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Autore: _Ly_    18/12/2003    22 recensioni
Da 'WHAT ABOUT LILY & JAMES' una piccola one shot su due personaggi che ho troppo tralasciato, ultimamente... [Occhio al miele...]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CLOSER

CLOSER

 

 

 

 

Davvero carina, davvero un sorriso perfetto… Come un angelo…

 

Fu la prima cosa che pensò, la prima e di solito attendibile impressione che quel viso dolce, incorniciato dai bei capelli biondi suscitò in lei, sorridendole e salutando timidamente da diverse vecchie foto incollate nell’album. Vecchi ricordi di scuola che ammiccavano alla memoria –non alla sua, certo, lei non aveva mai vissuto quei momenti, non direttamente- da pagine appena ingiallite e rilegate in un grazioso volume in velluto rosso e giallo.

Il freddo dicembre che penetrava sibilando nella grossa stanza inutilmente riscaldata dal fuoco la costrinse ad avvolgersi ancora di più nella grossa trapunta del letto in cui si era avvolta. Quei maledetti ed implacabili spifferi, assieme ad un bel po’ di muffa accumulata in alcuni angoli, erano omaggio della vecchia e da troppo tempo inabitata casa –sia chiaro, lei tuttavia adorava quel luogo- e davano un bel da fare anche ai più disparati incantesimi di sigillo, che per quanto potenti fossero finivano per svanire troppo presto e sempre nei momenti sbagliati. Momenti come quelli, in cui lei era a casa da sola e non poteva fare proprio nulla per riparare all’inconveniente. Nulla eccetto stringersi di più in qualche abito, in qualche coperta, e ravvivare il fuoco. La sua croce da tutta una vita, essere inferiore al resto del mondo di cui faceva parte. Non aveva la magia, lei.

 

E nemmeno quei seducenti capelli biondi. O quel sorriso d’angelo al miele. Non ho proprio niente di lei…

 

Mary Jane si passò stizzita una lunga ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, sospirando. Le avevano raccontato tante cose, simpatici aneddoti, situazioni divertenti, tutto un passato di cui avevano fatto parte anche quei capelli d’oro e quello sguardo al miele. E ogni volta una dolce espressione nostalgica compariva sui volti e sulle labbra, increspate in un sorriso dolceamaro, di chi narrava. Il sorriso di un amico o il sorriso di un compagno…

Sapeva bene quanto era stata importante per tutti, quanto lo era stata per lui.

Lo aveva sentito, quando ancora prima di rivolgergli la parola lo aveva sfiorato e lo aveva guardato negli occhi. Vi aveva scorto la differenza che l’assenza di lei aveva provocato nel suo cuore e nella sua vita. Tanta tristezza.

Un animo ferito nonostante l’esuberanza e la sfacciataggine, un bambino che piangeva nonostante l’apparenza da uomo, la nostalgia di lei inutilmente repressa dalle superficiali e lussuriose carezze di mani che non erano le sue.

Ecco che cosa aveva provocato in lui la sua mancanza: una fuga dal dolore dritto tra le braccia di belzebù.  Era stata così fondamentale nella sua vita… Provò una stretta al cuore a quel pensiero.

 

E io? Sono importante io per lui?

 

Detestava avere esitazioni, si era sempre addestrata come un soldato a non averne, a chiudere il proprio cuore a chi potesse ferirla, a innalzare muri alti attorno a sé -Perché la vita non è tutta rose e fiore per chi è diverso…

Aveva solo un dono, che col tempo era diventato una maledizione, quello di ‘sentire’, anche quello che non voleva sapere. E troppe volte si era scottata col fuoco che bruciava nell’animo altrui. E col tempo aveva imparato a controllare emozioni e sentimenti. Era forte, ne era sicura.

Naturalmente finchè un ciclone non era giunto a stravolgere le carte in tavola, a frugare dentro di lei rivoltandola come si fa con una tasca.

 

Non sono un rimpiazzo… non sono un rimpiazzo… Io non sono la sostituta di nessuno, proprio nessuno…

 

Le capitava spesso di ripeterselo, come un precetto, come un totem, come una preghiera. Ma ne era davvero così sicura? Fin dal primo bacio era stato il suo maggior timore, inutile negarlo a sé stessa. Non voleva assolutamente essere l’ennesima inutile carezza lussuriosa, non per qualcuno che era diventato tanto importante per lei.

