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Autore: LarcheeX    30/10/2010    5 recensioni
Dopo la morte di Xemnas, le istanze dittatoriali di un certo Re cominciarono a farsi troppo ambiziose e avide di potere, portando quello che era un universo che aveva faticosamente guadagnato la pace e la serenità a diventare un oscura distorsione di sé stesso.
Ma come ogni dittatura porta consensi, volenti o nolenti, e dissensi, un gruppo di Ribelli ritornati in vita capitanati dai traditori traditi dal loro migliore amico è pronto a sorgere dalle macerie dei ricordi e farsi avanti per distruggere il Re.
.
Tornata in vita non si sa come, LarcheeX torna alla carica dopo un imbarazzante numero di mesi: qualcuno la seguirà? Boh. Vedremo.
Penumbra is back.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kairi, Naminè, Organizzazione XIII, Riku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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rieccomi qua :DDD

allora, specifico che questo è un capitolo di transizione, usato allo scopo di chiarire come Roxas e Naminé siano stati tirati fuori da Kairi e Sora e specifica (più o meno) la fine che ha fatto Roxas.

Fantasy is my passion: cara la mia Fantasy che si è letta e ha recensito tutti i miei capitoli :) anch'io sono contenta che sia tornata l'Org, ora comincia il bello yeeeeah oh, mannaggia, si vede troppo che Saix è il mio preferito? OH DEUS!!! Sora al posto di Kairi? poi mi cambia tutta la fic D: ^-^ bon spero che ti piaccia anche questo capitolo :)
 

Ikumi91: Olà! son contenta che ti sia piaciuto il capitolo! oh, sì, Riku è un cretino, ma un cretino buono perchè non lo sapeva ù-ù... Eh Eh Pietro... mi dispiace dirlo ma non credo che si allei con le persone giuste... STOP! non dirò più nulla se sei curiosa per Roxas avrai la fretta di leggere il capitolo :) mi dispiace per lui, Roxas, intendo. Cloud resiste per Yuffie, sì, e avrà la sua sorpresa nel prossimo capitolo :D eh, sì, il rinfresco per la grande Strega ci sta bene *prende pasticcino*... "Debelliamo il mondo dai Sora di KH"? MI PIACE :DDD
clicexion_kh forever: nuooo, non mi strozzare Marly, mi serve ancora DD: ... se devi strozzare qualcuno fallo con Sora... o con Axel... Roxas ha fatto una fine... STOP! non dico nulla :) spero che il  capitolo ti piaccia ^^
 

per ultima cosa, ma non per importanza, vorrei ringraziare dragon ball zLettore 01 per aver messo la mia fic tra i seguiti :) - oltre a Ikumi91 e Mikhi, che recensiscono :)
 e poi vorrei ringraziare ancora Avis, Ayesha, dragon ball z e metal_darkness - oltre a clicy che recensisce - per averla messa tra i preferiti :D
significa tanto per me... poi, se volete esprimere il vostro parere, anche negativo, fatelo, tanto non vi mangio :DD *cicale* ah ehm... comunque se vi va lasciate una recensione ;)
bon, procediamo con il capitolo!!! :D 


Alleanza.

La storia di Roxas.

