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Autore: Alydia Rackham    15/10/2010    3 recensioni
Questa storia non appartiene a me ma a Alydia Rackham. L'intera storia di quello che successe a Peter e Sylar durante la loro prigionia dietro Il Muro-la loro lotta per mantenere la loro umanità e sanità mentale mentre realizzano che l'unica via d'uscita è attraverso la penitenza e il perdono.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Peter Petrelli, Sylar
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
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                                                                                                                                    Parte otto

                                                                                                                                    Anno uno

                                                                                                                                    Istantanee

“Peter? Questo l’hai letto?” Sylar marciò per il vicolo senza il cappotto, tenendo in mano un libro rilegato in pelle.

“Dove sei stato? Sto lavorando quasi da mezz’ora.” Peter spostò il martello sull’altra mano e colpì.

Thud. Thud. Thud.

“Ma lo hai letto?” Pressò Sylar, affiancandoglisi. Peter sospirò e mise giù il martello, voltandosi verso di lui.

“Fammi pensare, Sylar―se tu non lo hai letto, allora a rigor di logica―”

“Lo so, lo so.” Lo sguardo di Sylar era puntato verso il basso. Peter lo guardò confuso.

“Qualcosa non va?”

“No.” Disse Sylar. “Ovviamente lo hai letto se è qui, ma lo hai letto per intero?”

“Cos’è?” Chiese Peter, porgendogli la mano. Sylar lasciò andare un mezzo respiro, dandogli il libro.

Era un libro pesante, di pelle nera, con delle lettere dorate sul dorso e sulla copertina che dicevano SACRA BIBBIA. Peter annuì.

“Sì, l’ho letta. Non tutta in una volta, ma diverse volte ne ho letto parecchi brani. Ma potresti trovare qualche spazio bianco nel Levitico.” Peter gliela ridiede, riprese in mano il martello e voltò le spalle a Sylar. “Leggevo quel pezzo per addormentarmi.”

“Come finisce?”

Peter si fermò. La voce di Sylar sembrava quella di un bambino svegliato improvvisamente da un incubo, che cercava conforto in suo padre. Peter lo fissò, e lo sguardo di Sylar si aprì con una vulnerabilità che lo lasciò perplesso.

“Finisce bene.” Annuì Peter.

“Ha un bel finale?” Pressò Sylar.

“Sì.” Lo rassicurò Peter, spostando la sua presa sul martello. “I buoni vincono.”

Lo sguardo di Sylar lampeggiò, e un mezzo sorriso apparve sul suo volto. Peter colpì nuovamente il Muro.

“Puoi leggerla sta’ notte.” Disse Peter. “Adesso dammi una mano.”

“Giusto.” Disse velocemente Sylar, dirigendosi verso i martelli. “Giusto.”

                                                                                                                                          VVV

“La stai leggendo da una settimana ormai.” Osservò Peter dal suo posto alla finestra mentre guardava la luna. “Dove sei arrivato?”

“Levitico.” Replicò Sylar, piegato sul grosso libro sul suo tavolo, mentre leggeva grazie alla luce della sua lampada da lavoro. “Non riesco a credere che tu potessi addormentarti leggendola―è affascinante.”

“Come vuoi.” Grugnì Peter. “Mi piacevano i libri che venivano dopo―sai, Davide e Golia, e quella roba là.”

Gli occhi di Sylar si strinsero.

“Ne ho sentito parlare.” Disse. “Il ragazzo che uccise un gigante con una pietra―”

“E divenne poi re.” Finì Peter. Sylar incontrò il suo sguardo e sorrise come un bambino. Peter scosse la testa meravigliato. Poi piegò la testa indietro e chiuse gli occhi.

“Hai intenzione di andare avanti ancora per molto?” Chiese. “Vorrei dormire.”

“Non ne hai bisogno.” Disse Sylar assente. “Non sei reale.”