 

Ed ora se ne stava lì, a gambe incrociate sul proprio letto con un grosso volume di ricordi tra le mani, incapace di distogliere lo sguardo da quei visi sorridenti, da quello al miele incorniciato da fili d’oro in particolare, con una domanda che premeva dentro di lei. Una domanda che era ben decisa a non ascoltare e a non fornire di risposta, perché cercarne una voleva dire correre il rischio di sentire la terra sotto i piedi crollare come un castello di carte abbattuto da uno dei tanti spifferi gelidi che ora la ghiacciavano penetrando fin nelle ossa.  E si convinse che non ne valesse la pena fintanto che andasse tutto bene, fintanto che era bello stare con lui.

 

 

Immersa nei propri pensieri non si accorse dell’arrivo di un quanto mai allegro Sirius Black nella stanza attigua, nemmeno badò alla porta della camera che si aprì rivelando la presenza del ragazzo che sgattaiolò alle sue spalle.

“Da quanto tempo non vedevo queste fotografie!”, la sua voce nostalgica la colse di sorpresa. Alzò il capo di scatto cozzando dolorosamente contro la fronte di lui, appostato dietro di lei.

Chiuse gli occhi per una fitta di dolore. Non il dolore del corpo, ma il dolore dell’anima… Un fiume di sensazioni miste di tristezza, nostalgia e amore le contorsero le viscere, i sentimenti di Sirius che quelle immagini avevano ridestato in lui. E di nuovo strizzò forte gli occhi, concentrata nello sforzo di ignorare tutto quello, di non prestare attenzione a quella domanda che insistentemente stava iniziando a martellarle nella testa con la prepotenza di uno schianto.

“Ciao…” rispose cercando di risultare il più naturale possibile. Fingere, una cosa che le era sempre riuscita davvero benissimo, l’aveva fatta persino a Voldemort, in fondo.

Sirius ignorò il suo saluto, sedendosi sul letto in fronte a lei, le gambe incrociate davanti, la mano che non si teneva la fronte aveva iniziato a sfogliare avidamente le pagine dell’album.

“E questo da dove arriva?” domandò vagamente, catturato dai volti sorridenti, dai saluti di tanti compagni, di vecchi amici, di amori di sempre…

MJ alzò le spalle con fare vago “Da un vecchio baule di Lily, ero da lei ad aiutarla a sgombrare una stanza piena di cianfrusaglie polverose quando è saltato fuori… Le ho chiesto di prestarmelo, volevo dare un’occhiata alla vostra famigerata Hogwarts. E poi ho pensato che magari ti faceva piacere dargli un’occhiata…”.

Mentì. Fosse stato per lei quell’album Sirius non l’avrebbe visto mai. Lungi da lei l’intenzione farsi ulteriormente del male guardando gli occhi del ragazzo che amava brillare al ricordo di qualcuno di cui non si sentiva minimamente all’altezza. Ma ormai il danno era fatto e gli occhi di Sirius rilucevano come due frammenti di cristallo che le si stavano piantando nel cuore.

“Ottima idea!” lui glielo prese poco delicatamente dalle mani iniziando a sfogliarlo dal principio, ridendo e additando vecchie conoscenze.  Per un buon quarto d’ora MJ dovette subirsi i commenti di Sirius riguardo giovani volti che non aveva mai visto.

Il cuore di lei perse un battito quando, girando una pagina, un primo piano a quel volto sorridente dai capelli d’angelo gli fece sussurrare fra sé e sè “Ha! La mia piccola, dolce Macie…”.

Ignorò quelle parole con tutte le sue forze, erano le più temute… Se quella faccia d’angelo era ancora la sua piccola, dolce Macie… chi era lei? Che cos’era?

 

Non un rimpiazzo, no… un rimpiazzo mai!

 

Sirius sfogliò lentamente le restanti pagine dell’album per un tempo che a lei parve eterno, un tempo silenzioso in cui solo il sibilo del vento prepotente giungeva alle orecchie di entrambi, un tempo per la cui durata nessuno dei due pronunciò una parola.

