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Autore: Iurin    26/10/2010    2 recensioni
Un probabile seguito de "La fabbrica di cioccolato!" .....propongo di fare una ola a Willy Wonka!!! xD
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Elly_93: ahahahahaha tu sei tutta matta, lasciatelo dire! XD XD XD Adesso pure Wonka è diventato uno zozzone? Ahahahahaha ma in fondoè un pò (ma solo un pochino) colpa mia, se lo è...e dato che io sono perversa dentro....un'allusione a qualcosa ce la dovevo mettere per forza! Ahahahahahah intanto di lancio un bacio mon amour intriso solo di un minimo di affetto. Esatto un minimo. Problemi? Ciccia! XD XD

 

Una piccola…insignificante…minuscola…bugia.


“Sparita?!” chiesi preoccupata.
“Sì, sparita!” esclamò Wonka “come può non essere più qui?”
“Evidentemente era questa la cosa che cercava l’autore del disastro di prima.”
“Sì, ma chi è? Questo è il punto. E poi come ha fatto ad entrare? Che ne sapeva lui dell’esistenza della wonkavite?”
Stava andando in tilt, era ovvio. E sinceramente ne aveva tutte le ragioni: qualcuno era penetrato a casa sua cercando qualcosa di preciso!
“Una cosa alla volta.” Dissi “Chi era a conoscenza della sua invenzione?”
Ahah! Sembravo un detective!
“Nessuno lo sapeva!” mi rispose Wonka “Le pare che sono il tipo che sbandiera ai quattro venti i suoi segreti?”
“Ma magari ha dato qualche anticipazione su questa nuova caramella a un giornalista.”
“Perché avrei dovuto?”
Uffa! Possibile che non c’arrivasse?
“Per pubblicità, no?” dissi.
“Ah no!” fece lui con sicurezza.
“E perché?”
“N° 1: la wonkavite non è una caramella; n° 2: non penso che la metterò in vendita, ergo non ho fatto alcuna anticipazione, ergo questo qualcuno è, non si sa come, un tipo super informato.”
La conversione finì così, anche perché non sapevamo veramente che pesci pigliare. Uscii di lì dopo aver salutato Wonka e dopo che lui mi ebbe promesso che se gli fosse venuto qualcosa in mente mi avrebbe contattato. Devo dire che ero un po’ scombussolata a causa degli eventi appena successi…povero Willy, sembrava davvero scosso! Vabbè, grazie, certo che lo era! Gli avevano rubato un’invenzione!
Mentre pensavo a tutto ciò mi ritrovai davanti alla vetrina di un bar: ma dov’ero finita? Senza rendermene assolutamente conto avevo iniziato a camminare dimenticandomi che io non ero venuta a piedi!
“Cavoli, la macchina!” mi dissi “L’ho lasciata davanti alla fabbrica! Uff…”
Mi misi le mani in tasca e guardai nella vetrina del bar: cioccolatini e sacchetti di caffè fatti a mano attiravano la mia attenzione.
“Magari mi prendo un cappuccino.” Pensai, e così aprii la porta del locale.
L’aria calda del riscaldamento puntato a mille quasi mi soffocò, ma mi ci abitua subito, grazie anche alla familiarità dell’odore del caffè e del rumore dei cucchiaini che sbattevano sulle tazzine.
Andai allora al bancone e ordinai il mio cappuccino. Mentre aspettavo mi guardai intorno: i camerieri servivano in fretta i clienti, la cassa funzionava alla grande, i tavolini erano disposti in perfetta simmetria, a debita distanza gli uni dagli altri in modo che ognuno potesse godere della sua privacy. Fu proprio seduti ad uno di questi tavolini che li vidi: Alex e Stacy, seduti uno di fronte all’altra; intenti a sorridersi; intenti a sorseggiare i loro caffè; intenti a tenersi per mano.
Subito una forte rabbia mi pervase, e non potei non constatare che quella rabbia era soltanto un forte ed elevato stato di gelosia.
“Cosa?” pensai immediatamente “Gelosia? Bah! Io no sono gelosa…come m’è venuto in mente! Io sono…arrabbiata, ecco, perché non so neanche scegliermi le amicizie…mica sono gelosa.”
Guardai di nuovo verso il loro tavolino, verso le loro mani incrociate, e io abbassai lo sguardo…
Gelosia…no, non è vero…
Sì, che è vero.
