Anime & Manga > Lupin III
Ricorda la storia  |       
Autore: Tomoe Gozen onnabugeisha    11/10/2010    1 recensioni
Goemon è custode di un segreto nascosto a tutti, anche ai suoi amici che però desta l'interesse di qualcuno disposto a tutto pur di metterci le mani sopra insieme alla vendetta. Stavolta l'amicizia e la fiducia che lega i componenti della banda Lupin saranno ora più che mai essenziali per far fronte ad un incubo uscito dal passato di ognuno di loro. (Questa in effetti è la mia vecchia storia corretta però con html)
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
prova html Primo flashback

Gli occhi dell’uomo con indosso un completo nero e un cappello dello stesso colore s’illuminarono di una luce sinistra quando inquadrarono la vittima designata, che in quel momento stava uscendo dalla sua residenza e,come al solito, accompagnato da una manciata di sgherri armati. L’uomo li contò con calma mentre s’infilava una sigaretta piegata in bocca: quattro uomini più il ragazzo; puah, non bastavano certo a fermarlo, non era la prima volta che si trovava degli ostacoli di fronte. Certo che quel ragazzo era davvero protetto bene per essere il figlio del capo della mafia internazionale, soltanto quattro uomini quando lui ,il miglior killer del mondo, era stato assoldato per levarlo di mezzo! I tirapiedi del giovane ,quest’ultimo stava in mezzo a loro, si avvicinarono con circospezione alla Multipla blu parcheggiata davanti al cancello della villa, l’aprirono e fecero entrare prima uno di loro, che si mise al posto di guida e accese la macchina. Quando vide che la macchina cominciò a rombare, l’uomo dal completo nero prese la pistola Magnum che portava infilata nei pantaloni, l’aprì per controllare che fosse perfettamente carica: sei proiettili, come doveva essere. Poteva procedere. Seguì con calma la macchina, che lo portò fuori città fino in aperta campagna, nei pressi in cui viveva la ragazza del giovane; già si incominciava ad intravedere la sua casa. L’uomo dal completo nero si guardò intorno formando con la sigaretta un perfetto anello di fumo: non c’erano testimoni scomodi. Abbassò il finestrino, mise fuori la mano armata e mirando alle gomme posteriori fece fuoco; come previsto la macchina uscì fuori strada andando a schiantarsi contro un palo. Con movimento automatico, il killer fermò la macchina, scese e correndo come meglio poteva fare si diresse verso la Multipla da cui cominciarono a scendere le guardie del corpo del giovane, che sebbene fossero un po’ stordite a causa dello scontro cercarono di fare il loro dovere e difatti quando videro il responsabile dell’incidente correre verso di loro fecero per sparargli ma quest’ultimo si buttò a terra sparando contemporaneamente: quattro proiettili ben piazzati usciti dalla Magnum divorarono in un nanosecondo la distanza che li separava dalle loro vittime facendo stramazzare a terra i quattro uomini mentre una pozza di sangue si allargava sotto i loro corpi. Mentre osservava con quella che sembrava una certa indifferenza i corpi delle sue vittime, sentì alla sua sinistra che qualcosa si stava muovendo o meglio correndo e si ricordò subito che c’era ancora il ragazzo da eliminare; si voltò e lo vide correre a perdifiato in un vano tentativo di salvarsi. L’uomo sollevò nuovamente la pistola e sparò: quando la pallottola gli si conficcò nel ginocchio avvertì un dolore orrendo, come se quel proiettile gli avesse staccato la gamba di netto, difatti non se la sentiva più. Cadde a terra tenendosi con una mano la gamba ferita, da cui cominciava a scorrere un liquido rosso e denso che gli impregnò in un attimo il pantalone. Tremando in modo incontrollabile si voltò sulla schiena e si osservò la ferita: il punto in cui la pallottola gli era entrata la sentiva pulsare in modo assai fastidioso e quando la toccò leggermente avvertì un dolore se possibile ancora più terribile che lo spinse ad urlare dolore con tutto il fiato che aveva in corpo mentre con una mano si copriva il viso. Soffriva atrocemente. Il killer se ne rese conto guardandolo contorcersi per il dolore mentre il braccio che teneva la pistola ,dalla cui canna usciva ancora del fumo, era ancora puntata contro di lui. Sarebbe stato da sadici non finirlo e lui sebbene fosse un killer un po’ di compassione ancora l’aveva; non gli piaceva far soffrire le sue vittime più del necessario. Si diresse verso di lui con calma mentre ricaricava la pistola, sebbene ci fosse ancora un proiettile. Con uno scatto il tamburo si rimise a posto e il suo proprietario la puntò nuovamente contro il giovane che lo guardò in un modo molto significativo mentre cercava di alzarsi sui gomiti. “Non scongiurarmi di non ammazzarti, sarebbe inutile” tagliò corto l’uomo con voce incolore sempre con la pistola mirata al suo cuore “Chi sei?” chiese il ragazzo “Jigen Daisuke” rispose l’uomo mentre premeva il grilletto. Sentì di nuovo il proiettile entrargli nel corpo finché non raggiunse e sorpassò il cuore fuoriuscendogli dalla schiena. Con un gemito soffocato il ragazzo si distese a terra, l’ultimo suo pensiero andò a Mischa e al bambino che non avrebbe mai più rivisto. Jigen rimettendo la pistola a posto si avvicinò al cadavere mettendosi in ginocchio al suo fianco. Lo osservò: aveva solo venti anni. Troppo giovane.