Con uno scatto improvviso e un rumore soffocato Sirius richiuse il volume che teneva tra le mani e di cui era finalmente giunto alla fine. Lo lasciò cadere sulle coperte quindi balzò in piedi, sorridente e arzillo come sempre.

“Andiamo? Non dovevi fare un paio di acquisti per Natale? Ti accompagno, non ho nulla da fare oggi. Che ne dici? Dai prendi tutto, io ti aspetto di sotto.” e senza concederle il tempo di replicare uscì dalla camera lasciando che la pesante porta si richiudesse alle sue spalle con un tonfo sordo.

MJ non alzò nemmeno lo sguardo, profondamente frustrata e in preda ad una crisi interiore rimase seduta col capo chino e gli occhi ridotti a due fessure spente, i pugni serrati.

Avrebbe avuto tanta voglia di dargli uno schiaffo, di gridargli che lei era lì e non poteva ignorarla a quel modo, che era la sua ragazza e non una bambola da compagnia da portarsi a letto, tanto meno un cagnolino da condurre al guinzaglio per le vie innevate e festose di una Diagon Alley addobbata per Natale, giusto perché non aveva nient’altro da fare…

Ma contrariamente alla sua volontà e al suo carattere generalmente forte e impetuoso non riuscì a dire nessuna di queste cose e lasciò che i passi di lui risuonassero sempre più lontani aldilà di quella porta.

E tutto questo perché non riusciva a trovare il coraggio di chiedergli la verità, di rischiare…

E ancora una volta rimase in silenzio, lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia e le mani infreddolite strette attorno all’album ora chiuso.

 

 

MJ non seppe dire quanto tempo passò quando il ragazzo rientrò nella stanza, visibilmente sorpreso del fatto che non fosse ancora pronta, lei di solito così puntuale e per nulla perditempo.

“Ehi, ma sei ancora lì? Ti sei addormentata, Mèmegy?” le domandò sorpreso, inarcando le sopracciglia.

Lei sbuffò prepotentemente, come poteva permettersi di prenderla in giro con quello stupido nomignolo, ora? Possibile che non si rendesse proprio conto di quanto male le stava facendo? Detestava tutta la situazione che si era creata al suo interno e attorno a lei: una parte di lei avrebbe voluto chiudere a Sirius la porta sul naso, gridandogli di non farsi vedere mai più, di tornare a frequentare le sue sgualdrine perché non voleva essere un palliativo per nessuno, ma tutta un’altra parte gridava di non farlo andare via, di abbracciarlo e baciarlo, che tutto quanto andava comunque bene fintanto che si era assieme. E poi c’era anche quell’altra piccola vocina timorosa che le suggeriva solo di porgli quella singola, pressante domanda, per alleviare le sue pene una volta per tutta e levare la Spada di Damocle che pendeva sul suo capo, mozzandolo definitivamente o assicurandole la salvezza eterna.

 

“Sai bene che odio quando mi chiami in quel modo stupido!” sibilò innervosita, evitando di guardare anche solo nella sua direzione.

“Oh, a me diverte un sacco invece, Mèmegy…” ridacchiò lui in un modo superficiale che la irritò parecchio.

Oltre a non accorgersi nemmeno di ciò che le stava facendo non era nemmeno in grado di capire quando la situazione richiedesse serietà. O almeno un briciolo di rispetto.

Si domandò scioccamente come diavolo avesse fatto ad innamorarsi di un elemento simile. Era tutto quello che lei aveva proibito a sé stessa. E si rispose che era proprio per questo, forse… Perché era tutte le cose bellissime che lei non riusciva ad essere. Perché era una codarda, nonostante le apparenze.

Non reagì a quell’ennesima provocazione, come avrebbe fatto di solito. Come aveva fatto ogni volta che lui l’aveva chiamata in quello sciocco modo e lei si era infuriata e lui aveva continuato e lei aveva reagito drasticamente come era solita fare e avevano litigato e poi avevano finito per fare la pace e fare l’amore. Deglutì sonoramente evitando di pensare quanto sarebbe stato bello, tuttavia, fare come al solito.

 

Lo sentì sedersi sul letto e gattonare veloce fino a raggiungere il suo fianco.

