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Autore: VaniaMajor    24/10/2010    6 recensioni
La battaglia al Monte Hakurei ha posto fine alla vita di Naraku, la Sfera si è dissolta e il futuro sembra sorridere a Inuyasha e ai suoi compagni. Solo per Sesshomaru nulla è cambiato, almeno finché una donna dai misteriosi poteri non compare per magia, sconvolgendo di nuovo la vita di tutti.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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Author's note: Un ringraziamento di cuore a tutti voi che state leggendo Cuore di Demone! Siamo ad un punto critico!

CAPITOLO 9 - TI ODIO

Anna tornò alla grande casa solo verso sera. Il sole era già tramontato. Sapeva che tutti stavano dormendo, recuperando il sonno perduto a causa della riunione, quindi si inoltrò nei corridoi a passo felpato. Sospirò per l’ennesima volta in quella giornata pensando alla propria stupidità nello sperare l’impossibile, quindi aprì la porta della camera che le era stata assegnata.
Poco visibile tra le ombre della stanza, Sesshomaru la attendeva, in piedi, appoggiato a una parete. Volse i suoi occhi ambrati verso di lei.
«Sesshomaru?» disse Anna, incerta. Sesshomaru non era mai entrato nella sua stanza senza che lei fosse presente. Soprattutto dopo il calare del sole. Sesshomaru rimase immobile e in silenzio. Anna si rese conto che qualcosa non andava. C’era troppa tensione nell’aria.
«Sesshomaru, cosa…» iniziò. Sentiva un impulso irresistibile di voltarsi e fuggire.
«Entra e chiudi la porta. – disse Sesshomaru, con voce così fredda da farla rabbrividire – Io e te dobbiamo parlare.»
Il cuore di Anna tentò di compiere un balzo doloroso, ma la yokai riuscì a tenerlo a freno. Cos’avevano da parlare? Sesshomaru era arrabbiato, forse per il suo intermezzo con quella…come si chiamava…Kima? Preparandosi a una sonora sgridata, Anna entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé. Sulla stanza calò un buio profondo e un silenzio altrettanto cupo. Anna sentiva i battiti del cuore scandire il tempo, mentre i suoi occhi rimanevano concentrati sulla figura delineata dai pochi raggi di luce che entravano dalla finestra. Il silenzio di Sesshomaru la metteva a disagio. 
«Senti, mi dispiace per Kima…» disse Anna, tentando di anticipare gli eventi e di sciogliere quella maledetta tensione.
«Sei stata molto furba.» disse Sesshomaru, seppellendo le sue parole sotto una coltre di gelo. Fu allora che Anna cominciò ad avere paura. Qualcosa era terribilmente sbagliato. Non somigliava all’inizio di una delle loro solite schermaglie. Sesshomaru sembrava ancora più distante di quella notte in cui lei era diventata uno yokai, quando erano due sconosciuti.
 «Sesshomaru, non capisco cosa…» disse, con ben poca sicurezza. In realtà, un sospetto terribile le si stava insinuando nella mente.
«Stai zitta. – disse Sesshomaru, cominciando a muoversi verso di lei – Sono stanco di farmi riempire la testa delle tue dannate menzogne umane.» Incapace di muoversi, Anna seguì i movimenti di Sesshomaru, fino a quando lui si fermò davanti a lei. Anna lo guardò in volto e il disprezzo che gli lesse negli occhi le congelò il sangue nelle vene.
«Da quanto tempo?» chiese lui.
«D…da quanto tempo cosa?» chiese Anna. Sesshomaru la afferrò per le spalle, affondandole le dita nella carne con tale violenza che Anna cercò di ritrarsi, spaventata. Cosa stava succedendo? Perché faceva così?! «Mi fai male!» disse, cercando di sottrarsi.
«Da quanto tempo mi nascondi quello che provi?» disse Sesshomaru, in un sibilo pericoloso. Anna smise di reagire, scioccata. 
«Mi hai vista?» disse, quasi senza voce. Sesshomaru sorrise cinicamente e Anna chiuse gli occhi, maledicendosi. Che leggerezza aveva commesso! «Non è come credi…» disse Anna, ma Sesshomaru la strinse più forte, uccidendo sul nascere qualunque cosa lei stesse cercando di dire.
«Non osare cercare scuse, stupida donna. – disse Sesshomaru, mentre i suoi occhi diventavano rossi di furia – Come hai osato ingannare me, il grande Sesshomaru? Con quale coraggio mi hai mostrato la tua faccia menzognera in tutto questo tempo?!»
«Non ti ho mai mentito!» disse Anna. No! No! Perché, perché stava andando tutto a rotoli?!
