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Autore: VaniaMajor    18/10/2010    3 recensioni
La battaglia al Monte Hakurei ha posto fine alla vita di Naraku, la Sfera si è dissolta e il futuro sembra sorridere a Inuyasha e ai suoi compagni. Solo per Sesshomaru nulla è cambiato, almeno finché una donna dai misteriosi poteri non compare per magia, sconvolgendo di nuovo la vita di tutti.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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CAPITOLO 7 - UNA MISSIONE DIFFICILE

Rin sbirciava le mosse di Anna con viso afflitto. La sua nee-chan se ne stava andando. La yokai stava dando un’ultima occhiata alla propria camera, accertandosi di non aver dimenticato nulla. Rin avvertì una stretta al cuore. Non sapeva cosa stesse spingendo Anna via da quella casa, lontano da lei.
Non aveva voluto crederci quando Anna, quella mattina, le aveva comunicato con voce gentile che avrebbe tentato di ritornare a casa. Rin le aveva chiesto quando sarebbe tornata al castello, con un gran sorriso. Sapeva che, come Sesshomaru-sama, anche Anna poteva percorrere grandi distanze ad alta velocità, quindi, ovunque fosse la casa di Anna nee-chan, lei sarebbe tornata sicuramente presto.
Anna, invece, aveva sospirato, un sospiro che non le era piaciuto per niente, e le aveva raccontato del luogo dal quale proveniva. Un luogo così lontano che lei non riusciva a immaginarselo.
«Se riuscirò a tornare a casa, non credo che potrò facilmente recarmi di nuovo in questo mondo, Rin-chan. – le aveva detto Anna – Ti porterei con me, ma non ritengo sia il caso di costringerti a vivere in un mondo così estraneo. Ti prego, perdonami, ma è davvero ora che me ne vada.»
Rin aveva pianto, l’aveva supplicata, ma Anna, benché non fosse stata brusca e l’avesse consolata pazientemente, era stata irremovibile. Ora aveva preparato il minimo indispensabile per il viaggio. Entro mezz’ora avrebbe lasciato il Palazzo. Rin lanciò un’occhiata a Misao e Rika, sedute in un angolo con aria triste. Perché nemmeno gli adulti tentavano di fermarla?
Era stato tutto così bello, il giorno prima! Rin era stata così felice di vedere vicini Anna nee-chan e Sesshomaru-sama, sembrava che stessero per realizzarsi i suoi sogni! Ma quella notte era successo qualcosa, Rin se lo sentiva dentro. Non ricordava quasi nulla. Sapeva solo che Sesshomaru-sama si era messo a combattere contro quello yokai dalle orecchie carine che gli somigliava tanto. Anna e Kagome gridavano, poi era svenuta.
Da quando erano tornati, però, gli occhi di Anna erano strani. Sembravano…vuoti. Jaken non aveva voluto dirle niente e Rin pensava che nemmeno lui ne sapesse nulla.
Nessuno…nessuno aiuta Rin a fermarla?” pensò, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni. “Sesshomaru-sama!” Rin si alzò e corse fuori dalla stanza. Anna la seguì con lo sguardo.
«Perdonami, Rin-chan.» mormorò.
Rin corse a perdifiato per i corridoi, evitando di scivolare parecchie volte, quindi si introdusse negli appartamenti di Sesshomaru.
«Sesshomaru-sama! – gridò, vedendolo in assorta contemplazione del giardino oltre la finestra – Sesshomaru-sama, fermate Anna nee-chan!»
Sesshomaru abbassò lo sguardo sulla bambina sconvolta, che lo guardava con occhi imploranti. Le accarezzò distrattamente i capelli. Sesshomaru sapeva che le sue parole non avrebbero fermato Anna. Non poteva dirlo alla bambina, già faticava lui stesso a rendersi conto che le proprie parole, per una volta, non avrebbero avuto peso. Aveva avuto una sola occasione di chiederle di restare e l’aveva perduta. Sì, perché avrebbe dovuto chiedere. Avrebbe dovuto, probabilmente, scusarsi. Cose inconcepibili.
Infatti, quando lei aveva dato voce ai suoi pensieri dicendogli che se ne sarebbe andata, invece di darle ordini o minacciarla di morte se fosse fuggita, tutto ciò che era uscito dalla sua bocca era stato: «Fai come credi.»
E lei stava facendo come credeva, non c’era alcun dubbio.
«Se lei desidera andarsene, che se ne vada.» disse, smettendo di accarezzarle il capo e volgendo di nuovo lo sguardo all’esterno.
«Non fate così! – gridò Rin – Rin è sicura che Anna nee-chan mancherà anche a voi! Perché non la volete fermare?! Se avete litigato, potete sempre fare la pace!»
Sesshomaru fece una smorfia. Cosa ne sapeva Rin? Si rifiutò di rispondere.
«Almeno… – singhiozzò la bimba – Almeno le potreste chiedere di ritornare…»
Sesshomaru avvertì una strana sensazione nel petto. Non gli piaceva vedere Rin così affranta. Se era per quello, non gli piaceva nemmeno che Anna se ne andasse.
«Può sempre ritornare, già…» mormorò. Inaspettatamente, Rin si voltò e corse via. Sesshomaru si oscurò in volto. No. Non le avrebbe mai chiesto nulla. Che quella maledetta femmina testarda facesse come le pareva e la smettesse di complicargli l’esistenza. Era meglio che si allontanasse da lui prima che facesse altri danni.
Poco dopo, Anna era all’esterno del Palazzo. Tutta la servitù che non era altrimenti occupata era uscita per salutarla, Misao e Rika in testa. Mancavano solo Sesshomaru e Jaken, ovviamente. Anna salutò tutti con un sorriso, nonostante non sentisse che freddo nel cuore. Quando fu il momento di salutare Rin, le cose si fecero più complicate anche per lei. Abbracciò la bimba, che non riusciva più a smettere di piangere, e le raccomandò di comportarsi bene con Rika e Misao e di sorridere il più possibile.
«Lui…lui ha detto di ritornare, nee-chan.» le mormorò Rin all’orecchio. Anna la guardò in volto con una strana espressione. Rin trattenne un singhiozzo. «Sesshomaru-sama…ha detto di ritornare.»