“Qualcosa non va? Non ti senti bene?” le domandò sospettoso di quel silenzio inusuale, sporgendosi verso di lei per cercare il suo sguardo chino, nascosto da una cortina di lunghi e lucenti capelli scuri.

MJ voltò il capo dal lato opposto, scostante. E la domanda che rifiutava di ascoltare premeva per uscire alla ricerca della sua risposta. Dovette serrare le labbra per impedirsi di pronunciarla.

Lui inarcò le sopracciglia, scettico “Ce l’hai con me? O forse aspetta, sei solo nervosa da morire, più del solito intendo, perché hai il ciclo, è così?” ridacchiò lui, forse cercando di sdrammatizzare, forse nemmeno lontanamente conscio di quanto in realtà stava succedendo.

In realtà la sua era solo una provocazione. Tutto il loro rapporto era basato su quello, battute sottili e provocazioni, un modo per ricercare l’attenzione dell’altro, un modo per evitare di dire la verità, un modo per aggirare l’imbarazzo di essere innamorati e di dichiararlo.

Ignorando le sue parole ironiche MJ trasse un profondo respiro stringendo maggiormente l’album tra le mani e voltandosi ad incontrare gli occhi neri contratti in un’espressione provocatoria di lui.

 

“Tu… non mi hai mai parlato di lei, non mi hai mai detto praticamente nulla… Lei ti manca?” gli chiese con il cuore che correva a mille incastrato in gola.

Sirius per un attimo rimase spiazzato da quella domanda che mai si sarebbe aspettato. Con la bocca aperta e gli occhi spalancati dalla sorpresa rimase a guardare quelli azzurri come il mare di lei cercando di coglierne l’espressione. Erano determinati e tuttavia parevano timorosi…

 

Distolse appena lo sguardo e rispose con un flebile “Sì…”

 

MJ sentì la gola seccarsi e rimase con la bocca appena aperta, incapace di replicare…

Poi lui tornò a guardarla, questa volta con fare più deciso “Tutte le persone che amiamo e ci lasciano in quel modo ci mancano sempre un po’, no?”

Lei annuì quasi impercettibilmente mentre sentiva che quel fantomatico castello, insediato da un vento di tempesta, stava per crollare.

Allora si decise, e neppure lei seppe dire dove trovò la forza di farlo, o forse semplicemente il quesito troppo a lungo trattenuto emerse con forza a galla, ignorando la volontà, o la paura.

“Dimmi la verità… –iniziò con un fil di voce- Se lei fosse ancora qui… se fosse viva come me te e le persone che camminano su questa terra, tu staresti con lei ora?” quindi trattenne il fiato in attesa di quello che doveva giungere come un verdetto.

 

L’ennesimo, semplice e malinconico che giunse in risposta le perforò il cuore con la forza di mille cannoni. MJ incassò il colpo chinando il capo, serrando gli occhi per evitare di piangere lacrime che forse sarebbero venute. La risposta che temeva di sentire era giunta ora alle sue orecchie. E non si trattava di un incubo, o di una brutta immagine creata dalla sua mente, Sirius era lì accanto a lei, in carne ed ossa, e aveva appena decapitato i suoi sentimenti con un monosillabo apparentemente insignificante.

 

Solo un rimpiazzo…

 

Serrò i pugni conficcandosi quasi le unghie nella carne.

“Ho capito… –rispose scossa- Eh… i-io… Bè, credo che andrò con Lily per quella faccenda… sì, le compere per il Natale. Non c’è nessun bisogno che mi accompagni… o che resti qui ora…” rispose confusa, cercando di mantenere il controllo e impedendosi di fare di se stessa una pazza in lacrime. Doveva almeno mantenere una sua dignità.

Si passò una mano tra i capelli deglutendo di nuovo, quindi lanciò un rapido sguardo al ragazzo accanto a lei che non sarebbe mai più stato suo…

Che sciocca… non è mai stato veramente mio… si disse soffocando una risatina isterica in un colpo di tosse.