«Questa non è stata forse una menzogna?!» ringhiò Sesshomaru, scrollandola. Anna scosse il capo, inondandosi il viso di capelli e cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di prendere il sopravvento su di lei. «E io sono stato tanto ingenuo da cadere nella tua trappola! Mi ero quasi…» Sesshomaru smise di parlare di colpo, limitandosi a stringerla più forte. Anna aprì gli occhi di scatto, sbalordita. Sesshomaru…Sesshomaru era così irato perché si era affezionato a lei? Era questo il punto? Pensava che gli avesse mentito quando lo trattava con gentilezza? No, si sbagliava! Il solo pensiero che ora la odiasse le dilaniava il cuore.
«Sesshomaru, ti prego, ascoltami. – disse, cercando di trattenere il tremito della sua voce – È vero, ti ho nascosto i miei sentimenti fin da quando sono tornata a Palazzo, dopo quella…quell'incidente di percorso. Il fatto è che…»
«Non voglio sentire scuse. – disse Sesshomaru, gelido, portandole una mano alla gola – Mi hai arrecato del danno, ma fortunatamente sono ancora in tempo per rimediare.» Si bloccò quando la mano di Anna toccò quella che stava per stringere la sua gola con inaspettata tenerezza. La guardò negli occhi e il cuore smise di battergli. Brillava qualcosa di così intenso, in quegli occhi, da fargli male. Ma non poteva, non poteva essere sincera!
«Sesshomaru, io avevo paura di mostrarti quello che provo. Tu non eri ancora pronto.» disse lei.
«Decido io se sono pronto per qualcosa o meno.» disse Sesshomaru, aumentando la stretta sulla sua gola. Ad Anna sfuggì una smorfia ma non smise di guardarlo negli occhi.
«Non sei pronto nemmeno adesso. – mormorò Anna, quindi gridò con ira mista a disperazione – Credi davvero che mi piaccia non poter essere del tutto sincera con te?!»
Sesshomaru fece una smorfia irata. Quella donna era andata troppo oltre e lui le aveva dato la possibilità di parlare anche troppo. Era andato là per umiliarla e ucciderla, quindi era meglio farla finita. La guardò un’ultima volta, guardò quegli occhi che sembravano forargli l’anima tanto sembravano sinceri…Sesshomaru non capì mai come accadde esattamente quello che seguì.
Anna comprese di essere finita quando l’ira gli balenò sul volto. Chiuse gli occhi, aspettando il colpo finale, troppo disperata per il proprio fallimento per poter anche solo pensare di reagire, quando si sentì sospinta verso di lui. Un istante dopo, le labbra di Sesshomaru si posarono sulle sue, in un bacio violento e appassionato che la lasciò basita.
Sesshomaru la stava baciando?! Anna era troppo sbalordita per pensare coerentemente, ma i suoi sensi di yokai avvertirono tutta la rabbia e la confusione insita in quel bacio, sommandosi alle sensazioni che già la divoravano. Una lacrima le scese sul volto. In quell'istante, Sesshomaru aprì gli occhi di scatto, rendendosi conto del proprio gesto folle, e scagliò Anna lontano da sé, ponendo fine al bacio e dandole le spalle.
Anna, gettata a terra come un mucchio di stracci, rimase dov’era, sconvolta, mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi senza che lei se ne accorgesse. Sesshomaru era disgustato di se stesso. Non aveva mai, mai, perduto il controllo in quel modo. Non solo non l’aveva uccisa, ma l’aveva addirittura…baciata! Quale debole stava diventando?!
«Non voglio mai più vedere la tua faccia.» disse, con voce atona. Se non riusciva a ucciderla, doveva allontanarsi da lei il più possibile.
«Sesshomaru… – disse Anna con voce tremante, alzando il viso per guardarlo – Sesshomaru, ti prego…»
«Se ti presenterai a Palazzo, darò ordine di ucciderti. – disse Sesshomaru, voltandosi e dirigendosi verso la porta – Per quanto mi riguarda, sei già morta.» Con questo, Sesshomaru aprì la porta e uscì.
Anna rimase nella stanza buia a guardare con occhi pieni di lacrime la porta chiusa.
«Non potevo dirti che ti amo. – disse, mentre tutto il suo controllo si scioglieva come neve al sole – E ora mi odi…Non odiarmi…Non odiarmi, ti prego!» Le ultime parole si persero nei singhiozzi che le scossero il petto.
Sesshomaru, nel corridoio, fermò i suoi passi per un istante, come per un ripensamento. Si sentiva vuoto, ma il suo cuore batteva all’impazzata. Tenseiga sembrava pulsare di indignazione al suo fianco. Si toccò le labbra, quindi se le sfregò con ira, cancellando ogni traccia di quel maledetto bacio. Riprese a camminare con decisione, ricostruendo la perfetta armatura di ghiaccio attorno al proprio cuore.

