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Autore: Dean Lucas    09/10/2010    2 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lord Glasdale osservò quell’esercito gettarsi sconsideratamente tra le fauci spalancate delle sue truppe.

“Arcieri, pronti al mio via!”

“Al suo segnale, Milord.

“Falceremo quegli stolti mangiarane come fili d’erba secca!” Glasdale era fiducioso che il long bow inglese, l’arco lungo con una gittata di novanta metri con il quale tutti i sudditi del Re d'Inghilterra avevano il dovere di esercitarsi, avrebbe decimato la fanteria leggera nemica con un’unica raffica.  “Tenete pronta la retrovia per il colpo di grazia, voglio che si lanci in avanti non appena la prima scarica di frecce si sarà abbattuta su di loro”.

***

“Disporsi in colonna!” Urlò Ian alle truppe a cavallo, “tutti in fila per due!”

Pochi alberi intralciavano il passo sullo sterrato e man mano che si fossero avvicinati alla riva meridionale della Loira, i tronchi si sarebbero trasformati in radi cespugli e gli ostacoli si sarebbero quasi del tutto diradati.

A uno a uno le centinaia di cavalieri confluirono secondo i piani in tre lunghe fila, una centrale e due molto larghe ai lati.

Ian si sporse in avanti per cercare di scorgere la posizione degli uomini di Jeanne e Ty davanti a loro. Ancora poche centinaia di passi e avrebbero raggiunto la via maestra che portava al vecchio monastero vicino alla fortezza, risultando da quella distanza un facile bersaglio per il tiro degli arcieri nemici.

Doveva fare in fretta, l’effetto sorpresa avrebbe funzionato solo coordinando con precisione i movimenti dei due schieramenti.

 “Avanti cavalieri!” spronò i suoi uomini e diede lui stesso l’esempio, allentando la presa sui finimenti di cuoio delle redini e spingendosi avanti per primo. Dietro di lui, le colonne di armati si mossero insieme.

Stringendo i polpacci sul fianco dei cavalli e scaricando il peso sulle reni, i cavalieri tramutarono il passo iniziale con cui la cavalleria s’era inizialmente mossa, in un’andatura al trotto.

Qualche istante dopo, i capofila ordinarono di procedere al galoppo e in poco tempo la cavalleria di Chatel Argent fu quasi a ridosso dell’esercito di Jeanne, approfittando del leggero pendio per restare ancora nascosta agli occhi degli inglesi.

Sul fronte opposto, Glasdale stava valutando la distanza dei francesi e decise che erano quasi a tiro. Il suo sorriso si tramutò in un ghigno feroce, nel momento in cui i suoi pensieri si posarono sulla vittoria imminente. Sì, finalmente avrebbe catturato, meglio ancora se viva, la giovane strega e avrebbe tagliato la gola, con la sua stessa lama, all’insolente che aveva dato alle fiamme la roccaforte di Les Tourelles.

Dopo l’incendio della bastia, per qualche tempo ammise di aver temuto il peggio, che sciocco era stato a pensare che un francese potesse sconfiggerlo in strategia militare!

La ricca e potente Francia, popolata da circa venti milioni di abitanti, stava per essere piegata dall’Inghilterra cinque volte più piccola e la causa immanente della vittoria inglese risiedeva nella loro indiscutibile supremazia militare.

I francesi, considerò ancora osservando la loro linea esposta senza copertura ai suoi arcieri, erano tanto ottusi che si infliggevano la sconfitta da soli. Ma il suo disprezzo era soprattutto per le loro donne: erano streghe come quella folle con l’armatura o sgualdrine, come ogni buon inglese timorato di Dio sapeva.

Con ancora quel ghigno spietato sul volto, si preparò ad alzare il braccio, per segnalare agli arcieri di tendere gli archi e mirare.

Rimpianse un poco di non avere più le possenti colubrine che non aveva ancora potuto  far calare dalla fortezza: amava morbosamente osservare l’effetto di un colpo di colubrina su un essere umano e si compiaceva delle devastazioni che procurava alla carne.

