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Autore: Sara Saliman    24/10/2010    7 recensioni
"Non c'erano Goblin a brulicare per la stanza, questa volta, non c'erano risatine che facessero vibrare le ombre, nè tuoni fuori dalla finestra. Nessun temporale aveva spalancato le imposte con una folata di vento. Ma lui... al chiarore che entrava dall'esterno, lui costituiva la stessa visione allucinata di allora." A cinque anni dagli eventi narrati nel film, una minaccia grava sul Labirinto e sui suoi abitanti. Jareth e Sarah sono costretti a collaborare: lui per il bene del Labirinto, lei per la salvezza dei propri amici. Ma, come sempre, nulla è come sembra!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Nuovo capitolo!
Ho trovato qualche difficoltà a scriverlo, perchè quello che avevo da dire non era semplicissimo da rendere. Spero di essere comunque riuscita a fare un buon lavoro, e vi prego di esternare qualunque perplessità la lettura possa lasciarvi.
Per quanto riguarda Hoggle, mi è stato fatto giustamente notare che non è del tutto IC. Io ormai mi ci sono affezionata e non voglio cambiarlo, ma mi sembra giusto avvertire.
Un grazie particolare va a Lady Stardust, per il suo prezioso lavoro di revisione! :)

Ovviamente: questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.


 
****




Il rosso è il colore del sacrificio, della collera, del delitto, dell'essere uccisi.
Il rosso è anche il colore della vita vibrante, dell'emozione dinamica, dell'eccitazione, dell'eros e del desiderio. (...) Il rosso è la promessa di una prossima nascita.

(Clarissa P. Estès, "Donne che corrono coi lupi")


Conosco le tue strade, dolce città,
conosco i demoni e gli angeli che si affollano
e si posano tra i tuoi rami come uccelli.
Ti conosco, fiume, quasi scorressi nel mio cuore.
Sono la tua figlia guerriera.
Ci sono lettere fatte del tuo corpo
come una fontana è fatta d'acqua.
Ci sono lingue
delle quali sei l'abbozzo
e quando le parliamo
la città compare.

(Elka Cloke, "Questa amara lingua")