Dimmi ,boia, com’è guardare le proprie vittime? Ti rende felice guardarle morire? Ti diverte vedere la luce e con lei la vita abbandonare i loro corpi? Ti diverte fare quello che fai? Ti credi onnipotente? E invece non lo sei. Un giorno sarà qualcun’ altro ad interpretare il tuo ruolo e allora vedrai che non sei né più né meno degli altri. 
Gli chiuse con delicatezza gli occhi poi si voltò, raggiunse la sua macchina e andò via. Non seppe mai che dopo mezz’ora una ragazza dai capelli color paglia di nome Mischa ,attorniata dalla banda di cui faceva parte il giovane e al cui vertice stava suo padre, abbracciava singhiozzando il cadavere del giovane mentre il padre di questi ,furente, ordinava ai suoi uomini di cercare in giro qualche cosa che potesse aiutarli ad identificare il responsabile. Uno degli sgherri trovò vicino al cadavere di una delle guardie del corpo assassinate le parole scritte col sangue: Jigen Daisuke.                
             
Secondo Flashback

“Stanno per iniziare” pensò Lupin guardando i due samurai davanti a lui cominciare a muoversi lentamente. Goemon sembrava concentrato al massimo e anche se non lo mostrava sia Lupin che Jigen sapevano che il cuore del loro amico era incendiato dall’odio e dal desiderio di vendicare l’amato maestro, che era stato ben più di un padre per lui e infatti dopo un attento esame chiunque avrebbe notato l’odio che incendiava gli occhi neri del giapponese e la mascella contratta. Dal canto suo quest’ultimo pensò che finalmente stesse per avere la sua vendetta, stava per vendicare l’amato maestro Shiden, assassinato dal cane che gli stava di fronte e che lo guardava con disprezzo e derisione. Come si era permesso di uccidere il  suo maestro? Era imperdonabile e lui non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Lo avrebbe ucciso, fatto a pezzi, lo avrebbe finito lentamente, fatto soffrire in tutti i modi possibili ed immaginabili in quel duello e quando Jinkuro lo avrebbe supplicato di finirlo, lui ,Goemon, gli avrebbe risposto ,magari sogghignando, che aveva ucciso il suo amato maestro e che quindi per morire avrebbe dovuto pazientare, intanto doveva soffrire finché a lui sarebbe piaciuto. Niente lo avrebbe fermato dal mettere in atto questi propositi e in cuor suo sperò che i suoi amici non provassero ad intercedere per Jinkuro perché altrimenti….