 
Ehm, ma non mi sono perso qualcosa? Non ero morto?” si chiese Demyx, fintamente pensieroso. Si ricordava quelli che dovevano essere i suoi ultimi momenti, anche se doveva ammettere che i suoi ricordi riguardanti la sua morte erano abbastanza frammentati. Era comunque strano ritrovarsi vivo.
Tra i membri dell’Organizzazione scorreva una pulsante vena di incredulità. La maggior parte stava cercando di recuperare le loro memorie per capire cosa fosse successo, dato che non riuscivano a collegare le loro morti con il fatto di essere vivi e vegeti in una foresta sconosciuta.
Xemnas fece scomparire l’abito bicolore, trasformandolo di nuovo nella divisa dell’Organizzazione. Doveva assolutamente mettere ordine tra i suoi pensieri che si stavano affollando e sovrapponendo nella sua mente. Era vivo.
Uno per uno, i membri si guardarono intorno spaesati, per poi vertere la loro attenzione sulle due ragazze che avevano di fronte. Marluxia, Larxene e Axel furono i primi a riconoscere la bambina bionda che reggeva una donna dai capelli rossi che si reggeva a malapena su due piedi.
“Naminé?” lei li ignorò bellamente. “Esatto.” Disse invece, rispondendo a Demyx: “Eravate morti. Ma vi abbiamo richiamato in vita noi.”
I dodici osservarono la ragazza dai capelli rossi, non riconoscendola. Chi mai era così disperato di avere il loro aiuto – perché se li erano andati a cercare nell’Aldilà era aiuto quello che desideravano – da ricorrere alla magie per riportarli tutti e dodici alla vita?
“Inutile dire che non mi riconoscete.” Disse Kairi con un filo di voce, dopo aver recuperato il minimo delle forze. “Kairi vi dice qualcosa?”
Al suono del nome sia Saïx sia Axel capirono. L’unica cosa che rimaneva oscura era come fosse cambiata così tanto nel giro di…? Nessuno dei dodici avrebbe potuto dire con esattezza quanto fosse passato dalla loro morte. Potevano essere pochi secondi come potevano essere anni.
“Beh, ci avete riportato in vita, grazie, ma perché?” proruppe Xigbar dopo un silenzio pesante come piombo. Naminé provò a parlare, ma fu interrotta da Zexion che disse: “Sephiroth è ancora vivo?” chiese, come se niente fosse. Inutile dire che anche per lui ritrovarsi a respirare era qualcosa di meravigliosamente strano, e cercava di capire come fosse successo, ma non trovava né capo né coda alla situazione. Ma da quando aveva riaperto gli occhi anche il suo insuperabile fiuto aveva ricominciato a funzionare alla perfezione e quello che percepiva, oltre all’odore di bosco e quello di oscurità dell’Organizzazione, era proprio l’odore di Sephiroth.
“Sì, ma perché ce lo chiedi?” chiese Kairi, allarmata. “Si sta avvicinando.” Disse semplicemente il numero VI. Le due ragazze si guardarono intorno spaurite, per poi ordinare a tutti: “Scappate! Alla casa abbandonata! Presto!”
Detto questo si precipitarono verso l’edificio che, infondo, non distava molto dalla radura nel bosco. “Perché?!” chiese Xemnas, contrariato. Sephiroth si poteva benissimo battere, ora che erano in quattordici. E di fatti non si mosse proprio per questo, appoggiato dal suo stratega, Zexion, e dal suo secondo in comando, Saïx. Ma Naminé, invece di rispondere, tornò indietro e prese il numero I per la manica, facendogli il gesto eloquente che indicava che si doveva dare una mossa. “Non riuscireste a batterlo nemmeno se foste tutti e tredici! Sono passati quindici anni dalla tua morte, le cose sono cambiate!” esclamò, supplichevole. Ma la voce gelida di Saïx la fece voltare: “Possiamo comunque batterlo. Abbiamo i Nessuno di Alto Rango.” Constatò. Naminé avrebbe davvero voluto vedere come se la sarebbero cavata e come la delusione di non poter controllare i loro Nessuno li avrebbe portati alla morte, ma, in quel momento di fretta, non poteva lasciarsi andare in vendette personali solo per far vedere che aveva ragione: “No che non ce li avete! Per favore, ascoltatemi! Rifugiamoci, poi vi spiegherò tutto!” disse, mentre l’altro gruppo con Kairi si allontanava.
 