Sarah battè con forza le mani sulla sfera. Il vetro tremò ma non si incrinò nemmeno. Lo colpì di nuovo con i palmi aperti, poi con i pugni, ancora e ancora finchè non le dolettero le braccia.
-Non posso crederci! L'ultima volta non è stato così difficile romperlo!-
Hoggle, in piedi fuori dalla bolla, sembrava dimentico di lei. Reggeva tra le dita il pendente del re e lo fissava imbambolato, come non credesse ancora ai propri occhi. La pelle del suo viso, simile alla corteccia di un albero, era spianata dalla meraviglia.
Sarah lo chiamò con urgenza.
-Hoggle, aiutami! Trova qualcosa da tirare!-
Il nano sollevò lo sguardo, trasognato. Il vento che spazzava la pianura faceva ondeggiare i rampicanti che aveva per capelli.
Dopo un lungo istante, aggrottò le sopracciglia filamentose e serrò le labbra.
-No.-
Sarah sgranò gli occhi, sbigottita.
-Come sarebbe a dire, "no"? Jareth è in pericolo, dobbiamo aiutarlo!- Tentò una spallata contro il vetro. -Ahi, che male!-
Hoggle le si avvicinò con lentezza, stringendo il medaglione con tanta forza che le nocche verdi divennero bianche.
-Ma ti sei ascoltata? Parli di Jareth come se fosse il tuo più caro amico di vecchia data! Non ti riconosco più!-
Sarah sbattè le palpebre, senza capire, una mano ancora appoggiata alla spalla dolorante.
-Hoggle... che stai dicendo? Lui è andato da solo a combattere per tutti noi! Dobbiamo aiutarlo: non ne verrà fuori vivo!-
Io l'ho visto!
Il nano le si avvicinò di un altro passo, agitando le braccia simili a rami.
-Tu non capisci! Lo ha fatto perchè sapeva che era l'unico modo per costringerti a seguirlo! Ti ha manipolato, come manipola tutto e tutti!-
-Questo non ha importanza, adesso! Sta davvero rischiando la vita!-
-E allora?- Hoggle sollevò le sopracciglia. -Lascia che la rischi! Che te ne importa? Ti ha fatto del male, ha fatto del male a tutti! Lascia che paghi!-
Le mani di Hoggle tremavano di rabbia, la voce vibrava d'angoscia e di qualcos'altro, che Sarah non seppe, non volle interpretare.
Avrebbe voluto gridare per la frustrazione, ma s'impose di mantenersi calma. Chinò il capo da un lato.
-Non posso credere che sia proprio tu a parlare così.- lo rimproverò con dolcezza. -Il mio Hoggle, che cinque anni fa, pur di aiutarmi, ha rischiato tutto! Come ti saresti sentito se non avessi accettato le tue scuse e non ti avessi dato nemmeno una possibilità?-
Il nano strinse i pugni.
-Non è la stessa cosa! Tu non conosci Jareth come lo conosco io! Lui può farti credere che ti ama, e forse persino lui lo crede, ma non è vero! Niente in lui è fatto per amare!-
-Hoggle, questo tu non puoi saperlo!-
-E nemmeno tu!- gridò il nano, fulminandola con quegli occhi disperati. -Come puoi amare lui? Se dovesse scegliere fra la tua salvezza e quella del Labirinto, Jareth sceglierebbe sempre il Labirinto! E' la sua natura!-
Sarah battè un piede a terra.
-Lo so!-
La sua affermazione parve confonderlo, e lei ne approfittò.
-Jareth non ha mai cercato di farmi credere il contrario! E' l'unica cosa su cui non mi ha mai ingannato! Continui a parlare come se io lo vedessi migliore di quello che è. Non è così. Ma non è nemmeno un mostro! E'... è tutto quello che noi non possiamo permetterci di essere. Manipolatore? Bizzarro? Imprevedibile? Sì, sì, ancora sì. Ma resta il fatto che avrebbe potuto davvero uccidermi, invece mi ha chiuso qui dentro, ti ha lasciato il medaglione ed è andato avanti da solo! Questo non significa niente, non ti ricorda niente? Alle porte della città di Goblin, quando hai rischiato la vita per salvare me, Didiimus, Ambrogio e Ludo, tu ti sei comportato esattamente allo stesso modo!-
Hoggle la guardò con un amore senza speranza.
-Io non voglio che ti faccia del male!-
-Tu adesso mi stai facendo del male.- Sarah sentì la propria voce tremare e deglutì. -Lui deve vivere, Hoggle. Il Labirinto ha bisogno di lui!-
Chiuse gli occhi e lo rivide: Jareth in armatura, terribile e imponente nel buio della sua stanza, Jareth vestito di bianco, che le offriva i suoi sogni in un mondo che andava in pezzi.
Jareth che l'aveva portata in braccio e aveva cantato una canzone che la cullasse nel buio, Jareth e il suo buffissimo orgoglio, Jareth che si sgretolava in silenzio, che le chiedeva se era un mostro, perchè lui non lo sapeva.
Jareth che le lasciava il medaglione e tutto il Labirinto.
Questo re è sempre stato innamorato di te.
-Io.- mormorò Sarah, riaprendo gli occhi. -Io ho bisogno di lui!-
Hoggle serrò gli occhi.
Sollevò un braccio sottile, scagliò il pendente contro la sfera. Sarah si riparò il viso con le mani mentre il vetro si frantumava e una miriade di schegge si depositava sull'erba.
Hoggle le andò incontro. La ragazza avrebbe voluto abbracciarlo, lenire in qualche modo il dolore che gli leggeva in faccia, ma sospettava che lui non lo avrebbe accettato.
-Grazie.- disse soltanto. Si voltò verso le mura. -E ora, al castello.-
-Vengo con te.-
Sarah scosse il capo.
-No. E' come l'altra volta. E' una cosa che devo fare da sola.- tese una mano, raccolse il medaglione da terra.
-Non puoi portarlo con te! Se cadesse nelle mani del Corinzio...!-
-Farò attenzione. Ma il medaglione mi serve.-
Il pendente era più pesante e freddo di come sembrava. Sarah lo contemplò per un attimo, aveva una forma stranissima, a metà fra un triangolo, una falce, due lune intrecciate.
Se lo legò al collo.
E' una soluzione momentanea, pensò. Non è a me che appartieni.
Quando il pendente le scivolò fra i seni, un formicolio la invase, subito seguito da una leggera sensazione di calore. Sentì un tepore risalirle sul volto e istintivamente si toccò la testa: non le faceva più male. Si tolse la benda, si tastò la tempia: non c'era più traccia della ferita. Sarah si guardò: i suoi abiti erano cambiati. La camicia sporca di sangue e i jeans erano spariti: adesso indossava un lungo abito di un rosso vinoso, dalle maniche a campana e la foggia vagamente ottocentesca.
Sarah guardò Hoggle, interrogativa, ma il nano la osservava sgomento, addirittura spaventato.
Protese una mano verso di lui.
-Hoggle, tutto a posto...?-
-Non mi toccare!-
Il nano indietreggiò precipitosamente. La guardò con un misto di paura e tristezza negli occhi.
-Sei ancora tu? sei ancora la mia Sarah?-
La ragazza sentì un brivido correrle lungo la schiena.
-Certo! Chi dovrei essere?-
-Non lo so.- disse il nano, cupo.
Lei avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, ma non c'era tempo.
-Devo andare.-
Gli diede le spalle e cominciò ad avanzare verso le mura.
-Sarah?-
La ragazza si voltò.
Sperò che Hoggle non cercasse di dissuaderla: era così spaventata che trovava già difficile vincere le proprie resistenze. Non era sicura di poter vincere anche quelle del nano.
Hoggle la guardò per un lungo istante.
-Qualunque cosa troverai lì... ti prego, ritorna.-

