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Autore: Doralice    27/10/2010    5 recensioni
Sette scalini tra Claire e Gabriel. Sette gradi di differenza da superare.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Claire Bennet, Peter Petrelli, Sylar
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Note:

@kannuki: Eh, e come poteva finire dopo tre capitoli di pucci-pucci? Un bacio ci voleva!

@soarez: Non sai come ti capisco: mi basta passare un paio d'ore con una persona negativa e torno a casa devastata, senza energie e con l'umore a terra!







Step Four: Lust


La differenza tra l'amore e il sesso,

è che il sesso allevia le tensioni

e l'amore le provoca.

- Woody Allen -


Gabriel non sapeva dire con certezza cosa stesse accadendo tra di loro, ma qualsiasi cosa fosse gli stava sfuggendo di mano. E non sapeva se esserne felice o atterrito. Per un maniaco del controllo come lui, trovarsi per le mani qualcosa di incontrollabile era destabilizzante. Ma d'altra parte, nel momento in cui aveva iniziato quella specie di corteggiamento lo sapeva che le cose sarebbero finite in quel modo: è l'effetto collaterale del mettere in gioco i sentimenti.

Nonostante questo, una parte di lui – decisamente pessimista e bastarda – era riuscita ad ancorarsi a qualcosa. Il carillon di Claire era sempre lì, in un cassetto di casa sua. Finché non glielo ridava, Gabriel si sentiva più tranquillo. Era come un'assicurazione: Claire sarebbe sempre tornata da lui.

Avrebbe dovuto intuirlo che non era quel vecchio carillon scassato a farla venire da lui tutte le volte che aveva un'ora libera, ma Gabriel era semplicemente troppo impaurito per prestare ascolto al suo istinto. Con tutte le fregature che aveva avuto, s'illudeva di poter mantenere una parvenza di controllo attraverso quel dettaglio insignificante.

Si sentiva uno schifo a fare così. In un certo senso era anche peggio che scalottare la gente: era una palese dimostrazione di sfiducia nei confronti della prima persona che si apriva con lui senza riserve. Era certo che se Claire fosse venuta a saperlo, l'avrebbe odiato – forse anche più di prima. Lui si sarebbe odiato.

Sei proprio un cretino” sembrava dirgli Gatto, quando lui si crogiolava in questi pensieri funesti. E aveva ragione. Non era capace di lasciarsi andare, di provare i sentimenti senza trascinarsi dietro un manto soffocante fatto di insicurezze e paranoie e pessimismo.

Aveva un bel dire che era tutta colpa dei suoi trascorsi. Aveva passato un purgatorio di cinque anni, con Peter a fargli da Virgilio, e ne era rinato nuovo. Avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle certe meccanismi perversi che negli anni l'avevano solo fatto soffrire, avrebbe dovuto andare oltre – ne aveva la capacità adesso. Eppure non ci riusciva: restava incatenato alle sue paure.

Non guardarmi così, non ho tutte le risposte” gli faceva intendere Gatto, quando lui si faceva troppo insistente e non la smetteva con i suoi monologhi interiori.

