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Autore: Niglia    18/10/2010    3 recensioni
Ottobre, 1878. Parigi.
Il Fantasma dell'Opera non è morto. Anzi, non è mai stato più deciso a vivere di adesso. Accompagnato da dei nuovi piani di vendetta, torna nella città dalla quale è stato costretto a fuggire due anni prima, un uomo vuoto, senz'anima, con solo un nome nella testa che lo spinge a tornare a Parigi, in quello stesso teatro che in fondo è sempre stato il suo regno, la sua casa, perchè non può essere altrimenti...
E così la storia sembra ripetersi, ma c'è sempre qualcosa con cui dimentichiamo di fare i calcoli; possibile che il Fantasma possa trovarsi di fronte ad una ragazza - incredibilmente somigliante alla sua antica musa - capace di risvegliare in lui quel qualcosa che credeva essere morto per sempre?
In uno strano miscuglio di passato e presente, la strana vicenda del Fantasma dell'Opera sembra continuare a stupire e terrorizzare anche attraverso il tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapitre 22

La nuova Margherita

 

 













 

 

 

 

 

 

    «C’è qualcosa che ti turba, ma chère

    La giovane contessa De Chagny si voltò per osservare il marito, abbandonando momentaneamente il ricamo al quale si stava dedicando da tutta la mattina. Rimase per un attimo a guardarlo sorpresa, prima che un tenero sorriso abbellisse le sue labbra e le mani mettessero da parte ago e filo.

    «No, Raoul, va tutto bene.» Rispose, con la stessa voce suadente che solo qualche anno prima aveva fatto vibrare i cuori di mezza Parigi. «Sono solo un po’ stanca dal viaggio.»

    «Siamo rientrati ieri,» replicò il conte, raggiungendola e sedendosi sul divano di fianco a lei. «Conosco quello sguardo: sei preoccupata per qualcosa. Di che si tratta?»

    Christine sospirò, volgendo lo sguardo verso le fiamme che scoppiettavano allegramente all’interno del prezioso camino in marmo che riscaldava il salotto. Era una delle stanze più piccole dell’intero palazzo, e aveva deciso di farla propria dal primo momento in cui vi era entrata: amava l’atmosfera di intimità che sembrava aleggiare in quella piccola sala.

    «È strano essere di nuovo a Parigi,» sussurrò, torturandosi le dita delle mani. «Qui è dove è iniziato tutto… Non credevo che vi saremmo tornati così presto. Non so se devo esserne spaventata.»

    Un muscolo guizzò sulla mascella dell’uomo, come se ciò che la sua sposa stesse pensando – e ricordando – non fosse di suo gradimento: e come avrebbe potuto? Rammentava fin troppo bene quanto entrambi avessero sofferto a quel tempo, per colpa di un mostro. In silenzio le prese le mani tra le sue, stringendole dolcemente, e se le portò alle labbra per posarvi un piccolo bacio devoto.

    «Christine, non vi è alcun motivo per essere spaventata,» le sussurrò, guardandola nelle profondità azzurre dei suoi occhi. «Noi siamo insieme, questo è ciò che conta. Nessuno cercherà più di portarti via da me, e se ciò dovesse accadere combatterò come la prima volta – te lo posso giurare.»

    La ragazza non rispose, limitandosi ad accennare un sorriso che svanì quasi subito. «Lo so, Raoul. So che ormai lui è morto, e non potrà più farci del male.» Tacque un istante, pensierosa, studiando le loro dita teneramente intrecciate. «Vorrei chiederti una cosa,» aggiunse, come ripensandoci.

    «Qualsiasi cosa, amore mio.» Rispose immediamente il marito, deciso a vedere ancora il sorriso sul volto della giovane sposa.

    Christine cercò il suo sguardo, esitante, come se fino all’ultimo fosse indecisa se dirglielo o meno… Ma aveva giurato che non gli avrebbe più nascosto nulla, pertanto non aveva senso tacere oltre. «Io… Desidero rivedere l’Opèra.»

    Gli occhi di Raoul si sgranarono impercettibilmente, mentre si ritraeva dalla contessa come scottato. Non poteva credere che, dopo tutto ciò che era accaduto in quel teatro, dopo quello che era successo a lei, a loro, ella avesse ancora voglia di entrare in quel maledetto tempio della musica! L’uomo si alzò, raggiungendo il camino e posando le mani sull’architrave dando così le spalle alla moglie; la richiesta di Christine gli risultava inconcepibile da comprendere, anche se in effetti nulla poteva più minacciare il loro matrimonio. Il mostro ormai era morto, finito, e con lui erano svanite le sue minacce… Eppure Raoul aveva l’impressione che qualcosa ancora sarebbe potuta accadere. Sarebbe stato troppo perfetto se il Fantasma fosse scomparso per sempre, e i precedenti di quella storia gli suggerivano che una cosa simile non sarebbe potuta accadere. Non così facilmente, ad ogni modo.