 

****


La via dell'andata è la via del ritorno, la via dell'andata è la via del ritorno.
La frase del vecchio saggio le vorticava in mente con insistenza, insieme a quella che le aveva detto il Signor Verme.
Niente è ciò che sembra in questo posto.
Mentre avanzava verso le mura, Sarah si rese conto che era la verità e, al tempo stesso, non lo era.
Era strano, ma all'improvviso si sentiva calata nella realtà del Sottosuolo molto più profondamente, così che ogni cosa, anche una semplice frase che conosceva da anni, acquisiva all'improvviso nuove sfumature di significato. O, più probabilmente, quelle sfumature c'erano sempre state, ma Sarah le intuiva per la prima volta solo adesso.
Non è che le cose non siano ciò che sembrano: è che non sono soltanto ciò che sembrano. Ogni cosa qui è esattamente ciò che sembra, e al tempo stesso è anche qualcos'altro.
Come la Foresta, che è una foresta e al tempo stesso è l'insieme delle mie paure.
Come la discarica di cinque anni fa o il cimitero che l'ha sostituita. Erano davvero una discarica e un cimitero, ma erano anche tutti i cambiamenti che ho vissuto.

Mentre camminava verso le mura, Sarah sentiva che si stava muovendo contemporaneamente su due livelli: avanzava nel Labirinto, sì, ma avanzava anche nella comprensione di quel mondo e di se stessa.
Eppure la sensazione che provava non era di sdoppiamento, ma di un'unità perfetta e perfettamente armoniosa.
Era merito del medaglione? Sarebbe accaduto se non lo avesse indossato?
All'improvviso si sentì più vicina a Jareth di quanto fosse mai stata. Per la prima volta vedeva il mondo come lui l'aveva sempre visto: cogliendo non solo ciò che le cose erano concretamente, ma anche ciò che rappresentavano. Il re dei Goblin si muoveva tra i due livelli, ma non apparteneva totalmente a nessuno di essi.
Se è così che lui vive, ora capisco la sua ambiguità di fondo, persino il suo modo di usare le parole.
Sarah avanzò verso il castello e, mentre avanzava, sentiva il Labirinto cambiare.
Non si guardò intorno: non ne aveva bisogno. Era consapevole di ogni singolo dettaglio, come lo era della posizione delle dita della propria mano: come se lei e il Labirinto fossero l'uno il prolungamento dell'altro.
Da qualche parte, nella Foresta, una foglia si copriva di rugiada.
Da qualche parte un fiore sbocciava, un frutto cadeva dall'albero e marciva.
Sarah era la foglia, la rugiada, il frutto, l'albero, la foresta intera.
Era il cielo plumbeo che sovrastava il Labirinto e le mura della città che le venivano incontro, e che sotto il suo sguardo diventavano di ghiaccio e avorio.
Entrò nella città di Goblin.
Le case basse fremettero al suo passaggio, figure nascoste la spiarono dagli usci. Erano creature piccole e sottili, non perfettamente definite, e al posto della testa avevano un nucleo di luce vivida, ma vuota.
Mentre passava, Sarah avvertì i loro discorsi. Non li udì, non proprio, non ne aveva bisogno: lei era contemporaneamente le parole che venivano pronunciate e l'aria in cui i suoni si diffondevano.
E' la nostra regina, quella?
Porta il medaglione! E' la nostra regina!

