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Autore: MeggyElric___    14/10/2010    7 recensioni
Prima fanciction su fullmetal Alchemist ^.^
La mia storia inizia alla fine dell'ultimo episodio di FMA Brotherhood, il numero 64 (capitolo 108 del manga). Quindi, se qualcuno non volesse... ecco... rovinarsi il finale, non dovrebbe leggere questa fanfiction.
DALLA STORIA:
" - Tornerò indietro.
Quelle parole uscirono con difficoltà dalla sua bocca, che si chiuse in una smorfia. Il cuore di Winry ebbe un tuffo. Era già arrivato quel momento, quel momento che temeva tanto. Era arrivato troppo presto.
Non voleva lasciarlo andare, non in quel momento. Era sempre stata innamorata di lui e non riusciva a capacitarsi di non vederlo più. Non voleva che quell’abbraccio fosse il loro ultimo addio.
Forse, però, c’era ancora una speranza. “Tornerò indietro”, aveva detto. Aveva paura a credergli. Aveva paura di rimanere delusa, troppo delusa.
Aveva paura, ma voleva credergli. L’avrebbe aspettato anche tutta la vita, se fosse stato necessario.
Avrebbe atteso il suo ritorno, appoggiata al balcone della finestra.
- Sì.
Disse Winry, quasi senza accorgersene. Edward mosse le labbra, senza dire nulla.
- Fai attenzione. "
comunque sia, spero vi piaccia. E' una storia molto lunga, quindi preparatevi ^.^
se non si fosse capito, è sulla coppia Edward/Winry!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ciao a tutti, scusate nuovamente il mio ritardo! Vi avviso che ultimamente la mia ispirazione per questa fanfiction è andata a farsi benedire, perciò non vi aspettate gran che da questi capitoli. Fanno schifo, lo so. Ma li ho scritti e riscritti 500 volte, e meglio di così non mi esce. Non so che mi succede, perdonatemi.

Dopo questa piccola introduzione, vi lascio al capitolo 17, sperando in qualcosa di positivo. Scusate, di nuovo.

 

1.           LACRIME D’ACCIAIO

-          Mi dica che non è vero.

Mormorò Edward, lasciandosi cadere sulla vecchia sedia dietro di lui e scuotendo i leggeri capelli d’oro. Con la mano sinistra, si torturò la manica rossa del braccio destro, tirandola, stropicciandola con le dita e pizzicandola nervosamente con le unghie. I suoi occhi preziosi quel giorno non erano splendenti, ma resi opachi da un cupo velo di tristezza.

-          La prego, mi dica che sta scherzando. No. non può essere.

Ripeté, con lo sguardo perso nel vuoto. Strinse i pugni, finché non sentì le unghie quasi penetrare dolorosamente nella sua pelle, rigida dalla tensione. Davanti a lui, un uomo molto alto con i capelli grigiastri, vestito con un lungo camice bianco, lo scrutava con compassione.

Edward alzò lo sguardo, posandolo definitivamente senza forza né pretese sull’anziano viso del medico, che gli si era avvicinato ancora di più.

-          Ma lei è proprio sicuro che...

-          Certamente. La gamba della ragazza è stata investita in pieno dalle fiamme. Con le misere conoscenze di cui disponiamo al momento, non possiamo fare gran che.

-          Questo vuol dire che... la sua gamba?

-          Mi dispiace davvero molto, ma la signorina ne sarà privata. Ha ustioni troppo gravi, ma per fortuna il resto del corpo è in buone condizioni. Di certo non è in pericolo di vita. Dopo tutto, mi è giunto all’orecchio che sia anche una famosa costruttrice di automail, e che sia molto conosciuta e apprezzata anche a Rush Valley.

L’ex alchimista ascoltava a occhi sgranati, non riuscendo a credere alle parole che stavano uscendo come fossero frecce dalla punta avvelenata dalla bocca del medico. Le frecce lo colpivano sempre più in profondità, torturandolo. Già conosceva la conclusione della frase dell’uomo in bianco davanti a lui, e non aveva alcuna intenzione di stare ad ascoltarlo un secondo di più. Tentò di ribattere, ma i muscoli della sua faccia s’irrigidirono.

-          Metterà un automail.

Eccola, la frase tanto temuta. Nei suoi occhi tornò all’improvviso a bruciare il fuoco più rovente, mentre il pensiero di Winry con un freddo e inumano automail che deturpava la sua magnifica figura cominciava a prendere forma nella sua mente e a divorarlo lentamente dall’interno.

Winry non poteva mettere un automail.

