CLOSER
Davvero carina, davvero un sorriso perfetto…
Come un angelo…
Fu la prima cosa che pensò, la prima e di solito
attendibile impressione che quel viso dolce, incorniciato dai bei capelli
biondi suscitò in lei, sorridendole e salutando timidamente da diverse vecchie
foto incollate nell’album. Vecchi ricordi di scuola che ammiccavano alla
memoria –non alla sua, certo, lei non aveva mai vissuto quei momenti, non
direttamente- da pagine appena ingiallite e rilegate in un grazioso volume in
velluto rosso e giallo.
Il freddo dicembre che
penetrava sibilando nella grossa stanza inutilmente riscaldata dal fuoco la
costrinse ad avvolgersi ancora di più nella grossa trapunta del letto in cui si
era avvolta. Quei maledetti ed implacabili spifferi, assieme ad un bel po’ di
muffa accumulata in alcuni angoli, erano omaggio della vecchia e da troppo
tempo inabitata casa –sia chiaro, lei tuttavia adorava quel luogo- e davano un
bel da fare anche ai più disparati incantesimi di sigillo, che per quanto
potenti fossero finivano per svanire troppo presto e sempre nei momenti
sbagliati. Momenti come quelli, in cui lei era a casa da sola e non poteva fare
proprio nulla per riparare all’inconveniente. Nulla eccetto stringersi di più
in qualche abito, in qualche coperta, e ravvivare il fuoco. La sua croce da
tutta una vita, essere inferiore al resto del mondo di cui faceva parte. Non
aveva la magia, lei.
E nemmeno quei seducenti
capelli biondi. O quel sorriso d’angelo al miele. Non ho proprio niente di lei…
Mary Jane si passò stizzita una lunga ciocca di
capelli scuri dietro l’orecchio, sospirando. Le avevano raccontato tante cose,
simpatici aneddoti, situazioni divertenti, tutto un passato di cui avevano
fatto parte anche quei capelli d’oro e quello sguardo al miele. E ogni volta
una dolce espressione nostalgica compariva sui volti e sulle labbra, increspate
in un sorriso dolceamaro, di chi narrava. Il sorriso di un amico o il sorriso
di un compagno…
Sapeva bene quanto era stata importante per tutti,
quanto lo era stata per lui.
Lo aveva sentito, quando ancora prima di
rivolgergli la parola lo aveva sfiorato e lo aveva guardato negli occhi. Vi
aveva scorto la differenza che l’assenza di lei aveva provocato nel suo cuore e
nella sua vita. Tanta tristezza.
Un animo ferito nonostante l’esuberanza e la
sfacciataggine, un bambino che piangeva nonostante l’apparenza da uomo, la
nostalgia di lei inutilmente repressa dalle superficiali e lussuriose carezze
di mani che non erano le sue.
Ecco che cosa aveva provocato in lui la sua mancanza:
una fuga dal dolore dritto tra le braccia di belzebù. Era stata così fondamentale nella sua vita… Provò una stretta al
cuore a quel pensiero.
E io? Sono importante io per lui?
Detestava avere esitazioni, si era sempre
addestrata come un soldato a non averne, a chiudere il proprio cuore a chi
potesse ferirla, a innalzare muri alti attorno a sé -Perché la vita non è
tutta rose e fiore per chi è diverso…
Aveva solo un dono, che col tempo era diventato una
maledizione, quello di ‘sentire’, anche quello che non voleva sapere. E troppe
volte si era scottata col fuoco che bruciava nell’animo altrui. E col tempo
aveva imparato a controllare emozioni e sentimenti. Era forte, ne era sicura.
Naturalmente finchè un ciclone non era giunto a
stravolgere le carte in tavola, a frugare dentro di lei rivoltandola come si fa
con una tasca.
Non sono un rimpiazzo… non sono un rimpiazzo… Io
non sono la sostituta di nessuno, proprio nessuno…
Le capitava spesso di ripeterselo, come un
precetto, come un totem, come una preghiera. Ma ne era davvero così sicura? Fin
dal primo bacio era stato il suo maggior timore, inutile negarlo a sé stessa.
Non voleva assolutamente essere l’ennesima inutile carezza lussuriosa, non per
qualcuno che era diventato tanto importante per lei.