I sussurri la seguirono per le strade, rimbalzarono da un vicolo all'altro, da un uscio all'altro, ma nessuna delle creature osò avvicinarsi a lei.
Sarah continuò a camminare cercando di tenersi stretta la propria identità, di non perdere se stessa nell'immensità del Labirinto.
Non sono una regina. Sono Sarah Williams, ho vent'anni, occhi verdi, capelli castani, una passione infinita per il teatro e la recitazione.
Sono sempre con la testa fra le nuvole. Amo leggere storie e inventare fiabe. Ho pochissimi amici, ma sono disposta a tutto per loro. Ho un fratello che si chiama Toby, una matrigna di nome Karen che non è poi così male, un padre di nome Robert, una madre di nome Linda...

Continuò come se parlasse a se stessa e al Labirinto intero. E come ogni cosa nel Sottosuolo, anche quei pensieri avevano una duplice natura: erano la sua descrizione, sì, ma anche una preghiera per darsi forza, per non perdere se stessa.
Arrivò alle porte del castello.
C'era una fanciulla seduta sui gradini: aveva capelli d'argento e metà del viso sfigurata dal fuoco. I suoi occhi erano bianchi come lune gemelle.
Teneva in grembo una grossa clessidra: nella camera superiore c'era un uovo, in quella inferiore, ormai semisommerso dalla sabbia, c'era il teschio di un uccello.
Dalla vita alla la morte, pensò Sarah, senza sapere da dove le venisse quell'intuizione.
La fanciulla sollevò il capo verso di lei.
-Ciao, Sarah.-
Sarah sbattè le palpebre.
-Ci conosciamo?-
-In un certo senso.-
La donna aveva denti affilati e bianchissimi. Una strana, macabra bellezza splendeva sul volto per metà sfigurato.
-Il tuo viso.- disse Sarah.- Qualcuno ti ha fatto del male?-
-Nessuno può farmi del male. Ho un messaggio per te dalla mia Signora. Vuoi ascoltarlo?-
Sarah esitò. Di nuovo quel lampo di intuizione dentro la mente, quella sensazione di vedere, di sentire tutto in modo troppo vivido.
-Cosa vuoi in cambio del messaggio?-
La ragazza rise, una risata incredibilmente scomposta.
-Sei intelligente: non per nulla il re dei Goblin ti ama tanto. Il prezzo non ti è dato conoscerlo adesso. Lo pagherai quando verrà il momento.-
Sarah esitò un istante.
-Va bene.- disse in un soffio.
La messaggera chinò il capo da un lato, piantandole in faccia quegli occhi bianchi.
-Il messaggio è questo: "Per salvare il Labirinto, dovrai ballare col diavolo, pronunciare il suo nome e trovare i suoi occhi".-
Sarah si accigliò.
-Il diavolo è Il Corinzio. Ma non conosco il suo vero nome e non ho idea di dove siano i suoi occhi.-
La messaggera sorrise.
-Buona fortuna, Sarah Williams.-
Sarah comprese che non le avrebbe detto altro.
Non sapeva cosa l'aspettasse nel castello, eppure si sentiva stranamente calma.
Trasse un profondo respiro e varcò la soglia.
Nel momento esatto in cui mosse il primo passo, il corridoio si srotolò davanti a lei. Il pavimento di pietra divenne un pavimento di marmo, le pareti nude si coprirono di arazzi.
Sarah avanzò, il cuore le martellava in petto come un tamburo.
Sentiva la realtà intorno a sè cambiare per accoglierla, modificarsi per specchiare la sua anima. Nelle ombre che si addensavano ai lati del corridoio riconobbe un riflesso della propria angoscia; nelle fiaccole che divampavano vivide alle pareti vide tutta la propria speranza.
Strinse i pugni con tanta forza da sentire le unghie contro i palmi. Le parve che il vestito che indossava diventasse di un rosso più scuro.
-Jareth, sto arrivando. Resisti!-
Sospirò, e l'intero castello parve sospirare con lei.
Fece un giro su se stessa, gli arazzi le vorticarono intorno in un caleidoscopio di colori aranciati.
Sarah sfiorò il pendente.
-Basta corridoi. Voglio trovare Jareth!-