Peter ridacchiò, e tentò di ignorare la luce, che rimase accesa per buona parte della notte.

                                                                                                                                             VVV

“Possiamo entrare in questo negozio, almeno,” disse Sylar, indicando, mentre i due camminavano per il centro della strada a mezzogiorno. “l’ultima volta aveva delle bottigliette d’acqua.”

Peter ficcò le mani in tasca, volendo calciare un sasso, ma non trovandone nessuno.

“Allora quand’è che mi dirai il nome della tua ragazza?”

“Mai.” Disse Sylar, alzando il viso verso il sole.

Andiamo.” Protestò Peter. “Non puoi tirarmi fuori tutta quella roba su Emma e poi non dirmi niente della tua bella per non so quanto tempo.”

Sylar sorrise.

“Oh, ma è così divertente prenderti in giro circa la tua ragazza. Dubito invece che tu riusciresti a trovare qualcosa nella mia storia per prendermi in giro.”

“Allora di cosa hai paura?”

Sylar si toccò il naso con entrambe le mani.

“Già, ancora un po’ storto.”

“Che vorrebbe dire?” Domandò Peter.

“Mi piace la mia faccia. Mi piace ancora di più  quando non è nera e blu.” Rispose Sylar. Peter sollevò le sopracciglia.

“Quindi pensi che ti picchierò?”

Sylar scosse le spalle.

“Non lo so―potresti usarlo come scusa.”

“Sylar―”

“Spero tu abbia portato la tua carta di credito. Ho lasciato il portafoglio nella stanza degli orologi.” Disse Sylar allegro, entrando nel negozio. Ringhiando, Peter lo seguì.

                                                                                                                                                  VVV

Thud.

Thud.

Thud.

Thud.

“Hai mai pensato a quanto era incredibile Mosé?”

“Non so.” Peter fece una smorfia, sforzando i muscoli per stare al passo con Sylar. Martellavano alternativamente, come una macchina.

“È quasi stato ucciso da bambino.” Continuò Sylar, senza spezzare il ritmo. “Ma è riuscito a capitare in grembo alla figlia del Faraone. Cresce come un reale Egiziano, e poi volta le spalle alla sua famiglia e conduce il suo popolo lontano dalla schiavitù. Senza parlare del fatto che ha parlato faccia a faccia con Dio.”

“Già. Piuttosto impressionante.” Concordò Peter.

Thud.

Thud.

Thud.

Thud.

“Non ho trovato nessuno spazio bianco nel Levitico.” Disse Sylar.

“Bene.” Ridacchiò Peter. “La mia mente deve averlo processato anche se non stavo prestando attenzione.”

Sylar scosse la testa.

“Dovresti rileggerla quando ho finito.”

“La stai già leggendo da più di un mese. Penso tu abbia riletto qualche parte. Usciremo da qui prima che tu possa finirla.”

“Credo che ci siano delle copie anche fuori.” Controbatté Sylar. Peter cambiò perfettamente mano e si mosse a sinistra fluidamente mentre Sylar si spostava a destra―si scambiarono di posto senza problema e Peter colpì per primo.

“Sì, hai ragione.” Ammise Peter. “Probabilmente dovrei.”

                                                                                                                                             VVV

“Okay. Non sento nessuna differenza.” Sbuffò Peter.

“Cosa? È assordante.” Disse Sylar. “Ascolta ancora―mettitelo vicino all’orecchio.”

Peter rilasciò un lungo, esasperato respiro e premette il suo orologio da polso contro l’orecchio. Sylar attese, guardandolo con uno sguardo pieno di aspettative dall’altra parte del tavolo. Peter chiuse gli occhi, concentrandosi, poi scosse la testa.

“No, non lo sento.”

“Tieni, appoggia questo all’altro orecchio.” Sylar gli porse un altro, più vecchio orologio. Peter lo prese e se lo accostò all’altro orecchio. I due diversi ticchettii si scontravano nella sua mente, e quando Peter chiuse gli occhi corrugando le sopracciglia, realizzò che l’orologio nella mano destra era differente da quello nella sinistra.