No invece! Non sono gelosa di quella scema!
Allora perché ti arrabbi con loro?
Sono arrabbiata con me, no? Perché non so scegliere…
Non sai scegliere? Cosa non sai scegliere?
Le amicizie…
Oppure non è che sei arrabbiata perché non sei riuscita tu a fare la prima mossa?
Oh, ma per favore! E poi chi sei tu? Che ne sai di me?
Certo, hai ragione: che ne so io di te? Sono solo te stessa…
Dopo questa bella conversazione col mio cervello, comunque, i miei occhi saettarono di nuovo verso Alex e Stacy, e prendendomi un colpo vidi che lei mi stava guardando, con un sorriso strano, per giunta. Voltai lo sguardo, ma non servì a non farmi riconoscere.
Un cameriere sorridente mi pose un cappuccino davanti, e io iniziai meccanicamente a prendere una bustina di zucchero, solo che…
“Julia!” fece una voce femminile di fianco a me. Non mi ci volle molto a capire di chi si trattasse.
Mi girai.
“Come stai, Julia?” mi chiese Stacy insolitamente allegra. Era ovvio comunque che mi stava prendendo per il culo…
“Uh? Benone, benone.”
“Sono contenta, sai? Anch’io sto una meraviglia!”
Peccato.
“E come mai?” chiesi apatica.
“Io e Alex ci siamo messi insieme.”
Solo allora la guardai attentamente. Un sorriso beffardo le incurvava le labbra. Quanto avrei voluto mollarle un ceffone.
Sospirai: tanto in fondo lo sapevo che sarebbe finita così, con un lieto fidanzamento che mi sarebbe stato rinfacciato ogni volta che avrei incrociato gli occhi di quella bionda.
“Auguri.” Feci.
“Grazie,” disse Alex “sono contento che non ci sei rimasta male.”
Eh? Ma che ne sapeva lui? Vuoi vedere che Stacy gli aveva detto tutto punto per punto? Dannazione…
“Scusa, ma non capisco.” Mentii.
“George mi ha parlato di te, di quello che vi siete detti un po’ di tempo fa.”
Ah bene! George! Altro che Stacy! George, George, George!
Ma in fondo di che mi meravigliavo? Aveva difeso loro due, quell’imbecille! Comunque allora a quel punto potevo pure buttarmi dalla finestra, dato che persino Alex sapeva che lui mi era piaciuto…e che forse mi piaceva ancora.
“In fondo” disse Stacy “prima o poi anche tu troverai la tua anima gemella, non disperare.”
Me l’hai portata via tu, ipocrita!
“Sì dai…” fece Alex “Anche se devo ammettere che io sono il massimo. Però complimenti per il buon gusto.” E mi fece l’occhiolino.
Ok…era impazzito del tutto. Troppa modestia, forse?
“Sì,” disse Stacy ad Alex “dovevi vedere gli occhi a cuoricino che le venivano ogni volta!” e poi di nuovo a me “Comunque allora tranquilla: come ho già detto troverai qualcuno adatto a te.” E mi guardò come per dire sempre che esista qualcuno che possa sopportarti…
Sinceramente…adesso…basta! Mi stavo veramente alterando, anche se non lo davo molto a vedere: ma chi era lei per giudicarmi in quel modo?! E così…presa dal desiderio di fargliela vedere…sparai la prima cosa che mi venne in mente:
“Ma guardate che io mi sono fidanzata.”
La loro faccia sorpresa me la ricorderò credo per tutta la vita.
“Sul serio?” fece Stacy.
“Eh già.” Risposi sorridente.
“Allora auguri anche a te!” disse Alex.
“E chi sarebbe il fortunato?” fece Stacy con diffidenza…che avesse già capito che era una bugia? Dovevo inventarmi qualcosa.
“Ecco, io mi sono fidanzata con…con…” e bisbigliai qualcosa di incomprensibile.
“Come?” chiese Alex.
“Con chi ti sei messa?” disse Stacy.
Senza neanche pensarci dissi il primo nome che mi venne in mente, ovvero…
“Willy.”
“Willy?” chiese Alex “Willy chi?”
“Oddio, ma non sarà mica Willy Wonka?!” esclamò Stacy sbalordita, e io…non resistetti:
“Sì, proprio Willy Wonka! Lavorando insieme ci siamo conosciuti meglio, e adesso siamo una coppia felice!”