Intorno a lei si levò un vento improvviso: portò con sè un gelo titanico, antico, come venisse dalle profondità degli abissi o dagli spazi sconfinati fra le stelle.
Le fiaccole si spensero.
La sala, il castello, il Labirinto intero svanirono: ogni cosa sprofondò in un'oscurità innaturale, impensabile nel Sopramondo: risucchiava i colori, ma lasciava intatta una luminosità livida, così insopportabile da ferire gli occhi.
Forse, pensò Sarah, è così che una persona cieca dalla nascita immagina la luce. Forse è così che il Corinzio immagina la luce.
Abbassò lo sguardo. Le sue mani avevano il candore eburneo delle ossa, la sua veste era fatta di sangue, adesso, e grondava rosso sull'oscurità che aveva inghiottito il pavimento.
Sarah si impose di restare calma. Respirò piano, le ciglia abbassate, le mani contro il fianco per non tradire il tremito che le scuoteva.
-Fatti vedere.- sussurrò. -So che ci sei.-
L'uomo si materializzò dal buio dinanzi a lei. Il candore della sua pelle, dei suoi capelli, della sua maglietta, faceva da perfetto contrappunto a quella strana oscurità luminosa. Il Corinzio teneva le mani lungo i fianchi e le ciglia abbassate: un sorriso di innegabile soddisfazione gli incurvava le labbra piene.
-Ti ho aspettato a lungo, Sarah Williams. Sono felice che tu sia qui, finalmente.-
Sarah si impose di non indietreggiare. Sollevò il mento: un gesto che, mentre lo compiva, le ricordò con violenza il re dei Goblin.
-Dov'è Jareth?-
-Non devi più preoccuparti di lui. Non potrà più farti del male.-
Sarah sentì la bocca arida.
-Non mi ha mai fatto del male.-
-No, certo. Ma avrebbe potuto.-
La ragazza deglutì.
-Cosa gli hai fatto?-
Il Corinzio tese le braccia verso di lei, le prese il viso fra le mani. Sarah trattenne il fiato: di nuovo quella sensazione di insetti brulicanti contro la pelle, quella repulsione che le uncinava lo stomaco e minacciava di rivoltarle le viscere. Si impose di resistere.
-Cosa hai fatto a Jareth?- insistette.
-Nessuno ti farà mai più del male, Sarah Williams. Io non lo permetterò.-
La ragazza si ritrasse bruscamente.
-Parli come in un film di serie zeta! Perchè continui a chiamarmi per nome?-
-Perchè posso.-
-No, non è...-
(Dovrai ballare col diavolo, pronunciare il suo nome)
(Ogni cosa qui è se stessa, ma è anche ciò che rappresenta)
Sarah sgranò gli occhi.
La fiaba di Rumplestiltskin, "La storia infinita", persino "la città incantata"!
-Un nome non è soltanto un nome! Nelle fiabe, i nomi hanno un potere! Qui nel Sottosuolo, conoscere e pronunciare il mio nome ti da potere su di me!-
Il Corinzio fece una smorfia. Le parole di lei sembrarono fargli un male fisico.
Le posò le mani sulle spalle.
-Io voglio solo proteggerti.-
Sarah non cercò di divincolarsi, rimase dov'era sopportando quel senso di gelo insinuarsi sotto la pelle.
-Jareth ha sempre detto che tu sei parte di me...-
-Zitta!-
-...e che sono IO ad avere potere su di te, non viceversa.-
-HO DETTO ZITTA!-
L'uomo la spinse lontano, Sarah barcollò all'indietro, ma riuscì a mantenere l'equilibrio. Lo guardò attentamente. A parte l'analogia con il personaggio di Sandman, nessun particolare in lui le lasciava capire chi o cosa fosse.
A meno che...
Una stilettata di gelo le trafisse le costole.
C'era solo una cosa di lui che non aveva mai osato guardare.
-Apri gli occhi!- sibilò.
Il Corinzio chiuse le mani attorno ai suoi polsi. Un tremito gli scuoteva le dita.
-Se mi guardi negli occhi, morirai.-
Sarah rabbrividì.
La via dell'andata è la via del ritorno. Niente è
(solo)
ciò che sembra.
Ogni fibra del suo corpo gridava "scappa". La ragazza strinse i pugni e fece un passo avanti.
-Apri gli occhi. Te lo ordino.-
Il Corinzio sollevò le palpebre.
Sarah si aspettava che quell'oscurità senza fondo le balzasse addosso.
Invece fu lei a precipitarvi dentro.

