Diary of a Scarlet Queen.
Chapter
4 : August 1984
10
Agosto 1984
Bene, direi che ho
chiuso il capitolo Josh. E’ da un po’ che cercavo di
evitarlo, preferendo la compagnia di Jessie Finley, trasformando i suoi capelli crespi da pastorella in
una fiammante chioma lucente e selvaggia. Al suo fidanzato Connor
è piaciuta molto. Un po’ meno ai suoi genitori, che l’hanno chiusa in casa
urlandole che una ragazza per bene non va in giro con i boccoli e la faccia
dipinta e che la compagnia della ‘nipote dublinese di Mary Williams’ la porterà
solamente sulla cattiva strada della perdizione.
Così sono
diventata un’abile scassatrice di porte e finestre, e riesco a far evadere Jessie molto facilmente.
Mi piace
l’adulazione che Jessie ha nei miei confronti. Mi
piace essere guardata dai suoi occhioni castani con curiosità ed ammirazione, mentre le
racconto le mie ‘avventure’ cittadine.
Oltre a Jessie frequento molto Ronan.
Continuo a non capire veramente dove vada a parare. E’ molto chiuso e spesso
criptico, non parla molto di sé. Fa tante domande su Dublino lasciando come
spiegazione qualche frase in sospeso.
Due sere fa Josh ha cercato di attacar
discorso con me chiedendomi come mai preferissi la compagnia di quella ‘mezzachecca’ di Ronan alla sua.
“Si può sapere che ti è preso?”
“Diciamo che tu
sei noioso” gli ho risposto sbadigliando, continuando a camminare. “Non dicevi
così quel pomeriggio…”
“Preferivi
sbadigliassi?”
Le sopracciglia di
Josh si increspano in un’espressione di assoluto
disappunto. Io sogghigno, senza fermare il passo. Colpito nel segno e
affondato: è così facile con gli uomini!
“Non scherzare con
il fuoco, carina.” Sibila, prima di
andarsene dalla direzione opposta.
15
Agosto 1984
E oggi sono 17anni
che sono su questo pianeta. Ho ricevuto gli auguri da mamma e la promessa che
la settimana prossima posso tornare a casa.
Da nonna un
grugnito di simil buon compleanno.
Da Jessie un abbraccio fortissimo e la confidenza di aver
perso la verginità con Connor. (E le mie
congratulazioni a riguardo). Da Willow una lettera
scritta a quattro mani con Helen piena di cuoricini, ‘ci manchi tanto, torna
presto!’ e ‘Quanti sei riuscita a fartene?’
Il regalo più
carino me l’ha fatto Ronan. Mi ha fatto andare a casa
sua dove, sorpresa, sua madre aveva preparato una torta per me. E’ un donnone
gigantesco, con i capelli biondo cenere e un sorriso che fa da orecchio ad
orecchio dietro una nuvola di lentiggini. Mi ha quasi stritolato in un
abbraccio, facendomi i complimenti su quanto fossi carina e facendomi arrossire
violentemente. Si è addirittura scusata per le ridotti dimensioni della torta,
che era squisita, e continuava a dire che Ronan
parlava spesso di me a casa. Non riuscivo a smettere di sorriderle e di ringraziarla.
Giuro di essermi quasi commossa: a casa nostra non si festeggiano volentieri i
compleanni, a malapena facciamo i Natali, e questa merenda improvvisata, con Ronan, sua madre e le sue due sorelline gemelle che
rientravano dal cortile dove giocavano sporche di terra è stata la festa di
compleanno più bella che abbia mai ricevuto.
Di contro, quando
sono uscita, mi sono ritrovata affiancata a Josh, che
mi ha dato appuntamento per stasera.
Qualcosa a cui non
posso mancare, ha detto, aggiungendo che non accetterà un no.
Dovrei mandarlo a
quel paese e lasciar perdere, ma stasera mi sento troppo forte per dire di no:
potrebbe essere la volta buona che lo sistemo a dovere.
16
Agosto 1984
Ieri sera poteva
davvero finire male. Lo penso a malapena ora, a mente fredda.
Josh mi è passato a prendere non in
moto, ma con la sconquassata auto di suo padre, e mi ha portato, senza dir
nulla, a Corcomroe Abbey.
Gli ho chiesto
perché mi avesse portato in quel posto e lui ha risposto che di solito le
ragazze lo trovano molto affascinante con la luna piena. Ho asserito, cercando
con lo sguardo la tomba di mio nonno, lambita dalla luce della luna che
trafiggeva le nuvole.
Dopodiché Josh mi ha palpato. L’ho scostato, dicendogli che non avevo
proprio voglia, e lui è montato su tutte le furie. Ha cercato di assalirmi e io
gli ho rifilato uno schiaffo, per poi uscire di corsa dall’auto.
La mia corsa è
durata poco, perché qualcosa mi ha colpito la testa , facendomi cadere a terra,
frastornata. Un sasso del vialetto lanciato da Josh.
E li ho capito che mi ero ficcata davvero in una pessima situazione.