Cominciarono a correre verso sinistra, con le lame in mano e sempre con maggiore velocità finché entrambi non scattarono in avanti, con l’intenzione di colpire l’avversario frontalmente e teoricamente di sorpresa ma entrambi pararono i colpi, provocando con il cozzare delle loro lame un gran fracasso. Si allontanarono ritornando al punto di partenza ma questa volta cominciarono a muoversi in cerchio attaccandosi ogni tanto una volta in aria e una volta a terra, continuarono così per un pezzo: nessuno riusciva anche solo minimamente a prevalere sull’altro; “Sei sempre forte ma non potrai tenermi testa per molto con le braccia ferite a quel modo” osservò con il suo tono irritante Jinkuro rivolto a Goemon indicando le braccia di quest’ultimo, che proprio in quel momento cominciarono a sanguinare macchiando di rosso le bende. “Jinkuro, vendicherò il mio maestro con la spada affidatami da lui stesso” ribatte tranquillamente Goemon “Hai parlato abbastanza” concluse Jinkuro diventando improvvisamente serio. Continuarono a combattere senza risultati rilevanti. Mano a mano che passava il tempo la rabbia di Goemon cominciò a diventare sempre più forte e sembrava che anche il cielo condividesse la sua sete di vendetta perché improvvisamente cominciò a rannuvolarsi finche un fulmine non incendiò un albero che stava proprio in mezzo ai due combattenti. Prese fuoco e le fiamme illuminarono i volti dei due samurai, rendendo ancora più impressionante la scena. Insieme alla pioggia cominciò a tirare anche un forte vento, in cui Goemon si trovò controvento mentre Jinkuro lo aveva da dietro, questi si frugò in una tasca del kimono, cavandone fuori un potente narcotico. “Se vai controvento sei finito, questo è un potente narcotico che ti farà chiudere gli occhi” disse Jinkuro aprendo la mano in cui c’era il narcotico lasciando che il vento lo trascinasse a Goemon, il quale dopo due secondi cominciò a dare segni di cedimento. “Sei un vigliacco, adesso ti sparerò, Jinkuro!” esclamò arrabbiato Lupin già con una mano sulla pistola. A quelle parole Goemon si sentì come se qualcuno gli stesse per fare un grosso sgarbo: nessuno doveva rubargli la vendetta, neanche un suo amico. “No, Lupin!! Jinkuro devo ammazzarlo io!” “Hai del fegato Goemon” continuò Jinkuro sorridendo: si aspettava quella reazione. “Accidenti, devo assolutamente farcela” pensò Goemon cercando disperatamente di non mollare ma cominciava ad avere grosse difficoltà con la vista: vedeva il suo nemico sdoppiarsi continuamente e in più si sentiva assonnato. Maledetto vigliacco! Fece un passo indietro quando improvvisamente sentì uno dei suoi piedi toccare il vuoto, che diavolo? Si voltò leggermente indietro e vide che era arrivato sulla cima della montagna, un passo falso e si sarebbe sfracellato di sotto!                            
“Questa è la tua fine, Goemon. Ora non puoi più sfuggirmi” osservò Jinkuro e  Goemon si rese che conto che purtroppo era fottutamente vero: era mezzo addormentato, non ci vedeva bene e adesso non  poteva muoversi più di tanto per non finire giù. Ma non poteva arrendersi, doveva vendicare il suo maestro, maledizione! Non era giusto! “Non voglio morire adesso! Non per mano sua,accidenti” pensò Goemon quando vide Jinkuro fare atto di avventarsi contro di lui sollevando la spada con l’intento di spaccargli il cranio. Ecco, era finita! Aveva fallito e sicuramente deluso il suo maestro! “Maledizione!!!” pensò con ira scagliando in aria la spada nello stesso momento in cui un fulmine attraversò il cielo. Accadde tutto in un attimo: la spada di Goemon si drizzò attirando su di se il fulmine, il quale andò a colpire in pieno Jinkuro, carbonizzandolo in una sola alta fiammata. “I fulmini del cielo hanno fatto giustizia” commentò Lupin mentre copriva con la sua giacca l’ormai fradicio amico mentre Jigen lo aiutava a rialzarsi ma Goemon sapeva bene che non erano i fulmini del cielo ad averlo aiutato “Grazie di cuore, maestro” pensò mentre si sedeva sul sedile posteriore della Fiat500 e cedeva al sonno.        
Dormi, dormi pure, Goemon Ishikawa. Riposati per l’impresa compiuta e sogna il tuo maestro che ti ringrazia per averlo vendicato ma tu credi di averlo vendicato davvero? Credi di aver fatto il tuo dovere,vero? E invece no, altro non voglio dirti soltanto che ti pentirai.  

Terzo flashback

L’elicottero fece una veloce inversione dirigendosi verso i due uomini sistemati sulla rupe che si affacciava sul mare. Visto il pericolo si affrettarono a caricare velocemente le pistole. “Lupin, sbrigati, dannazione! Si sta velocemente avvicinando!!!” urlò Jigen cercando di sovrastare il rumore dell’elicottero mentre guardava con sempre più crescente preoccupazione il mezzo su cui c’era a bordo Antonio Wolf, un loro vecchio rivale che aveva tutte le intenzioni di mandarli all’altro mondo. “Ho fatto, ho fatto!” rispose frettolosamente Lupin III mirando insieme al suo compagno contro l’elicottero. Dal finestrino della sala dei comandi si sporse un uomo con un fucile in mano, un cappellaccio calato su un occhio facendolo sembrare guercio e una sciarpa nera intorno al collo. L’uomo ghignò sinistramente guardando i suoi avversari a terra, che sembravano aspettarlo, mentre con una mano governava l’aereo indirizzandolo contro di loro, mentre con l’altra prendeva la mira col fucile. Mirando per primo alla testa di Lupin fece fuoco ma lo mancò perché quest’ultimo si buttò di lato sparando nello stesso istante in cui anche Jigen fece fuoco. L’uomo quando avvertì i proiettili entrargli nel petto e nella gamba capì di aver fallito, che la vendetta gli era stata strappata via di mano per opera dei suoi più odiati nemici. Che buffo, strano e triste tiro del destino: aveva sempre ucciso e adesso era lui a finire ucciso. Questo fu il suo ultimo pensiero quando cadde in acqua.       