Ed ora se ne stava lì, a gambe incrociate sul
proprio letto con un grosso volume di ricordi tra le mani, incapace di
distogliere lo sguardo da quei visi sorridenti, da quello al miele incorniciato
da fili d’oro in particolare, con una domanda che premeva dentro di lei. Una
domanda che era ben decisa a non ascoltare e a non fornire di risposta, perché
cercarne una voleva dire correre il rischio di sentire la terra sotto i piedi
crollare come un castello di carte abbattuto da uno dei tanti spifferi gelidi
che ora la ghiacciavano penetrando fin nelle ossa. E si convinse che non ne valesse la pena fintanto che andasse
tutto bene, fintanto che era bello stare con lui.
Immersa nei propri pensieri non si accorse
dell’arrivo di un quanto mai allegro Sirius Black nella stanza attigua, nemmeno
badò alla porta della camera che si aprì rivelando la presenza del ragazzo che
sgattaiolò alle sue spalle.
“Da quanto tempo non vedevo queste fotografie!”, la
sua voce nostalgica la colse di sorpresa. Alzò il capo di scatto cozzando
dolorosamente contro la fronte di lui, appostato dietro di lei.
Chiuse gli occhi per una fitta di dolore. Non il
dolore del corpo, ma il dolore dell’anima… Un fiume di sensazioni miste di
tristezza, nostalgia e amore le contorsero le viscere, i sentimenti di Sirius
che quelle immagini avevano ridestato in lui. E di nuovo strizzò forte gli
occhi, concentrata nello sforzo di ignorare tutto quello, di non prestare
attenzione a quella domanda che insistentemente stava iniziando a martellarle
nella testa con la prepotenza di uno schianto.
“Ciao…” rispose cercando di risultare il più
naturale possibile. Fingere, una cosa che le era sempre riuscita davvero
benissimo, l’aveva fatta persino a Voldemort, in fondo.
Sirius ignorò il suo saluto, sedendosi sul letto in
fronte a lei, le gambe incrociate davanti, la mano che non si teneva la fronte
aveva iniziato a sfogliare avidamente le pagine dell’album.
“E questo da dove arriva?” domandò vagamente,
catturato dai volti sorridenti, dai saluti di tanti compagni, di vecchi amici,
di amori di sempre…
MJ alzò le spalle con fare vago “Da un vecchio
baule di Lily, ero da lei ad aiutarla a sgombrare una stanza piena di
cianfrusaglie polverose quando è saltato fuori… Le ho chiesto di prestarmelo,
volevo dare un’occhiata alla vostra famigerata Hogwarts. E poi ho pensato che
magari ti faceva piacere dargli un’occhiata…”.
Mentì. Fosse stato per lei quell’album Sirius non
l’avrebbe visto mai. Lungi da lei l’intenzione farsi ulteriormente del male
guardando gli occhi del ragazzo che amava brillare al ricordo di qualcuno di
cui non si sentiva minimamente all’altezza. Ma ormai il danno era fatto e gli
occhi di Sirius rilucevano come due frammenti di cristallo che le si stavano
piantando nel cuore.
“Ottima idea!” lui glielo prese poco delicatamente
dalle mani iniziando a sfogliarlo dal principio, ridendo e additando vecchie
conoscenze. Per un buon quarto d’ora MJ
dovette subirsi i commenti di Sirius riguardo giovani volti che non aveva mai
visto.
Il cuore di lei perse un battito quando, girando
una pagina, un primo piano a quel volto sorridente dai capelli d’angelo gli
fece sussurrare fra sé e sè “Ha! La mia piccola, dolce Macie…”.
Ignorò quelle parole con tutte le sue forze, erano
le più temute… Se quella faccia d’angelo era ancora la sua piccola, dolce
Macie… chi era lei? Che cos’era?
Non un rimpiazzo, no… un rimpiazzo mai!
Sirius sfogliò lentamente le restanti pagine
dell’album per un tempo che a lei parve eterno, un tempo silenzioso in cui solo
il sibilo del vento prepotente giungeva alle orecchie di entrambi, un tempo per
la cui durata nessuno dei due pronunciò una parola.
Con uno scatto improvviso e un rumore soffocato
Sirius richiuse il volume che teneva tra le mani e di cui era finalmente giunto
alla fine. Lo lasciò cadere sulle coperte quindi balzò in piedi, sorridente e
arzillo come sempre.