Così Gabriel entrò in un loop che – già lo sapeva – l'avrebbe messo nei casini. E la prima volta che se ne accorse, fu nel momento in cui Claire si presentò ad una delle loro cene-da-asporto-più-DVD con quella fogliolina d'oro legata al collo.

~~~

Mi chiedono tutte dove l'ho preso. –

Gabriel alzò gli occhi, rendendosi conto solo in quel momento di essere rimasto a fissare il ciondolo che giaceva sul solco tra i seni.

Potresti farci un business. – gli propose scherzosa.

Guadagnerei più che aggiustando orologi. – commentò.

La gita risaliva a tre giorni prima. Da allora, salvo la “notte dei baci”, non avevano avuto occasione di vedersi – settantadue lunghissime ore. E adesso gli si presentava con quella cosa addosso. Come doveva interpretarla?

Un vocina interiore gli diceva che non c'era un bel niente da interpretare, il messaggio che recava era più che esplicito. Lui preferì ignorarla, perché se fosse stato davvero così, tutto lo pseudo-controllo che aveva architettato sarebbe andato a puttane e lui si sarebbe trasformato in una specie di patetica creaturina sbrodolante amore. O in una bestia lussuriosa affamata di lei. E non era detto che le due forme non potessero coincidere, creando una chimera senza nome.

Adesso ti farò una di quelle domande che voi uomini trovate insopportabili. – la sentì dire mentre scartava le bacchette e si avventava sulla sua confezione di ravioli al vapore.

Spara. –

A cosa stai pensando? –

Domanda mirata: stava diventando brava.

Che ho finito il latte per domani. – mentì.

Tu ci credi? – fece lei, rivolta a Gatto – Nemmeno io. Ma almeno non ha detto “niente”. –

Gabriel inarcò un sopracciglio: – Sentiamo, a cosa starei pensando? –

Uhm... che sono uno schianto e non sai come fai a trattenerti dal saltarmi addosso. – suggerì allegra.

Gabriel sentì il sangue defluire dal volto. No, non poteva essere così brava.

Ehi, sto scherzando. – ridacchiò, e sottolineò le parole con un colpetto al braccio.

Ma Gabriel non ne era poi tanto sicuro. Lo sguardo gli cadde nuovamente sul ciondolo: quanto lo invidiava! Gabriel conosceva la sensazione della pelle di Claire, conosceva a memoria la sua morbidezza e il suo odore, e in quel momento di accorse di voler conoscere anche il suo sapore.

Prego, si accomodi.” diceva quel dannato ciondolo “Assaggi pure.”

Sono fuori allenamento. – borbottò.

Lo vedo. – fece lei, che per fortuna non poteva sapere a cosa si riferisse in realtà – Rilassati un po'. –

Rilassarsi... una sfida non indifferente. Doveva proprio indossare quella cosa così scollata?

Gabriel represse il forte impulso a piantarla con quelle chiacchiere e farle capire quanto era difficile trattenersi. Semplicemente, non poteva. Aveva programmato tutto nei dettagli, doveva fare un passo alla volta.

Gatto emise un miagolio che suonava molto come “ribadisco che sei un cretino”. Gabriel lo fulminò con lo sguardo.


.~:°:~.


Claire detestava il latino. Uno degli aspetti positivi del college era che quella dannata lingua morta era assente dal suo corso di studi. Poi una mattina, mentre seguiva distrattamente la lezione, le era arrivato quel sms.

Gabriel non le scriveva quasi mai, e di solito lo faceva solo per questioni pratiche, per cui quando l'aveva letto si era chiesta se non avesse visto male. Magari non era lui a mandarglielo, magari era qualcun altro. Magari se l'era proprio sognato.

Ab ipsa Venere septem savia suavia et unum blandientis appulsu linguae longe mellitum. (*)

Diceva che aveva ritrovato quel verso di Apuleio trascritto su una vecchia agenda dei tempi della scuola. Be', Apuleio era un vero vizioso, e lui anche. Glilel'aveva scritto subito e Gabriel le aveva risposto che non sapeva apprezzare il messaggio intrinseco.

e quale sarebbe? – gli aveva chiesto.

che solo i meritevoli posso ricevere il dono dell'amore – aveva spiegato lui.

A quel punto una domanda aveva preso a ronzarle in testa con insistenza. Qual'era il collegamento con loro due? Perché aveva deciso di mandarle quel verso? C'era un significato dietro quelle parole? E se c'era, era quello a cui non aveva il coraggio di pensare, o era altro? E qualsiasi cosa fosse, perché diamine non gliene parlava chiaramente invece di mandarle quei messaggi criptici?!

Ok, era più di una domanda.

Si era arrovellata per giorni con quei dubbi. E nel frattempo le cose tra loro scivolavano come al solito, in quella piacevole routine che avevano instaurato senza nemmeno rendersene conto.

Claire cominciò a risentirne quando capì che stavano attraversando uno stallo. O per lo meno, lei lo viveva come uno stallo, Gabriel invece sembrava perfettamente a suo agio.

Per dire le cose come stavano: si erano baciati, più volte, e anche fuori degli incontri notturni. Solo che la cosa si era fermata lì. Gabriel non accennava a spingersi oltre e lei era troppo insicura per fare il primo passo. Claire non sapeva nemmeno bene cosa voleva da lui, ma sapeva che lui non era intenzionato a darle niente di quello che lei vagamente di aspettava.

Non era solo questione di inesperienza. Lui era... be', era lui. E poi c'era il fatto dell'età: da un trentenne ci si poteva aspettare un minimo di iniziativa, no? Erano più focosi i ragazzetti con cui aveva pomiciato al liceo.

Oh, per carità, con i baci ci sapeva fare – eccome! Le troncava le gambe da quanto era bravo. Ma niente di più. Ed era frustrante sentire le sue mani sempre ferme in luoghi neutri. Nemmeno un accenno ad una carezza un po' più maliziosa e le sue labbra non scendevano mai oltre il collo.

Cominciava a chiedersi se non fosse lei il problema. Forse non era abbastanza carina, forse la considerava solo una ragazzina. O forse era davvero una questione di esperienza: l'avrebbe voluta più intraprendente. Qual'era il suo sex appeal? Ce l'aveva un sex appeal?

Poi si ricordava degli abbracci notturni. Era decisamente eccitato quando stavano insieme in quel modo: certi rigonfiamenti sospetti non lasciavano adito a dubbi.

Allora cosa diavolo lo tratteneva? Nel bene e nel male si conoscevano da tre anni, si frequentavano da tre mesi e pomiciavano da due settimane. Stava aspettando la terza settimana per far quadrare il conto? Era abbastanza strano da fare una cosa del genere.

Claire decise di concedergli quei sette giorni. Poi avrebbe pensato ad un piano d'attacco.