Non temere, guerriero caduto, come Ettore fu vendicato da Paride e Achille da Bellerofonte anche tu avrai la tua vendetta.

Quarto flashback

“Jigen”, la voce di Karen Kowalski interruppe bruscamente il loro dialogo. Il tono non era ne autoritario ne freddo, era calmo e incolore. Jigen ,ritornando subito serio, si girò verso di lei e la vide lì, in attesa che lui la raggiungesse, con la pistola, la sua pistola, in mano. Vedendola immobile, in attesa paziente che lui le venisse vicino, Jigen gli venne stranamente da chiedersi se la morte non avesse preso l’aspetto di quella donna. A vederla così, immobile e in paziente attesa, sembrava veramente che fosse la morte personificata, magari la pistola che aveva in mano era la “falce”. Forse la morte ,quando è il nostro momento, assume le sembianze degli esseri che abbiamo di più amato al mondo, proprio come in quel momento: Karen e la sua amata pistola CombatMagnum. Jigen sospirò; doveva andare, non poteva impedire che Karen facesse giustizia. “Jigen” iniziò Lupin alle sue spalle, distogliendolo dai suoi pensieri “Tieni questa, devo parlarle” replicò consegnandogli il mitra e allontanandosi prima che Lupin potesse dire o fare qualcosa. Lupin a quel punto capì e non disse più niente. Jigen gli aveva solo passato la mitraglietta ma il gesto in sé significava: “Non puoi aiutarmi, Lupin. Devo lasciarla fare”. Si mise davanti a lei e quest’ultima, piegando le gambe e reggendo con entrambe la mani la pistola, gliela puntò contro il cuore. Sollevò il cane ma quando il tamburo girò infilando nella canna il proiettile, per un attimo sul suo viso apparve l’espressione del ripensamento. Poiché Jigen aveva chiuso gli occhi non vide Karen mordersi il labbro ma sentì che quest’ultima era in difficoltà. “Coraggio, Karen. Spara” l’incoraggiò mentre facendosi coraggio riapriva gli occhi. Lupin guardava la scena in silenzio senza fare nulla ma in cuor suo pregava che Karen non sparasse al suo amico e così avvenne. Karen effettivamente sparò ma mirando a qualcosa che si trovava alle spalle di Jigen; quest’ultimo ,accortosi di non essere stato colpito, si voltò per vedere Keith di nuovo in piedi: era a lui che aveva sparato! Lupin gli lanciò la mitraglietta mentre lui prendeva la sua WaltherP38 e insieme a Karen cominciarono spietatamente a sparare a Keith, che stranamente continuava a rimanere in piedi nonostante tutte le pallottole che gli venivano spedite contro. Soltanto quando un proiettile lo colpì alla testa cadde a terra, con la sua mitragliatrice che continuò a sparare per un po’ finchè ,esauriti i proiettili,non smise. Tornata la calma, Jigen e Lupin si voltarono per vedere Karen a terra. “Karen!” Jigen le si avvicinò di corsa e la prese delicatamente per le braccia, facendole appoggiare la testa sul suo torace. La pistola che Karen aveva tenuto in mano poco prima era caduta a terra, Jigen la raccolse e con un abile movimento del polso fece uscire il tamburo dalla pistola: c’era ancora un proiettile. “Karen, vuoi ancora uccidermi?” le chiese offrendogli la pistola, lei lo guardò e con quella che sembrava un aria triste scosse debolmente la testa. Vedendo dove il proiettile si era conficcato, Jigen dovette esercitare su se stesso un notevole controllo per non piangere. Troppe donne aveva amato e tutte le erano state portate via, chi per un motivo chi per un altro. Aveva cominciato seriamente a pensare di rinunciare all’amore, di non donare più il suo cuore ad un' altra sia per evitare a se stesso altre sofferenze e sia per proteggere la donna che voleva donarsi a lui ma aveva incontrato Karen e ,nuovamente, lui ci era ricascato, anche se stavolta era sicuro che tutto sarebbe andato come voleva lui, e invece…Visto come andavano a finire le sue storie d’amore cominciava anche a pensare che fosse in parte colpa sua, che portasse iella, anche se lui non aveva mai creduto a cretinate