    Comunque non gli sembrava il caso di mettere al corrente Christine dei suoi dubbi, poiché non c’era nessuna prova certa che dimostrasse la morte o meno del Fantasma. Prese dei respiri profondi, cercando di dominare la rabbia che ancora, a distanza di tempo, tutto ciò gli causava, e si passò una mano tra i capelli prima di voltarsi nuovamente verso di lei. Dopotutto, si disse, non aveva nessun diritto di impedirle di fare qualcosa che desiderava.

    «Se è ciò che vuoi, Christine, io non mi opporrò.» Disse, benchè quelle parole gli costassero. «Chiederò a monsieur Coleman di accompagnarti, io… Io non me la sento.»

    La giovane contessa si alzò a sua volta, raggiungendo il marito, e passandogli le braccia intorno al collo per stringerlo in un tenero abbraccio. «Ti ringrazio infinitamente, Raoul,» gli sussurrò sulle labbra. «So quanto questo significhi per te.»

    Raoul accennò un sorriso, ricambiando il bacio della moglie. «Quando vuoi andare?» Domandò, sperando che rinviasse la visita ormai all’anno nuovo. Tuttavia la sua risposta non fu quella che si aspettava.

    «Oggi stesso, in realtà. Prima ci vado, prima tornerò a sentirmi meglio…» Rispose, assorta.

    Egli la strinse forte a sé, seppellendo il volto nell’incavo del suo collo e aspirando il suo profumo. «Non voglio che tu vada, ma chère, ma so che è qualcosa a cui tieni molto.» Si scostò leggermente da lei il tanto necessario a poterla guardare in viso, dopodichè riprese. «Andrò subito a parlare con monsieur Coleman. Potete scendere in città subito dopo pranzo, in modo da essere a Parigi per il pomeriggio e qui per cena.»

    «Sei proprio sicuro di non voler venire?» Insistè Christine, aggrottando le sopracciglia. Era convinta che se Raoul l’avesse accompagnata – se avesse affrontato anche lui i demoni di quel passato – avrebbe ripreso a stare decisamente meglio.

    Ma l’uomo scosse sicuro la testa, irremovibile dalla sua decisione. «No, Christine: sento che impazzirei se entrassi nuovamente in quel teatro.» Replicò, portandole dietro l’orecchio una ciocca ribelle. «Vai, non ti preoccupare. Io e Gustave ti aspetteremo per cena.»

    La baciò ancora una volta, dopodichè uscì a grandi falcate dalla stanza alla ricerca del suo uomo di fiducia, monsieur Coleman. Egli si era dimostrato sin da subito molto disponibile nei loro confronti e aveva trattato la contessa con una gentile delicatezza che pochi le avevano riservato, da quando era diventata una De Chagny; pertanto Raoul sapeva che Coleman sarebbe stato l’unico a poter accompagnare con discrezione la nobildonna a Parigi.

    Dopotutto il loro ritorno non era stato ancora reso pubblico.

 

 

***

 

 

    «Ah! Je ris de me voir

    Si belle en ce miroir…

    Est-ce toi, Marguerite, est-ce toi?

    Réponds-moi… réponds-moi vite!»

 

    Mademoiselle Sanders sembrava cantare con una passione nuova, mentre per la prima volta provava un’aria che una semplice solista del coro non avrebbe mai dovuto ambire a recitare – neanche nell’intimità della sua camera da letto. Nessuno ne comprendeva il motivo, eppure quella mattina monsieur Bamdad aveva consegnato a monsieur Reyer, il direttore dell’orchestra, gli spartiti del Faust di Gounod, dandogli espressamente delle direttive riguardanti mademoiselle Giulia e il suo probabile ruolo nell’opera. Nessuno aveva osato mettere in discussione tali disposizioni, eppure, per quanto ella sapesse cantare magnificamente – sembrava quasi un angelo – tacitamente tutti erano convinti che una corista non sarebbe mai potuta diventare una prima donna.

    Le tragedie accadute in passato per una situazione analoga già dimostravano che un tale provvedimento avrebbe minato la fama del teatro – e sicuramente anche la sua fortuna appena ritrovata.