***

Anna passò una notte terrificante. Era disperata e, soprattutto, non aveva la minima idea di cosa fare per porre rimedio al disastro che era successo. Sesshomaru la odiava, ma tutto questo era accaduto perché non aveva capito! Lei lo amava con tutta l’anima!
Poco prima dell’alba, Anna si alzò dal pavimento su cui aveva passato la notte, a piangere e guardare il soffitto. Il suo viso era ancora striato di lacrime, ma Anna non se ne curò. Doveva assolutamente chiarire le cose con Sesshomaru. Non se ne sarebbe andata senza dirgli che lo amava. Sesshomaru non avrebbe cambiato idea, ma lei non poteva sopportare il pensiero di non vederlo mai più, di essere disprezzata in quel modo.
Uscì dalla sua stanza e si diresse, come una sonnambula, verso la stanza di lui. Si avvicinò alla porta, cercando dentro di sé il coraggio per bussare, quando dall’interno le giunsero delle voci. Sesshomaru stava parlando con qualcuno.
«Quindi non è la vostra compagna.» disse questo qualcuno. Anna si bloccò. Non riusciva a collegare la voce alla faccia, ma era certa che quello fosse l’inu-yokai che per primo aveva replicato alla richiesta di farla entrare nella Famiglia. Sesshomaru non rispose, ma l’altro capì e rise.
«Come immaginavo, Sesshomaru-sama. Voi non macchiereste mai la vostra nobile stirpe con una simile creatura.» disse quello. Anna strinse i pugni e si morse un labbro, continuando ad ascoltare.
«Mi sembra ovvio.» disse Sesshomaru, con voce gelida. L’altro ridacchiò.
«Quindi non avete niente in contrario alla proposta che vi ho fatto?» chiese lo yokai.
«Puoi fare ciò che credi.» rispose Sesshomaru. 
«Vi ringrazio, Sesshomaru-sama. – disse l’inu-yokai – Sono a corto di amanti e quella donna andrebbe bene per darmi dei figli. Avrà una lurida anima umana, ma almeno ha sangue demoniaco. In cambio, cercherò di tirare dalla nostra parte i demoni lupo della zona.»
«Ci conto.» rispose Sesshomaru.
La testa di Anna sembrava volesse esplodere, tanto il sangue le pulsava forte nelle vene. Sesshomaru la stava vendendo a quell'inu-yokai!
«Una cosa. – aggiunse Sesshomaru – Se non riuscirai a domarla, ti conviene ucciderla. È una creatura infida e ha abbastanza potere da dare del filo da torcere. Non lasciare che ti sfugga di mano.»
«Sarà mia premura accertarmene, Sesshomaru-sama.» rispose l’altro, sogghignando.
La porta si aprì improvvisamente con un colpo violento. Sesshomaru e il suo ospite si voltarono verso la soglia, sul cui vano, stringendo i pugni e mostrando le zanne in una smorfia d’ira terribile, stava Anna.
«Mi stai vendendo a lui.» ringhiò Anna. Dai suoi pugni chiusi cominciarono a cadere piccole gocce di sangue.
«Si parla del diavolo…» disse l’inu-yokai, fischiando.
«Mi sembrava di averti detto che non volevo più vedere la tua faccia.» disse Sesshomaru, accennando a voltarsi.
«Volevi sapere che cosa provo, Sesshomaru?» chiese Anna, con voce che parve inaspettatamente fonda e inumana. Sesshomaru si voltò di nuovo, perplesso suo malgrado. Si accorse con sorpresa che le zanne di Anna erano più lunghe e che gli occhi le erano diventati dorati. La sclera era blu profondo.
«Datti una calmata. – disse l’altro inu-yokai, stizzito – Se ti trasformi qui, rovinerai il corridoio.»
Anna non lo degnò di un’occhiata, continuando a tenere i propri occhi sul volto immobile di Sesshomaru.
«Vorresti sapere cosa provo ora, Sesshomaru?! – disse Anna, aumentando il volume della propria voce – Ecco, prenditi pure tutto ciò che provo! Prenditelo tutto!» Ciò detto, Anna lasciò che i propri sentimenti fluissero liberamente da lei. Una mostruosa ondata di odio, disperazione e spirito combattivo riempì la stanza, colpendo quasi fisicamente i due occupanti. «Io ti odio, Sesshomaru! – gridò Anna, coprendosi il volto con le mani artigliate in un impeto di disperazione – Ti odio! TI ODIO!»
Con un’ultima occhiata che trafisse Sesshomaru da parte a parte, Anna si voltò e corse via a velocità spaventosa. 
«Stolta donna. – ringhiò l’inu-yokai, correndo dietro ad Anna – Ci penso io, Sesshomaru-sama!»