Negli occhi di Anna passò qualcosa che Rin non riconobbe, poi la yokai la lasciò. Fece un nuovo cenno di saluto a tutti. Fu allora che si accorse della presenza di Sesshomaru, che la guardava da una delle balconate superiori. Il suo volto divenne duro come il marmo, rivaleggiando in freddezza con quello di lui, quindi gli voltò le spalle. Non voleva più guardarlo in faccia, dopo quello che le aveva fatto. Ritornare? Desiderava solo mettere più distanza possibile tra lei e quel bastardo!
Mi stavo innamorando di lui…” pensò con animo pieno d’ira prima di allontanarsi, lasciando il Palazzo del Signore dell’Ovest. 
Sesshomaru la seguì con lo sguardo fin dove poté, poi gli giunse una risatina.
«Finalmente se ne è andata, Sesshomaru-sama. – ridacchiò Jaken, soddisfatto – Non era che una seccatura. Se siamo fortunati, non la vedremo mai più!»
Sesshomaru tirò a Jaken un calcio così forte da farlo volare dall’altra parte del lungo corridoio. Lanciò un’occhiata terribile al piccolo yokai, che era rimasto a bocca aperta, terrorizzato.
«Se Anna non ritorna, Jaken, – disse Sesshomaru, voltandosi – io ti uccido.»

***

Anna impiegò alcuni giorni per raggiungere la foresta in cui si era ritrovata quando le era capitato quello strano fenomeno sull’aereo, ma molti meno di quanti ne aveva spesi all’andata. Corse il più velocemente possibile, senza mai voltarsi indietro. Il pensiero di Sesshomaru la tormentava, sebbene cercasse di nasconderlo e soffocarlo. Evitò come la peste i luoghi in cui si erano fermati per allenarsi. 
L’immagine di lui che la colpiva, che la trattava come un oggetto, la tormentava giorno e notte. Che stupida era stata! Si era fatta abbindolare, per poi essere ferita. Avrebbe dovuto saperlo che Sesshomaru non l’avrebbe mai…mai…
«Basta!» ringhiò, cancellando il pensiero prima che venisse formulato e accelerando ulteriormente la sua corsa. Era vicina, ormai. Forse un paio d’ore di cammino. Nessuno l’aveva attaccata, rallentando la sua corsa. Probabilmente l’aura di rabbia che la circondava era un deterrente sufficiente per uomini e yokai.
La prima cosa che vide fu il lago. Si fermò sulla riva, guardandosi attorno con aria buia. Su quella sponda aveva incontrato Sesshomaru, la notte in cui era divenuta una yokai. Cantava alla luna, dando sfogo alla tristezza per l’impossibilità di tornare a casa, per la vita che aveva perduto. Poche ore dopo, aveva perduto anche la sua umanità.
«Non ti avessi mai incontrato, maledetto!» sibilò, corrugando la fronte. Le giunse un grido. Si voltò, seccata, sentendo odore di esseri umani. Il villaggio era vicino e due donne si stavano avvicinando al lago, quando l’avevano vista. Anna le fissò con noncuranza, togliendosi dalla spalla la folta coda di capelli dorati. Una di loro era Haneko, quella stupida. 
«Yokai…una yokai…» continuava a ripetere, impietrita per la paura. 
«Esseri deboli e patetici…» cominciò a borbottare, prima di mordersi la lingua. Le sembrava di ripetere le parole di Sesshomaru. La rabbia la riempì di nuovo e Anna sfrecciò via, passando come un lampo accanto alle attonite donne del villaggio e dirigendosi verso la foresta più profonda, dove iniziò la sua ricerca.
Quando si concesse un po’ di requie, era esausta. Aveva passato una notte e un giorno a cercare un buco, uno strappo nello spazio-tempo, qualunque cosa, insomma, l’avesse scaraventata nella Sengoku Jidai. Niente. Nemmeno il suo fiuto l’aveva aiutata. Anna appoggiò la schiena contro un albero, stringendo i pugni e mordendosi un labbro per evitare di dare sfogo alla propria frustrazione. 
«Non posso essere arrivata qui dal nulla.» ringhiò, fissando con astio la vegetazione. Era l’imbrunire, ormai. Da diverse notti non dormiva e la rabbia stava consumando le sue energie. D’un tratto, avvertì qualcosa. Si volse verso sinistra, in posizione difensiva. Tra gli alberi si nascondeva qualcosa che riluceva d’argento.
«Chi sei?» chiese Anna. Non avvertiva alcun odore provenire da quella creatura.
«Non potrai tornare a casa in questo modo.» disse quello, con voce profonda e bella. Anna fece una smorfia.
«Tu mi conosci, altrimenti non sapresti cosa sto cercando. – disse, senza rilassare nemmeno un mignolo – Svela il tuo nome.»
La creatura, qualunque cosa fosse, rimase in silenzio per qualche istante.
«Non puoi tornare. – le disse poi – Sei una yokai, non potresti più vivere in mezzo agli esseri umani. Ti escluderebbero, o ti condannerebbero. Sei diversa. Non ti aggrada per niente vivere qui? Non sei più un essere umano.»
Anna fece un sorrisetto gelido.
«È inutile che tu mi dica… – disse, prima di lanciarsi contro la creatura – cose che so già!» Anna colpì solo il terreno, scavando una buca profonda, mentre la creatura argentata saltava alle sue spalle, più lontano. Anna si voltò, decisa a sfogarsi su quella incauta creatura, ma quel che vide la bloccò sul posto.
Un essere che aveva tutta l’aria di essere un inu-yokai la guardava con aria solenne e triste, a braccia conserte. Capelli d’argento legati in una coda gli svolazzavano alle spalle. I suoi occhi ambrati erano fissi su di lei con espressione grave. Il viso dimostrava una trentina d’anni e presentava tre segni irregolari di un rosso brillante, due sulle guance e uno in mezzo alla fronte. Indossava un’armatura da guerriero imponente e su una spalla gli poggiava una folta coda rossa. La cosa più impressionante era che Anna poteva vedere la vegetazione attraverso di lui.
«Uno… spirito?» mormorò, senza fiato. Quello annuì.
