-Autore: TittiGranger.
-Titolo: Il Ravanello della Fortuna.
-Personaggio assegnato: Luna Lovegood.
-Altri personaggi: Altro personaggio.
-Genere: Drammatico, Generale.
-Rating: Giallo.
-Avvertimenti: -
-Film (+elemento scelto): Final destination (Elemento: frase tratta dal film- Non
si scampa la morte. E se anche ci sei riuscito, non potrai scamparla due volte)
-Trama: Piccolo scorcio della battaglia di Hogwarts, raccontato dal puro e
infantile punto di vista di un bambino.
-NdA: Con il titolo, voglio rimandare al significato originale del termine “Fortuna”;
nel mondo latino, “Fortuna” stava per “Fato”, quindi non indica necessariamente
un evento positivo, ma semplicemente ciò che il destino ci ha riservato.
Inoltre ho scelto quella frase perché mi sembra
un pensiero molto vicino al modo di pensare “Lunesco“!
IL RAVANELLO DELLA FORTUNA
La mia mamma diceva che quando
la Guerra fosse finita, saremmo tornati a vivere felici e insieme.
E lei manteneva sempre le
promesse.
Avevo otto anni, quando ci fu
l’ultima Guerra. Li avevo compiuti a Febbraio e mamma e papi, per il mio
compleanno, mi avevano regalato un trenino bellissimo. Era rosso.
Però, non avevo potuto
portarlo con me, quando eravamo stati costretti a lasciare la nostra casa a
Hogsmeade.
Ma tanto a me non importava,
perché mi piaceva il posto dove eravamo andati a vivere.
Era un campeggio grande e c’erano
anche altri bambini. Era divertente.
E papi mi aveva promesso che
poi saremmo andati a riprendere il mio trenino.
Io ci stavo bene nel
campeggio; mamma e papi giocavano sempre con me.
Mi avevano anche insegnato un
gioco speciale: chi correva più veloce. Quando papi diceva “VAI”, io dovevo
correre veloce, velocissimo, senza girarmi mai. Perché se mi giravo, perdevo. *
Vincevo sempre.
Lo facevamo spesso durante il
giorno; io, infatti, mi stancavo e non volevo più farlo, ma papi insisteva e
diceva che dovevo esercitarmi a correre…
Stavamo per giocare anche quel
giorno, ma ci fu un’esplosione.
Un’esplosione vera, non
quelle finte di Zonko.
Tutti avevano cominciato a
correre e a gridare e qualcuno diceva che quell’esplosione veniva da Hogwarts. Altri
urlavano che c’era bisogno di rinforzi… Però, non so per cosa.
Anche il mio papi disse che
sarebbe andato a dare una mano. Voleva che io la mamma ci andassimo a
nascondere… voleva sempre giocare, il mio papi. Io però, ero stanco di questi
giochi.
Mamma disse che non ci saremmo
separati, perché due bacchette sono meglio di una…
- Devi rimanere qui, tesoro - mi
aveva detto la mamma, facendomi infilare in un piccolo buco, dietro la statua
di una strega con un grande cappello.
Hogwarts era proprio come me
la ero immaginato. Tranne i muri rotti. E i buchi nel pavimento.
- Ma mamma…
- Devi rimanere qui! - ripetè
la mamma. Ci fu uno scoppio e io mi tappai le orecchie con le mani. Anche la
mamma tossì, quando un vortice di polvere ci travolse - Verrò a prenderti
presto, amore.
- Ma io…
- Promettimi che non ti
muoverai, Charlie! - disse la mamma. Sembrava preoccupata e… triste.
Mi veniva da piangere.
Io non ci volevo stare lì.
Hogwarts non mi piaceva.
Ci fu un’altra esplosione.
Lentamente, feci segno di sì
con la testa.
- Bravo, il mio bambino - la
mamma sorrise e mi diede un bacio sulla fronte.
Forse la polvere le era
entrata negli occhi… perché le lacrimavano.
Gli scoppi continuarono per un
bel po’.
Tanta gente correva avanti e
indietro, ma nessuno poteva vedermi
perché io mi ero nascosto bene dietro la statua.
Ci fu un’esplosione più forte
delle altre e un muro vicino a dove ero
nascosto io crollò.
Mi veniva da piangere, ma non
potevo perché io ero un ometto. E papi diceva sempre che gli ometti non
piangono.
Tirai su con il naso, perché
non avevo neanche un fazzolettino.
Non volevo più stare lì…
Mamma mi aveva detto che
sarebbe venuta a prendermi presto, invece era quasi buio e non era ancora
tornata.
Forse si era persa…
Decisi di andarle incontro.
Nel corridoio non c’era
nessuno, ma si sentivano delle voci e delle grida.
Io camminai, cercando di non
inciampare nei pezzi di muro che era crollato.
Entrai in un altro corridoio.
Questo era più buio e non c’erano
rumori…
Andai avanti, anche se a me il
buio faceva paura.
Sentii una voce…
“Forse è la mamma…”.