Sesshomaru era pietrificato. Non poteva credere di aver suscitato una reazione tale in lei. Allora non gli aveva mentito? Lui…si era forse sbagliato? Perché ora aveva reagito così? Non riusciva a sopportare quell'odio così profondo. Era un sentimento altrettanto profondo quello che gli aveva nascosto in quei mesi con tanta cura? Voleva capire, maledizione!
«Anna… – disse, ritrovando parzialmente la voce – Ferma!»
Doveva fermarla prima che combattesse contro gli altri inu-yokai.
Anna corse via, lasciando che il proprio furore prendesse il sopravvento. Il suo sangue yokai pulsava come mai prima, riempiendola di un vigore sconosciuto ed esaltante. Avvertiva l’allarme degli inu-yokai attorno a sé, mentre usciva dalla casa, ma non vi dedicò più di un pensiero. Si sentiva cambiata, più affilata e più grande. Le uniche parole che le solcavano la mente erano odio e morte. Accolse con gioia il rombo di un tuono in lontananza. Con un paio di balzi era già al limitare di Inuzuka, mentre gli animali fuggivano nell’avvertire la sua potente aura demoniaca. Si voltò di scatto, seccata. Un inu-yokai bruno era proprio dietro di lei. Anna lo riconobbe. Era il maledetto che aveva cercato di comprarla a Sesshomaru. Ringhiando, senza rendersi conto di essere ormai radicalmente mutata e di avere alle calcagna tutti gli inu-yokai di Inuzuka, Anna si voltò per dare a quel maledetto la lezione appropriata.
Sesshomaru non poté quasi credere ai suoi occhi, quando, in testa al corteo di inu-yokai in corsa, vide i due contendenti fronteggiarsi. Anna, per la prima volta da quando era diventata una inu-yokai, aveva assunto la sua forma canina. Un gigantesco cane dorato, dal pelo lungo e lucente, gli occhi d’oro con la sclera blu e una grande fiamma blu e oro che si diramava fin sopra le orecchie. L’ira sanguinaria che le brillava negli occhi non lasciava presagire niente di buono. Un lampo balenò sopra la sua testa.
«Anna, fermati! – gridò, accelerando ancora di più la propria corsa – Sei ancora all’interno di Inuzuka!»
Ma Anna, alla vista di Sesshomaru, perse anche quel poco di razionalità che le era rimasto. Quando l’inu-yokai bruno la attaccò, lei gli tirò una zampata che lo fece rotolare giù per il pendio, sradicando alberi che caddero più a valle. Un attimo prima che Sesshomaru la raggiungesse, Anna spiccò un balzo e atterrò sul suo rivale, azzannandolo alla gola e togliendogli tutta l’energia vitale con un solo morso. Sesshomaru si fermò, tra le grida indignate degli altri inu-yokai, vedendo Anna alzare il muso insanguinato al cielo e ululare selvaggiamente, sopra al corpo senza vita dell’inu-yokai.
«Ti ho fatto questo…» mormorò, mentre una breve immagine della ragazza sorridente si sovrapponeva per un istante a quella del mostro sanguinario che aveva di fronte. Anna ululò di nuovo, quindi strappò la testa dell’inu-yokai e la gettò agli altri in segno di dispregio. Con le fauci colanti sangue e l’ira ancora negli occhi, l’inu-yokai che era stato Anna voltò le spalle alla figura bianca di Sesshomaru e corse via.
Sesshomaru rimase immobile, senza quasi avvertire che gli altri inu-yokai stavano ululando con furia, richiamando i loro servi per dare la caccia a colei che aveva macchiato il terreno di Inuzuka. Un’orda di demoni passò sopra le loro teste, all’inseguimento del grande cane dorato. Con un ultimo, grande tuono, iniziò a piovere violentemente.
«Venite via, Sesshomaru-sama. – disse uno degli anziani – I nostri servi saranno sufficienti a punire questa incresciosa azione.»
Sesshomaru non rispose, continuando a fissare il corpo senza vita dello yokai mentre l’acqua lavava via il sangue, scolorendolo. 

***

Il grande cane dorato era stanco.
Li aveva uccisi quasi tutti, finalmente, ma erano giorni ormai che correva e combatteva, correva e combatteva, senza sosta.
Giorni? Quanti? Non lo sapeva. Era importante? No, l’importante era allontanarsi da…da…Non voleva pensarci. Meglio ringhiare, sbranare e uccidere, riempirsi dell’energia di quegli stupidi per compensare almeno un po’.
