle visioni di morte che aveva avuto. Pensò agli occhi spalancati e vacui di sir Didimus.
-Questa foresta... non è solo una foresta. E' un simbolo. Per le nostre paure.-
L'uomo annuì, chiaramente felice dell'intelligenza dell'osservazione.
-E' entrambe le cose, come il Labirinto, come tutto il Sottosuolo. Ogni cosa qui è se stessa, e al tempo stesso è ciò che rappresenta.-
Un pensiero si agitò nella mente di Sarah
(dimmi cosa sono e potrò diventarlo)
ma lei lo cacciò indietro.
-Cosa è successo a sir Didimus?-
-E' entrato nella Foresta per attraversarla. Ma si è smarrito.-
Sarah riflettè un attimo.
-E' entrato nelle proprie paure.- tradusse. -E non è più tornato indietro.-
Il sorriso del Corinzio si allargò in segno di approvazione.
Sarah sentì gli occhi riempirsi di lacrime. La paura di Didimus era perderli tutti, non riuscire a salvarli. La sua era stata quella di veder morire Jareth e Ludo.
Strinse i pugni.
-Perchè sei qui?-
-Volevo assicurarmi che non ti smarrissi anche tu, Sarah Williams.-
-Ma che carino!-
Lui venne avanti, le ciglia abbassate, le braccia protese.
-Io tengo molto a te: non esisterei senza di te. Io ti devo tutto, Sarah Wlliams. Non voglio che ti accada qualcosa di male.-
(più dolce la sua lingua, più aguzzi i denti)
Lei indietreggiò, non riuscì ad impedirselo.
-Vuoi farmi credere che non sei tu il responsabile di quel che sta accadendo al Labirinto?-
L'uomo non rispose.
Sarah deglutì.
-Non è stato Jareth a mandarmi quegli incubi, vero? Sei stato tu.-
Un sorriso quasi dolce increspò le labbra del Corinzio.
-Dovevo farti tornare, Sarah Williams.-
-Erano solo sogni, vero?- Sarah odiò il tono implorante della propria voce, ma non riuscì a trattenersi. -Dimmi che erano solo sogni, che non erano... premonizioni.-
-Erano entrambe le cose, Sarah Williams. Entrambe le cose.-
A quelle parole, lei sentì scattare qualcosa dentro di sè. La soggezione e la repulsione che lui le incuteva, la paura che provava per Jareth, l'angoscia per il dolore di sir Didimus... tutte le emozioni si fusero insieme in un'unica, adamantina determinazione. Mosse un passo in avanti, curva come sul punto di attaccare.
-Hai detto che mi volevi? Bene, sono qui. Adesso lascia in pace il Labirinto, lascia in pace...
(Jareth!)
...i miei amici! Io sono qui!-
Incredibilmente, il Corinzio si bloccò. Per un istante, di fronte a quella collera, parve sorpreso, addirittura incerto.
-Non qui, Sarah Williams. Conosci le fiabe: le foreste sono luoghi di passaggio. Le fiabe non finiscono mai in una foresta.-
Lei avanzò di un passo, i pugni stretti, gli occhi accesi per la rabbia.
-E allora dove?-
L'uomo tese una mano.
Sarah volse lo sguardo nella direzione che lui gli indicava.: in lontananza, la sagoma scura del castello si stagliava contro l'alba rosata del Sottosuolo.
Quando Sarah si voltò di nuovo verso la radura, il Corinzio non c'era più.

****


Lady Stardust: grazie per i complimenti, cara :) Sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e ovviamente spero che anche questo non ti abbia deluso. Ora però aggiorna, eh :D

Devilcancry: capitolo postato :) Eeeh, il tenero c'è, ma è in fondo e andrà opportunamente disseppellito! Scherzi a parte, grazie per i complimenti :)

Daydreamer: sono contenta che ti sia piaciuto il modo in cui ho reso i sentimenti di Jareth. Confesso che, mentre Sarah è ormai una seconda pelle, scrivere dal punto di vista di Jareth mi riesce sempre molto difficile. Quindi Grazie :) Per la signora e la messaggera... resteranno nelll'ombra... ma chissà.

Shinigami Noir: grazie cara! In questo capitolo compare anche Didimus! Sappi che è solo merito tuo se non ci sono andata giù troppo pesante, eh ;P

Cappellaio Matto: grazie, grazie, e ancora grazie! Sono felicissima che la fatica di entrare nella testa di Jareth valga il risultato :)

Pepe91: grazie per i complimenti, sei gentilissima! Mi fa piacere che tu abbia potuto scoprire (e amare) Gailman, Beksinski e Neil Jordan proprio attraverso la mia ff! :) E' una cosa che mi rende immensamente felice!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Labyrinth / Vai alla pagina dell'autore: Sara Saliman