“Andiamo? Non dovevi fare un paio di acquisti per
Natale? Ti accompagno, non ho nulla da fare oggi. Che ne dici? Dai prendi
tutto, io ti aspetto di sotto.” e senza concederle il tempo di replicare uscì
dalla camera lasciando che la pesante porta si richiudesse alle sue spalle con
un tonfo sordo.
MJ non alzò nemmeno lo sguardo, profondamente
frustrata e in preda ad una crisi interiore rimase seduta col capo chino e gli
occhi ridotti a due fessure spente, i pugni serrati.
Avrebbe avuto tanta voglia di dargli uno schiaffo,
di gridargli che lei era lì e non poteva ignorarla a quel modo, che era la sua
ragazza e non una bambola da compagnia da portarsi a letto, tanto meno un
cagnolino da condurre al guinzaglio per le vie innevate e festose di una Diagon
Alley addobbata per Natale, giusto perché non aveva nient’altro da fare…
Ma contrariamente alla sua volontà e al suo
carattere generalmente forte e impetuoso non riuscì a dire nessuna di queste
cose e lasciò che i passi di lui risuonassero sempre più lontani aldilà di
quella porta.
E tutto questo perché non riusciva a trovare il
coraggio di chiedergli la verità, di rischiare…
E ancora una volta rimase in silenzio, lo sguardo
fisso sulle proprie ginocchia e le mani infreddolite strette attorno all’album
ora chiuso.
MJ non seppe dire quanto tempo passò quando il
ragazzo rientrò nella stanza, visibilmente sorpreso del fatto che non fosse
ancora pronta, lei di solito così puntuale e per nulla perditempo.
“Ehi, ma sei ancora lì? Ti sei addormentata, Mèmegy?”
le domandò sorpreso, inarcando le sopracciglia.
Lei sbuffò prepotentemente, come poteva permettersi
di prenderla in giro con quello stupido nomignolo, ora? Possibile che non si
rendesse proprio conto di quanto male le stava facendo? Detestava tutta la
situazione che si era creata al suo interno e attorno a lei: una parte di lei
avrebbe voluto chiudere a Sirius la porta sul naso, gridandogli di non farsi
vedere mai più, di tornare a frequentare le sue sgualdrine perché non voleva
essere un palliativo per nessuno, ma tutta un’altra parte gridava di non farlo
andare via, di abbracciarlo e baciarlo, che tutto quanto andava comunque bene
fintanto che si era assieme. E poi c’era anche quell’altra piccola vocina
timorosa che le suggeriva solo di porgli quella singola, pressante domanda, per
alleviare le sue pene una volta per tutta e levare la Spada di Damocle che
pendeva sul suo capo, mozzandolo definitivamente o assicurandole la salvezza
eterna.
“Sai bene che odio quando mi chiami in quel modo
stupido!” sibilò innervosita, evitando di guardare anche solo nella sua
direzione.
“Oh, a me diverte un sacco invece, Mèmegy…”
ridacchiò lui in un modo superficiale che la irritò parecchio.
Oltre a non accorgersi nemmeno di ciò che le stava
facendo non era nemmeno in grado di capire quando la situazione richiedesse
serietà. O almeno un briciolo di rispetto.
Si domandò scioccamente come diavolo avesse fatto
ad innamorarsi di un elemento simile. Era tutto quello che lei aveva proibito a
sé stessa. E si rispose che era proprio per questo, forse… Perché era tutte le
cose bellissime che lei non riusciva ad essere. Perché era una codarda,
nonostante le apparenze.
Non reagì a quell’ennesima provocazione, come avrebbe
fatto di solito. Come aveva fatto ogni volta che lui l’aveva chiamata in quello
sciocco modo e lei si era infuriata e lui aveva continuato e lei aveva reagito
drasticamente come era solita fare e avevano litigato e poi avevano finito per
fare la pace e fare l’amore. Deglutì sonoramente evitando di pensare quanto
sarebbe stato bello, tuttavia, fare come al solito.
Lo sentì sedersi sul letto e gattonare veloce fino
a raggiungere il suo fianco.