 

Poi sentì una mano accarezzarle i capelli e posarsi sulla sua nuca, massaggiandola affettuosamente. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era compassione, l’avrebbe distrutta. Si morse un labbro e fece per allontanare quel ragazzo che stava frantumando anche l’ultima parte di lei rimasta intatta ma si bloccò quando lui iniziò a parlare, con voce calda, confortante e terribilmente sicura. Una voce che non le riuscì di non ascoltare.

 

“E’ stata la prima ragazza di cui mi sia innamorato… E’ stato strano, per uno come me che si è sempre preoccupato solo di stare al centro dell’attenzione infrangendo regole e combinando danni. E’ stato strano sorprendersi sempre più spesso a pensare a lei, quasi, che all’ennesima notte di Luna Piena in arrivo. Non puoi nemmeno immaginarti la pena di restare accanto alla sua anima quasi senza poterla sfiorare, per tutto quel tempo. E alla fine perderla di nuovo, una volta per tutte. Credo che se mi avessero chiesto di portare indietro il tempo ai nostri quindici anni e cambiare il corso delle cose lo avrei fatto, mi ci sarei precipitato a qualunque costo. Se lei fosse qui ora, molto probabilmente tu per me saresti sempre e solo l’invasata spia di Silente… Forse… Ma lei non c’è, no? E… bè, dopo che ho trovato te ho iniziato a pensare che forse le cose dovevano andare così, no?” Sirius si grattò in naso, interrompendo in imbarazzo il suo discorso incerto. Solo la maschera di superficialità che indossava di solito gli permetteva di parlare in modo galante, di fare lo sdolcinato. Quanto volte si era ritrovato a pronunciare frasi fatte, mentre la sua mano scivolava sul tornito fondoschiena dell’abbraccio di turno. Ma quello era un gioco fatto di astute bugie innocenti ed era molto più facile della verità che metteva a nudo.

 

MJ lo aveva ascoltato quasi senza fiatare, con la gola secca e l’ansia che andava crescendo dentro di lei, con le mani sudate strette sulle ginocchia. “Vuoi dire… che non si può fare nulla quindi è inevitabile che le cose siano andate così? Indipendentemente dalla volontà di ciascuno?” chiese confusa.

 

Sirius le sistemò i capelli dietro le orecchie con un gesto che somigliava di più a una carezza “Voglio dire che se me lo chiedessero ora, di tornare in dietro nel tempo e cambiare tutto, di tenerla con me, non farei… perché vorrei trovare te…” quindi discese lungo il collo con un tocco che le causò brividi caldi –o forse erano state le sue parole…- e strinse forte un suo fianco.


A lei non parve vero di poter davvero udire quello che le sue orecchie avevano appena colto. Era forse la speranza che le stava giocando brutti scherzi? Il cuore parve ritornare nel suo incavo naturale senza tuttavia smettere di battere a un ritmo sovrannaturale e non sapeva più a cosa credere. La presa salda della sua mano grande e forte sul suo fianco la fece sentire sicura, come una garanzia controfirmata.  Sorrise senza guardare in una direzione precisa, appena sollevata.

 

“Non ho niente di lei… Eppure sceglieresti davvero di stare con me?” sussurò fra sé e sé.

Sirius sbuffò al suo fianco “Già, mi chiedo anche io perché…” e fissò il soffitto ingrigito sopra le loro teste.

Lei gli riservò un’occhiata truce. In realtà aveva ancora voglia delle sue parole gentili, di una tenera carezza. Lei che non si era mai permessa di lasciarsi andare a tutto ciò sentiva il terribile bisogno, in quel mentre, di un dose di nauseante dolcezza per lenire la sua fondamentale insicurezza. Una dose di ambrosia che quell’ostinato ragazzo si intestardiva a non lasciare trapelare.

 

Esattamente come avrei fatto anche io…

 

Non era assolutamente da biasimare, quindi. Lei stessa avrebbe fatto lo stesso, ancora per paura di osare più del dovuto. E lui non avrebbe mai ricevuto una spinta ad aprirsi. Un circolo vizioso senza fine che sarebbe andato inabissandosi sempre di più trascinandoli verso il baratro, verso l’apice della freddezza e della correttezza formale.

Non lo voleva assolutamente!

 

“Io ti amo.”

