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Autore: F a i r    24/10/2010    2 recensioni
E se la storia che conosciamo, non sia la vera storia? Se ci fossero avvenimenti di cui ignoriamo l'esistenza o se alcune azioni avessero altri moventi?
La storia di Naminé e Roxas forse non è proprio come ce l'hanno raccontata. O forse sono io che ho sempre voluto che fosse così.
"Alzò il capo e disse al suo migliore amico: «Stalle accanto e prenditi cura di lei, d'accordo?»
La sua era quasi una supplica. Dai suoi occhi traspariva una preoccupazione che non sarebbe dovuta esistere in un Nessuno.
Axel rimase sorpreso dal tanto affetto che Roxas aveva per Naminé.
«Sta' tranquillo» promise. «Lo farò»."

PS: Alcune scene che troverete esistono davvero in KHII, mentre altre sono completamente inventate. Enjoy (:
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axel, Naminè, Roxas, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts, Kingdom Hearts II
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Chapter VI: Una sorpresa inaspettata
Naminé era a Crepuscopoli da cinque giorni ormai. Si chiedeva cosa le sarebbe successo e cosa stava succedendo a Roxas e Axel.
La sua stanza, nella vecchia villa della città, era accogliente ed era lampante che DiZ tentasse in tutti i modi di farla sentire a proprio agio.
Il suo compito era monitorare e seguire il processo di risveglio di Sora, che proseguiva molto a rilento senza Roxas. Avrebbe voluto che lui fosse stato lì, ma avrebbe preferito che DiZ stesse alla larga da loro.
Da quando aveva lasciato il Castello dell’Oblio e aveva deciso di restare nel Mondo che Non Esiste insieme a Roxas, DiZ aveva trasferito la capsula di ibernazione di Sora nella vecchia villa. Lì il ragazzo sarebbe sto al sicuro dall’Organizzazione XIII e avrebbe potuto riposare.
Naminé si era ripromessa tante volte di raggiungere Sora, ma aveva sempre rimandato perché non voleva separarsi da Roxas.
Non ho altra scelta si ripeteva spessa.