E quella maledetta pioggia! Incessante, lo accompagnava nella sua (fuga) corsa, come lo accompagnavano quegli stupidi demoni, tanto idioti da non capire quando desistere e ritirarsi. Non fosse stato per la pioggia, il grande cane dorato sarebbe stato rosso del sangue dei suoi nemici. E del proprio, certo. Non poteva dire di non essere mai stato colpito, ma il dolore era meglio che niente. Meglio soffrire che essere morti, o no?
Li aveva spinti fin laggiù (ma dove?), un grande fiume che lo inseguiva. Aveva evitato i villaggi degli esseri umani. Non sapeva perché. Non gli importava degli esseri umani, ma i suoi passi prendevano inevitabilmente la direzione degli spazi aperti, dov’era più difficile fare vittime innocenti.
I demoni non avevano mai attaccato per davvero, desideravano solo stancarlo. Ora che era stanco, però, tutti quelli che non avevano incontrato precedentemente le sue zanne e i suoi artigli l’avevano assalito. Il grande cane dorato non sapeva da quanto stava andando avanti quella battaglia. Sapeva solo che non aveva mai smesso di piovere e che il terreno sotto (i suoi piedi) le sue zampe, era coperto di cadaveri. Azzannò un grosso yokai uccello, spezzandogli la colonna vertebrale di netto, quindi sferrò un paio di zampate, uccidendo una decina di piccoli yokai. Per l’inferno, ma quanti erano?!
«Hiraikotsu!»
Una voce umana? Il grande cane dorato volse gli occhi irati verso la voce. Sì, un umano. Anzi, due. Una femmina e un maschio. Il maschio sembrava un monaco potente. Un grosso boomerang d’osso si fece largo tra alcuni dei suoi assalitori, uccidendoli, per poi tornare nelle mani della guerriera umana. Dannazione, non voleva aiuto dagli esseri umani! Il cane si sfogò su quello che restava dei suoi nemici, mentre il boomerang colpiva ancora. Fu in quel momento, quando anche l’ultimo dei piccoli yokai cadde, che il monaco attivò una barriera attorno al grande cane dorato.
Maledizione! Era troppo debole e provato per resistere. Ma non voleva soccombere. Cercò di forzare la barriera, ma il monaco era potente e (lei) lui era troppo, troppo stanco…
Tornò alla forma umana, cedendo, mentre tutto attorno a lei si faceva sempre più grande…o era lei che era così piccola? Anna cadde in ginocchio al centro della barriera. Attraverso le ciocche bagnate appiccicate al viso, lanciò un’occhiata densa d’odio a quei due umani che l’avevano intrappolata e che ora si stavano avvicinando. Una taijiya con un grosso boomerang e un grande demone gatto al suo fianco, con i capelli scuri raccolti in una coda e un’aria interrogativa negli occhi castani; un monaco giovane nella tipica veste del suo ordine.
«È una donna, Miroku.» disse la taijiya. 
«Vedo, Sango.» disse il monaco, con una punta di divertimento all’occhiata ammonitoria della taijiya.
«Miroku? Sango?» disse Anna, con voce roca per il mancato uso. Sì, non si sbagliava! Erano proprio loro! «Inuyasha e Kagome. – mormorò, sorprendendoli – Li conosco. Lasciatemi andare…lasciate…mi…»
Qualunque cosa volesse dire, non poté finire la frase. Stremata per tutto ciò che era successo, Anna perse i sensi.

***


«Dici che era umana?» chiese il piccolo kitsune, gironzolando attorno al futon con aria circospetta.
«Lo era l’ultima volta che l’ho vista, Shippo.» disse Kaede, alzandosi da terra con movimenti rigidi. Il piccolo Shippo fece una smorfia poco convinta e continuò a scrutare la figura addormentata nel futon, rinchiusa in una barriera spirituale anti-yokai. «Inuyasha e Kagome ne avevano già parlato, non ricordi?»
«Mmh…» brontolò Shippo. Kaede ridacchiò.
«Sei ancora arrabbiato con Inuyasha?» chiese la vecchia miko. Shippo si chiuse in un silenzio offeso e Kaede faticò a non ridere di nuovo. Un paio di settimane prima, Kagome era ritornata nel suo mondo per qualcosa che aveva a che fare con l’onnipresente scuola e Inuyasha l’aveva seguita. Shippo aveva cercato di aggregarsi, ma Inuyasha l’aveva scovato nello zaino di Kagome e l’aveva legato a un albero per impedirgli di seguirli. Kagome, naturalmente, non ne era al corrente, ma Shippo pregustava già la sfilza di osuwari con cui Inuyasha sarebbe stato punito una volta che lui l’avesse raccontato alla ragazza.
Da quando era finita la ricerca dei frammenti della sfera, Inuyasha era diventato fin troppo possessivo nei confronti di Kagome! Che c‘era di male se voleva passare un po’ di tempo con la sua amica?