“Questo è più veloce―il mio è più veloce.” Lo scosse.

“Bingo.” Sylar schioccò le dita. “Ora, il più delle volte, quando un orologio con movimento meccanico va troppo veloce, è perché la posizione della molla del bilanciere è avanzata troppo. Dato che all’inizio non andava in anticipo, suppongo che qualcosa si sia allentato di recente. Ora, è possibile che una goccia d’olio sia finita sulla molla, e colpendo l’orologio, due ingranaggi sono ora incastrati fra loro a causa dell’olio. In genere questo capita quando l’orologio è stato oliato da un orologiaio dilettante, ovviamente,” Sylar roteò gli occhi, divertito “la magnetizzazione è possibile, ma improbabile, dato che non si è trovato vicino a dei cavi ad alta tensione recentemente.”

Peter tenne entrambi gli orologi innanzi a lui.

“Wow. È veramente una scienza.”

“Lo è.” Annuì Sylar. “E, se ti interessa, ti insegnerò come aggiustarlo.”

Peter scosse le spalle, mise giù gli orologi e si alzò dalla sedia di Sylar. Sylar vi si sedette, avvicinò la lampada e cominciò a cercare fra i suoi attrezzi. Peter afferrò la sua sedia vicino al balcone, la trascinò fino al tavolo e vi ci sedette. Appoggiò i gomiti sul tavolo mentre Sylar si chinava sull’orologio.

“Ora, il trucco è avere un cacciavite abbastanza piccolo, e rimuovere il retro senza lasciare dei graffi.” Disse Sylar, roteando un piccolo cacciavite che teneva in mano. “Cosa che , fortunatamente, so fare…ed ho fatto milioni di volte. Fa’ attenzione, Pete.”

                                                                                                                                                     VVV

“Hey, che fai qua fuori?” Peter si strofinò il volto mentre si incamminava per il vicolo buio. Non riusciva a vedere niente tranne ciò che era illuminato dalla luna―vale a dire la scura forma di Sylar, che martellava contro il Muro con più furia del necessario. Peter marciò verso Sylar, ancora ignaro della sua presenza, fino a che Peter non gli mise una mano sulla spalla.

“Hey!” Gridò. Sylar si fermò, lasciò andare il martello, respirando affannosamente e grondante sudore. Chiuse gli occhi e abbassò la testa.

“Che succede?” Domandò Peter.

“L’inizio di Giobbe.” Disse Sylar, la voce tremante e roca.

“E allora?” Chiese Peter.

“Ha perso tutto. Il bestiame, tutti i suoi possedimenti, e la sua casa è crollata uccidendo tutti i suoi figli solo perché il Diavolo aveva pensato che sarebbe stato interessante.” Disse Sylar di corsa. “E non è che avesse avuto del tempo per recuperare fra una cosa e l’altra―no, gli è successo tutto in una volta.” Sylar sollevò il viso e i suoi occhi cercarono freneticamente quelli di Peter. “Come ha potuto vivere, come ha potuto andare avanti dopo tutto ciò?”

Peter lo studiò, i pezzi del puzzle che finalmente si incastonavano mentre realizzava che qui non si trattava solo di Giobbe, o Mosé―o il Capitano Akab o Sydney Carton, per quel che importava. Peter esitò, poi mise una mano sulla spalla di Sylar.

“So che non vuoi,” disse Peter “ma è una storia che devi finire. Adesso.”

Sylar lo guardò come attraverso la nebbia. Peter gli colpì gentilmente la spalla e si diresse verso l’edificio.

“Ti farà sentire meglio così la smetterai di colpire questo muro e io potrò dormire.”

“Grazie, Peter.” Disse Sylar debolmente dietro di lui. “Se lo dici, lo farò.”