 

****

Il vestito di Sarah è più o meno come questo, ma interamente rosso.

Devilcancry: Lady Stardust ed io stiamo pensando di fondare un fanclub dove verranno tenuti nella massima considerazione il pacco e il letto di Jareth X) Mi pare di capire che possiamo contare anche sulla tua partecipazione! :D

ShinigamiNoir: grazie bedda! La canzone è quella per cui ti avevo chiesto consiglio tempo fa. Siamo in molti ad amarla, pare. Sono contenta che il tutto ti sia piaciuto :)

Daydreamer: grazie cara! sono contentissima che questa svolta dei personaggi ti sia piaciuta :) i litigi tra i due erano necessari a chiarirsi, e i chiarimenti servivano ad arrivare a questo. E poi, in fondo, secondo me l'amore non è bello se non è litigarello ;) Per l'ispirazione che latita non so che dirti. Per quel che vale, quando ho un calo di ispirazione io cerco di scrivere comunque, perchè so che se mi fermo mollo tutto. Ognuno ha il suo modo di affrontare la cosa, ovviamente, ma spero tanto di trovare presto un tuo capitolo!

Misfatto: uff, tutti che ce l'avete col Corinzio X) Scherzi a parte, grazie per i complimenti e per la fiducia :)

Lady Stardust: hai centrato in pieno! Era esattamente a questo che mi serviva il dolore ed era esattamente questo il tipo di eroismo che Jareth doveva trasmettere! Cinque anni di classico lasciano il segno, eh X)

Halina: mi spiace per i tuoi ritmi sonno-veglia, ma ammetto che sentirmi dire che questa piccola FF ti ha tenuto sveglia fino alle 3 di notte mi ha riempito di soddisfazione e di gioia! :D
E grazie per questa frase: "il rapporto tra Sarah e Jareth è stupendo, senza sentimentalismi o vittimismo, dignitosi e credibili in ogni istante, uniti da un legame che va ben oltre l'apparenza".
Davvero: sono cose che qualunque autore sogna di sentirsi dire, e scrivendole mi hai reso incredibilmente felice! :)

FleurDeLys: Quando ho letto "chioditerapia" sono morta dalle risate X) L'evocazione di Srek era un rischio concreto, che purtroppo faceva parte del gioco (o della canzone?). Tra l'altro questa cosa mi ha portato a chiedermi come sarebbe un crossover tra i due film :) Pauuura, eh? ;)

Daliakate: benvenuta su questi lidi e grazie per la rece! Come vedi, il capitolo non si è fatto aspettare troppo :)

   
 
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