 

    «Ah, s’il était ici!

    S’il me voyait ainsi!

    Comme une demoiselle

    Il me trouverait belle…»

 

    Tutti lo pensavano, eccetto lui, il suo Maestro. Al sicuro dietro la pesante tenda color porpora del palco numero cinque, Erik osservava l’interpretazione della sua giovane allieva senza curarsi dei bisbigli che giungevano da dietro le quinte o dalla stessa platea, sicuro – come sempre – che le sue decisioni in campo artistico e musicale fossero indiscutibili e destinate a trionfare. Non era la prima volta che Giulia cantava quell’aria, egli le aveva infatti fatto provare numerose volte il Faust con la certezza che presto la giovane avrebbe avuto il ruolo che le spettava. Per fortuna la primadonna dell’Opèra non era più quell’inetta di Carlotta Giudicelli – che, a quanto si diceva, era tornata a Milano per ritirarsi a vita privata dopo che il marito, il tenore Ubaldo Piangi, era scomparso in circostanze misteriose – e pertanto egli avrebbe potuto decidere in qualsiasi momento di destituire tale Eva Dolores de Castro, l’attuale soprano spagnola che ricopriva quel ruolo, in qualsiasi momento avesse voluto. Era anche uno dei privilegi che gli appartenevano in quanto direttore artistico, comunque.

    Sospirò, sfiorandosi le labbra con due dita leggere. Era trascorso un giorno intero da quando l’aveva baciata, eppure rammentava perfettamente la sensazione di quella bocca che si schiudeva sotto la sua, il tremito delle sue mani, il suo profumo, il suo corpo… Oh, sarebbe finito per impazzire se non avesse potuto godere ancora di quel contatto così intimo e delizioso. E adesso, vederla sulla scena, gli occhi dei ballerini e dei macchinisti posati su di lei – era riuscita a distoglierli tutti dai loro compiti con il semplice suono della sua voce – era, per lui, un trionfo che non credeva di poter apprezzare così a fondo.

    Forse era dovuto al fatto che ora la considerava davvero sua, in tutte le connotazioni che un simile termine poteva possedere; nessuno avrebbe potuto importunare mademoiselle Sanders senza poi incorrere nelle sue ire. Non gli importava che altri la guardassero: egli sapeva che la giovane non avrebbe mai accettato le loro attenzioni – come aveva dimostrato ciò che era accaduto con monsieur Bamdad – benchè, certo, ancora non avesse neppure accettato le sue. Ma d’altronde era comprensibile: Erik si era impadronito delle sue labbra senza indagare oltre sui suoi desideri, anche se Giulia non aveva urlato né l’aveva cacciato. Come poteva interpretare dunque la sua reazione? Poteva esserci speranza per lui, questa volta?

    Oppure lei aveva ricambiato il suo bacio per pietà?

    No, maledizione, questo non l’avrebbe mai accettato! Strinse con forza i pugni rischiando di ferirsi le sue stesse mani, non fosse stato per i preziosi guanti di pelle nera che non disdegnava mai di indossare. Avrebbe preferito l’odio e il disgusto alla pietà e alla compassione, senza alcun dubbio.

    Mentre era così immerso nelle sue riflessioni, quasi non si accorse che nella platea erano appena entrate due persone che, a giudicare dall’abbigliamento, non dovevano far parte dei dipendenti del teatro. Si trattava di un uomo sui cinquant’anni, al cui braccio era poggiata una giovane donna vestita elegantemente e dai modi nobili e distinti, tipici di un’aristocratica. Erik si sporse leggermente dal suo palco, vedendo senza essere visto: la donna era ancora nell’ombra, il viso rivolto verso il suo accompagnatore e pertanto con le spalle verso i palchi, eppure aveva qualcosa di familiare… I capelli biondi, raccolti in un’acconciatura severa ma morbida che non lasciava libero un solo boccolo, l’abito di foggia preziosa di un leggero turchese dai ricami color panna, che esaltavano il suo incarnato chiaro e l’oro della sua chioma.

    Poi, quando la donna si voltò verso il palcoscenico, avanzando tra le file di poltrone e sedendosi poi in una di esse, Erik dovette trattenere un gemito insofferente, mentre finalmente la riconosceva.

    Eccola là, Christine Daaè… No, pardon, la Viscontessa de Chagny in tutto il suo splendore.