Camminai veloce, verso la voce…
e la vidi.
Aveva un cappuccio nero e un
mantello scuro come la notte, lungo fino ai piedi.
La Morte.
Allora feci quello che papi mi
aveva insegnato.
Corsi.
Corsi veloce, velocissimo,
senza guardare dove andavo, senza girarmi.
Intorno a me era ancora un po’
buio, ma io corsi lo stesso. Velocissimo.
Finchè… qualcosa mi bloccò.
- Ahi! - caddi a terra e mi
misi le mani sulla testa. La Morte mi aveva preso.
Papi non sarebbe stato
contento, ma io piansi. E non riuscivo a fermarmi.
- Shh! Zitto, bambino! Non
piangere.
I miei singhiozzi rallentarono
un pochino. Da quando la Morte aveva una voce così gentile?
Scostai le braccia dalla testa
e sbirciai con un occhietto.
Non era la Morte.
Era una signorina, bionda e
sporca. Lasciai cadere le braccia e mi stropicciai gli occhi.
- Sei una dei cattivi, tu? -
le chiesi.
Non sembrava cattiva. Aveva i
capelli arruffati e dei segni neri in faccia e sulle braccia…
Ma i suoi occhi erano buoni.
La ragazza si guardò intorno,
come a controllare che non ci fosse nessuno.
Mi afferrò per un braccio e mi
portò dietro una montagna di pietre. O di pezzi di muro.
Poi, si inginocchiò accanto a
me.
- No, bambino - disse - Non
sono cattiva. Mi chiamo Luna.
Aveva la bacchetta in mano e
la stringeva forte. Lo avevo capito perché le sue dita erano bianche, come le
mie quando tenevo in mano la mazza da battitore. Papi mi stava insegnando a giocare a Quidditch.
- Non dovresti essere qui - continuò, parlando piano. Sembrava tranquilla,
ma i suoi occhi azzurri erano sbarrati e vagavano di qua e di là, come se stesse
controllando qualcosa - Dove stai andando da solo?
- Io sto andando a cercare la mia mamma - dissi, aspirando con il naso.
- Questo non è un posto sicuro - mi disse Luna, accarezzandomi il braccio -
Devi venir via di qui - si passò una mano sulla fronte sudata. Aveva i
pantaloni strappati sul ginocchio. Chissà come si sarebbe arrabbiata la sua
mamma quando lo avrebbe scoperto.
- Io devo trovare la mia mamma!
- Facciamo così - fece Luna - Ora troviamo un posto dove puoi nasconderti,
mentre io vado a cercare la tua mamma.
- Ma tu non la conosci! - dissi io, corrugando la fronte - Non puoi
trovarla. Io devo andare da lei.
Luna sospirò, il suo sguardo era come… perso nel vuoto.
- Non è affatto una buona idea. Me lo sento - disse poi, tornando a
guardarmi con i suoi strani occhi.
Alzai le spalle. Che strana che era, quella signorina.
- Come vuoi - dissi - Ma tanto io lì - indicai a sinistra, verso un capo
del lungo corridoio - Non ci torno.
- Cosa c’è, lì? - chiese Luna, aguzzando lo sguardo, verso quella parte.
- La Morte.
- Cosa?
- La Morte! - ripetei, serio - Io l’ho vista! Aveva un cappuccio e un
mantello. Ed era tutta nera!
- Un Mangiamorte, vuoi dire? - disse Luna, allarmata - E’ da quella parte?
- strinse ancora più forte la bacchetta.
- No! - feci - Ho detto la Morte! Io l’ho riconosciuta, era lei! E
sono scappato.
Luna mi guardò, nuovamente persa nel nulla - Non si scampa la morte - disse
lei - E se anche ci sei riuscito, non potrai mai scamparla due volte, bambino.
Ecco perché devi rimanere qui.
Luna proprio non capiva.
Io ero veloce.
Ero troppo veloce. Papi me lo aveva insegnato.
La Morte non poteva essere più veloce di me.
- Io devo trovare la mia mamma - ripetei, per la centesima volta - E lei è
là, lo so - aggiunsi, indicando l’estremità a destra del corridoio.
All’improvviso si sentì un boato fortissimo proveniente dal lato di
sinistra. Quello dove c’era la Morte.
Luna scattò in piedi - Devo andare ad aiutarli - disse - Per favore,
bambino. Resta qui, nascosto.
Io scossi la testa - La mia mamma si arrabbierà se vede che non sono dietro
la statua. Devo trovarla prima che lei lo scopra! - ero così deciso che Luna si
morse le labbra, incerta, ma non disse nulla.
Un altro boato da sinistra.
Urla più forti.
Luna si frugò nelle tasche e ne estrasse un sassetto rossiccio. Me lo
porse, accucciandosi di fronte a me.
- E’ un Ravanello della Fortuna - disse, infilandomelo nel taschino della
camicia - Ti aiuterà a trovare ciò che stai cercando.