Ebbe un ultimo pensiero per la prigioniera francese, che odiava più di qualsiasi altro nemico. Tirò fuori dalla piccola sacca che teneva appesa alla cinta dello spadone, una lunga ciocca dei suoi capelli d’oro e se la passò tra le dita.  Assaporò con eccitazione, il gusto di più di una crudele tortura che avrebbe potuto infliggerle, prima di ucciderla. Falstolf la stava conducendo da lui, si compiacque, e questa volta Thomas Montaigu, compianto conte di Salisbury, non sarebbe più stato in grado di salvarle la vita. No, non avrebbe avuto fretta con lei, sarebbe stato il piacere sublime e cruento con cui brindare alla vittoria.

Spinse ancora lo sguardo nella direzione del fronte francese: sapeva che non appena avesse abbassato il braccio, tenendolo teso davanti a sé, una nube nera e acuminata avrebbe investito i suoi odiati nemici, spalancando loro le porte dell’inferno.

 

***

 

 Non appena Ty udì arrivare le prime file di cavalieri capeggiati da Ian alle loro spalle, comprese che era giunto il momento di giocare a carte scoperte. Bastò un silenzioso cenno d’intesa con Jeanne e come convenuto, il profondo e cupo suono di un corno fu il segnale che diede il nuovo ordine agli uomini che avanzavano a piedi: all’improvviso l’esercito compatto spalancò un varco nel mezzo, aprendosi in due tronconi.

 Lo spazio era sufficiente per lasciare passare al centro dello schieramento, la fila centrale di armati a cavallo lanciati a folle velocità, mentre le due restanti ali aggiravano le estremità della formazione in marcia e la superavano con agilità.

Quando Glasdale si accorse dello strano movimento nelle linee francesi, era troppo tardi: in quello stesso momento echeggiò il sibilo inconfondibile dello stormo di frecce che davanti a sé iniziava a disegnare la sua mortale parabola in cielo.

“Arrestarsi!” gridò Ty, “Tutti al riparo sotto gli scudi!” fece appena in tempo ad urlare proprio mentre Glasdale dava ordine agli arcieri di liberare i loro dardi micidiali.

Tutti gli uomini si rannicchiarono più che poterono sotto gli scudi, mentre per alcuni secondi che sembrarono non dovessero mai finire, le frecce rimasero sospese nell’aria, come una nuvola oscura e sinistra. Poi all’improvviso, in un solo istante, l’intera nube li inghiottì, rivelando i suoi aculei mortali.

Sibilando tutt’intorno nell’aria, le frecce s’infransero sul metallo, si conficcarono sul legno, si disseminarono sul terreno, spandendo ovunque morte e lamenti. Alcune trovarono ugualmente un pertugio, dilaniando braccia, gambe e piedi. Altre infransero gli scudi e trafissero gli sventurati. Dopo che quella nube infernale si fu abbattuta, non furono pochi i gemiti e le grida di sofferenza che si levarono sul campo di battaglia.

La cavalleria pesante disposta nelle tre fila oltrepassò velocemente il nugolo di frecce, concedendo al nemico un bersaglio troppo esiguo per poter mietere vittime direttamente tra i cavalieri, protetti dalle armature. Più di un cavallo fu invece ferito dai dardi che piovevano dal cielo, sbalzando violentemente i loro cavalieri a terra, nella polvere. Ma il cavaliere precedente prese il posto di quello caduto, nessuno si fermò o rallentò il passo, la macchina terribile ordita da Ian era lanciata inarrestabile sul suo obiettivo e niente avrebbe potuto intralciarla.

“Ora! Puntare le lance!” Le scintillanti punte di metallo scattarono immediatamente verso il basso, parallele al terreno. “Spargersi a ventaglio!”, tuonò subito dopo Ian, oltrepassando velocemente la via maestra.

Le retrovie di ogni fila, approfittando del terreno ormai spianato, aumentarono l’andatura per raggiungere e affiancare ai lati i cavalieri che li precedevano in prima linea.