«Io sono Inuken. Somiglio a qualcuno?» chiese lui, con un sorriso appena accennato, notando lo sguardo indagatorio di Anna. La ragazza incassò la testa fra le spalle. Per tutti i demoni, quell’essere assomigliava in maniera impressionante a Sesshomaru e Inuyasha! Sembrava un miscuglio dei due. Come se l’avesse udita, lo spirito annuì.
«È così. Io sono il padre di Sesshomaru e Inuyasha. Sono io ad averti portata qui. Dovevi essere il mio dono a Sesshomaru.»
Anna sentì le gambe cederle. Si sedette per terra, senza lasciare con gli occhi la figura dello spettro.
Il padre di…oh, kami-sama. – pensò, sconvolta – E mi ha portata lui fin quaggiù. Ho l’intera famiglia contro!
«Mi dispiace averti coinvolta in questo…» cominciò lo spettro. Anna si riebbe dalla sorpresa e scoprì le zanne in una smorfia di rabbia.
«Ti…spiace?! – sibilò – Mi hai strappata dal mio mondo! Che motivo avevi per farlo?! Io voglio tornare a casa mia!»
«L’ho fatto per un motivo ben preciso. – la interruppe il demone, con voce da cui traspariva una notevole autorità – Ti chiedo di ascoltarmi senza discutere, poiché ogni minuto che passo qui mi causa la sofferenza di non restare in comunione con lo spirito della mia sposa.»
«Nessuno te l’ha chiesto.» disse Anna, rifiutandosi di essere cordiale. Lo spettro sospirò profondamente.
«Ti riporterò nel tuo mondo, se lo desidererai ancora dopo che ti avrò mostrato ciò che devo. Vorrei che tornassi da Sesshomaru, perché il mio erede ha un grande bisogno di te.» disse. Anna si alzò da terra con espressione sarcastica.  «Capirai molte cose di lui e del suo comportamento avventato. – aggiunse lui – Ti prego, dammi la possibilità di farti vedere qualcosa.»
«Pare che io non abbia molta scelta. – disse, cinica – Avete tutti il vizio di mettere la gente con le spalle al muro.»
«Ti prego, Anna.» ripeté lo spettro, tendendole una mano. Anna si oscurò in volto.
«Fammi vedere ciò che vuoi. – disse, venendo avanti – Ma non cambierò idea.»
Lo yokai sorrise. Il mondo le girò attorno e d’un tratto Anna fu in un luogo che conosceva fin troppo bene. 
«Il Palazzo? – chiese Anna, guardandosi attorno – Mi hai riportato quaggiù?»
Lei e il padre di Sesshomaru erano all’interno del secondo giardino. 
«Non è proprio lo stesso Palazzo.» disse l’inu-yokai. Si udì una risata di bimbo. Anna voltò lo sguardo e vide due bambini rincorrersi. Uno di loro era un ragazzino umano, che rideva spensieratamente. L’altro era un bambino yokai dai capelli bianchi tagliati sulle spalle. Il bimbo umano correva, l’altro aspettava che si fosse allontanato, quindi lo raggiungeva con un balzo. L’umano fingeva di spaventarsi e, ridendo, scappava ancora. 
«Quello è…Sesshomaru?» chiese Anna. L’inu-yokai annuì. Il bimbo yokai non rideva, ma perlomeno sul suo viso c’era un sorriso. Anna scosse il capo. Non avrebbe mai creduto che quel ‘voi umani, esseri inferiori’ avesse mai avuto un amico mortale.
«Gli avevo dato un compagno di giochi. – mormorò l’inu-yokai – Non ero mai a Palazzo. La madre di Sesshomaru era una yokai selvaggia che morì poco dopo la sua nascita in un combattimento. Pensai gli servisse una compagnia. Feci uno sbaglio, però, ad affiancargli un essere umano.»
«Perché?» chiese Anna. D’un tratto, si trovarono in una camera da letto. Anna si coprì immediatamente il naso sensibile con una smorfia. La stanza era impregnata del fetore della morte.
«Perché gli umani muoiono.» mormorò l’inu-yokai.
Sesshomaru era al capezzale del suo amichetto, che era morto da giorni. Gli occhi ambrati del bambino era fissi sul volto in decomposizione dell’umano. Le sue labbra continuavano a ripetere: «Sono solo…sono solo…»
«Kami-sama…» mormorò Anna, impressionata. Lo spettro abbassò lo sguardo.
«Tornai a Palazzo solo quattro anni più tardi. Ero andato in Cina e mi ero completamente dimenticato del figlio che avevo avuto. – disse – Quando tornai, Sesshomaru disprezzava talmente la debolezza degli umani che non voleva nemmeno sentirli nominare. Se ne incontrava uno, lo uccideva subito. Ci teneva a dimostrare la sua forza, la forza yokai che avrebbe sconfitto anche la morte.»
«Per dimenticare il dolore.» disse Anna, con voce atona. L’inu-yokai annuì. 
«Fu colpa mia. Come ciò che avvenne in seguito.»
La scena cambiò di nuovo. Si trovavano davanti alla porta chiusa della Grande Sala del trono. Sesshomaru, ragazzino, stava seduto ai suoi piedi, l’espressione gelida che lo contraddistingueva già sul suo volto.
«Cosa succede?» chiese Anna.
«In questo giorno, presentai Sesshomaru quale mio erede agli altri esponenti della nostra razza. – rispose l’inu-yokai – Essi, però, non seppero tenere a freno la lingua.»
«Hai intenzione di concedere a quel debole scricciolo di succederti?» rombò una voce all’interno.
«Debole scricciolo…» ripeté Sesshomaru, inespressivo.
«Non ho altri figli.» rispose la voce dell’inu-yokai. Anna non poté esimersi dal lanciare a colui che le stava a fianco un’occhiata di fuoco. 
«Andiamo, sembra una femminuccia! È così delicato e placido che fa impressione!» commentò qualcun altro. Ci fu un coro di risa.
«Una…femminuccia?» disse Sesshomaru, passandosi una mano sul volto fine. Fece uno strano sorriso, quindi balzò via.