simili. Quando sentì nuovamente Karen chiamarlo dolcemente si voltò verso di lei. Ogni cosa sembrò perdere importanza per lui in quel momento. Niente aveva più importanza, in quel momento poteva anche arrivargli una pallottola nel braccio, lui non se ne sarebbe neanche accorto, anzi se una pallottola in quel momento lo avesse ucciso ne sarebbe stato contento perché significava rivedere tutte le donne che aveva amato e dalle quali era stato amato. Sentì intorno a sé i suoi amici parlare con qualcuno ma non ci badò, non fece nemmeno caso al fatto che qualcuno gli avesse sfilato di mano l’ arma. Era troppo preoccupato per Karen per interessarsi ad altro. “Karen, ti prego non morire” riuscì a balbettare mentre gli occhi quasi gli si riempivano di lacrime alla vista della sua mano sporca di sangue, il sangue di Karen: perché? Perché ogni donna che amava finiva sempre col morire? Che cosa aveva fatto per essere trattato così? Se il suo destino era quello di non amare nessuna donna perché allora veniva torturato sentimentalmente così? “Jigen ,la voce appena percettibile di Karen lo strappò bruscamente dai suoi pensieri, non piangere” “Come pretendi che non pianga? Io ti amo, maledizione ,e stai morendo qui, tra le mie braccia, senza che io possa fare niente per te, niente”; trasalì quando sentì la mano calda di Karen accarezzargli una guancia “Che cosa hai detto?” “ Ho detto che mi sento impotente e che…” “No, che cosa hai detto molto prima?” “Ho detto che ti amo” “Anche io, Jigen.” “Karen ,sussurrò lui con le lacrime che colavano sul petto di lei, io …” “No, aspetta, fammi parlare. Non cedere al dolore, continua a vivere. Devi farlo anche per me che desidero che tu sia felice e non sopporterei che per causa mia tu cambiassi. Hai capito che voglio dire? Se tu vivrai portando il ricordo di me io continuerò ad esistere attraverso te” “Karen, ti prego…non…non parlare così  ,riuscì a dire solo questo,cercando con penosi sforzi di controllare la voce, tu non morirai, resisti, ti supplico!” “Addio” disse Karen abbandonandosi con un sospiro tra le braccia dell’uomo che l’aveva tanto amata, il quale ,dopo un attimo di smarrimento ed incredulità, diede liberamente sfogo al suo dolore: abbracciò strettamente la donna sussurrando dolcemente il suo nome mentre lasciava che le lacrime gli scorressero lungo il viso,bagnandogli le guance e la barba. Si riscosse quando sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla e una voce profondamente addolorata dirgli “Mi dispiace”. Si voltò e vide che il proprietario della mano era nient’altri che Goemon, “Dai” intervenne Lupin, anche lui sinceramente dispiaciuto. Limitandosi a rispondere con un accenno della testa, Jigen si rialzò, prese il corpo di Karen tra le braccia e ,sotto lo sguardo dei suoi amici, premette il pulsante che avrebbe azionato il meccanismo di esplosione del sottomarino Ivanoff ,su cui c’era tutta l’organizzazione Shot Shell, che Karen gli aveva affidato.  Sotto gli occhi di tutti i presenti,l’Ivanoff saltò in aria trascinando nella rovina la gang Shot Shell. “Riposa in pace,amor mio, sei vendicata” pensò Jigen guardando il sottomarino inabissarsi.                  
Perché ti sei vendicato distruggendo la nave, Jigen Daisuke? Non hai capito che la colpa della morte di Karen non è nient’altro che tua? Tua, come è tua la morte delle altre donne che hai amato e dalle quali sei stato ricambiato? Perché non lo capisci? Sei sciocco o ti spaventa l’idea di ucciderti? Perché non ti togli la vita? Non dovrebbe essere difficile per te, hai ucciso tante persone; sicuramente conosci tutti i metodi per lasciare in modo indolore questo mondo, allora perché? Sei crudele ed egoista! Preferisci continuare a vivere ben sapendo che avrai probabilmente altre donne che soffriranno per colpa tua! Sei ancora un assassino ,Jigen Daisuke, ma stavolta in un modo molto più subdolo.                