Gli avrei fatto un bel tiè, ma non mi sembrava il caso. Come se non bastasse, comunque, Stacy fece di nuovo la diffidente:
“Bene allora. Visto che siete una coppietta tanto felice perché non venite insieme a noi a cena? Una bella uscita a quattro!”
“Sì, perché no?” disse Alex “Non è un’idea magnifica?”
“Così magnifica che non trovo le parole…” mormorai.
“Domani sera alle 8 a the black pearl?” chiese Stacy.
“Io…io…non so se Willy è impegnato…” Stacy alzò un sopracciglio “…ma credo che per le 8 si sia liberato!”
“Bene allora!” disse Alex “ci vediamo!”
E così se ne andarono, lasciandomi sola col mio cappuccino freddo.
In che razza di guaio mi ero cacciata! A dire che Wonka era il mio fidanzato! Oddio che cretina che ero stata…tutta colpa della collera che mi aveva annebbiato il cervello! Dovevo andare ad una cena a quattro! Come potevo farcela? Ma soprattutto…a Wonka chi glielo diceva?

La luce filtrò attraverso i buchi della serranda fino a raggiungere il mio viso e svegliandomi.
“No, oggi è sabato, voglio dormire.” Mormorai rivolta a quei raggi di sole come se fossero delle persone. Mi strinsi sotto le coperte e provai a riprendere sonno, cosa che d’altronde mi riusciva egregiamente. Stavo appunto addentrandomi in quello stato di torpore che di solito precede il mondo dei sogni, quando il telefono squillò.
“Accidentaccio, voglio dormire…” dissi lamentandomi, e ficcai la testa sotto il cuscino, ma il telefono non la smetteva, continuava imperterrito a suonare come un matto. Mi decisi allora a scendere definitivamente dal letto, e strascicando i piedi raggiunsi l’autore di quel maledetto trillo.
“Pronto!” ringhiai nella cornetta.
“Ehm…disturbo per caso?” mi chiese la voce di Wonka.
Appena sentii quel suono la cornetta quasi mi cadde di mano per la sorpresa.
“Scusi la domanda: ma lei come caspita fa ad avere il mio numero? Non mi pare di averglielo dato…”
“Ehm…ho chiamato al suo ufficio e ho chiesto se potevano…insomma…”
“Ok ok, ho capito, non si preoccupi.” E poi pensai: “ma i miei colleghi non sanno cos’è la privacy?!”
“Comunque,” riprese Wonka “l’avevo chiamata per dirle che ci sono novità riguardo il disastro di ieri.”
“Davvero? Di già?”
“Sì sì! Venga subito così le dico tutto.”
“Oh sì, tanto io non ho per niente sonno, vè?” pensai “in fondo sono sole le…le…” e poi nella cornetta esclamai: “Otto e mezza?!”
“Come scusi?” chiese Wonka.
“No…niente…arrivo signor Wonka.”
E misi giù il telefono.
Mi preparai allora per andare anche quel giorno alla fabbrica…ormai ci andavo quasi tutti i giorni! E grazie, Wonka per qualsiasi cosa cercava me! Con lui viveva tutta la famiglia Buckett e lui cercava me! E che diamine…per sistemare la stanza delle invenzioni, ad esempio, non poteva chiedere aiuto al padre di Charlie? Macché! Beh, per lo meno allora mi doveva un favore.
“Eh già…” pensai “ma niente di che, eh? Solo far finta di essere il mio fidanzato…”
Mamma mia, e dovevo persino chiederglielo il prima possibile! Che vergogna, che imbarazzo…
“Scusi signor Wonka,” dissi ad alta voce “vuole essere il mio fidanzato? Solo per una sera, però, non si preoccupi…”
Bah…sarebbe stato tanto se non mi avesse mandato a quel paese.
Comunque, tornando a noi, per quanto i miei sensi ancora mezzi addormentati me lo consentissero, mi preparai e uscii, e in un batter d’occhio fui alla fabbrica; suonai al campanello che si mimetizzava col muro e così Wonka mi aprì i cancelli.
Quando entrai all’interno dell’edificio Wonka mi si presentò davanti con una faccia più cadaverica del solito, con un muso che gli arrivava fino alle ginocchia.
“Eppure al telefono sembrava più che normale…” pensai.
“Signor Wonka, si sente bene?” gli chiesi subito.
“Abbastanza, grazie.”