«Due ore dopo tornò e fece irruzione nella Sala, sbattendo sul tavolo le frattaglie di almeno dieci yokai centenari che aveva ucciso fuori dal castello.» raccontò Inuken. Sospirò gravemente. «Cercava di essere l’erede che avrei voluto. Forte, sicuro, freddo. Era l’unico modo che aveva per ottenere la mia attenzione.»
Anna non parlò, preferendo non esprimere la propria opinione. Inuken sorrise debolmente.
«Forse non ero ancora pronto ad essere padre. Ma non è una scusante. Feci tantissimi errori con lui, fra cui preferirgli Inuyasha senza alcun riguardo.»
«Il figlio della vostra seconda moglie.» mormorò Anna. L’aveva sempre sospettato. Lo spettro annuì.
«Amavo sua madre con tutto me stesso. Non avevo mai provato un sentimento del genere. – disse, perdendosi nei ricordi – Sesshomaru non mi perdonò mai di aver scelto di passare i miei giorni con una debole umana, di aver addirittura concepito un figlio con lei. Ogni sicurezza avesse avuto con la sua nomina ad erede, era stata minata dalla comparsa di quel nuovo bambino. Sesshomaru lo odiò fin da subito. Mi resi conto che avrei dovuto tenerli distanti, ma questo fece un effetto ancora peggiore.»
Ci fu qualche istante di silenzio.
«Poi ebbi la visione della mia morte.» disse.
«Sapevate che…» esclamò Anna. Inuken annuì.
«Feci forgiare le due spade che ora i miei figli portano al fianco, quindi mi ritirai in meditazione per capire a chi affidare l’una e l’altra. – raccontò lo spettro – Vidi che Inuyasha avrebbe salvato vite con la spada della morte e decisi che Tessaiga sarebbe stata sua. E poi…vidi che la spada Tenseiga avrebbe restituito dei sentimenti al cuore di Sesshomaru. Vidi una bambina e una donna. La decisione era presa.»
«E Sesshomaru non la mandò giù.» disse Anna. Inuken sorrise debolmente.
«No, infatti. Il resto lo sai. Ti ho cercata attraverso le dimensioni, per affidarti il compito di restituire i sentimenti a mio figlio. È l’unico modo che mi resta per espiare i miei errori. Ti prego, non abbandonarlo.»
«Non ho intenzione di ritornare! – ringhiò Anna – Sesshomaru ha avuto le sue occasioni per cambiare e le ha sempre sprecate. Sono certa sia lieto che me ne sia andata!»
«Credi?» chiese Inuken. Alzò una mano e una scena si creò a mezz’aria. Sesshomaru la guardava partire. Jaken faceva uno dei suoi acidi commenti e Sesshomaru lo spediva dall’altra parte del corridoio con un calcio.
Se Anna non ritorna, Jaken, io ti uccido.” 
La scena scomparve. Inuken si voltò verso Anna, che era rimasta in silenzio con aria buia.
«Perché io?» chiese la ragazza.
«Perché la tua anima riesce a toccare la sua.» rispose Inuken. Anna non disse nulla. «Rifletti fino a domattina. – le disse, mentre attorno a loro ricompariva la foresta – Se mi chiederai ancora di riportarti nel tuo mondo lo farò. Ma, ti prego, riflettici.» Anna non rispose. Inuken la salutò con un gesto e scomparve, lasciandola sola.
Quando tornò, la mattina dopo, Anna non c’era più.

***

Era ormai la fine di giugno. La vegetazione era un tripudio di vita e su un prato in particolare, da cui si poteva godere la vista di un meraviglioso castello circondato da tre giardini – a meno che non si fosse un essere umano– fiori e farfalle coloravano di un arcobaleno accecante la terra.
Chiunque avesse guardato dall’alto avrebbe però notato una farfalla in particolare, decisamente più grande delle altre, ammantare di oro e azzurro una zona del prato. Questa grossa farfalla era in realtà una yokai di nome Anna…una yokai non poco perplessa, in quel momento.
Anna era sdraiata sul prato, con la veste azzurra e i capelli dorati sparsi sull’erba attorno a lei, mentre guardava il cielo tra il via vai degli insetti che le passavano davanti al viso. In teoria, stava per ritornare al Palazzo di Sesshomaru. In pratica, aveva già passato l’intera mattinata sdraiata lì a riflettere. Conoscere il padre di Inuyasha e Sesshomaru l’aveva confusa. Assistere in prima persona agli avvenimenti che avevano portato un ragazzo già problematico come Sesshomaru a diventare lo yokai gelido e sanguinario che era aveva ulteriormente minato il suo rancore e la sua voglia di tornare a casa.
Sospirò, incrociando le mani dietro la testa. Inutile girarci attorno. Suo malgrado, nonostante il modo in cui la trattava, nonostante il fatto che avesse osato – e qui non si transigeva, aveva osato – picchiarla, Anna si era innamorata senza speranza dell’anima che ogni tanto faceva capolino attraverso i bellissimi occhi ambrati di Sesshomaru. Quello che si nascondeva dietro la terribile armatura che Sesshomaru si era costruito negli anni era così bello e fragile che al solo pensarci le veniva da piangere e sentiva il bisogno impellente di abbracciarlo. Ah, che stupida! Arrossì suo malgrado e si girò su un fianco, accoccolandosi in una posizione fetale.
Inuken aveva fatto bene i suoi conti. Dopotutto, era stato uno yokai infinitamente potente e con un cervello fino per le emozioni degli altri, tratto che non si poteva dire avesse trasmesso ai figli. Secondo Inuken, lei poteva toccare la sua anima. Anna desiderava con tutto il cuore provarci. Proprio per questo aveva lasciato la foresta e si era diretta nuovamente verso il castello. Ora, però, era preda dei dubbi. 
Nonostante avesse deciso di ritentare, non era tanto stupida da volersi mettere totalmente nelle mani di Sesshomaru, sempre che la volesse davvero veder tornare, come le aveva fatto intendere la visione mostratale da Inuken. Era necessario, d’ora in avanti, tenere segreti i suoi sentimenti e quindi utilizzare ogni giorno ciò che aveva appreso mentre era preda all’ira: come celare l’odore delle sue emozioni. Certo, era contro il patto che aveva stipulato con lui, ma ad Anna non importava più. Si era spezzato tutto quando lui l’aveva colpita inducendola a fuggire. Era giusto che fosse Anna a gestire la situazione, ora. 