    Strinse gli occhi, sentendosi invaso unicamente dall’ira. Che cosa diavolo ci faceva lì, chi mai aveva richiesto la sua presenza? Era forse l’ultima persona che si aspettava di vedere nel suo teatro, sicuro com’era che non avrebbe mai più osato mettervi piede finchè fosse vissuta. A quanto sembrava, si era sbagliato. Chissà se madame Giry era al corrente del suo ritorno a Parigi? E chissà se l’avrebbe messo al corrente del suo rientro, qualora l’avesse saputo.

    Studiò l’espressione sorpresa e vagamente disorientata della viscontessa, mentre guardava cantare sulla scena quella che poteva essere benissimo sé stessa qualche anno prima. Al di là del colore dei capelli, in effetti, le due donne erano pressochè identiche: entrambe avevano addirittura una sorta di legame con lui. Con un’unica differenza: mentre Christine ormai apparteneva al passato, e non aveva più nulla da spartire con il suo maestro, Giulia era invece il suo presente – e, sperava, anche il suo futuro. Provò una sorta di perversa soddisfazione nel vedere lo smarrimento di Christine, la sua nostalgia, il suo dolore per ciò che aveva perduto abbandonando lui e scegliendo il visconte, ma alla fine decise che non gliene importava più di tanto. Certo, era qualcosa che lo compiaceva, ma nulla di più: perciò si voltò nuovamente verso Giulia, che aveva quasi terminato di provare l’atto terzo del Faust.

 

 

    La contessa Christine Daaè de Chagny era senza parole. Chi era quella giovane che cantava con una voce simile e che le somigliava in un modo così impressionante? Si era dovuta sedere per evitare alle gambe tremanti di cederle, e aveva invitato monsieur Coleman a fare altrettanto. Era forse finita nell’ennesimo incubo? Quella ragazza le ricordava ciò che era stata lei un tempo, seppur per poco, su quello stesso palco: rammentava perfettamente quel periodo della sua vita, prima che accadessero tutti quei disastri che l’avevano costretta poi ad abbandonare il teatro per un altro genere di vita. Non che se ne pentisse, per carità: amava profondamente Raoul. Ma il richiamo della musica e delle scene era qualcosa di tanto radicato in lei che non sarebbe mai riuscita a liberarsene del tutto.

 

    «Ah! Je ris de me voir

    Si belle en ce miroir…»

 

    L’aria terminò dopo un leggero acuto, che fecero guadagnare alla giovane sconosciuta gli applausi del maestro Reyer e dei vari figuranti che l’avevano ascoltata da dietro le quinte. Persino monsieur Coleman non riuscì a resistere all’impulso e battè le mani, ma Christine non riusciva a darsi pace: doveva sapere chi era quella giovane fanciulla, e soprattutto voleva capire il perché di quella straordinaria somiglianza!

    «Monsieur Coleman, vorrei chiedervi un favore.» Sussurrò al suo accompagnatore, chinandosi leggermente verso di lui. Non aveva perso l’abitudine di mormorare quando si trovava dentro quel teatro, forse perché temeva inconsciamente che qualcuno avrebbe potuto sentirla. Probabilmente un vero fantasma, adesso che il suo maestro era morto e avrebbe potuto vendicarsi dal regno dei defunti…

    «Certamente, madame. Di cosa avete bisogno?» Replicò gentilmente l’uomo, non notando l’agitazione della viscontessa – o fingendo di non coglierla. Il suo compito non era certo quello di fare domande.

    «Vorrei sapere chi è quella ragazza, come si chiama.» Disse, indicandogli con lo sguardo la giovane che adesso stava parlando con monsieur Reyer a proposito dell’aria che aveva appena cantato. «E, se è possibile, vorrei conoscerla. Però non fate il mio nome, vi prego… Non ancora.»

    «Come desiderate, madame.» Rispose, accennando un inchino col capo e alzandosi dalla poltrona. Si avvicinò quindi verso la cavea dell’orchestra, chiedendo ad un violinista al momento disoccupato se era possibile interrompere le prove.

    «Ah, attendete un attimo, monsieur. Bisogna domandare al maestro Reyer,» replicò quest’ultimo, indicandogli l’anziando direttore. «Maestro? Qualcuno vi desidera.»

    Scusandosi un istante con mademoiselle Sanders, Gabriel Reyer si voltò verso la platea, cercando colui che il violinista gli aveva indicato con un cenno del capo. «Sì? Desiderate qualcosa?» Chiese, sorpreso: dopotutto, non sapeva chi fosse quell’uomo.