                                                                                                                                                        VVV

Thud.

Thud.

Thud.

Thud.

“Sai quanto è passato da quando ho iniziato a leggere la Bibbia?”

Non dirmelo, va bene?” Ringhiò Peter. “Te l’ho detto, abbiamo una regola al riguardo.”

“Sono arrivato al Nuovo Testamento adesso.”

“Che libro?”

“Timoteo.”

“Che ne pensi?”

“Fantastico.” Disse Sylar. “Ci sono cose ovunque nel Nuovo Testamento che riferiscono a profezie nel Vecchio Testamento. È affascinante leggere tutto il libro. Non capisco perché non l’hai mai fatto.”

“Non sono molti quelli che lo fanno. Probabilmente non ne hanno il tempo.” Suppose Peter. Soppesò il martello, e si scambiarono di posto.

“È interessante vedere quanto sei simile al tuo omonimo.”

Peter smise di martellare e lo guardò. Sylar colpì un’altra volta prima di tenere il martello in una mano sola passando il pollice dell’altra sui mattoni.

“Il mio omonimo?” Ripeté Peter, respirando pesantemente.

“Sì, Simone Pietro.” Sorrise Sylar. “Il pescatore di uomini.”

Peter corrugò le sopracciglia.

“Sono come lui?”

Sylar scosse una spalla e annuì.

“Impetuoso, testardo, una testa calda, veloce alle mani―”

Peter incrociò le braccia. Sylar lo guardò francamente.

“Di buon cuore e determinato.”

L’irritazione di Peter scomparve. Sylar sollevò un sopracciglio, sorrise brevemente un’altra volta e colpì con il martello la base del Muro.

“Era anche sposato, a pensarci bene.”

“Oh, gaaah!” Grugnì Peter, gettando indietro la testa. “Non ricominciare con me e Emma, okay? A meno che tu non voglia dirmi chi è la tua ragazza.”

Sylar continuò semplicemente a ridacchiare, si spostò di lato e prese l’acqua. Peter lo guardò, decidendo di rischiare―piantando forse un seme a lunga durata, se possibile.

“Lo sai, anche tu mi ricordi di un tizio della Bibbia.”

“Chi? Lucifero?” Sylar piegò la testa di lato.

“Non sopravalutarti.” Rispose Peter, mettendosi il martello di traverso sulle spalle e appoggiandoci sopra i polsi. “Non sei abbastanza spaventoso.”

“Oh no!” Gridò Sylar. “Grande, grazie.” Bevve.

“Sei come Saul.”

Sylar sollevò un sopracciglio.

“Saul il re che incominciò bene e poi perse la testa e provocò la morte sua e di suo figlio in battaglia?”

“No.” Peter scosse la testa. “Saul il Fariseo che ordinò l’arresto e acconsentì all’uccisione dei Cristiani―e poi cambiò il suo nome in Paolo quando si pentì.”

Sylar lo fissò, la bottiglia a mezza strada per la sua bocca. Peter scosse il martello e si preparò a colpire il Muro di nuovo.

“Certo, non è rimasto bloccato nella sua mente―è stato accecato per la strada―ma hey.”

Sylar non si mosse a lungo. E quando finalmente riprese in mano il martello e tornò a lavorare, non parlò per il resto della giornata.

E mentre lui e Peter sedevano nella stanza degli orologi, Peter sulla sua sedia vicino alla finestra e Sylar al suo tavolo, a riparare orologi, Sylar citò una frase, alla quale Peter non rispose―ma stava citando Paolo.

“Ecco un detto veritiero che merita totale accettazione.” Mormorò, quasi più debolmente del ticchettio degli orologi. “Gesù Cristo venne al mondo per salvare i peccatori―dei quali io sono il peggiore.”

 

Eccovi un altro capitolo! Ringrazio Saliman, Doralice e Soarez per i loro commenti^^

  
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