No. Non lei, non meritava una simile tortura. Edward digrignò i denti, tornando con la mente a quando aveva deciso di sottoporsi a quell’operazione immensamente dolorosa quasi dieci anni prima. Ricordò quel dolore intenso, lancinante, perenne, che lo avevano accompagnato non solo nell’operazione – durante la quale gli era sembrato di trovarsi per una seconda volta all’inferno – ma anche durante il periodo della riabilitazione. Ricordò l’odio che provava per quegli arti meccanici che non lo avevano mai fatto sentire umano al cento percento. Non poteva permettere che proprio lei, Winry, la ragazza che amava e che tanto lo aveva aiutato proprio con quei dannati automail, ora dovesse soffrire così tanto.

-          Non posso permetterlo!

Gridò, mentre sentiva gli occhi inumidirsi e il naso pizzicare. Batté con forza un pugno sul muro ruvido e freddo, mordendosi un labbro per trattenere le lacrime che premevano sui suoi occhi d’oro. Con grande forze le ricacciò indietro, mentre un rosso strato di sangue cominciava a comparire sulle nocche della mano destra.

Una goccia di sangue scivolò sul pavimento immacolato. Edward la seguì con lo sguardo carico di disprezzo, ringraziando il fatto di non avere più quel maledetto arto meccanico.

Doveva provare più dolore possibile, doveva trovare un modo per affievolire quell’immenso bruciore che provava all’interno della sua anima.

-          È tutta colpa mia.

Sussurrò a denti stretti, con la rabbia che gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Una voce lontana, gentile, richiamò il medico, che dovette a malincuore scusarsi e se ne andò. Edward rimase solo con il suo dolore e il suo desiderio di distruzione che stava per esplodere nel suo cuore. Tirò un altro violento pugno sul muro, che si tinse di sangue. Oh, se Mustang fosse comparso lì, in quel momento, solo Dio – nel quale non credeva, oltretutto – avrebbe potuto sapere cosa lo avrebbe fatto desistere dall’ammazzarlo di botte.

Si avvicinò a passi lenti alla porta bianca, posta a qualche metro da lui, che lo separava dalla ragazza alla quale lui – e anche quello stronzo di Mustang, intendiamoci – aveva rovinato la vita.

Dalla stanza, proveniva una voce di donna tranquilla e profonda, mista a una risata cristallina e aperta, che però all’orecchio di Ed risuonò con un amaro accenno di tristezza. Per l’ex alchimista, udire quella risata fu come sentire una lama affilata che veniva infilzata senza alcuna pietà esattamente al centro del suo cuore.

Sospirò, sicuro che Winry ancora non fosse venuta a conoscenza del destino che l’attendeva oltre quel lettino d’ospedale.

Improvvisamente, la porta si aprì, interrompendo i suoi pensieri. Ne uscì Riza, con un delicato – o angosciato? – sorriso dipinto sul volto.

-          Ed!

Disse, accorgendosi della sua presenza. Edward la riconobbe a sua volta.

-          Tenente Hawkeye!

-          Oh, Ed. sei rimasto qui tutta la notte?

-          Sì, mi sento tremendamente in colpa. Volevo stare accanto a Winry.

-          Non è affatto colpa tua, ma di quello sconsiderato del mio superiore. Ah! Appena lo becco, lo riempio di parole, te lo prometto.

-          Chissà dove starà andato a nascondersi quel vigliacco. Bastardo!

Il tenente sorrise, scompigliando i capelli d’oro di Edward, che alzò un sopracciglio biondo, leggermente infastidito dal pensiero del comandante.

-          Sei un tesoro, lo sai? Per Winry hai passato qui tutta la notte, e so più che bene che tu odi gli ospedali.

-          In effetti, non sono il luogo in cui preferisco passare il mio tempo.

-          Tu sei proprio innamorato di Winry, non è così?

-          Mi ha già fatto questa domanda.

-          Ricordo perfettamente. Ma se non sbaglio, tu dicesti che eravate solo amici.

-          Infatti, lo eravamo.

-          E ora?

Edward arrossì vistosamente, mentre Riza lo osservava divertita. La donna posò una mano sul pancione, sorridendo appena. Il bambino si muoveva dentro di lei.

-          Spero proprio che non sia come suo padre.

S’intromise Ed, inclinando la testa da un lato e posando anch’esso una mano sul ventre della donna. Sentì distintamente un calcetto. Ritrasse la mano, alterato.

-          Umph. Pare proprio che sarà così.

-          Hahahahaha! Ed...

-          Mi scusi, forse ho esagerato. Infondo lei...

-          Non ti preoccupare. Ti capisco benissimo.

-          La ringrazio. E Winry? Come sta?

-          Non saprei dirti, davvero.

-          Ha saputo della gamba, tenente?

Il tenero sorriso sparì dalle labbra della donna, che tornarono ad assumere una posa seria. Tornò a guardare Edward, che aspettava una sua risposta.

-          Sì, purtroppo. Mi dispiace davvero moltissimo per lei, povera ragazza!