Kairi stava acquistando man mano le forze, anche se lo sforzo di correre gliele stava divorando di nuovo. Non ce la faceva. Cadde in ginocchio, ma fu presa al volo da Xigbar: “Eh, no, non mi puoi crepare quando ho bisogno di spiegazioni, non trovi?” disse, mentre con una mossa abbastanza sinuosa la prese in braccio e si teletrasportò davanti a tutto il gruppo che correva. “Bene, ora dove dobbiamo andare?” chiese Xaldin, guardandosi attorno. Lì non c’era mai stato, contando tutte le missioni di cui serbava il ricordo. “Di qua, muovetevi!” gridò Vexen, portandoli nel giardino di una casa piuttosto malmessa. Il numero IV se lo ricordava fin troppo bene, quel posto. Nonostante ciò li guidò fin dentro la casa, anche se non era affatto tranquillo. Dovevano trovare un nascondiglio migliore.
“Ma dove sono Xemnas, Saïx e Zexion?” chiese Xigbar posando Kairi per terra. “Sono… rimasti… indietro.” Ansimò la rossa, appoggiandosi al muro. Si aspettava che il rito fosse qualcosa di più tranquillo, tipo pronunciare qualche formula magica e attendere che si compiesse ciò che si doveva compiere, ma da quando aveva finito quello per far risorgere l’Organizzazione non era più riuscita a formulare un pensiero in fila a un altro. Sapeva solo che scappavano da… Sephiroth, le pareva. Ma non era riuscita a seguire oltre la conversazione di Naminé con il resto dei Nessuno.
“Sei piuttosto fragile, ragazzina.” Constatò Larxene, con un sorrisino sarcastico sul viso. Da quello che Naminé le aveva detto l’unica donna dell’Organizzazione non sprecava mai l’occasione per dire qualcosa di perfido, e quella ne era la dimostrazione. Kairi, nonostante lo sguardo appannato, la guardò bieca: “Primo: sono più vecchia di te. Secondo: le mie energie le ho sprecate per far risorgere te e i tuoi compagni, stupida.” Almeno l’arrabbiatura le aveva permesso di riacquistare lucidità.
“Ci devi ancora spiegare come mai ci ritroviamo in una Crepuscopoli dove c’è la notte.” Disse Vexen, appoggiandosi al muro. Axel intervenne: “Questa non è Crepuscopoli.” Irritato. Sembrava davvero irritato. Peccato che non poteva esserlo.
“Invece sì, Axel. Sotto troverai la stessa stanza in cui tu e Roxas avete combattuto. L’Oscurità ha cominciato a mangiare anche questo mondo, e per questo che è buio.” Rispose Kairi, sedendosi per terra. Non le andava molto di parlare, anche perché, tra loro due, quella più brava a parlare era Naminé. Forse perché, non avendo un cuore, non si lasciava coinvolgere da alcuna emozione e la sua esposizione risultava più limpida e precisa.
In quel momento Vexen concentrò la sua attenzione su Axel, come se lo avesse visto solo in quel momento. La sua espressione cambiò di poco, anche se era evidente la finta rabbia repressa. Quel bastardo lo aveva ucciso. Avrebbe davvero voluto avere un cuore per incazzarsi davvero, ma, dato che ancora non ce l’aveva, era inutile e impossibile perdere le staffe. Gliel’avrebbe fatta pagare, fosse stata la sua ultima cosa prima di morire di nuovo.
Axel dal canto suo ancora non si capacitava di come potesse essere vivo e, se tutti i Nessuno erano risorti, perché non aveva ancora visto Roxas. Era un Nessuno pure lui, o no?
L’Organizzazione si sparse in vari punti del salone principale della casa abbandonata, chi ancora recuperava i ricordi, chi, come Xaldin, esplorava il luogo perché non ci era mai stato.
Alla fine, anche Naminé con gli altri tre Nessuno entrarono trafelati dalla porta, ma non si fermarono, piuttosto cominciarono a salire ai piani superiori.
“Sephiroth sta arrivando. Ha visto Naminé, quindi ci dobbiamo nascondere. Dice di sapere dove si trova un nascondiglio decente.” Spiegò Xemnas, mentre gli esortava a muoversi.
Naminé guidava l’Organizzazione in un posto che nessuno, a parte lei, conosceva, nemmeno Diz, che comunque era morto. L’aveva scoperto nel suo periodo di permanenza lì a Crepuscopoli, e non ne aveva parlato. Aveva sempre pensato che sarebbe potuto essere utile, visto che quel luogo era simile a una grossa mansarda.
“Ecco.” Disse, una volta nella sala bianca, acchiappando con un salto una corda e aprendo una botola sul soffitto. Prese una scala e l’appoggiò in modo da farla arrivare in cima. Era un po’ pericolante ma andava bene se ci si muoveva con cautela.
“Dopo di me fate salire Kairi.” Ordinò, mentre cominciava a posare il piede sul primo scalino: “Io vado a reggere l’altra estremità.”
La salita, per quanto breve, fu abbastanza faticosa, visto che la scala era pericolante e rischiava di cadere all’indietro. Ma, alla fine, riuscì a entrare nella mansarda, e gettò un sguardo intorno: il pavimento era impolverato come se non avesse visto una scopa da quarant’anni, c’era una specie di materasso con qualche molla di fuori, impolverato anche quello, e dal soffitto pendeva un ragno peloso.
“Naminé, muoviti!” gridò una voce da sotto: “Sephiroth è entrato.” Quella frase ebbe il potere di scuoterla, e cominciò a reggere la scala. Il primo a salire fu Lexaeus con Kairi aggrappata debolmente alle spalle, poi tutto il resto dell’Organizzazione. L’ultima fu Larxene, che ancora doveva salire.
“Larxene!” sussurrò Kairi tesa, visto che sentiva i passi del nemico sul pavimento del corridoio antistante la sala bianca: “Muo… muoviti!”
Il numero XII, invece, levò la scala da davanti la botola, appoggiandola per terra con il minimo rumore. “Ma che fai!?” esclamò sottovoce Vexen. Vuoi vedere che quella sgualdrina li avrebbe traditi di nuovo?
Ma la bionda fece l’impensabile. Con uno scatto degno di un felino spiccò un salto, appoggiò i piedi sul muro per darsi la spinta e si fiondò ad afferrare la corda della botola che pendeva, dandosi la spinta ondeggiando due volte e piombando, con la corda e chiudendo la botola da dentro, nella mansarda. Tutto in due secondi.
“Acci!” esclamò Demyx, fissandola stralunato. Non aveva mai visto fare una cosa del genere. Da una ragazza, per giunta!
Larxene si guardò intorno, divertita e seccata al tempo stesso: “Beh, vi aspettavate che vi tradissi?” li canzonò, malefica. Distolsero tutti lo sguardo, tranne Marluxia, che la guardò con l’aria di chi la sa lunga, mentre un sorriso beffardo si faceva strada sulle labbra del numero XII.
“Non sarebbe la prima volta.” Brontolò Vexen, fissando bieco la sua sottoposta. Larxene stava per rispondere a male parole, ma Zexion le fece segno di tacere, poiché la porta della sala bianca si stava aprendo. Tutti si zittirono e trattennero il respiro.
 