~~~

Cosa ci fa qui la mia adorata nipotina? – esclamò Peter gioviale.

Claire conosceva i suoi orari e l'aveva aspettato al bar dove andava sempre a fare colazione quando staccava dal turno di notte.

Nipotina? – protestò offesa – Ehi, io vado al college! –

Cosa ci fa qui la mia adorata nipote adulta e responsabile? – replicò lui con un sorrisetto.

Claire alzò gli occhi al cielo: – Vado al college, non in convento. –

Peter allargò le braccia: – Non ti va bene niente! –

Si sedettero a fare colazione. Cioè, Peter fece colazione, Claire mangiucchiò distrattamente qualcosa dal suo piatto. Lui la guardava senza parlare, in attesa che dicesse qualcosa, ma Claire non sapeva proprio da dove iniziare quel discorso.

Avanti, cosa ti turba? –

Perché dovrebbe turbarmi qualcosa? – ribatté lei sulla difensiva.

Peter scosse la testa comprensivo: – Venite a cercarmi solo quando avete dei problemi. –

Non è affatto vero! Tu sei... – s'interruppe e sbiancò – aspetta un momento... chi altro viene a cercarti? –

Alzò le mani e sorrise: – Sono il confidente più ricercato della Grande Mela, non lo sai? –

Pete... – sibilò minacciosa.

Secondo te chi? – fece lanciandole uno sguardo d'intesa.

Claire per poco non ci restò secca. Peter era il suo confidente, come si permetteva quell'altro di usarlo? Come si permetteva Peter di prestarsi così a lui?

Perché non me l'hai detto?! – s'inalberò.

Peter si strinse nelle spalle: – Sarebbe cambiato qualcosa? –

Certo! – sbottò – Non ti avrei mai detto nulla, prima di tutto. –

Credi che vada a spifferargli quello che mi dici? – fece lui accigliato – Non hai una bella opinione di me. –

Claire si mordicchiò le labbra, pensierosa.

Me lo giuri? –

Parola di lupetto. – sospirò – Mi vuoi dire cosa c'è? –

Adesso non aveva più scuse. L'aveva cercato lei, non è che poteva girarci intorno ancora per molto.

È imbarazzante. – mugugnò.

Lui le prese la mano e la guardò negli occhi: – Confessati con padre Peter. –

Smettila, – gli diede uno scappellotto – mi metti a disagio! –

Ok, tiro a indovinare? – ci pensò su un attimo – Lui ti fa pressione. –

No. – disse sentendo salirle in gola una risatina isterica.

Allora tu gli fai pressione. – ipotizzò – Piccola svergognata... –

Questa volta il “no” s'intuiva a stento in mezzo alle risate.

Vi fate pressione a vice... oddio, sei incinta?! – se ne uscì l'idiota.