-          E Winry? Lei lo sa?

Sotto il peso di quella domanda, Riza abbassò nuovamente lo sguardo, seguendo il susseguirsi delle piastrelle bianche e lucide, come del resto era tutto l’ospedale. Ed, notando lo sconforto della donna, le tocchettò con gentilezza la spalla sinistra, cosicché il tenente tornasse a guardare quelle meravigliose iridi d’oro.

-          No.

Ammise, con una tristezza fino troppo familiare.

-          Non lo sa.

-          Oh, ho capito.

-          Intendi dirglielo tu?

-          Penso di sì. Devo solo... trovare le parole giuste.

Il tenente Hawkeye sorrise  e salutò Edward, che rimase nuovamente solo davanti alla porta che lo separava dalla stanza nella quale era ricoverata la bionda meccanica. Con grande cautela, premette la maniglia ed entrò.

Un intensissimo e fastidioso odore di disinfettante inondò le sue narici. Come odiava quell’odore così pungente e innaturale. Era la cosa che più detestava degli ospedali. Storse il naso, disgustato.

Entrò a piccoli passi, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. Il candore della stanza, reso ancora più lucente dalla fievole luce che filtrava dai vetri della finestra, gli faceva perdere la cognizione della realtà.

Maledizione, quel posto era tutto uguale.

Si guardò intorno, spaesato. Davanti a lui, Winry era distesa sul letto, con le palpebre semichiuse, e una debole espressione di dolore e sconforto dipinta sullo splendido viso, pallidissimo. I capelli biondi erano raccolti in una coda disordinata, legati con un elastico morbido, che lasciava liberi alcuni ciuffi di cadere davanti agli occhi della ragazza.

Il lenzuolo, bianco, arrivava a coprire fino a metà seno della meccanica, che indossava uno leggero camice, anch’esso bianco. Accanto a lei, il comodino grondava di fiori e letterine di buona guarigione, provenienti da Resembool, Rush Valley e un paio anche da Central City.

Poco distante dal letto, Edward ritrovò un suo vecchio nemico. Fulminò con lo sguardo l’irritante macchinario ancora emettente fastidiosi BIP, che volevano imitare – con un assai mediocre risultato – i battiti del cuore dei Winry.

Ed fece un paio di passi. Appena la ragazza ne sentì il rumore, spalancò i suoi due oceani turchini.

-          Ed!

Lo chiamò con voce debole, facendo forza sulle braccia per mettersi a sedere. Spostò con una mano un ciuffo di capelli che le erano sfuggiti dall’elastico e si erano adagiati sulla sua fronte. Sorrise.

-          Hey, Win! Come stai?

-          Insomma. Meglio, devo dire. Ma...

-          Ma?

-          È un po’ che ci provo, ma non riesco a muovere la gamba destra. Quando mi sono svegliata, l’ho trovata completamente fasciata, e come se non bastasse, è come se non esistesse più. Non la sento.

Edward sentì una fitta al cuore. La lama entrò ancora più in profondità, lacerandolo letteralmente di dolore. Abbassò lo sguardo dorato, non riuscendo a reggere quello color del cielo di lei.

-          Ed? che succede?

Chiese Winry, preoccupata. Non ricevette però alcuna risposta.

-          Ed perché non mi rispondi? Edward? Edward!

-          Winry io... ti devo dire una cosa. È importante.

-          Che cosa? Dimmelo, ti prego!

Edward sorrise malinconicamente e si sedette sul letto accanto a lei. Le prese una mano e la strinse forte, cercando di trasmetterle quanto più coraggio fosse possibile.

-          La tua gamba non si può muovere.

-          Che stai cercando di dire?

-          È difficile, Win. La tua gamba...

Mormorò, fissando con insistenza il freddo automail alla sua gamba sinistra. Winry seguì il suo sguardo, lasciò la mano dell’alchimista e picchiò i pugni sul materasso, esasperata.

-          Ma la vuoi smettere di fare così? Inizi un discorso, e poi ti perdi a guardare il tuo automail. Ma si può sapere perché tu...

Si bloccò a metà discorso, notando che Ed aveva voltavo la testa dall’altra parte, e si mordeva con gli incisivi il labbro inferiore. Lo sguardo slittò un altro paio di volte dal ragazzo al suo automail.

Improvvisamente, capì.

-          Oh. Oh!

Sussurrò, con voce tremante. Il biondo si rigirò verso di lei e la strinse forte tra le braccia.

-          Mi dispiace. Scusami, è tutta colpa mia.

-          No, Ed! non è colpa tua!

-          Come non è colpa mia? Winry, la devi smettere di proteggermi sempre! Ora tocca a me proteggerti, e dovrò farlo da me stesso!