«Vado a cercare Sango e Miroku-sama. Mi raccomando, se si sveglia vieni subito a chiamarci.» disse Kaede. Shippo annuì e la vecchia miko uscì.
Trovò Sango non molto distante, intenta a esaminare il suo Hiraikotsu. Sentendola avvicinarsi, la ragazza alzò gli occhi su di lei.
«Kaede-sama! Novità?» chiese Sango, sorridendo. Kirara faceva le fusa, accoccolata sulle sue gambe. Kaede scosse il capo.
«Dorme ancora. E non mi sorprende, se la metà di quello che abbiamo sentito corrisponde a verità.»
Sango annuì. Qualche giorno prima, nel villaggio era giunta la notizia che un grande inu-yokai stava facendo strage di demoni, portando con sé una grande massa di malvagità nella sua corsa attraverso le foreste. Sango e Miroku avevano deciso di agire per difendere la popolazione del villaggio in cui risiedevano ormai stabilmente. Si erano preparati a un’aspra battaglia, invece tutto si era svolto molto velocemente e con ottimi risultati. Avevano catturato il cane dorato, stremato, e questo si era rivelato essere una donna. In più, pareva proprio che si trattasse dell’umana diventata demone che viveva al fianco di Sesshomaru da qualche tempo, almeno a giudicare dai racconti di Inuyasha e Kagome.
«Mi dispiace solo che questo sia successo durante l’assenza di Kagome-chan e Inuyasha. – disse Sango, pensierosa – Mi domando cosa abbia spinto quella donna fin qui.»
«E in quello stato, poi. – annuì Kaede – Sembrava che le cose stessero prendendo una buona piega, fra lei e Sesshomaru. Inuyasha aveva saputo che era stata di nuovo accettata nel suo Palazzo.»
«Non è cosa comune che avesse tutti quegli yokai alle calcagna. Dev’essere successo qualcosa di grave.» disse Sango. Si riscosse dalle sue riflessioni. «Piuttosto, Kaede-sama, avevate bisogno di me?»
«Vorrei che tu e Miroku-sama veniste nella mia casa. – annuì Kaede – Lei dorme ancora, ma è da questa mattina che la sua aura sta diventando più potente. Vorrei fossimo tutti lì, quando si sveglierà.» Sango annuì e Kaede si guardò attorno. «E…ehm, dov’è Miroku-sama?»
«Hoshi-sama? – chiese Sango, acida – Dove volete che sia? Starà facendo la corte a metà delle ragazze del villaggio.»
«Che lo respingeranno, come sempre. Non c’è motivo di arrabbiarsi, Sango.» sospirò Kaede, scuotendo il capo.
«Non sono affatto arrabbiata. Hoshi-sama può rendersi ridicolo fino alla fine dei suoi giorni, per quel che me ne importa.» rispose Sango, stizzita. Kirara, avvertendo aria di tempesta, saltò giù dalle gambe della padrona.
«Davvero? – la punzecchiò Kaede – Eppure, ultimamente lo chiami Hoshi-sama solo quando ti fa arrabbiare.»
Le guance di Sango si colorarono di un brillante rosso porpora. Per nascondere l’imbarazzo, Sango si alzò e si sistemò l’Hiraikotsu sulle spalle.
«Quando agisce come un essere umano e non come un pervertito, posso anche considerarlo un amico. – borbottò – Vado a cercarlo, Kaede–sama.»
Kaede osservò Sango allontanarsi con passo deciso e sospirò, scuotendo il capo.
«Benedetti ragazzi. Troppo orgoglio…» Ciò detto, si voltò e si diresse nuovamente verso la propria casa.
Sango trovò Miroku esattamente dove aveva immaginato che fosse: al centro di un gruppo di ragazze ammirate e impietosite. Fece una smorfia. Morta e sepolta la storia del foro del vento, Miroku aveva cominciato a recitare la parte del sant’uomo che per seguire la via del buddismo era destinato a non conoscere mai l’amore di una donna. Improvvisamente, Miroku era diventato l’uomo ideale di tutte le giovani donne del villaggio, decise a strappare l’aitante giovane a quel destino atroce. Non si vuole mai qualcosa finché non ci viene negato…Sango sospirò, seccata. Per quel che ne sapeva, Miroku poteva averne già approfittato innumerevoli volte, anche se lei non l’aveva mai colto sul fatto. Anzi, se non fosse stata così sicura della sua natura di pervertito, Sango avrebbe detto che quella di Miroku era davvero tutta scena.