Ho cercato di
riprendere a correre, ma lui mi aveva già bloccata da dietro, spintonandomi
contro una tomba, cercando di tenermi ferma a terra con un ginocchio sulla
schiena. Ho alzato gli occhi un istante e mi è venuto un tuffo al cuore nel
vedere il nome che vi era inciso: James Michael Williams.
Mi sono
divincolata come una disperata, ho provato a morderlo, senza riuscirci. Nel
compenso il morso me l’ha rifilato lui, nel collo, strappandomi la maglietta e
un urlo di sdegno e rabbia.
Solo quando ha
dovuto togliermi una mano di dosso per slacciarsi i pantaloni sono riuscita a
divincolarmi da lui. Gli ho assestato un calcio al petto che l’ha fatto
barcollare. Poi però ha estratto un coltello, sferrando un fendente al mio
ventre.
Ma ormai avevo già
riacquistato un po’ di lucidità ed istintivamente l’ho schivato. Poi ho preso
il polso e, con un movimento fluido, l’ho piegato dalla parte opposta. Una
mossa semplice, ma dannosa, se fatta correttamente, come mia madre mi ha
insegnato in quasi 10anni di allenamenti di Aikido.
Il crack che ne è
conseguito è stato più forte dell’urlo di Josh. Il
coltello è caduto a terra e lui in ginocchio.
Ed improvvisamente
ho sentito qualcosa di molto simile alla vertigine sulle scogliere.
In quel momento ho
capito cosa provasse mio padre, Nina, e anche mia madre davanti ad un
avversario battuto.
E’ stata una
sensazione meravigliosa, meglio di un orgasmo o di una canna. E’ stata una
sensazione di potere assoluto, intensissima. Un brivido che partiva dalla mano
con cui avevo piegato il polso di quel bastardo e finiva dritto fino al
cervello. Una scarica di adrenalina devastante, esplosiva.
Sono scoppiata a
ridere sentendo i suoi lamenti. Non sapevo neppure io perché ridevo, ma non
riuscivo a smettere. Era una risata folle, liberatoria, sguaiata.
Il mio piede si è
posato, quasi senza che io me ne accorgessi, sul suo petto ansante, e ho avuto
cura di calcare bene il tallone sul suo sterno. “La tua faccia stravolta dal
dolore mi da i brividi” Gli ho quasi sussurrato.
Ed in quella frase
c’era tutto il mio odio, tutta la mia rabbia, tutta la mia frustrazione. Un
lago nero che aveva rotto gli argini ed era uscito fuori con una furia
imprevista, travolgendo e distruggendo tutto ciò che si trovava davanti.
“Hai fatto male i
tuoi conti, ragazzino.” Ho aggiunto, togliendogli il piede dallo sterno, solo
per potergli rifilare un calcio nel fianco.
Josh si era piegato su sé stesso,
dopo un altro urlo di dolore, ed in quel momento ho seriamente creduto che
potevo ucciderlo, che potevo eliminarlo dalla faccia del pianeta.
Ho preso in mano
il suo coltello e gli ho puntato la lama alla gola. Se ne fosse uscito del
sangue, giuro, avrei potuto abbeverarmene avidamente.
“Chiedimi scusa”
Lui ha
singhiozzato qualcosa.
“Non ti ho sentito
bene”
Dalle labbra gli
sfuggì un gemito.
“Come dici?”
incalzai, premendo la lama sulla sua pelle.
Josh deglutì. “Scusa. Scusa Anna non
volevo. Io… io non volevo farti del male, lo giuro…. Volevo solo spaventarti… ecco… farti uno scherzo…!”
“E per farmi uno
scherzo per poco non mi mandi all’altro mondo con un sasso in testa e cerchi di
stuprarmi sopra la tomba di mio nonno?” Ho allentato la pressione sul suo
collo. “Mi fai schifo.” Ho sibilato alzandomi. Josh
ne ha approfittato per balzare in piedi e scappare a gambe levate, tenendosi il
polso stretto. L’auto ha grattato quando ha messo la retromarcia ed i fanali si
sono allontanati dal vialetto d’entrata del cimitero di Corcomroe
Abbey, per poi immettersi nella strada ed
allontanarsi velocemente.
Ho appoggiato il
coltello sulla lapide della tomba di mio nonno e sono scivolata a terra,
davanti al suo epitaffio. Il cuore ha iniziato a battere più lentamente. Mi
sono sfiorata la testa, nel punto dove la pietra mi aveva colpito, ma non
sentivo traccia di sangue. Probabilmente c’era solo un ematoma. Mi avrebbe
fatto male per un po’, ma ne era valsa la pena.
Ho percorso con la
punta delle dita le lettere che componevano il nome di James Williams.
L’adrenalina stava scemando, mi stava tornando la lucidità ed improvvisamente
mi sentivo spossata, senza energie. Ma non smettevo di sentirmi forte ed
invincibile. “Nonno, sono ancora la tua campionessa?” ho domandato, stendendomi
sulla pietra fredda e scivolando nel sonno.