Ma no! – sbuffò arrossendo furiosamente – È matematicamente impossibile. –

Da infermiere ti assicuro che la matematica non c'entra nulla. – cominciò con aria professionale – Per cui, se state usando il metodo Ogino-Knaus... –

Claire si sentì andare a fuoco. Ma che andava a pensare?!

Pete... non abbiamo fatto sesso. – troncò.

Oh. –

Alzò le sopracciglia: – Già, “oh”. –

Ma vi frequentate da un po', voglio dire... – disse cauto.

Appunto. – sospirò esasperata.

Peter si fece serio: – Mi pare di capire che il problema non sia tuo. –

Intuitivo. – disse sarcastica.

Claire, non serve a niente sputarmi veleno addosso. – le fece notare pacato.

Scusa. – borbottò, sentendosi improvvisamente in colpa.

Hai provato a parlarne con lui? – le suggerì.

Scosse energicamente la testa: – Neanche per sogno! –

Sembrerà trito, ma il dialogo è importante in un rapporto. – incalzò.

Pff... – scrollò le spalle – non c'è nessun rapporto tra di noi. –

E che cosa c'è allora? –

Agitò una mano, imbarazzata: – Ma che ne so, non l'abbiamo definito. –

Ok, – insisté lui paziente – sta di fatto che di solito i problemi si risolvono discutendo. –

Gli lanciò un'occhiata scettica: – Stiamo parlando della stessa persona? –

Sì, lo so, lui è Sylar. – disse stancamente – E allora? –

E allora?! Come sarebbe a dire? Doveva ricordargli che tipo di persona era?

E allora non è un tipo abituato a parlare. – gli fece notare – Nemmeno nella vita normale. Fidati, lo so. –

Be', non ti resta che trovare un modo alternativo. – le suggerì sibillino.

~~~

La doccia è un buon momento per pensare: Claire ci faceva sempre un sacco di voli pindarici.

Era abbastanza smaliziata da sapere cosa intendeva Peter con quelle parole – o per lo meno da interpretarle in maniera adeguata. Non c'erano molti metodi alternativi per dialogare con Gabriel, Claire l'aveva imparato a sue spese. Avrebbe anche potuto risparmiarsi di rompere le scatole a Peter con le sue paturnie.

Strizzò i capelli e uscì dalla doccia. Passò una mano sullo specchio appannato e osservò quella ragazza che la adocchiava pensierosa. Prese il pettine fitto e si mise a districare i nodi, metodica e decisa, e ad ogni nodo che si scioglieva le pareva di sentire la testa un po' più lucida.

Lei non era quel tipo di ragazza, lei non ne avrebbe mai avuto il coraggio. Si cagava sotto alla sola idea. Ma aveva vent'anni, non era mai stata con un uomo e quando era con Gabriel sentiva che si incastravano così bene. Diamine, era pazzesco quanto la faceva sentire al sicuro, proprio lui che aveva reso un inferno quegli ultimi anni.

L'aveva avvicinata senza chiederle niente in cambio e quando lei aveva provato a fidarsi l'aveva visto e sentito: quel calore, quello che Gabriel aveva dentro. Lo sentiva pulsare costantemente. Glielo regalava, ogni volta, come se non vedesse l'ora, come se non avesse aspettato che lei. Ed era semplicemente la cosa più assurda e bella che le fosse capitata.

Claire non sapeva cosa lo trattenesse ancora. Il piano fisico aveva la sua importanza, ma paragonato a quello che stavano costruendo insieme era nulla. Ma forse quel “nulla”, per quanto insignificante, aveva un suo peso... forse era quello che chiudeva il cerchio. E il cerchio l'aveva aperto Gabriel: adesso spettava a lei chiuderlo.

Si aggrappò al bordo del lavandino e sospirò nell'aria umida. I sette giorni che si era data erano scaduti. Poteva farlo davvero? E come? Non sarebbe mai stata capace di agire, doveva trovare un modo diverso.

Saettò lo sguardo per il bagno e adocchiò il ciondolo. Lo prese e se lo legò al collo. Alzò gli occhi verso il riflesso, fece un passo indietro e si rimirò. Aveva la pelle arrossata dal calore e i capelli scuriti dall'acqua. Considerò velocemente che si era depilata e aveva finito il tubetto di crema per il corpo. Il cuore prese a martellarle in petto quando capì che si era già preparata: aveva già deciso, ancora prima che le venisse l'idea.