“Lancieri, serrate! Serrate le fila!”, ruggì ancora Ian.

 Le ali si unirono progressivamente al centro, mentre la formazione disegnava la caratteristica linea del cuneo, distribuendosi lungo tutta la larghezza del fronte. Gli inglesi che si aspettavano di fronteggiare la fanteria leggera, si trovarono all’improvviso bersaglio di uno spiegamento di cavalleria pesante, lanciata a tutta velocità contro di loro.

 

***
 
 

“Quel dannato francese, che bruci all’inferno!” Lord Glasdale era incredulo e la sua collera incontenibile, mentre osservava la linea dei cavalieri che stava per abbattersi ineluttabilmente contro le sue truppe. Senza picchieri a contrastare le cavalcature e le lance del nemico, la battaglia si sarebbe presto risolta in una carneficina.

Realizzò troppo tardi che Ian aveva nascosto i cavalli, inutilizzabili per l’iniziale assalto alla fortezza, nella retroguardia ai margini del bosco. Dopo aver dato alle fiamme gli archi del ponte, che servivano come struttura muraria di base della roccaforte, all’estremità della riva meridionale, aveva costretto i suoi uomini ad abbandonare la fortezza e a combattere in campo aperto, se non volevano essere divorati dalle fiamme o uccisi dalle esalazioni di fumo.

“Armate le balestre e gli archi! Restate ai vostri posti!”, il comandante inglese urlava ordini che nessuno eseguiva o dava segno di udire. “Ucciderò con le mie stesse mani chi non obbedirà, codardi! Vigliacchi! Traditori!”, ripeteva con un’espressione spaventosa che gli mascherava il volto. Ma molti uomini, terrorizzati dagli schiumanti cavalli da guerra che sopraggiungevano al galoppo e dalle lance puntate su di loro, stavano già abbandonando la posizione per darsi alla fuga. Menò selvaggiamente nell’aria più di un fendente con il suo spadone, senza poter raggiungere nessuno di quei disertori. Finché la sua furia impazzita trovò finalmente un bersaglio a portata della sua lama.

L’impatto dell’acciaio che strappava maglie metalliche e carne, un suono a lui piacevolmente familiare e che amava, gli restituì la lucidità per pensare. Poteva anche succedere che Les Tourelles cadesse, giurò a se stesso, ma prima che fosse accaduto, si sarebbe preso la vita di quel francese e della sua donna.

Fu in quello stesso momento che Isabeau, a poco più di un centinaio di metri di distanza dal fronte, udì le grida degli inglesi e il frastuono della cavalleria, senza poterla vedere.

Sir Falstolf, seguito da quattro soldati, percorreva a grandi passi il ponte, affrettandosi proprio verso la palizzata cui era incatenata, con un orribile coltellaccio in mano. Quando la ragazza vide ogni soldato stringere una torcia infuocata, seppe che era giunto infine il momento di pregare.

Non si sarebbe mostrata debole di fronte a quegli animali e soprattutto davanti a lui, che avrebbe goduto ancora maggiormente di quello spettacolo. Ma quando ebbe la certezza che non avrebbe più rivisto Ian, che non avrebbe più potuto stringere tra le braccia Marc e Michel, fu come se le fiamme la stessero già divorando, straziandole l’anima. Si fece coraggio, ordinò al suo corpo di non piangere, serrò i denti, affondò le unghie nella carne, ma la sofferenza di non rivedere mai più i suoi cari era così crudele, così atroce. Così ingiusta... La vista era sempre più velata e confusa dalle lacrime che si affollavano sulle palpebre. Falstolf era lì.

Isabeau non si arrese, chiuse gli occhi per qualche istante e quando li riaprì per guardare con disprezzo gli inglesi davanti a lei, aveva già ricacciato indietro la disperazione e il pianto.

Fu proprio allora che vide in lontananza un uomo, in sella ad un possente cavallo da guerra, mentre superava al galoppo lo sbarramento di fumo all’inizio del ponte.

Era Daniel.

 

 

  
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