E’ stato Ronan a svegliarmi, scuotendomi. “Anna, cielo, Anna sei
ferita?” continuava a domandarmi, la voce incrinata dal panico.
“Va tutto bene, Josh. Ho solo un livido dietro alla testa ma niente di
che.”
“Diavolo, Anna, mi
è preso un colpo quando ti ho vista sulla tomba. Josh
è rientrato al pub con un polso gonfio come un cocomero e si è messo a
blaterare con dei suoi cugini –tipi poco raccomandabili. Sembrava totalmente
impazzito. Che cazzo è successo?”
Mi è scappato un
mezzo risolino, mentre Ronan mi appoggiava sulle
spalle la sua giacca, aiutandomi ad alzarmi. Gli ho raccontato tutto, per filo
e per segno, orgogliosa di me stessa. Dell’aggressione e di come mi sono
difesa.
“Diavolo… ti sei messa proprio nella merda, ragazza mia… Josh non è il tipo che
accetta le umiliazioni tanto facilmente. E’ meglio se ce ne andiamo di qui al
più presto. Non vorrei che tornasse con i rinforzi.
Siamo saliti sul
suo furgone e per tornare a Kinvara abbiamo percorso
la strada più lunga, evitando quelle principali su cui poteva vederci Josh.
Ronan ha preferito portarmi a casa
sua. Siamo entrati di nascosto e mi ha portato nel sottotetto. “Non è il posto
migliore per nascondere una ragazza ma… meglio che
nulla, no?”
“E’ il posto
migliore in cui tu potessi nascondermi, Ronan. Ti
ringrazio.” Siamo rimasti in silenzio per qualche minuto. E’ stato lui a
parlare per primo. “Sai, oggi mi è successa una cosa strana, quando sei andata
via. Io e mia madre stavamo pulendo dei pesci appena pescati, e ho trovato
questo” Si frugo in una tasca e ne estrasse un ciondolo d’oro, infilato in una
catenella. “Credo sia autentico. Mia madre mi ha fatto cenno di nasconderlo
senza farlo vedere a papà. C’è un orafo a Galway che
valuta bene l’oro. Con il ricavato posso permettermi il viaggio per Dublino.”
“E verresti in
città con me?”
“Mia madre ha
contattato una sua lontana cugina che abita in città, suo marito lavora al
porto. Dice che da lui qualcuno cercano. E per un po’ potrò vivere a casa sua… il tempo di mettermi da parte qualche soldino in più e
trovarmi un alloggio mio.”
Era fantastico.
Non stavo più nella pelle. “Andiamoci domani mattina. Poi prendiamo i biglietti
e partiamo subito! Dimmi che si può fare, ti prego!”
Nel buio, Ronan ha sorriso. Il suo sorriso mezzo triste e mezzo
speranzoso. E ha annuito. L’ho abbracciato di slancio e lui ha fatto lo stesso
con me.
Pensavo fosse il
momento di un bacio, ma così non è stato. Ho pensato allora ai commenti di Josh su come Ronan schivasse le
ragazze. “mezza checca” l’ha apostrofato una volta.
“Ronan. Devo sapere una cosa. Ti giuro che non lo dirò a
nessuno.” Ho preso un bel sospiro. “… a te… piacciono i ragazzi?”
Lui si ritrae,
improvvisamente agitato, quasi offeso. “Che diavolo dici!”
“La mia era solo
una domanda. Io… non sono una persona che giudica.
Non per queste cose, almeno. Ma… credo sia una cosa
che tu mi debba dire.”
Ronan era improvvisamente nervoso. Tamburellava
un piede per terra, abbracciato le ginocchia e strette al petto. “Non può
essere che non abbia semplicemente trovato la ragazza giusta?” ha domandato,
con una risatina nervosa.
“Certo, Certo.
Deve essere così.” Ho annuito. Ho appoggiato la testa alla sua spalla e siamo
rimasti così sino all’alba.
Questa mattina
sono tornata a casa dalla nonna e ho fatto le valigie, con il sottofondo delle
sue recriminazioni e minacce per l’intera nottata trascorsa fuori. Ronan e sua madre (con il solito sorriso da orecchio a
orecchio) mi attendevano fuori, sul furgone, e siamo filati a Galway.
Mi ha fatto
tenerezza la madre del mio amico, quando lo ha abbracciato e gli ha augurato
buona fortuna, stampandogli uno schioccante bacio sulla guancia e facendo poi
lo stesso con me.
Siamo saliti sul
Bus euforici e le porte si sono chiuse in faccia a Josh
e a due ragazzotti tarchiati che lo accompagnavano.
Mentre mostravo il
mio dito medio elegantemente alzato, l’autista ha fatto partire il Citylink.
Direzione Dublino,
Civiltà.
Chiedo perdono per il ritardo…per impegni di lavoro sono stata un po’ via e ho
avuto poco tempo!!! Cercherò di recuperare…
Intanto, sperando di aver scritto
qualcosa di vostro gradimento, mi gongolo con i vostri complimenti e vi
ringrazio tantissimo!
Un fantastilione di grazie.
EC