“Non ha una bella cera…”
“Credo che se lei venisse con me,” fece con voce più acuta “scoprirebbe perché ho questa faccia.”
E poi con un gesto della mano mi fece cenno di seguirlo. Mi condusse al giardino, fino alla sbilenca casetta di legno, dove Wonka entrò senza bussare: evidentemente la famiglia Buckett sapeva che il cioccolatiere mi avrebbe portata da loro. Quando la porta venne aperta mi si presentò davanti una scena alquanto particolare: intorno al tavolo di legno c’erano seduti Charlie e Joe, e in mezzo a loro vi era un piccolo Umpa Lumpa con la testa piegata in avanti, che veniva consolato con delle pacche sulle spalle dalle persone che si trovavano ai suoi fianchi; da quanto ne potessi capire quel povero omino mi sembrava preoccupato, e molto anche. Comunque, stavo dicendo, quando tutti si accorsero della presenza mia e di Wonka, beh, la signora Buckett mi sorrise e prendendomi per un braccio mi catapultò su una sedia, vicino a Joe; Wonka si sedette tranquillamente accanto a Charlie, e anche i genitori di quest’ultimo presero posto, mentre i tre vecchietti rimanenti, semi-sdraiati nel loro enorme letto, drizzarono le orecchie.
“Ehm…allora…” iniziò a dire Wonka “siamo qui riuniti tutti insieme quest’oggi…”
“Cos’è un matrimonio?” fece George dal letto, e io trattenni una risatina.
“Oh e va bene!” disse Wonka “Stavo dicendo che ci troviamo qui perché Loris deve dirci qualcosa.”
“Loris?” chiesi.
“Eccola qui!” disse Charlie indicando l’Umpa Lumpa, e poi rivolto proprio a lei fece: “Avanti, cos’è che devi dirci?”
“Beh…” iniziò a dire Loris con una vocina acutissima, mentre io pensavo: “Meno male che io l’avevo scambiata per un maschio, eh?”
“…vi volevo parlare di un mio amico,” continuò Loris “di un altro Umpa Lumpa che lavora alla fabbrica.”
“E come si chiama?” chiese Joe.
“Boris.”
“Loris, Boris…mi pare che ci sia pure una Doris che lavora qui…” pensai “Oh beh…che fantasia per i nomi!”
“E cos’ha fatto questo Boris?” chiese il signor Buckett, e Loris rispose:
“E’ scomparso.”
“Scomparso?” esclamai e poi mi dissi: “Madò, ma qui sparisce tutto!”
Fu allora il turno della signora Buckett a fare una domanda:
“Ma in che senso è scomparso, scusa?”
“Ecco, io credo che se ne sia andato.” Rispose Loris.
“Ma perché mai un Umpa Lumpa vorrebbe lasciare la fabbrica?” chiese Josephine dal lettone dietro di noi.
“Io…non lo so di preciso…” fece Loris con un tremolio nella voce “un po’ di tempo fa mi aveva parlato di una specie…di una specie di offerta che gli aveva fatto qualcuno, ma non mi ha detto molto di più.” E poi finì dicendo: “ povero Boris, chissà dov’è ora!”
Si coprì gli occhi con le piccole manine, e Charlie allora le cinse le spalle con un braccio.
“Io…io sono sicuro che stia bene.” Disse Joe a Loris per tirarla su di morale.
Io invece distolsi gli occhi da Loris e guardai Wonka perché fino a quel momento se n’era stato zitto zitto, muto come un pesce…aveva lo sguardo fisso nel vuoto, completamente assente: a che stava pensando? Mentre lo stavo, appunto, guardando, Wonka ricambiò il mio sguardo e poi si alzò dicendo:
“Beh, speriamo che Boris torni a casa presto. Adesso però credo che dovresti tornare al lavoro, Loris: monte fondente non va avanti senza di te.”
“V-va bene signor Wonka.”
E detto fatto Loris si alzò e uscì dalla casetta. Inutile dire che appena l’Umpa Lumpa se ne andò tutti i membri della famiglia Buckett spararono ipotesi su ipotesi riguardo la presunta fuga di Boris…se ne erano persino usciti dicendo che forse sentiva la nostalgia di Umpalandia, cosa che venne subito smentita da un’amara risata di Wonka.