-          Dai, stai tranquillo. Un automail? E che sarà  mai?

Disse ridacchiando nervosamente e sfoderando quello che a Ed sembrò il sorriso più falso dell’universo. La lama si contorse e il suo cuore, improvvisamente, prese fuoco. Bruciava come non mai.

-          Winry...

-          Ed, smettila. Io adoro gli automail, lo sai. Cosa vuoi che sia portarne uno?

-          Piantala di dire tutte queste cazzate!

Urlò, in preda alla collera. Winry indietreggiò sul materasso, spaventata. Edward, capendo il suo errore, si passò inquieto una mano tra i capelli. Si precipitò nuovamente accanto a lei, inginocchiandosi sul pavimento accanto al bordo del letto.

-          Perdonami, ti prego.

-          Perché mi hai parlato così?

-          Non lo so... non lo so! Ti rendi conto che per colpa mia tu... no! Non lo posso permettere! Winry ti giuro che troverò un modo per salvare la tua gamba, costi quel che costi!

-          Oh, Dio! Ed, promettimi che non farai stupidaggini!

-          Ma... ok.

Winry sorrise dolcemente, accarezzando i capelli del ragazzo del quale era innamorata. Ed rispose al sorriso, chinandosi a baciarle la fronte.

-          Sei sicura che va tutto bene?

-          Sì. Sicurissima.

In quel momento entrò il medico, che intimò Edward a uscire, dato che l’orario delle visite era terminato da un pezzo. Il ragazzo lo fulminò con lo sguardo, scocciato. Si chinò a baciare velocemente la fronte di Winry e la guardò con dolcezza.

-          Se hai bisogno di me, non esitare a chiamarmi.

-          Certo.

-          E bevi il tuo latte!

Winry si accorse della bottiglia ancora piena sul suo comodino. Pochi secondi dopo, il suo sguardo tornò al viso serio di Edward. La ragazza alzò un sopracciglio.

-          Non sono io che lo dico a te, di solito.

-          È vero. Ma tanto, io non lo berrò mai. Almeno, fallo tu.

-          Grazie, Ed.

-          Per il latte?

-          No. per tutto. Per essermi vicino e per... amarmi.

Il ragazzo s’imporporò, raggiungendo un brillante color vermiglio. Winry si lasciò scappare una risatina imbarazzata. Edward, con lo sguardo basso, carezzò un’ultima volta la testa di Winry e uscì dalla stanza.

Appena chiuse la porta, fece per andarsene, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Accostò un orecchio all’uscio e ascoltò.

Un pianto disperato proveniva da quella stanza. Edward strinse i pugni quando sentì il suo cuore scoppiare e ridursi in tanti piccoli e taglienti pezzi dentro il suo petto. Il pianto di Winry s’insinuò nella sua mente, uccidendolo, mentre la rabbia e il desiderio di uccidere il responsabile di tale disgrazia cresceva a dismisura dentro di lui.

Con uno scatto furioso si voltò, cominciando a camminare per il lungo corridoio bianco. Il fuoco più incandescente bruciava nei suoi occhi dorati.

-          Comincia a scappare, bastardo!

Disse quasi a sé stesso, velocizzando il passo alla ricerca di una persona che di certo, non avrebbe tardato a stanare.

 

 

Eccoci arrivati alla conclusione di questo capitolo. Non mi piace, come non mi piacciono gli ultimi due che ho scritto. Ma, che devo dire, tutti hanno i loro momenti no, giusto? Vi ringrazio comunque, perché continuate a leggerla, mi rendete felice! J

Fflover89 hai ragione, è stato banale davvero. Ma non è finita qui, come hai visto. Nello scorso capitolo, si era solo svegliata, mi dispiace comunque che tu non abbia apprezzato lo svolgimento. Scusa! =)

Onyria innanzitutto, grazie del commento. Come sempre, i tuoi consigli sono utilissimi. Mi scuso per le parole dimenticate e per gli eventuali errori, ma a un certo punto non ci vedo più. Spero comunque che con questo capitolo sia rimasta all’altezza delle tue aspettative. J

Edxwinry 4ever grazie davvero per la recensione! Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo. Davvero ti ha commassa?^^

Alhia hai ragione, Ed si è un po’ addolcito con l’amore. Ma non tutto è perduto. Roy avrà la sua punizione, parola d’onore! Come avrai notato, il nostro alchimista sta cercando qualcuno da ammazzare di botte... xD

Kiri Dellenger II grazie della recensione! Eh già, alla fine ha dovuto cedere. Per me non è mai stato difficile dire quelle parole, ma Ed me lo immagino così, impacciato, impaurito e imbarazzato! J per quanto riguarda l’altro discorso.... si vedrà! J

 

Grazie a tutti, al prossimo capitolo.

MeggyElric___

 

 

   
 
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