Quinto flashback

“Bravo! Finalmente te lo sei levato dai piedi” esclamò Fujiko alle sue spalle mentre gli puntava contro la pistola “Hm, ora dici così ma poi mi darai la caccia per vendicarlo.” rispose Pycal con uno dei suoi rari sorrisi  “Ciò è possibile. Comunque adesso sono venuta per prendermi i cristalli... quindi dimmi dove sono” completò spingendogli ulteriormente la canna della pistola contro la nuca ,dopo un attimo di silenzio, “I cristalli sono lì” le disse indicando con una mano il sacchetto che stava proprio attaccato al bracciolo della sua sedia “Grazie, molto gentile” gli disse mentre si riempiva come meglio poteva le tasche. “Adesso buttati in acqua” “Buttati tu e portati via i cristalli” “No. Non ho il costume da bagno ed è meglio che ti butti tu, hai ucciso Lupin e non esiterei a spararti” “Ripensaci, te ne pentirai” provò ad insistere, sperando ,inutilmente, di convincerla ma quando sentì la sua risposta decise di lasciar perdere: era troppo innamorata di Lupin “Mai quanto te tra poco, svelto, buttati” insistette lei adesso con voce molto più minacciosa di prima. Non ebbe altra scelta; le cedette i comandi dell’elicottero e si buttò in mare. A un pelo dall’acqua aprì un piccolo scompartimento nascosto nella sua cintura, in cui c’era un bottone che ,una volta premuto, fece apparire un deltaplano che evitò a Pycal uno spiacevole e indesiderato bagno. “Sciocca, i veri cristalli sono in mano mia ,esclamò ridendo guardando i veri cristalli attaccati ai lati del deltaplano, e li userò per dominare il mondo al momento più opportuno!”. Proprio in quel preciso momento il sole fece capolino dalla montagna di fronte illuminando in attimo tutto il paesaggio,anche la barchetta sotto di lui che proprio in quel momento stava passando attraverso quelle che sembravano due piccole isole. Osservandola notò qualcosa che lo mise in allarme: dapprima lui non capì che cosa diavolo fosse quel affare che l’uomo sulla barca gli aveva puntato contro ,era troppo lontano, ma quando vide un grosso proiettile e una gigantesca tela imprigionarlo come in una morsa, distruggendo il deltaplano e facendolo inesorabilmente cadere in acqua capì solo una cosa: Lupin III in un modo o nell’altro aveva ricevuto la sua vendetta, sebbene da uno sconosciuto.      
Pycal, consolati pensando che hai ucciso il tuo nemico.

Due anni dopo, in Giappone.
“Credo che sia questo il posto ,pensò il giovane samurai con il kimono nero guardando il gigantesco grattacielo di fronte a lui. Accidenti, colui che gli aveva dato l’appuntamento probabilmente era un riccone o comunque una persona che non aveva problemi economici. “Chissà perché diavolo mi ha spedito quella lettera questo riccone,cosa accidenti vorrà da me?” pensò ancora mentre varcava la soglia. 
“Hikijo Semboo, conosco la tua storia e so che cosa desideri di più al mondo, dopo che è successo quello che è successo. Non posso dirti altro in questa lettera ma se vuoi che io sia più chiaro accetta di incontrarmi. Ti do appuntamento questo giovedì alle 6 in punto di pomeriggio, ti aspetto.
P.S: Mi sembra doveroso specificare che mi trovo non a Shizuoka ma Nagoya. Poiché non so se sai come arrivarci sappi che devi prendere la Tomei Expressway, una volta lì chiedi di me e tutti ti indicheranno dov’è la mia casa. Sperando che accetterai la mia richiesta, ti saluto. Kanemoti Hideyoshi.”