Vedendolo preso dalla sua parte, con tutte quelle ragazze così carine a fissarlo con sguardi adoranti, Sango si sentì triste tutt’a un tratto. Miroku aveva mai parlato con lei con quei toni pacati, guardandola con quegli occhi gentili? Le guance le si infiammarono di nuovo al ricordo di quando, sul Monte Hakurei, lei gli aveva gridato che sarebbe morta con lui. Stupida, stupida, stupida! Non era cambiato assolutamente nulla nel loro rapporto da allora. Per Miroku lei non aveva alcuna attrattiva. Infatti, era l’unica ragazza a cui non avesse chiesto di dargli un figlio.
«E chi vuole che me lo chieda?!» ringhiò a bassa voce, arrabbiata con se stessa. Accelerò il passo, decisa a sfogare il suo nervosismo su di lui.
Miroku alzò gli occhi dal suo pubblico adorante e vide Sango avvicinarsi con aria scura. Sorrise e fece un cortese cenno di saluto.
«Sango! – la salutò – Mi rechi qualche novità o avevi solo voglia di vedermi?»
Sango si fermò a breve distanza dal gruppetto, distribuendo occhiate assassine a destra e a manca. Le ragazze, intimorite, trovarono subito qualcos’altro da fare e Miroku si fece scappare una risatina nervosa. Sango era proprio nera! Non che gli dispiacesse la sua gelosia, sempre che lo fosse, ma il fatto che si fosse portata dietro Hiraikotsu non era propriamente una bella notizia.
«Kaede-sama ci vuole vedere. – disse Sango, burbera – Crede che la ragazza si sveglierà presto.»
«Perfetto! Sono proprio curioso di sapere cosa può averla spinta fin quaggiù.» disse Miroku, incamminandosi con Sango e facendo tintinnare il suo bastone ad ogni passo. Sango non proferì verbo e Miroku le lanciò un’occhiata preoccupata. «Tutto bene, Sango-chan?» chiese, a metà fra il tono scherzoso e quello preoccupato. Sango faticò a tenere a freno l’imbarazzo nel sentirsi chiamare in quel modo. Ultimamente, Miroku la canzonava chiamandola familiarmente, così Sango era caduta nel vizio di chiamarlo semplicemente Miroku…tranne quando era arrabbiata, certo. Sango era convinta che Miroku l’avesse fatto apposta…
«Tutto benissimo.» disse, lanciandogli un’occhiata ammonitoria. Miroku sospirò, ma non aggiunse altro.
La guardò di nuovo, mentre il suo volto si addolciva nel constatare, per l’ennesima volta, quanto Sango fosse bella. Sospirò ancora. Nonostante avesse fatto di tutto per farla cadere in fallo e mostrargli i suoi sentimenti, Sango resisteva. Miroku cominciava a pensare di essere meno esperto del previsto in quel genere di faccende. Quando stava con Sango, non sapeva come comportarsi e alla fine faceva sempre qualcosa per farla arrabbiare, perché non riusciva a sopportare la tensione che si creava fra loro…e se avesse cercato di prenderla tra le braccia, di sicuro gli sarebbe arrivato l’Hiraikotsu sulla testa, accompagnato dal grido indignato della ragazza che amava. 
«…Hoshi-sama? Miroku?»
Miroku si scosse a fatica dai propri pensieri, accorgendosi che Sango lo stava chiamando da un po’.
«Uh…sì?» chiese, sorridendole. Sango lo guardò come se fosse un essere senza cervello, quindi scrollò le spalle.
«Nulla. – disse – Credevo fossi in pensiero per qualcosa.» D’un tratto, Sango si trovò di fronte gli occhi luccicanti di Miroku, mentre le sue mani erano state fagocitate da quelle di lui.
«Oh, Sango! Eri preoccupata per me?!» chiese Miroku, teatrale. Sango cercò di liberarsi dalla stretta del monaco.
«Io…no! Assolutamente…» cominciò a protestare Sango. Improvvisamente, sentì una mano delicata accarezzarle il fondoschiena. La faccia di Sango divenne di un bel rosso pomodoro.
«HENTAI!»
Il grido e il seguente tonfo del boomerang sulla testa del malcapitato monaco echeggiarono per il villaggio. Kaede e Shippo si scambiarono un’occhiata.
«Direi che stanno arrivando.» disse Shippo. Kaede scosse la testa con rassegnazione.

***

Anna aprì gli occhi.
«Ecco, ecco! Si è svegliata!» disse qualcuno con una vocetta a metà tra l’eccitato e l’impaurito. Anna volse lo sguardo, avvertendo attorno al futon su cui era sdraiata la presenza di una potente barriera. Miroku, Sango e Kaede erano seduti al suo capezzale, attendendo il suo risveglio, presumeva. Shippo era aggrappato a una spalla di Miroku, curioso. Kirara era accovacciata accanto alla padrona.
«Come ti senti?» chiese la vecchia miko. Anna rimase in silenzio per un istante.