~~~

Poteva tornare indietro, poteva farlo in qualsiasi momento. Claire si strinse il lenzuolo al petto, il respiro mozzo e lo stomaco stretto in una morsa. Sì, non ci voleva niente, bastava alzarsi e prendere il pigiama dal cassetto. Ma non si muoveva, se ne stava lì e attendeva: la rinuncia a quel piano assurdo o il suo arrivo, una delle due. E intanto non succedeva un bel niente.

Si torturò in quel modo per un tempo che le parve infinito. Quando la tensione si fece insopportabile e stava per decidersi a gettare la spugna – proprio in quel momento – lui arrivò.

Non venne subito da lei. Claire lo vide esitare, aggrappato allo stipite della finestra. In qualche modo si sentì come quella prima notte, con tutte le incognite e le paure del caso. Il che era appropriato visto che quella probabilmente sarebbe stata sua la prima...

Non pensarci... non pensarci... non pensarci...

Di solito nel giro di due secondi netti era sotto le coperte che l'abbracciava. Stavolta ci mise un bel po' a decidersi anche solo di avvicinarsi. Cosa sentiva in quel momento un empatico come lui? Preferiva non soffermarsi sul quel pensiero. Era nervosa, eccitata, impaurita, speranzosa e chissà cos'altro.

Si era fermato ai piedi del letto e la osservava. Poteva sentire il suo respiro irregolare da lì: le dava chiaramente idea di come stava assorbendo quell'orgia di emozioni. Si sentì infuocare.

Claire seguì i movimenti della sua mano. Le sembravano lentissimi. Le dita si chiusero attorno al lenzuolo e fu come se le si chiudessero attorno alla gola. Tirò appena, scoprendole una spalla e parte del seno. Il ciondolo brillò alla luce tenue. I suoi occhi si fermarono lì, il cuore di Claire accelerò.

Ancora un indugio, poi il lenzuolo scivolò via del tutto. La carezza della stoffa le fece venire la pelle d'oca. I loro respiri si fermarono. Anche il tempo parve prendersi una pausa. E quando riprese, decise di recuperare in fretta.

Si sentì afferrare per una caviglia e trascinare in avanti. Lo lasciò fare, schiacciata com'era dal terrore e dall'eccitazione. Non reagì nemmeno quando le artigliò i capelli, obbligandola ad esporre la gola, e si chinò su di lei vorace.

Claire attese, stordita e ansante. Le passò il pollice sulle labbra, in silenzio. La mano scivolò poi sul collo, seguì il nastrino e si fermò sul ciondolo. Claire chiuse gli occhi mentre le dita sfioravano il contorno del seno.

La baciò e il desiderio dilagò dentro di lei, facendole avvampare il sangue. Tremava tutta, atterrita dalla violenza di ciò che sentiva. Non l'aveva mai toccata così. Era diverso, era più possessivo e imperioso. Quel bacio preludeva ad altro e quella mano che premeva con prepotenza...

Dio, avrebbe sopportato tutto questo? Tutto il calore sembrava concentrato nei palmi delle mani e nelle labbra. Sentiva il cuore esploderle in petto.

Bruscamente si staccò da lei e la scrutò. Claire alzò una mano ad accarezzargli il volto e lui si scostò con uno gesto secco. La guardò di nuovo, accigliato, e quello che vide non le piacque per niente.

Fu come una doccia fredda. Dov'era finito tutto il calore? Claire non capì come né quando, ma all'improvviso si era rotto qualcosa. Non l'aveva mai sentito così lontano come in quel momento, nuda, tra le sue braccia. Che diavolo era successo?

Non ebbe il tempo di chiederglielo. Gabriel scosse la testa e si allontanò da lei. Se ne andò e basta, senza una parola.

Claire guardò la finestra aperta senza sapere se urlare, andarlo a cercare per picchiarlo o mettersi a piangere. Optò per la terza e scoprì che era anche facile.







(*) Chi lo merita riceverà da Venere in persona sette meravigliosi baci, e uno addolcito di molto dal tocco della sua lingua carezzevole – Metamorfosi, Apuleio

   
 
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