Se teneva a lei almeno un po’, Sesshomaru si sarebbe reso conto che la cosa era dovuta al suo comportamento. Magari avrebbe tentato di rimediare.
Ah, basta Anna! Sembri una ragazzina con una cotta!” si disse, seccata. Aveva una voglia di vederlo tanto intensa da farle male. Stare lì a rimuginare per tutta la giornata non avrebbe risolto il problema. Meglio darsi una mossa e affrontarlo di petto. Si alzò a sedere di scatto e da poco più in alto si udì un debole grido di donna.
«Un umano?» mormorò Anna, avvertendo il suo odore attraverso quello dei fiori e voltandosi. In cima al pendio da cui partiva il prato, c’era una ragazza dai capelli d’ebano scintillanti al sole che indossava quella che sembrava tanto un’uniforme scolastica e che stava facendo dei cenni di scusa, dicendo: «Ah, mi dispiace! Non volevo disturbare, ma c’era un verme e…»
Le due ragazze si fissarono un istante, sorprese, quindi esclamarono all’unisono:
«Anna!»
«Kagome!»
Anna si alzò in piedi, mentre Kagome correva verso di lei agitando una mano in segno di saluto. Anna scrollò la testa, incredula.
«Kagome, ma che ci fai qui? – chiese, sorridendo – Sei l’ultima persona che mi aspettavo di vedere.»
«Sono con Inuyasha, che è qui da qualche parte. Stavamo cercando… – disse, per poi restare un attimo in silenzio, sorpresa – beh, quello.» Indicò col dito oltre Anna, che si voltò a metà.
«Il Palazzo? Riesci a vederlo coi tuoi poteri di miko?»
«Pare di sì. – disse Kagome, perplessa – Sarà meglio che dia una voce a Inuyasha.» Ciò detto, gridò il nome dello yokai e Anna trattenne a stento una smorfia al dolore intenso che si propagò nelle sue orecchie.
«Ops, scusa! Dimenticavo che anche tu sei una inu-yokai.» disse Kagome, premurosa. Anna sorrise e scrollò le spalle. Inuyasha apparve in quel momento, balzando con sguardo truce da oltre l’orlo del pendio.
«Cosa c’è Kagome? Qualche problema?» chiese. Quando vide Anna, i suoi occhi si strinsero impercettibilmente. «Che diavolo ci fa qui questa donna?» ringhiò, mentre metteva una mano sull’elsa della Tessaiga. Kagome lo tirò per una manica.
«Non fare lo sgarbato! Guarda là, piuttosto!» lo sgridò. Inuyasha rimase sorpreso nel trovarsi davanti il grande castello che era stato la sua casa nei pochi momenti felici dell’infanzia. Quanto tempo era passato da allora…Rimase in silenzio, tenendo la mano di Kagome come per restare ancorato al presente e non farsi portare via dai brutti ricordi di come era stato costretto a lasciare il castello dopo la morte del padre…e di come la madre era morta.
«Per tutti i demoni, quanto tempo è passato…» mormorò, quindi si voltò con aria seccata verso Anna, che era rimasta in silenzio poco distante da loro. «Beh, sei ancora qui? – le chiese, acido – Non vai ad avvertire il tuo prezioso Sesshomaru che sto camminando liberamente attorno alla sua proprietà?»
«Inuyasha! Chiedi scusa!» esclamò Kagome, indignata.
«Feh!» fu tutta la risposta di Inuyasha, che si voltò dall’altra parte a braccia conserte.
«Osuwari.» disse Kagome. In un istante, Inuyasha si trovò con la faccia nel terreno per almeno quattro centimetri. Anna osservò la scena con aria sbalordita, quindi non poté esimersi dal mettersi a ridere.
«Che diavolo ridi?!» ringhiò Inuyasha, la voce soffocata dal terreno in cui era sepolta.
«Te lo sei meritato. – disse Kagome, accovacciandosi accanto a lui con aria corrucciata – Non sono più sicura di voler imparare quell’incantesimo per distruggere il rosario.»
«Ma…Kagome!» protestò Inuyasha, più che preoccupato al solo pensiero di dover tenere quell’aggeggio addosso per tutta la vita.
«Come mai non gliel’hai ancora tolto, Kagome?» chiese Anna, asciugandosi una lacrima mentre tentava di smettere di ridere. Kagome sospirò.
«È un rosario molto tenace. Posso toglierglielo, ma ritorna sempre al suo posto. – spiegò – Sto imparando da Kaede un incantesimo per ridurlo in polvere.» Kagome sembrò ricordarsi qualcosa e batté le mani davanti a sé. «Ah, quasi dimenticavo! Kaede ha detto che ti conosce!» esclamò, mentre Inuyasha riusciva finalmente ad alzarsi a sedere, dando loro le spalle e borbottando qualcosa di, per loro fortuna, intelligibile. Anna sorrise.
«È vero. Kaede ed io ci siamo conosciute quando ero ancora un essere umano.» disse, annuendo. Kagome mandò un gridolino eccitato.
«Allora è vero quello che ha detto! Vieni da un mondo parallelo al nostro! Per quello ci conosci tutti!» disse. Anna annuì, un po’ confusa.
«Beh, più o meno è così. – disse, sorridendo – Sono lieta che si ricordi di me.» Kagome accennò a dire qualcosa, quindi chiuse la bocca, arrossendo leggermente. «Chiedi pure, Kagome.» la incitò Anna.
«Ehm, dunque…non vorrei sembrare invadente, ma…com’è finita con Sesshomaru dopo quella…quella volta?»
«Me ne sono andata.» rispose semplicemente Anna, con un sorriso.
«Oh…» mormorò Kagome, intristita. Inuyasha sbuffò.
«Bah, non ci credo. – disse, voltandosi a metà – Se fosse vero, non saresti ancora qui. Oppure ti ha mandata via lui e tu non riesci a rassegnarti?»
«Su un punto hai ragione, Inuyasha. Non riesco a rassegnarmi. – disse Anna, annuendo – Infatti sto tornando da lui. Non so se vorrà accettarmi ancora, ma non riesco proprio a lasciarlo perdere.»