Inaspettatamente, mi abbracciò - Che i Nargilli ti proteggano, bambino.
E corse via, verso il lato di sinistra.
Verso le urla.
Camminai per un pezzo.
Il corridoio era più lungo di quanto avessi immaginato.
Mi stavano anche facendo male i piedini. Io glielo avevo detto, quella
mattina, a mamma che volevo indossare le scarpe rosse, ma lei aveva detto che
quelle blu si abbinavano meglio.
Tra le montagne di mattoni e cemento, d’improvviso, vidi una luce.
Corsi, scavalcando una colonna che era crollata.
E la luce mi inondò.
Al tempo stesso, il mio respirò sembrò spezzarsi.
Una figura nera, incappucciata, era lì, avanti a me.
La Morte.
Io volevo scappare.
Lo volevo.
Correre come papi mi aveva insegnato…
Ma stavolta, non fui abbastanza veloce.
Quando la Morte mi vide, sorrise.
Alzò la bacchetta…
E questa fu l’ultima cosa che vidi, prima del buio.
Un piccolo sassolino ramato rotolò lentamente,
tintinnando sul pavimento impolverato.
“Ti aiuterà a trovare quello che stai cercando”.
E anche stavolta, il Ravanello della Fortuna non aveva
fallito il suo compito.
La mia mamma diceva che quando la Guerra fosse finita,
saremmo tornati a vivere felici e
insieme.
E lei manteneva sempre le promesse.
*L’espressione verbale è volutamente scorretta: ritenevo che desse meglio l’idea
del parlato di un bimbo di otto anni.
Salve a tutti!
Allora, questa storia
si è classificata quarta al contest HORROR POTTER di Vogue91, vincendo anche il
premio originalità.
Questo è il giudizio
della giudicia, che ringrazio tantissimissimo:
Quarta Classificata
TittiGranger “Il Ravanello della Fortuna”
-Grammatica e sintassi:8.5
-Lessico e stile:9.5
-IC:9
-Originalità:10
-Attinenza al tema:18
-Giudizio personale:9
Totale: 64/70
Dal punto di vista grammaticale, la storia presenta qualche imprecisione
(non veri e propri errori, comunque). Primo fra tutti, l’accento grave anziché
acuto in parole quali ‘finché’ o ‘ripeté’. Vi sono inoltre alcuni dialoghi che
vengono aperti e non chiusi, e mancata elisione di vocali (ad esempio ‘si
inginocchiò’) che non è propriamente un errore, ma sicuramente una forma più
elegante. Altro piccolo appunto, non preso in considerazione ai fini della
valutazione, è che il nome del villaggio è “Hogsmeade”, non “Hogsmade”.
Ho apprezzato la particolarità del lessico, in quanto si nota come tu abbia
voluto renderlo consono ai pensieri di un bambino, che di certo non richiede
termini troppo altisonanti. Perfetto, insomma. Buono anche lo stile, sebbene i
punti che ti ho fatto notare poco sopra abbiano influito leggermente sulla
scorrevolezza del testo, rendendola a tratti poco fluida.
Ottima la caratterizzazione del bambino, in quanto hai delineato alla
perfezione le sue reazioni in un contesto che, alla sua età, e quantomeno
atipico. Meno mi ha convinta Luna, poiché mi è parso che le mancasse quel certo
non so che, tipico del suo personaggio. Ma non ti ho penalizzata troppo in
quanto è il contesto stesso ad influenzare i modi d’agire del personaggio.
Originale al massimo, su questo ho davvero poco da dire. Che poi è anche il
motivo per cui ho accettato la storia, nonostante la presenza di un OC. L’idea è
ben strutturata e ben sviluppata, e usare il bambino come occhio esterno su una
battaglia che non comprende fino in fondo è una delle prospettive migliori
sulla battaglia di Hogwarts che io abbia mai letto.
L’inserimento della frase non mi ha convinta del tutto. Ossia, ha un suo senso
in relazione a tutto il contesto, eppure nel punto in cui è inserita mi è parsa
un po’ forzata. Poi può anche darsi che sia solo una mia impressione, ma così
mi è sembrato. Mi complimento comunque per la scelta dell’elemento da
utilizzare che, inserimento o non inserimento, ho trovato consono al tipo di
storia.
E mi complimento anche per la fic nel suo complesso, perché mi è piaciuta
davvero. Ribadisco che l’ho trovata davvero particolare, e l’ho letta tutta d’un
fiato. Triste perché il punto di vista di un bambino su qualcosa di così
insensato come la guerra non può che far venire un groppo in gola, eppure dolce
nel momento in cui incontra Luna, e lei tenta in qualche modo di distogliere la
sua mente da quanto sta accadendo sotto i suoi occhi. Ciliegina sulla torta l’elemento
che dà alla storia il suo titolo, il ravanello della fortuna. Una cosa che mi
ha fatto sorridere e che ho trovato adeguatissimo al modo di pensare della
stessa Luna. Insomma, una bella storia, complimenti!