Comunque il tutto finì, a farla breve, con Wonka che camminava insieme a me attraverso il giardino: io ancora guardavo meravigliata l’erba verde acceso, i funghi giganti, le mele caramellate che pendevano dagli alberi di liquirizia…e il fiume di cioccolato, naturalmente. Wonka, vedendo che ero ancora ammaliata come una bambina da tutti ciò che ci circondava, sorrise tra sé e attaccò discorso:
“Che ne pensa di tutta questa situazione?”
“Io? Ah, non ne ho la più pallida idea. Però, se non sbaglio, al telefono lei aveva detto che c’erano novità riguardo il disastro di ieri.”
“E allora?”
“Allora io non vedo collegamenti tra Boris e quello che è successo.”
La faccia di Wonka si rabbuiò.
“Vede,” disse Wonka “si ricorda quando un po’ di tempo fa lei aveva trovato a terra la busta della wonkavite?”
“Sì.”
“E poi io le avevo detto che quella busta era a terra perché un Umpa Lumpa l’aveva persa?”
“Sì, mi ricordo!” esclamai “Quindi quell’Umpa Lumpa era Boris?”
“Proprio Boris, e io credo che in realtà lui quella busta non l’avesse semplicemente persa, ma che l’avesse voluta nascondere.”
“Nascondere? E perché mai avrebbe dovuto?”
“Eh, non lo so! Il punto è comunque che io ora penso che sia stato Boris a…a…”
“…a prendere la busta della wonkavite?”
“Esattamente.”
Povero Wonka…stava con gli occhi fissi a terra, e l’allegria che c’era sempre in lui sembrava quasi svanita. Tutta quella storia doveva essere stato un colpo terribile per lui: da quanto avevo capito la wonkavite era la sua invenzione più importante e da un giorno all’altro si ritrovava col sospetto che un Umpa Lumpa gli avesse…diciamo così…rubato la ricetta. Insomma, lui si fidava ciecamente di ogni suo operaio, anche perché loro gli erano sempre stati riconoscenti per averli sottratti alle angustie della loro foresta. E ora Wonka si ritrovava con un Umpa Lumpa che lo aveva raggirato così! Era davvero affranto…bisognava che ci fosse qualcuno a tirarlo un po’ su di morale…e allora mi venne l’idea:
“Senta, signor Wonka, lei adesso ha bisogno di distrarsi.”
“Come?”
“Se continua così ad arrovellarsi il cervello credo che finirà per impazzire, quindi, dato che lei l’altra volta è stato così gentile con me, io adesso ricambierò il favore.”
“E come?” chiese Wonka.
Io lo guardai: adesso era incuriosito, e così gli feci la mia proposta:
“Che ne dice di venire a cena insieme a me?”
Wonka mi guardò strano, e alla fine rispose:
“Ecco…io…”
Ok, lo sapevo, avrebbe detto di no…e io che mi illudevo! Uffa, era un periodo che non me ne andava bene una! Comunque Wonka continuò a parlare dicendo:
“A cena con lei, dice?”
Annuii.
“Ehm…a che ora?”
Aveva…aveva forse accettato? Oh mamma mia che bello! Certo adesso bisognava informarlo di un particolare alquanto rilevante, però…una cosa alla volta.
“Alle 8 a un ristorante che si chiama the black pearl. Lo conosce?”
“mi pare di esserci passato davanti qualche volta.”
“Perfetto!”
“A stasera!” mi disse sorridendo finalmente come suo solito.
Quindi, lui aveva accettato, era felice e contento, saremmo andati a cena insieme, e…come caspita facevo a dirglielo che doveva farmi da fidanzato?! Non ne avevo assolutamente il coraggio. Solo a pensarci mi veniva la tachicardia, ma ormai…avevo fatto trenta, potevo anche fare trentuno…e ‘sti cavoli se mi prendeva per pazza. Però, a pensarci bene, se mi avesse preso per pazza allora non avrebbe accettato, e se non avesse accettato allora io avrei fatto un bella figuraccia davanti ad Alex e a Stacy, dimostrandogli che ero così disperata da raccontar loro persino delle frottole assurde. Uhm…al massimo potevo dare buca a tutti quanti fingendo di avere l’influenza…bah, che scusa patetica.
Arrivando al punto, allora, mentre io mi facevo questi belli scervellamenti, senza accorgermene stavo fissando Wonka come se fossi inebetita, e quando tornai in me vidi che Wonka mi stava a sua volta guardando praticamente sconcertato. Iniziamo bene…
“Senta signor Wonka,” cominciai “io…le devo chiedere un favore.”