«Sei una masochista o cosa?!» chiese Inuyasha, disgustato.
«Tu lo ami, vero?» chiese Kagome. Dopo un istante, Anna annuì.
«Feh, questo dimostra che sei davvero fuori di testa!» esclamò Inuyasha, alzandosi in piedi nell’impeto della sua indignazione.
«Inuyasha!» disse Kagome con voce terribile. Anna le pose una mano sulla spalla per tranquillizzarla.
«Hai tutte le ragioni del mondo per odiarlo. – disse a Inuyasha, che si fermò e la guardò con aria truce – E le avevo anch’io. Qualcuno, però, mi ha fatto vedere cosa si nasconde ancora sotto la lastra di ghiaccio. Questa persona mi ha chiesto di non lasciarlo e io…beh, non è stato così difficile convincermi.»
«Qualcuno? Un altro idiota che pensa Sesshomaru sia recuperabile?» chiese Inuyasha, acido. Anna alzò un sopracciglio.
«Il suo nome era Inuken.» disse. Inuyasha impallidì.
«Non scherzare su queste cose.» mormorò, quasi senza voce.
«Non lo farei mai.» disse Anna. Kagome li guardò alternativamente, perplessa.
«Inuyasha, chi è Inuken?» chiese. Inuyasha abbassò gli occhi e strinse i pugni.
«Era…Inuken è il nome di mio padre.» disse. Kagome rimase a bocca aperta. 
«Ma…tuo padre è morto! Abbiamo visitato la sua tomba, quando Sesshomaru voleva rubare Tessaiga!»
«Infatti era solo uno spirito. – disse Anna – Lui è lieto di come tu hai deciso di vivere la tua vita, Inuyasha, ma non riesce a scordare gli errori che fece nel crescere Sesshomaru. Mi ha chiesto di tentare di raggiungere il suo cuore e io vorrei accontentarlo.»
Inuyasha rimase in silenzio per qualche istante, quindi si voltò e si allontanò di qualche passo.
«Feh! Buon divertimento. – disse – Ti aspetta un bel lavoro, non c’è che dire!»
«Credo sia un po’ commosso.» mormorò Kagome, seguendolo con lo sguardo. C’era tanto amore in quegli occhi che Anna avvertì una stretta al cuore. Se lei avesse guardato Sesshomaru in quello stesso modo, era certa che lo yokai non le avrebbe fatto fare nemmeno un passo all’interno del castello.
«Spero solo di farcela. – mormorò Anna – Forse dovrei somigliarti di più, Kagome. Tu hai fatto miracoli, con Inuyasha.»
«No, non è vero.» si schermì Kagome, arrossendo. Le due ragazze si sorrisero, complici.
«Vorrei farvi entrare a Palazzo, ma ho già difficoltà a credere di poterci rientrare io.» sospirò Anna.
«Mi va bene guardarlo. – disse Inuyasha, da lontano – Non vorrei mai avere il naso pieno del disgustoso odore di mio fratello.»
«Come avete ragione, principe Inuyasha.» mormorò qualcuno. I tre si voltarono di scatto verso l’orlo del pendio. Un demone dal corpo di scarafaggio e dalla faccia da uomo sogghignava, osservandoli dall’alto. 
«E tu chi diavolo sei?» chiese Inuyasha, seccato.
«Sono uno yokai a cui piace la giustizia, principe. – disse quello, inchinandosi sul corpo goffo – Sono qui per farvi una proposta interessante.»
«Qualunque cosa sia, non mi interessa. Vattene.» disse Inuyasha.
«Vengo dal lontano Est per portarvi un messaggio del mio Signore, principe. – disse quello, deplorando i suoi modi sbrigativi – È una proposta che vi permetterebbe di prendervi ciò che è vostro.»
Anna prestò immediatamente attenzione oscurandosi in volto, mentre Inuyasha sorrideva con cinismo.
«Se voglio qualcosa, so prendermelo senza bisogno di aiuti non richiesti, grazie.» disse, voltando le spalle a quell’essere invadente. 
«Ma se aiuterete il Signore dell’Est, egli vi donerà il governo di queste terre, principe Inuyasha!» esclamò lo scarafaggio.
«Il Signore dell’Est?» mormorò Anna, corrugando la fronte. Che fosse la fonte degli attacchi subiti recentemente? Lo scarafaggio sorrise con malignità.
«Il mio Signore sa quanto sia sanguinario il figlio maggiore del grande Inuken. Egli vuole destituirlo e portare la pace all’Ovest. Voi potreste governare qui al suo posto.» spiegò lo scarafaggio.
«In parole povere, dovrei fare da vassallo al Signore dell’Est? – disse Inuyasha, con un sorriso strafottente – Bah, nemmeno morto! Governare su un mucchio di terra non mi interessa affatto. Che se ne occupi quell’idiota di mio fratello. Non voglio avere niente a che fare con i vostri giochetti di potere.»
«Ma…principe Inuyasha!» replicò lo scarafaggio, venendo avanti per cercare di convincerlo. Anna si frappose immediatamente tra i due.
«Spiegami bene: cosa vorrebbe fare il Signore dell’Est?» disse allo scarafaggio. Quello si bloccò, incerto. Dalla yokai non proveniva alcuna aura aggressiva, ma si sentiva lo stesso sulle spine.
«Sembri potente, signora. Aggregati anche tu a noi. – cercò di adularla – Presto il nostro esercito sarà completo e allora attaccheremo lo yokai.»
«Spiacente, stai parlando con la persona sbagliata.» disse Anna, pensierosa. Lo scarafaggio fece un paio di passi indietro. «Cosa ne facciamo, Inuyasha?» chiese Anna, voltandosi indietro. Inuyasha scrollò le spalle.
«Fai tu. A me non interessa nulla.» disse lui, scrollando le spalle. Anna sospirò, quindi con un gesto velocissimo staccò la testa di netto allo scarafaggio. «Grazie per le informazioni. Purtroppo non posso lasciarti andare.» disse al corpo defunto.
«Davvero non ti interessa governare, Inuyasha?» chiese Kagome, distogliendo lo sguardo dalla scena cruenta.