Dentro si trovò in una sala riccamente ammobiliata; ogni cosa ,dal tappeto che partiva dall’ingresso fino alle scale e dai numerosi e delicati oggetti che stavano appoggiati ai mobili, dimostravano una grande raffinatezza e anche una certa tendenza del proprietario all’esibizionismo della propria ricchezza. Il giovane rimase talmente incantato di fronte a tutte quelle ricchezze da non accorgersi subito del fatto che non era solo: infatti nella
sala c’erano dei mafiosi, stando a giudicare dall’aria poco raccomandabile e dalle armi che tenevano in mano. Quest’ultimi non appena videro lo sconosciuto gli andarono lentamente incontro, circondandolo. Il giovane nonostante avesse capito di essere circondato da persone non proprio per bene non diede minimamente segno di timidezza, d’altronde che cosa doveva temere? Se lo avrebbero aggredito, lui li avrebbe sistemati a dovere! Che credevano, che la sua spada fosse fatta di legno o che fosse una di quelle volgari imitazioni di plastica che i genitori ogni tanto donavano ai propri figli? “Sono qui per un incontro con il signor ,qui guardò un attimo il nome del mittente sulla lettera che gli era stata spedita, Kanemoti.” a quelle parole i mafiosi sembrarono rilassarsi tant’è vero che abbassarono le armi e ognuno ritornò alle sue occupazioni, soltanto quello che sembrava il capo ,un tipo con una cicatrice ad x sul viso che partiva dalle sopracciglia fino al mento incrociandosi a cavallo del naso, lo invitò con un gesto della mano a seguirlo. Per mezzo dell’ascensore arrivarono al diciassettesimo e ultimo piano, in cui c’era soltanto una gigantesca porta in fondo. L’uomo fece cenno al samurai di aspettare quindi bussò alla porta, l’aprì quel tanto che bastasse per lasciar passare la testa insieme a metà busto e dire qualcosa per poi ritornare dall’ospite e dirgli “Puoi entrare, ti stanno aspettando” “Stanno?” ripetè incerto il giovane ma non potè chiedere altro perché il suo accompagnatore era stato appena ingoiato dall’ascensore. “Entriamo” e dicendo questo varcò la porta entrando dentro a quella che sembrava una sala per le riunioni ma a lasciarlo maggiormente perplesso furono le persone che trovò sedute alla grande tavola rotonda che stava in mezzo alla stanza. Al capotavola c’era un signore sui trent’anni ,vestito con un completo nero molto elegante con una sigaretta Malboro quasi del tutto consumata in bocca, la quale si piegò in un garbato sorriso vedendo il nuovo arrivato. Alla sua sinistra c’erano due sedie vuote mentre alla sua destra c’era un giovane giapponese sui venti anni con i capelli castani tendenti al biondo, gli occhi color miele. Vicino a lui c’era una ragazza della stessa età coi capelli di uno smorto biondo cenere. Vicino a lei c’era seduta una ragazza con i capelli completamente neri, salvo i due ciuffi al lato del viso che erano rosso fuoco. Infine all’ultima sedia c’era un’altra ragazza con i capelli biondo platino e gli occhi blu scuro, dai lineamenti non sembrava orientale. Hikijo notò che tutti e quattro portavano un kimono nero e una spada infilata nella cintura, tranne l’ultima ragazza che aveva sul lato sinistro una fondina in cui stava infilata una pistola Condor e quella vicina al giovane coi capelli castani, che aveva una Kalashnikov appesa sulla schiena. “Finalmente siete arrivato, giovane Semboo Hikijo. Vi stavamo aspettando, sedetevi prego” disse l’uomo sui trenta indicando la seconda sedia alla sua sinistra. Hikijo obbedì, sempre più perplesso: non conosceva affatto quelle persone, allora
com’era possibile che conoscessero il suo nome?
“Sei sorpreso, vero? Ma ricorda: quando non riesci a raggiungere la vendetta, è lei allora che ti viene incontro”  “Chi ha parlato?” sobbalzò Hikijo sorpreso e anche un po’ impaurito guardandosi intorno senza riuscire a scoprire chi fosse il proprietario di quella voce infantile fredda come ghiaccio e flebile come un alito di vento. “Insomma, Chi ,esclamò il signor Kanemoti sorridendo divertito guardando la sedia vuota che stava alla sua sinistra, lo stai spaventando, mostrati” “Come vuoi” e immediatamente sulla sedia apparve quella che sembrava una bambina di dodici anni, con dei bellissimi capelli biondi il cui colore era messo in maggiore risalto dal berretto nero tipico della Grecia in testa. Indossava un elegante vestito nero ,il quale sembrava più adatto per un ballo che per la vita quotidiana, e delle ballerine, nere anch’esse. “Lei è Chi (Ci)” “Piacere” riuscì appena a dire Hikijo che era rimasto ovviamente perplesso “Dalla tua espressione deduco che ti starai chiedendo come Chi sia riuscita a fare quello che ha fatto e chi siamo noi, è corretto?” “Proprio così” “Bene, ti spiegherò tutto ma prima è meglio che ti presenti gli altri, visto che dobbiamo collaborare è meglio conoscerci. Bene, i due ragazzi alla mia destra si chiamano rispettivamente Liu Kang Kanemoti ,mio nipote, e Alexis Kowalski. La penultima ragazza coi capelli neri si chiama Kate Pycal e l’altra si chiama Nemesi Wolf, è italiana ma parla tranquillamente la nostra lingua. Io sono Hideyoshi Kanemoti” “Molto piacere, ma continuo a non capire perché mi abbiate convocato. Non conosco nessuno di voi” rispose Hikijo maggiormente confuso “Vi ho convocato per proporvi un affare, vantaggioso a tutti noi” spiegò l’uomo guardandoli negli occhi e facendosi serio “E sarebbe?” chiese Alexis “Vendetta” completò Chi con un sorriso crudele in volto.