Si era svegliata da circa un‘ora quando qualcuno bussò.
«Avanti» rispose la ragazza senza espressione: la sua voce era piatta.
Entrò un uomo alto, dalla stazza imponente. Come ormai succedeva spesso, l‘uomo indossava un soprabito nero e il suo volto non era visibile.
«Cosa vuoi Riku?» anticipò Naminé senza che lui potesse proferir parola.
«DiZ vuole vederti subito» rispose Riku. «Ha detto che c‘è una sorpresa per te».
Alla parola sorpresa, Naminé si voltò a guardarlo: qualcosa in lei si era mosso come una molla. Le sorprese di DiZ non erano mai nulla di buono.
Senza farselo ripetere, si alzò e uscì dalla sua stanza, superando Riku che era sulla porta. Scese le scale, voltò a destra due volte e raggiunse la biblioteca. Si diresse spedita verso la libreria sulla sinistra, toccò un libro e una porta poco più in là si aprì con un leggero ronzio.
Varcò la soglia e trovò DiZ: sembrava molto indaffarato.
Era immerso in grandi calcoli e, cosa insolita, la piattaforma di passaggio verso la Crepuscopoli-virtuale era coperta.
«Cosa c‘è questa volta?» chiese Naminé cercando di sembrare calma.
«Oh, sei arrivata» cominciò DiZ. Si voltò ed esordì dicendo: «Rallegrati mia cara. Da oggi il tuo lavoro sarà più facile!» La sua voce era odiosamente lenta e cupa. «Dopo tante ricerche senza esito, sono riuscito ad individuare ciò che ti serviva, l‘anello mancante per permettere a Sora di tornare fra noi». Sembrava molto compiaciuto del suo discorso.
Naminé era davvero preoccupata, questa volta: la descrizione che DiZ stava dando riguardava solo una persona.
L‘uomo si avvicinò alla piattaforma coperta, sotto gli occhi della ragazza. Il suo mantello produceva un fruscio fastidioso, ma ciò che la infastidiva ancor più era non poterlo guardare in volto: l‘uomo portava un serie di bende intorno alla testa che lasciavano visibile solo un occhio color ambra.
Scoprì il passaggio e Naminé trattenne il respiro: Roxas era seduto sulla piattaforma circondata da una lastra di vetro.
Era privo di coscienza e la testa gli ciondolava in avanti. Su uno zigomo era visibile un taglio che non si era ancora rimarginato.
«Rox» mormorò la ragazza. Per lei era orribile vederlo in quello stato, ma DiZ sembrava molto contento: per i Nessuno non avevano ragione di vivere, pertanto uno in più che scompariva, diminuiva i suoi problemi.
«Oh, vedo che vi conoscete già» notò. «Meglio così: eviterete le presentazioni». Rise da solo a quella battuta di poco gusto. La sua risata era profonda, tradiva malafede.
Naminé lo guardò ridere, furente.
«Cosa gli hai fatto?» chiese acida.
«E‘ solo svenuto» rispose lui, sminuendo il problema. «E presto tornerà in Sora e noi non dovremo più occuparcene».
La ragazza rimase in silenzio. Doveva davvero finire così? Destinati per sempre a vivere separati? Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma aveva sperato che non fosse così traumatico.
Nel frattempo era arrivato anche Riku.
«Voglio che sia tu, Naminé, ad occuparti di della reintegrazione di Roxas».
«Te lo puoi scordare!» esclamò Naminé furiosa. «Cos‘è? Una tortura? Una punizione per aver cambiato i ricordi di Sora? Beh, non è colpa mia e se ti aspetti che io mi attenga a quello che dici, potrai morire prima di vecchiaia!» Quando concluse, si rese conto di aver parlato troppo.
DiZ era un tipo che ascoltava qualsiasi cosa, ma poi si vendicava in altro modo infatti si avvicinò alla piattaforma e, spinto un tasto dell‘enorme computer, Roxas sparì nella Crepuscopoli-virtuale.
A quella scena, a Naminé si riempirono gli occhi di lacrime. Si voltò e corse via verso la sua stanza.
Riku, rimasto solo con DiZ, lo osservò da sotto il cappuccio con sguardo truce.
«Potevi evitare di costringerla ad assistere all‘agonia di quel ragazzo» sbottò e si voltò verso la porta.
«Nessuno, Riku! Un essere vuoto non è degno di essere chiamato ragazzo» disse DiZ prima che varcasse la soglia.
Riku si fermò ad ascoltarlo suo malgrado. Non ribatté e uscì.
Naminé era corsa in camera sua; non aveva neanche chiuso la porta e si era accovacciata ai piedi del letto, il volto sulle braccia.
Sentì bussare gentilmente e chiese cercando di mascherare la voce rotta: «Chi è?»
«Sono io, vengo in pace» rispose la voce di Riku. Era di nuovo quella di un ragazzo. «Posso entrare?»
Naminé mugugnò qualcosa che voleva dire “sì”.
«Mi dispiace, Nam» cominciò Riku. Stava azzardando a chiamarla in modo più confidenziale. «Non volevo che assistessi a quella scena».
«Roxas mi chiamava così» notò lei senza guardarlo.
«Oh, scusami» rispose il ragazzo amareggiato. Si avvicinò di più a lei. «Non avevo pensato che potesse darti fastidio».
«No, al contrario» chiarì Naminé. Singhiozzò. «Mi… fa sentire a casa. Potresti toglierti il cappuccio?»
Riku esitò, ma decise di seguire il suo consiglio. Estrasse una fascia nera da una tasca, si tolse il cappuccio e se la legò sugli occhi. Fra qualche sbuffo di fumo, riprese l‘aspetto di un ragazzo.
Raggiunse Naminé e le si sedette accanto.
Lei sollevò il volto dalle braccia e tentò di asciugarsi le lacrime dagli zigomi. «Si dimenticherà di me, vero?»
«Ehm… Forse sembrerà, ma sono certo che non ti dimenticherà mai. Resterai sempre nel suo…» Si interruppe. Forse la parola cuore non era la migliore.
«Non so se Roxas abbia un cuore…» disse Naminé comprendendo l‘origine della sua esitazione.
«Ma ti voleva bene, no?» ribatté Riku. «E anche tu gliene vuoi, vero?»
Naminé si voltò a guardarlo.
«L‘ho capito da come lo guardavi» spiegò il ragazzo. Le sfiorò una guancia con un dito e raccolse una lacrima. «E da questa. I Nessuno normali non amano e non piangono».
Naminé abbozzò un sorriso. «Grazie, Riku».
Il ragazzo sorrise a sua volta. Ma poi ripensò al fatto che era colpa sua se Roxas era lì; il suo sorrise si spense. Volse lo sguardo verso il soffitto. «Nam» disse. «Sono stato io a portarlo qui».
«Che cosa?!» Lo sguardo di Naminé divenne duro.
Non aveva il coraggio di guardarla. «Non credevo che DiZ fosse così perfido. Io… volevo solo rivedere Sora tutto intero» confessò.
L‘espressione di Naminé si addolcì. Axel non avrebbe fatto lo stesso per Roxas?
Sospirò. «Dopotutto era solo una mia stupida illusione. Sapevo meglio degli altri che sarebbe finita così, speravo solo di potermi abituare all’idea...».
Di perderlo.

Riku rimase in silenzio; forse non sapeva cosa dire.
«Seguirai comunque il risveglio di Sora?» chiese esitante.
«Glielo devo» rispose la ragazza. «Ho fatto una promessa».
Il ragazzo sembrò sollevato. Probabilmente credeva che Naminé si sarebbe rifiutata categoricamente di aiutare DiZ anche in modo indiretto. Disse solo: «Grazie, Nam».
Rimasero in silenzio per dei minuti che sembrarono interminabili.
«Se volessi rivederlo un‘ultima volta, mi aiuteresti?» chiese d‘improvviso la ragazza rompendo il muro d‘imbarazzo che li stava separando.
Riku non rispose subito, sembrava in conflitto.
«Va bene, lo farò» decise di rispondere. «E‘ il minimo che posso fare per aver messo te e Roxas in questa situazione».
«Riku!» chiamò DiZ dal corridoio con la sua voce profonda.
Il ragazzo sorrise a Naminé e si alzò. «Devo andare» disse.
«Grazie» disse ancora lei prima che lui sparisse oltre la porta.
«Ti avevo detto di non parlarci» sentì dire da DiZ.
«Aveva bisogno di qualcuno» rispose Riku. «E visto che su di te non si può contare…»
Uno schiocco riempì l‘aria: sembrava il rumore di uno schiaffo.
Riku non disse altro e Naminé sentì i suoi passi che si allontanavano.

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