«Kaede-sama… – mormorò – Bene. Sto bene. Non avverto dolore.»
«Le tue ferite sono guarite velocemente.» annuì Kaede, mentre Sango e Miroku si scambiavano un’occhiata. La ragazza aveva riconosciuto Kaede, quindi doveva essere davvero la Anna dei racconti di Inuyasha e Kagome. Anna annuì.
«Un privilegio dell’essere yokai. Vi dispiacerebbe rimuovere questa barriera? Sono tornata in me e non ho intenzione di divorarvi.» mormorò.
Miroku corrugò la fronte, notando la totale mancanza di espressione nella voce della yokai, ma annuì e rimosse i sigilli sacri. La barriera si dissolse. Anna si alzò a sedere, constatando con aria distratta di avere i vestiti strappati in più punti.
«Ho fatto parecchia strada.» osservò, spostando di nuovo lo sguardo sugli altri. Sango quasi rabbrividì. La yokai era priva di vitalità. Kagome l’aveva descritta come una ragazza simpatica e forte di carattere. Cosa poteva esserle successo? «Ho ucciso qualcuno?» chiese Anna, sbalordendoli.
«Vuoi dire che…» cominciò Kaede.
«Non ricordi?» chiese Miroku.
«Ricordo poco della mia lunga corsa. – ammise Anna – Vi prego di dirmelo, se lo sapete.»
«Hai fatto una grande strage di yokai sul tuo cammino. – disse Sango, scrutandola – È per questo che siamo intervenuti io e Hoshi-sama.» Miroku si trattenne in tempo dal lanciarle un’occhiata ferita; Sango era ancora arrabbiata con lui. Anna rifletté.
«Rammento gli yokai.» disse.
«Per quale motivo ti inseguivano?» chiese Miroku, gentilmente.
«Ho… – una breve smorfia le solcò il volto – ho commesso un atto per cui alcuni ritengono io debba essere punita. Ho ucciso sul terreno di Inuzuka.»
«Capisco.» mormorò Miroku, riflettendo.
«Noi no, Miroku. Perché non ci spieghi?» chiese Shippo. 
«Inuzuka è terreno sacro per gli inu-yokai, a quanto ne so. È vietato versarvi sangue.» spiegò il monaco.
«E per quale motivo hai contravvenuto a questa regola?» chiese Kaede. Anna sviò la domanda con un gesto svogliato.
«Comunque, non mi riferivo agli yokai. – disse la ragazza – Parlavo di vittime umane.»
«Non lo sappiamo.» rispose Sango, dopo aver scambiato un’occhiata perplessa con Shippo e Miroku.
«Capisco.» mormorò Anna, pensierosa. Si riscosse a fatica. «Kagome e Inuyasha? Non sono qui con voi?» chiese.
«No. Sono dall’altra parte del pozzo.» rispose Shippo, gonfiando le guance in una smorfia seccata.
«Oh. – fu il commento di Anna – Forse è meglio così.» Fece per alzarsi, ma Kaede la fermò.
«Cosa credi di fare? È ancora troppo presto perché tu ti alzi.» la sgridò.
«Lasciatemi andare, Kaede-sama, o vi porterò in casa tutti gli yokai mandati a punirmi.» disse Anna, sottraendosi alla stretta e alzandosi. Le gambe le tremarono, ma trovò la forza di restare in piedi.
«C’entra Sesshomaru, vero?» chiese Miroku. Sango vide il viso di Anna indurirsi percettibilmente.
«Miroku!» sibilò, voltandosi per chiudergli la bocca. Si fermò quando vide la serietà sul volto di Miroku, che non abbassò lo sguardo di fronte agli occhi gelidi di Anna.
«Siamo al corrente di quale fosse la tua situazione. Kagome e Inuyasha, quali nostri amici, ce ne hanno parlato. – continuò Miroku, imperterrito – Era strano ai miei occhi che l’equilibrio tra voi perdurasse. Kagome-sama ti ha descritta come una creatura forte e gentile. Per costringerti a commettere un crimine così deleterio per la tua incolumità, Sesshomaru deve averti fatto qualcosa.» Anna rimase in silenzio, in un clima di tensione insostenibile. «Noi non ti chiederemo nulla. Ma, ti prego, attendi almeno il ritorno di Inuyasha e Kagome. Non ci perdonerebbero di averti lasciata andare via in questo stato.» finì Miroku.
La tensione svanì. Anna rifletté per qualche istante, quindi annuì.
«Va bene, resterò ancora un po’. – mormorò Anna – Siete…davvero delle brave persone.»
Miroku sorrise e Sango gli lanciò un’occhiata sorpresa e ammirata. Sapeva da sempre che Miroku era bravo con le parole, ma la sua abilità non cessava mai di sorprenderla.

 

   
 
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