    «Perdonate l’interruzione, ma vorrei conoscere l’identità di questa giovane e bravissima cantante, s’il vous plaît. Sono tornato da poco in città e sono ancora all’oscuro di simili novità.» Rispose galantemente, inchinandosi davanti a mademoiselle Sanders.

    Giulia arrossì e fece per rispondere, ma un gesto delicato di monsieur Reyer glielo impedì: dopotutto, a suo avviso, non stava bene che una fanciulla si presentasse da sola ad un completo sconosciuto.

    «Lei è mademoiselle Giulia Sanders, la nostra nuova promessa del canto.» Replicò l’anziano maestro, con un’espressione alquanto sospettosa. Se non rammentava male, quello era già il secondo straniero che chiedeva della ragazza in così poco tempo. Cosa potevano mai volere da una giovane perbene come lei?

    Monsieur Coleman annuì, accennando un mezzo sorriso. «Lieto di fare la vostra conoscenza, mademoiselle; il mio nome è James Coleman.» Poi proseguì, come se si fosse ricordato in ritardo di una cosa di estrema importanza. «Spero che non mi troverete sfacciato se vi chiedo una piccola cortesia.»

    Giulia scosse la testa, sempre più sorpresa. «Dite pure, monsieur.»

    «La mia signora desidererebbe incontrarvi in privato, quando avete un momento libero,» rivelò, ignorando del tutto le altre persone che stavano tacitamente assistendo a quel piccolo scambio di battute. «Per voi è un problema?»

    «No… Non credo. Quando volete mi trovate qui, monsieur.» Rispose la ragazza, prima di scambiare uno sguardo interrogativo con il maestro Reyer. Quell’uomo aveva avuto sin dall’inizio un comportamento molto paterno nei suoi confronti.

    «Perfetto, riferirò. In tal caso adesso vi lascio alle vostre prove,» disse, inchinandosi per l’ennesima volta. «Buona giornata, mademoiselle. Signori…»

    Diede loro le spalle e raggiunse la Viscontessa che, seduta tra le ultime fila, era rimasta nascosta durante quella breve discussione per evitare di essere riconosciuta. Non appena monsieur Coleman le si fu avvicinato abbastanza da coprirla con la sua stazza, Christine si alzò, e, dato un ultimo sguardo alla giovane sul palcoscenico, si avviò con l’uomo verso l’uscita. Sarebbe andata a trovare Meg e madame Giry un altro giorno, si disse, ora era troppo tubata da quella strana scoperta.

 

 

***

 

 

    Preoccupata, Giulia stava torturando un foglio di carta consegnatole quella mattina da monsieur Bamdad: l’uomo le si era avvicinato dopo le prove con maestro Reyer e, con l’aria di uno che avrebbe desiderato trovarsi in ogni luogo fuorchè accanto a lei, le aveva porto quella piccola nota senza dire una sola parola. Fu solo dopo averla aperta e aver riconosciuto la calligrafia rigida e ordinata vergata con inchiostro rosso, che Giulia comprese di cosa si trattava. Il suo Maestro la invitava ad incontrarlo non più nella cappella del teatro, ma nel palco n. 5: e, questa volta, si era firmato con il suo nome, Erik.

    E adesso che aveva raggiunto il palco iniziava a sentirsi in ansia. Non sapeva cos’altro aspettarsi da lui: dopotutto, quando si erano lasciati il giorno prima, non c’era stato nessun chiarimento da parte sua… Certo, ella gli aveva promesso che da quel momento non sarebbe mai più stato da solo, ci sarebbe stata lei al suo fianco – ma chi poteva dire con certezza che le sue affermazioni non fossero state fraintese?

    Rilesse per l’ennesima volta quel biglietto, come se nelle sue parole avesse potuto trovare una risposta alle sue sempre maggiori domande. Incredibile che le mani che avevano scritto quella nota fossero le stesse che avevano messo fine alla vita di chissà quanti uomini, le stesse che l’avevano stretta in un abbraccio, che l’avevano accarezzata! Come avrebbe potuto sopportare, o ignorare, tutto quel sangue ch’egli sembrava trascinarsi dietro?

    Eppure con me non è mai stato… cattivo, riflettè, facendo avanti e indietro all’interno del palco. Ha mantenuto sempre un comportamento da gentiluomo, a parte… A parte quando mi ha baciata.