Nei pressi di New York, contemporaneamente a quello che accade in Giappone.. 
“C’è posta per te,Goemon. Dal Giappone” fece Jigen porgendo all’amico una busta bianca, su cui spiccava con un elegante calligrafia il nome Goemon Ishikawa. 
“Dal Giappone!? Ma allora è lei, passamela, svelto!” esclamò Goemon afferrando la busta e sbrigandosi ad aprirla per leggerne avidamente il contenuto. 
“Goemon, insomma, si può sapere chi ti manda tutte queste lettere?” chiese incuriosito Lupin, sperando che l’amico finalmente si decidesse a dare spiegazioni. Era da tantissimo tempo che arrivavano quelle lettere e Goemon non aveva mai detto chi ne fosse il misterioso autore.    
“Lupin, è una lettera che mi manda una persona che non vedo da tanto tempo” spiegò Goemon con gli occhi che mandavano bagliori
“È una persona speciale?”   
“È molto speciale ,Jigen, veramente molto. Almeno per me.”
“?”
“Un giorno ve la farò conoscere. Sono sicuro che vi sarà molto simpatica.”    
“Ma è una donna?”
“Si, Lupin, è una donna. Una bellissima donna, ti basta sapere che viene chiamata “piccolo tulipano”
“Ti sei innamorato stavolta, confessa!” lo punzecchio Jigen con un sorriso malizioso in viso mentre dava dei colpi di gomiti all’amico, che avvampò.   
“Non mi sono innamorato, quindi è inutile che mi prendete in giro voi due.” se sperava con questo di disilludere i suoi amici si sbagliava di grosso.
“Chi è?”
“Ci siamo allenati alla stessa scuola”
“Va bene, ma chi è?”
“Ve la farò conoscere, un giorno. Adesso è meglio se andiamo a dormire. Buonanotte”   
“Ehi, Goemon!”
“Si?”
“A quanto le sospirate nozze?”
“Jigen, ti ci metti anche tu?”
“Scherzavo, stavo scherzando!”
“Banda di matti” sbuffò Goemon con un piccolo sorriso 
“Solo una curiosità”
“Si?”
“Ti è cara?”
“Molto cara”
“Okay, buonanotte Goemon!”
“Anche a voi”
I due uomini uscirono dalla stanza lasciando solo il samurai, che solo a quel punto sorrise più ampiamente e sussurrò ciò che non avrebbe mai ammesso davanti a suoi amici: “Mi è cara quanto voi”. Nella loro stanza intanto Jigen e Lupin parlavano tra di loro, “Secondo te finirà bene?” chiese Lupin all’amico, il quale capì a che cosa si riferisse la domanda “Non lo so, spero di si. Goemon è già finito male parecchie volte, una volta era proprio ad un passo dallo sposarsi e poi si sono lasciati, rammenti?” “Si, Lady Murasaki.” “Oppure quando si innamorò di Isabella? Quella che aveva inventato il Virus Beta.” “Me la ricordo, Goemon era innamoratissimo di lei e non posso dargli torto: era una bellissima donna” “Ti ricordi come andò a finire?” a quelle parole la mente di Lupin si riempì involontariamente di flashback, pezzi di ricordi riguardanti i pochi minuti che precedevano la morte di Isabella: lei ,seduta su quel trono con il SuperEgg in mano,che luccicava talmente da rendere nonostante il buio perfettamente visibile il viso della donna, luccicante di sudore per lo sforzo psichico appena sostenuto e lui, Jimmy, quel bastardo approfittatore, che non appena si era reso conto che Isabella non gli serviva più si era avvicinato a lei, le aveva strappato il diamante di mano e l’aveva pugnalata, lasciando che lei rotolasse giù per i gradini e morisse lì, come se si fosse trattato di un oggetto ormai inutile. “Lupin?” “Eh? Oh, si Jigen mi ricordo ,purtroppo, come andò a finire. E il povero Maichel..” “Si,annuì un po’ commosso Jigen, si è visto morire la madre tra le braccia proprio quando finalmente l’aveva trovata. Che sfortuna!” “Comunque,noi per quello che è possibile aiuteremo Goemon, questo è certo” “Ovviamente”  “Va bene, pensiamo a dormire adesso.” “Buonanotte”.        




















  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lupin III / Vai alla pagina dell'autore: Tomoe Gozen onnabugeisha