“Cioè?” domandò lui.
“Ecco, vede, è una cosa molto importante per me, la prego di pensarci, perché ad un primo approccio potrebbe sembrarle assurda, e in effetti lo è, però vorrei tanto che lei mi aiutasse, perché sennò non so veramente come fare e…”
“Ok, ok, ho capito!” disse Wonka sorridendo e interrompendo la mia parlantina.
“Allora…arrivo al dunque.” Feci un respiro profondo “Alla cena di stasera non è che potrebbe, ecco, far finta di essere…di essere…”
“…cosa?”
“Ilmiofidanzato?” lo dissi tutto insieme, quasi senza accorgermene, e appena ebbi pronunciato l’ultima parola chiusi gli occhi automaticamente per non vedere quella che sicuramente era la faccia sconvolta di Wonka. Dato che però da parte del mio interlocutore non proveniva alcun suono, piano piano aprii un occhio alla volta, come se avessi paura di ricevere un ceffone (beh, al massimo forse un schiaffo morale…). Quando vidi Wonka la sua espressione non era affatto sconvolta…era più che sconvolta.
“Ehm…non dice niente?” chiesi piano.
Lui aprì la bocca e mormorò:
“Dovrei essere il suo…cosa?”
“Ehm…ehm!” feci non sapendo che dire.
“Ma…ma perché?”
“Allora…diciamo che è una storia abbastanza lunga.”
“Oh, io ho un mucchio di tempo.”
Ahah! Ma che ridere…
“Vede…si ricorda di quei due tizi di cui le avevo raccontato quando lei mi ha portato qui parlandomi delle endorfine?”
“Sì, ebbene?”
“Ebbene, li ho incontrati per strada, e mi hanno preso in giro perché loro si erano fidanzati e io invece non avevo ancora trovato la persona giusta, e allora io alla fine ho perso le staffe e gli ho detto di essermi…di essermi …vabbè ha capito, e così allora loro hanno detto «ma perché allora non andiamo tutti quanti a cena insieme?» Io non sapevo che dire e patatrac ho fatto la frittata.”
Wonka si portò un dito al mento e sorridendo enigmatico disse:
“Come le racconta lei le cose non le racconta nessuno.”
“Devo prenderlo come un complimento o cosa?”
Wonka rise e disse: “Giuro che non era in nessun modo offensivo.”
“Ok…” e poi aggiunsi “ma…beh, riguardo quel favore? Ehm…che mi dice?”

***


“Eh già: che ti dico?” pensai.
La richiesta che mi aveva fatto Julia mi aveva sorpreso moltissimo, e non sapevo bene cosa rispondere: mi rendevo conto che avrei dovuto essere arrabbiato, dato che in fondo aveva fatto tutto quel macello senza consultarmi minimamente, eppure allo stesso tempo mi sentivo…lusingato, perché comunque aveva pensato a me in quel momento in cui Julia era in crisi. Fatto sta, allora, che le risposi così:
“Non posso non dire che questa è una situazione che mi sembra abbastanza, anzi, molto insolita…” lei abbassò gli occhi fino a terra “però…va bene.”
Subito mi guardò stupita ed esclamò:
“Va bene? Cioè…accetta?”
“Proprio così.” Risposi; il suo volto di una luce radiosa e, tutto ad una tratto, mi abbraccio di slancio, mentre dalle sue labbra uscì un grazie di enorme intensità acustica.
“Ehm…prego, prego, però adesso” dissi prendendola per le spalle “si stacchi.”
“Oh s, mi scusi.” Mormorò Julia arrossendo.
“Ehm, allora…la passo a prendere a casa sua verso le sette e mezza?”
“Ok, mi farò trovare pronta.” Rispose col sorriso sulle labbra.
Dopodiché, senza aggiungere altro, Julia si congedò lasciandomi solo con i miei pensieri: era la prima volta in assoluto che mi trovavo in una situazione del genere, a fare la parte dell’attore, e la cosa più bizzarra era che l’idea di farlo non mi infastidiva minimamente, e di questo me ne sorprendevo io stesso…che stesse cambiando qualcosa? Non mi pareva…anche se però, ad essere sinceri, da qualche tempo convivevo con una nuova sensazione che mi mandava in subbuglio lo stomaco, e, cosa più strana di tutte, questa sensazione…mi piaceva. 

   
 
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