    Sentì le guance infiammarsi al ricordo di ciò che era successo – ma soprattutto di come lei gli si era aggrappata e aveva ricambiato il bacio. Aveva cercato di convincersi per tutta la notte che tale reazione era stata dovuta unicamente alla pura e semplice curiosità – dopotutto, che lei avesse memoria, non era mai stata baciata prima, se si escludeva il brusco approccio di monsieur Bamdad.

    Con un sospiro si sedette su di una poltroncina dall’imbottitura color porpora presente nel palco, sventolandosi insofferente con il foglietto ormai spiegazzato. L’attesa non era mai stata più logorante.

    E poi, come già era accaduto tante volte prima di allora, fu acutamente consapevole del suo silenzioso arrivo. Fu come un fruscio, uno spostamento d’aria talmente veloce che probabilmente, se non avesse avuto l’esperienza dalla sua parte, non se ne sarebbe mai accorta. Invece si alzò, guardandosi intorno, aspettando ch’egli rivelasse la sua presenza con un’agitazione diversa da quella che aveva sempre provato.

    «Vi ringrazio di aver accettato il mio invito, Giulia.» Le parole sembrarono provenire dall’oscurità del palco, profonde ed attutite come fossero state avvolte nel velluto, e subito dopo l’uomo si fece avanti, inchinandosi galantemente dinnanzi a lei.

    Ella rabbrividì istintivamente, notando il nuovo ed inspiegabile brivido che le aveva percorso la superficie della pelle al suono di quella splendida voce. «Come mai questo cambiamento, maestro? La cappella non andava più bene per le nostre lezioni?» Domandò, sforzandosi di mantenere un tono fermo e al contempo dolce.

    Erik le si avvicinò ancora di più, arrivando a sfiorarle la gonna con le lunghe gambe avvolte sensualmente in aderenti calzoni neri che la ragazza gli aveva visto unicamente nella sua dimora sotterranea. Dunque egli non era andato da lei nei panni del direttore, ma in veste di fantasma.

    Oh, maledizione, doveva smetterla di pensare simili cose!

    «In realtà oggi non desidero sprecare il tempo che trascorreremo insieme cantando o suonando.» Replicò, addolcendo la voce all’inverosimile; Giulia non comprendeva come riusciva a trasformare quell’accento, mutandolo da minaccioso e terribile a soave e gentile in un battito di ciglia. Era qualcosa che la spaventava e allo stesso tempo la attraeva.

    Decise perciò anche lei di abbandonare i toni distaccati. Si avvicinò all’uomo e gli passò una mano sotto al braccio, annullando così ogni distanza, anche fisica, che v’era tra di loro. «In tal caso che cosa vorreste fare, Erik?» Chiese, accennando un tenero sorriso con una facilità che solo qualche istante prima non avrebbe creduto possibile. Evidentemente stare in sua compagnia si rivelava essere molto più semplice…

    «Fidatevi di me e seguitemi, Giulia – non desidero altro,» le sussurrò all’orecchio, cercando di contenere la gioia che quel contatto improvviso e non richiesto – né tantomeno ordinato – gli aveva procurato.

    Ella l’aveva toccato di sua spontanea volontà, senza che fosse stato lui a domandarglielo!

    La ragazza annuì, allargando il sorriso. Non si era accorta di ciò che stava accadendo nell’animo del suo Maestro, ma forse era meglio così. «Sarà un piacere.»

 



























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AA - Angolo Autrice:
Buona sera, giovani fanciulle! Come va? ^^
Spero di non avervi fatto attendere molto con il capitolo - ad ogni modo questo è solo un capitolo di passaggio, serve per reinserire i De Chagny nella storia, gradualmente. Bene, e adesso cosa succederà? Si accettano scommesse XD
Comunque, voglio ringraziare sydney bristow, aliena e TheMisty910 per aver recensito lo scorso capitolo - grazie mille <3 Inoltre grazie a chi, anche se nell'ombra, continua a seguire la mia storia! Siete davvero tante, ragazze (o ragazzi, perchè np? u.u) non pensavo che questa storia potesse interessare così tanto! Grazie davvero :)
Sto lavorando al prossimo capitolo ma tengo a precisare che ultimamente ho problemi di connessione e di ispirazione - prima del linciaggio, vi voglio rassicurare: continuerò questa storia, non preoccupatevi! :D
Un bacio e un abbraccio, vostra
GiulyRedRose

P.S. Ah! Se vi interessa - non si sa mai - potete trovarmi anche su facebook, dove pubblicherò news e/o spoiler sulle mie storie. Ho bisogno giusto di un pò di tempo per ambientarmi nel nuovo account xD baci a presto! :*
   
 
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