“Qualcosa non va? Non ti senti bene?” le domandò
sospettoso di quel silenzio inusuale, sporgendosi verso di lei per cercare il
suo sguardo chino, nascosto da una cortina di lunghi e lucenti capelli scuri.
MJ voltò il capo dal lato opposto, scostante. E la
domanda che rifiutava di ascoltare premeva per uscire alla ricerca della sua
risposta. Dovette serrare le labbra per impedirsi di pronunciarla.
Lui inarcò le sopracciglia, scettico “Ce l’hai con
me? O forse aspetta, sei solo nervosa da morire, più del solito intendo, perché
hai il ciclo, è così?” ridacchiò lui, forse cercando di sdrammatizzare, forse
nemmeno lontanamente conscio di quanto in realtà stava succedendo.
In realtà la sua era solo una provocazione. Tutto
il loro rapporto era basato su quello, battute sottili e provocazioni, un modo
per ricercare l’attenzione dell’altro, un modo per evitare di dire la verità,
un modo per aggirare l’imbarazzo di essere innamorati e di dichiararlo.
Ignorando le sue parole ironiche MJ trasse un
profondo respiro stringendo maggiormente l’album tra le mani e voltandosi ad
incontrare gli occhi neri contratti in un’espressione provocatoria di lui.
“Tu… non mi hai mai parlato di lei, non mi hai mai
detto praticamente nulla… Lei ti manca?” gli chiese con il cuore che correva a
mille incastrato in gola.
Sirius per un attimo rimase spiazzato da quella
domanda che mai si sarebbe aspettato. Con la bocca aperta e gli occhi
spalancati dalla sorpresa rimase a guardare quelli azzurri come il mare di lei
cercando di coglierne l’espressione. Erano determinati e tuttavia parevano
timorosi…
Distolse appena lo sguardo e rispose con un flebile
“Sì…”
MJ sentì la gola seccarsi e rimase con la bocca
appena aperta, incapace di replicare…
Poi lui tornò a guardarla, questa volta con fare
più deciso “Tutte le persone che amiamo e ci lasciano in quel modo ci mancano
sempre un po’, no?”
Lei annuì quasi impercettibilmente mentre sentiva
che quel fantomatico castello, insediato da un vento di tempesta, stava per
crollare.
Allora si decise, e neppure lei seppe dire dove
trovò la forza di farlo, o forse semplicemente il quesito troppo a lungo
trattenuto emerse con forza a galla, ignorando la volontà, o la paura.
“Dimmi la verità… –iniziò con un fil di voce- Se
lei fosse ancora qui… se fosse viva come me te e le persone che camminano su
questa terra, tu staresti con lei ora?” quindi trattenne il fiato in attesa di
quello che doveva giungere come un verdetto.
L’ennesimo, semplice e malinconico sì che
giunse in risposta le perforò il cuore con la forza di mille cannoni. MJ
incassò il colpo chinando il capo, serrando gli occhi per evitare di piangere
lacrime che forse sarebbero venute. La risposta che temeva di sentire era
giunta ora alle sue orecchie. E non si trattava di un incubo, o di una brutta
immagine creata dalla sua mente, Sirius era lì accanto a lei, in carne ed ossa,
e aveva appena decapitato i suoi sentimenti con un monosillabo apparentemente
insignificante.
Solo un rimpiazzo…
Serrò i pugni conficcandosi quasi le unghie nella
carne.
“Ho capito… –rispose scossa- Eh… i-io… Bè, credo
che andrò con Lily per quella faccenda… sì, le compere per il Natale. Non c’è
nessun bisogno che mi accompagni… o che resti qui ora…” rispose confusa,
cercando di mantenere il controllo e impedendosi di fare di se stessa una pazza
in lacrime. Doveva almeno mantenere una sua dignità.
Si passò una mano tra i capelli deglutendo di
nuovo, quindi lanciò un rapido sguardo al ragazzo accanto a lei che non sarebbe
mai più stato suo…
Che sciocca… non è mai stato veramente mio… si
disse soffocando una risatina isterica in un colpo di tosse.
Poi sentì una mano accarezzarle i capelli e posarsi
sulla sua nuca, massaggiandola affettuosamente. L’ultima cosa di cui aveva
bisogno era compassione, l’avrebbe distrutta. Si morse un labbro e fece per
allontanare quel ragazzo che stava frantumando anche l’ultima parte di lei
rimasta intatta ma si bloccò quando lui iniziò a parlare, con voce calda,
confortante e terribilmente sicura. Una voce che non le riuscì di non
ascoltare.