«Proprio tu me lo chiedi? – chiese Inuyasha, sorpreso – Ti sembro adatto a fare una cosa del genere? No, grazie. È una delle cose che quel cretino di Sesshomaru non ha mai capito.»
«Inuyasha, Kagome, io devo andare. – disse Anna, lanciando un’ultima occhiata al corpo del demone – Devo avvertire Sesshomaru e poi…beh, vedere se mi permetterà di restare.»
«Ma certo, Anna. Buona fortuna!» disse Kagome, stringendole la mano. Anna accennò un ultimo saluto e fece per andarsene.
«Ehi. – la richiamò Inuyasha, guardando altrove – Nel caso andasse male, tiragli un pugno sul muso anche per me e poi vieni al nostro villaggio. Là, ormai, un demone in più o in meno non fa molta differenza.»
Anna lo guardò, sorpresa, quindi sorrise. 
«Grazie, Inuyasha!»

***

«Jaken-sama! Jaken-sama!» gridò la guardia, avvicinandosi di corsa al galoppino del padrone.
«Che c’è?» chiese il rospo, gongolando. Da quando quella femmina invadente se n’era andata, il suo posto nell’ordine delle cose era tornato quello di sempre.
«Jaken-sama, una fantastica notizia!» disse la guardia, sorridendo. Un sorriso? Jaken fece una smorfia. Non gli piaceva quell’aria allegra nella guardia. Stonava con l’ambiente.
«Che hai da essere tanto allegro? Non fare baccano, o il padrone si arrabbierà.» chiese, acido.
La guardia incassò la testa tra le spalle, accusando il colpo, poi però riprese a sorridere, abbassando solo di poco il tono della voce.
«C’è Anna-sama che chiede di entrare. È alla Prima Porta!» disse. La bocca di Jaken si spalancò. Quella maledetta era tornata?! Doveva farla sparire subito, prima che il padrone avvertisse…
«Apri la porta.» disse una voce fredda. Jaken girò la testa al rallentatore, mentre la guardia correva via, ben felice di eseguire l’ordine. Sesshomaru stava alle sue spalle e lo guardava con aria divertita. «Pare che la tua vita sia salva.» disse, prima di tornare da dove era venuto. Jaken si batté una mano sulla fronte rugosa, sconfortato. Poco dopo, Anna entrò nel suo campo visivo.
«Jaken.» lo salutò appena. Jaken borbottò qualcosa, quindi le fece cenno di seguirla e la accompagnò fino alla stanza del padrone, visto che non poteva fare altro.
Anna entrò, col cuore in tumulto ma la mente più che lucida e attenta a non far trasparire nulla di ciò che sentiva. Sesshomaru era seduto al tavolo utilizzato durante quella tremenda cena con Tetsuya. Kami-sama, la sua vista dopo più di due settimane minacciava di farle cedere le gambe.
Sesshomaru, senza alcun indizio su cosa stesse pensando Anna in quel momento, era preda a sua volta di uno strano sentimento. Era soddisfatto di vederla. No, soddisfatto non arrivava nemmeno alla realtà di ciò che provava. Non sapeva darle un nome, ma quella sensazione gli piaceva lo stesso. Gli piaceva vederla mentre si sedeva all’altro capo della tavola e lo salutava con un cenno del capo.
«Sei tornata.» si sentì dire, prima ancora di aver formulato il pensiero.
«Sono venuta a dirvi una cosa.» disse Anna, sviando l’argomento. Sesshomaru corrugò la fronte.
«Dunque?» chiese. Era indispettito. Anna aveva ancora qualcosa di strano. Da lei sopraggiungevano pochissimi odori. Era ancora arrabbiata con lui.
«Ho scoperto chi vi sta attaccando. Sono sicari del Signore delle terre dell’Est. – disse Anna – Ha intenzione di muovervi guerra e sta preparando un esercito.»
Sesshomaru rifletté sulla cosa. Non aveva alcun timore di quello sciocco, ma non intendeva rischiare che i suoi domini venissero danneggiati. Forse occorreva parlarne alla Grande Famiglia. 
«Quello stupido. – mormorò, sprezzante – Non è riuscito a sconfiggere il padre e tenta col figlio.» Rifletté ancora per qualche istante, quindi tornò al presente e all’atmosfera tesa che si era creata nella stanza. «È tutto qui?» chiese, visto che Anna era rimasta in silenzio. La ragazza annuì e il volto di Sesshomaru si oscurò. Anna era troppo fredda, molto più del solito. In realtà, la ragazza stava aspettando invano che Sesshomaru le chiedesse di restare, o che le desse un minimo indizio che era la benvenuta. Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, Anna si arrese all’evidenza e si alzò.
«Allora, Sesshomaru-sama…» disse.
«Perché sei tornata? Il tuo scopo era avvisarmi?» chiese Sesshomaru. Anna si fermò. «Non desideravi tornare a casa tua?» continuò, imperterrito. Anna si oscurò in volto.
«Mi è stato chiesto di tornare qui.» mormorò. Sesshomaru sollevò un sopracciglio.
«E da chi, di grazia?» chiese, sarcastico. Non certo da lui! Se voleva andarsene, la porta era giusto dietro di lei. Anna fece uno strano sorriso.
«Potremmo dire che è stata Tenseiga.» rispose Anna. Sesshomaru la fissò come se fosse impazzita e la yokai sospirò. «Comunque, sapevo che non sarei stata gradita. Ora me ne vado.»
Si voltò e raggiunse la porta.
«Puoi restare.»
Anna si voltò di scatto. L’espressione di Sesshomaru era fredda come sempre.
«Prego?» chiese Anna.
«Puoi restare. – ripeté Sesshomaru – Se mi chiami per nome. Non mi piace dover ripetere le cose. Ormai dovresti saperlo.»
Anna sorrise e, dopo un attimo, annuì. Le sembrò di sentire il trionfo di Inuken mischiarsi col proprio.
«Allora, col vos… tuo permesso, vado a salutare Rin. Mi è mancata molto.» Ciò detto uscì, lottando con tutte le sue forze per contenere la gioia per quella inaspettata richiesta. Forse c’era speranza di realizzare i desideri di Inuken…e i suoi.