 

lo sussurò piano, cercando i suoi occhi neri come il nulla ma pieni delle più belle cose. Perché forse era meglio pentirsi di aver agito che rimpiangere per sempre di non averlo fatto. Si, forse aveva sbagliato qualche cosa nella programmazione perfetta e inflessibile del proprio essere. Qualcosa che avrebbe cercato di rimediare assolutamente anche cadendo nell’errore. Perché se si cade, per quanto doloroso possa essere l’impatto, c’è sempre un domani in cui poter tornare di nuovo eretti, ma se si striscia sempre rasento il suolo con il capo chino non si potrà mai provare l’ebbrezza di camminare a testa alta dritti contro il sole.

 

Lo vide sorridere senza distogliere il suo sguardo sicuro da quello determinato di lei. Sirius appoggiò la propria fronte contro quella di Mary Jane, facendo in modo che lo spazio fra le loro labbra si riducesse ad una fessura “E adesso perché non mi dai un bacio, Mèmegy?”

 

MJ sentì il desiderio di una risata argentina scoppiarle dentro, dovette comandarsi con molta fatica per trattenere quell’espressione seria dipinta sul volto. Con falso sdegno lo allontanò da lei con una spinta “Non finchè continui a chiamarmi  in quel maledetto stupido modo!”.

Ed era come sempre, lei indignata con le mani sui fianchi e il mento alzato con fare sprezzante ma profondamente divertito e lui con le labbra e gli occhi curvati in un amorevole ghigno malizioso “Sennò, Mèmegy?” azzardò sfidandola.

 

In men che non si dica Sirius si ritrovò coricato sul letto con il peso di MJ sullo stomaco, il volto solleticato dai lunghi e lucenti capelli di lei che ricadevano tutt’attorno, “Attento, Black…” lo ammonì profondamente divertita facendo sprofondare le spalle di lui nel materasso morbido.

E non era mai stata così bene, mai in vita sua. Si era lasciata andare, lo aveva fatto veramente questa volta. Era stata sincera e si sentiva più leggera e senza timori. Anche se lui non aveva risposto alle parole più importanti che avesse pronunciato in tutta la sua vita. Aveva imparato a conoscerlo, però, e sapeva che un suo sguardo valeva molto più di mille e mille parole. Parole che troppo spesso gli aveva sentito gettare al vento senza una vera convinzione o motivazione che le giustificasse, parole troppo vane perché ora potessero essere pronunciate. Per questo le fu sufficiente che quegli occhi neri, sinceri e pieni di tante cose restassero incollati ai suoi.

 

“Vuoi la guerra, Mèmegy?” rispose lui spavaldo, cercando inutilmente di divincolarsi.

“Puoi contarci! E giurò che ti farò morire, Black!”

Un attimo dopo scoppiarono a ridere entrambi, lasciando scorrere le risa a lungo, lasciando che risuonassero per l’aria attorno a loro, lasciando che li portassero fino alle lacrime, che non erano mai state tanto gradite. Perché stare l’uno con l’atra li faceva ridere di gioia. E ridere faceva bene alla loro vita.

 

Quando gli ultimi colpi delle risa serene di lei cessarono, con un movimento lesto, Sirius si alzò sugli avambracci sfiorandole le labbra con le sue “Ehi… anche io, sai? Anche io…”

Ed entrambi seppero a cosa si stesse riferendo senza bisogno di specificazioni.

 

Per entrambi, la casa non fu mai tanto calda come quella prima e non ultima notte di completo abbandono tra le braccia l’uno dell’altra.

 

 

 

Fine….

 

 

 

^^ Un capitolo inedito di approfondimento di due tra i personaggi che preferisco della mia fic e che ultimamente ho piuttosto trascurato… Poveri piccini! Come al solito sarei davvero tanto felice di poter leggere le vostre recensioni, positive o negative che siano. Che ne pensate dell’idea di questa storia? Mi ha folgorato ieri sera e l’ho subito buttata giù, ho anche trascurato la Kiaretta per questo (scusa cicci!! ^3^ bè, almeno spero che ti piaccia…).

Commentate, allora! Che fate ancora qui?

Un baciotto a tutti, Ly

 

PS: Closer è il titolo di una canzone di Dido che oltre ad aver ripetutamente imperversato durante la stesura si prestava perfettamente per questa situazione, non trovate?

  
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