“E’ stata la prima ragazza di cui mi sia
innamorato… E’ stato strano, per uno come me che si è sempre preoccupato solo
di stare al centro dell’attenzione infrangendo regole e combinando danni. E’
stato strano sorprendersi sempre più spesso a pensare a lei, quasi, che
all’ennesima notte di Luna Piena in arrivo. Non puoi nemmeno immaginarti la
pena di restare accanto alla sua anima quasi senza poterla sfiorare, per tutto
quel tempo. E alla fine perderla di nuovo, una volta per tutte. Credo che se mi
avessero chiesto di portare indietro il tempo ai nostri quindici anni e cambiare
il corso delle cose lo avrei fatto, mi ci sarei precipitato a qualunque costo.
Se lei fosse qui ora, molto probabilmente tu per me saresti sempre e solo
l’invasata spia di Silente… Forse… Ma lei non c’è, no? E… bè, dopo che ho
trovato te ho iniziato a pensare che forse le cose dovevano andare così, no?”
Sirius si grattò in naso, interrompendo in imbarazzo il suo discorso incerto.
Solo la maschera di superficialità che indossava di solito gli permetteva di
parlare in modo galante, di fare lo sdolcinato. Quanto volte si era ritrovato a
pronunciare frasi fatte, mentre la sua mano scivolava sul tornito fondoschiena
dell’abbraccio di turno. Ma quello era un gioco fatto di astute bugie innocenti
ed era molto più facile della verità che metteva a nudo.
MJ lo aveva ascoltato quasi senza fiatare, con la
gola secca e l’ansia che andava crescendo dentro di lei, con le mani sudate
strette sulle ginocchia. “Vuoi dire… che non si può fare nulla quindi è
inevitabile che le cose siano andate così? Indipendentemente dalla volontà di
ciascuno?” chiese confusa.
Sirius le sistemò i capelli dietro le orecchie con
un gesto che somigliava di più a una carezza “Voglio dire che se me lo
chiedessero ora, di tornare in dietro nel tempo e cambiare tutto, di tenerla
con me, non farei… perché vorrei trovare te…” quindi discese lungo il collo con
un tocco che le causò brividi caldi –o forse erano state le sue parole…- e
strinse forte un suo fianco.
A lei non parve vero di poter davvero udire quello che le sue orecchie avevano
appena colto. Era forse la speranza che le stava giocando brutti scherzi? Il
cuore parve ritornare nel suo incavo naturale senza tuttavia smettere di
battere a un ritmo sovrannaturale e non sapeva più a cosa credere. La presa
salda della sua mano grande e forte sul suo fianco la fece sentire sicura, come
una garanzia controfirmata. Sorrise
senza guardare in una direzione precisa, appena sollevata.
“Non ho niente di lei… Eppure sceglieresti davvero
di stare con me?” sussurò fra sé e sé.
Sirius sbuffò al suo fianco “Già, mi chiedo anche
io perché…” e fissò il soffitto ingrigito sopra le loro teste.
Lei gli riservò un’occhiata truce. In realtà aveva
ancora voglia delle sue parole gentili, di una tenera carezza. Lei che non si
era mai permessa di lasciarsi andare a tutto ciò sentiva il terribile bisogno,
in quel mentre, di un dose di nauseante dolcezza per lenire la sua fondamentale
insicurezza. Una dose di ambrosia che quell’ostinato ragazzo si intestardiva a
non lasciare trapelare.
Esattamente come avrei fatto anche io…
Non era assolutamente da biasimare, quindi. Lei
stessa avrebbe fatto lo stesso, ancora per paura di osare più del dovuto. E lui
non avrebbe mai ricevuto una spinta ad aprirsi. Un circolo vizioso senza fine
che sarebbe andato inabissandosi sempre di più trascinandoli verso il baratro,
verso l’apice della freddezza e della correttezza formale.
Non lo voleva assolutamente!