Sesshomaru rimase immobile. Non si era quasi reso conto delle sue azioni. Era come se qualcosa l’avesse spinto a fermarla prima che se ne andasse di nuovo. Il suo sorriso l’aveva riempito di calore. Guardò la spada Tenseiga. Cosa aveva voluto dire Anna? Possibile che…
«Padre…» mormorò, accarezzando distrattamente il fodero della spada che aveva sempre denigrato. Se era sua volontà che Anna rimanesse al suo fianco, che così fosse. Sesshomaru, considerando le sensazioni che la vicinanza della ragazza gli provocava, pensò che non sarebbe stato poi così spiacevole obbedire.
Fu così che Anna riprese il proprio posto all’interno del castello di Sesshomaru. Il suo ritorno fu accolto con gioia da quanti erano riusciti a conoscerla in quei mesi. Da quando la ragazza se ne era andata, tutta la servitù era ripiombata nel terrore del proprio padrone. Si bisbigliava che il cattivo umore del Signore dell’Ovest fosse dovuto alla mancanza della presenza solare di Anna; nessuno, naturalmente, osava fiatare sull’argomento in presenza di Sesshomaru o di Jaken. La vita era una sola, dopotutto.
Ora che la loro hime era tornata, tutto sarebbe andato per il meglio. Perfino il volto del signore del castello pareva più disteso. Il malcontento di Jaken fu soffocato inesorabilmente nella contentezza generale.
Inutile dire che Rin accolse il ritorno di Anna con gioia spropositata. Pianse, rise, la trascinò da Misao e Rika, le quali furono ben felici di vederla, le raccontò tutto quello che aveva fatto, neanche fosse stata via un anno, quindi la sequestrò per l’intera giornata, rifiutando di addormentarsi senza che la sua Anna nee-chan dormisse al suo fianco.
Anna era felice a sua volta. Rin le era mancata molto ed era un piacere stare ancora con lei. In più, constatare di essere benvoluta in quella grande casa l’aveva riempita di un bellissimo calore. Non le era più così difficile considerare il Palazzo la sua nuova casa.
Mentre era sdraiata sul letto, insonne, tenendo ancora la mano di Rin, profondamente addormentata al suo fianco, Anna riportò alla mente il suo colloquio con Sesshomaru. Era sicura che lui non le avrebbe mai chiesto di restare, ma, inaspettatamente, l’aveva fatto. In qualche modo. Ora che ci pensava, non era che avesse chiesto. Si era limitato a esprimere una possibilità. Anna sbuffò. Era tipico di Sesshomaru. In questo modo, non si capiva mai cosa lo yokai pensasse veramente.
Procediamo un passo alla volta. – pensò, chiudendo gli occhi per un attimo – Mi ha permesso di restare. Forse ciò che mi ha mostrato Inuken è la verità, ma non lo scoprirò se gli paleserò i miei sentimenti. Non è ancora pronto per una cosa del genere e io non voglio soffrire.
Ormai sapeva nascondere i propri sentimenti. Probabilmente non avrebbe retto di fronte a forti shock, ma aveva tutto il tempo per lavorarci su. Doveva essere Sesshomaru ad avvicinarsi a lei, non l’inverso. Anna sarebbe stata sempre disponibile e al suo fianco, ma niente di più. Sesshomaru doveva imparare a decifrare i propri sentimenti prima di essere pronto a capire i suoi. E magari accettarli. O condividerli.
«Basta…» borbottò, la voce soffocata dalle mani con cui si coprì il viso. Dall’indomani, le cose dovevano cambiare. Meglio pensare a come aiutare al meglio Sesshomaru per la guerra che si stava profilando all’orizzonte.
Sesshomaru, dal canto suo, aveva notato con una certa dose di stupore l’affetto che pareva legare i suoi sottoposti ad Anna. Il loro sollievo al ritorno della ragazza non era certo passato inosservato ai suoi occhi. Sesshomaru si chiedeva perché. Non gli risultava che i servi avessero mai provato affetto per qualcuno.
Per lui, no di certo. Per suo padre rammentava solo rispetto e lui aveva sempre fatto in modo che questo non mancasse sotto il suo governo. Ma l’affetto? Perché? Da cosa derivava? Era quasi contrariato dal fatto che Anna suscitasse sentimenti del genere negli altri.
Si passò una mano tra i capelli, seccato. Non era il caso di perdersi in simili pensieri. Anna era tornata e qui la questione doveva chiudersi. Aveva recuperato ciò che aveva perduto, forse per l’intercessione del volere paterno, forse perché la ragazza aveva desiderato ritornare. Questo bastava. Sesshomaru aveva intenzione di passare del tempo con lei. Molto tempo. Anna costituiva un mistero dalle mille sfaccettature e ormai Sesshomaru era intenzionato a svelarne ogni aspetto. Quando Anna avesse perso ogni attrattiva, allora Sesshomaru sarebbe stato libero da quella specie di pungolo che gli colpiva il petto ogni volta che pensava a lei.
Piuttosto, c’era una guerra che si stava preparando. Il pensiero non lo riempì della solita soddisfazione, ma nemmeno lo infastidì. Un po’ d’azione, finalmente. Se il Signore dell’Est aveva bisogno di una rinfrescatina alla memoria per quanto concerneva il potere della Grande Famiglia Inu-yokai, Sesshomaru sarebbe stato ben lieto di dargliela.
Ora era necessario studiare le mosse del nemico e stilare dei precisi rapporti riguardo le forze che aveva a disposizione. Sesshomaru non credeva vi fosse dietro nulla di serio, ma era meglio non doversi spossare uccidendo un intero esercito di yokai. Dopotutto, grazie a quel bastardo di suo fratello Inuyasha, non possedeva la Tessaiga. Pensare a Inuyasha gli faceva rammentare l’episodio del pugno con cui aveva colpito Anna, quindi Sesshomaru lo scacciò velocemente.
Doveva mandare delle spie e tenersi pronto. Se proprio le cose fossero andate male e le notizie fossero state peggiori del previsto, avrebbe indetto una riunione speciale a Inuzuka. Sperava di evitarlo, ma, nel caso, si sarebbe fatto accompagnare da Anna. 
Soddisfatto, Sesshomaru chiamò Jaken e gli ordinò di convocare le sue spie migliori.

 

   
 
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