“Io ti amo.”
lo sussurò piano, cercando i suoi occhi neri come
il nulla ma pieni delle più belle cose. Perché forse era meglio pentirsi di
aver agito che rimpiangere per sempre di non averlo fatto. Si, forse aveva
sbagliato qualche cosa nella programmazione perfetta e inflessibile del proprio
essere. Qualcosa che avrebbe cercato di rimediare assolutamente anche cadendo
nell’errore. Perché se si cade, per quanto doloroso possa essere l’impatto, c’è
sempre un domani in cui poter tornare di nuovo eretti, ma se si striscia sempre
rasento il suolo con il capo chino non si potrà mai provare l’ebbrezza di
camminare a testa alta dritti contro il sole.
Lo vide sorridere senza distogliere il suo sguardo
sicuro da quello determinato di lei. Sirius appoggiò la propria fronte contro
quella di Mary Jane, facendo in modo che lo spazio fra le loro labbra si
riducesse ad una fessura “E adesso perché non mi dai un bacio, Mèmegy?”
MJ sentì il desiderio di una risata argentina
scoppiarle dentro, dovette comandarsi con molta fatica per trattenere
quell’espressione seria dipinta sul volto. Con falso sdegno lo allontanò da lei
con una spinta “Non finchè continui a chiamarmi in quel maledetto stupido modo!”.
Ed era come sempre, lei indignata con le mani sui
fianchi e il mento alzato con fare sprezzante ma profondamente divertito e lui
con le labbra e gli occhi curvati in un amorevole ghigno malizioso “Sennò, Mèmegy?”
azzardò sfidandola.
In men che non si dica Sirius si ritrovò coricato
sul letto con il peso di MJ sullo stomaco, il volto solleticato dai lunghi e
lucenti capelli di lei che ricadevano tutt’attorno, “Attento, Black…” lo ammonì
profondamente divertita facendo sprofondare le spalle di lui nel materasso
morbido.
E non era mai stata così bene, mai in vita sua. Si
era lasciata andare, lo aveva fatto veramente questa volta. Era stata sincera e
si sentiva più leggera e senza timori. Anche se lui non aveva risposto alle
parole più importanti che avesse pronunciato in tutta la sua vita. Aveva
imparato a conoscerlo, però, e sapeva che un suo sguardo valeva molto più di
mille e mille parole. Parole che troppo spesso gli aveva sentito gettare al
vento senza una vera convinzione o motivazione che le giustificasse, parole
troppo vane perché ora potessero essere pronunciate. Per questo le fu
sufficiente che quegli occhi neri, sinceri e pieni di tante cose restassero
incollati ai suoi.
“Vuoi la guerra, Mèmegy?” rispose lui
spavaldo, cercando inutilmente di divincolarsi.
“Puoi contarci! E giurò che ti farò morire, Black!”
Un attimo dopo scoppiarono a ridere entrambi,
lasciando scorrere le risa a lungo, lasciando che risuonassero per l’aria
attorno a loro, lasciando che li portassero fino alle lacrime, che non erano
mai state tanto gradite. Perché stare l’uno con l’atra li faceva ridere di
gioia. E ridere faceva bene alla loro vita.
Quando gli ultimi colpi delle risa serene di lei
cessarono, con un movimento lesto, Sirius si alzò sugli avambracci sfiorandole
le labbra con le sue “Ehi… anche io, sai? Anche io…”
Ed entrambi seppero a cosa si stesse riferendo
senza bisogno di specificazioni.
Per entrambi, la casa non fu mai tanto calda come
quella prima e non ultima notte di completo abbandono tra le braccia l’uno
dell’altra.
Fine….
^^ Un capitolo inedito di approfondimento di due
tra i personaggi che preferisco della mia fic e che ultimamente ho piuttosto
trascurato… Poveri piccini! Come al solito sarei davvero tanto felice di poter
leggere le vostre recensioni, positive o negative che siano. Che ne pensate
dell’idea di questa storia? Mi ha folgorato ieri sera e l’ho subito buttata
giù, ho anche trascurato la Kiaretta per questo (scusa cicci!! ^3^ bè, almeno spero
che ti piaccia…).
Commentate, allora! Che fate ancora qui?
Un baciotto a tutti, Ly
PS: Closer è il titolo di una canzone di
Dido che oltre ad aver ripetutamente imperversato durante la stesura si
prestava perfettamente per questa situazione, non trovate?