 

Castello Disney, ore 05.00
 

“Maestà.” Chiamò qualcuno, una voce maschile. Re Topolino si girò, facendo oscillare pericolosamente la corona che teneva tra le orecchie tonde. Vede Léon inchinato a qualche metro di distanza da lui, che aspettava gli ordini. Beh, c’era un motivo se l’aveva chiamato. Da dietro la porta della sua stanza, chiusa per privacy, spuntò una testa, questa volta femminile, seguita da un cappello a cono azzurrino.
La donna che entrò era molto bella: aveva i capelli color castagna, lisci, acconciati in una romantica treccia fermata da un bel fiocco rosso, e i ciuffetti che sfuggivano erano stati sistemati in due trecce più piccole, vicino alle orecchie. Era vestita con una camicetta bianca e rosa con un fiocchetto a reggergliela sulle spalle, e una gonna rosa e bianca, e ai piedi due stivali scuri. L’uomo invece era piuttosto vecchio, vestito con una palandrana azzurra e un cappello conico del medesimo colore, con ai piedi due scarpe a punta in tinta con il resto. La cosa più strana era una lunga barba bianca che era impegnato a tenere lontana dai piedi. “Sua Maestà!” gracchiò.
“Léon, quali sono le novità?” chiese il Topo, puntando gli occhi sul ragazzo, ancora inginocchiato.
“Abbiamo avvistato Yuffie, mio signore.” Decretò. Gli altri due annuirono. “Fonti certe ci dicono che si trova nella Terra dei Dragoni. Shan Yu ha affermato di averla catturata nel bosco di bambù, anche se è scappata prima che la riconoscessero.” Continuò Aerith.
“Avete scoperto come riesce a muoversi di mondo in mondo senza gummiship?” chiese il Re allora.
Yuffie era imprendibile. Da circa due anni la stava cercando e ancora non era riuscito a catturarla. Riusciva a muoversi tra un mondo e un altro senza bisogno di gummiship, questo significava due cose: o era riuscita a padroneggiare i varchi oscuri, o aveva inventato un nuovo modo per muoversi. Propendeva più per la seconda, perché i corridoi che usava l’Organizzazione erano molto difficili da imparare, se non si aveva un maestro.
“No. Ma crediamo che dietro ci sia qualcuno dell’Organizz…” cominciò Aerith, ma fu bloccata da una correzione del Re: “Innominabili. Loro sono gli Innominabili. Ricordatelo, la prossima volta non sarò clemente.” Lei annuì, spaventata.
In quel momento, a Merlino successe qualcosa di curioso. Nella sua mente sconvolta da Naminé cominciarono a succedersi delle immagini a lui sconosciute. Léon che combatteva contro un Sora bambino, Aerith che litigava con un computer, lui che litigava con Cid. Fu solo un attimo, poi tornò tutto come prima.
“Bene andate nella Terra dei Dragoni, dunque. E tornate con dei risultati.” Ordinò, congedandoli.
Nel momento in cui i tre uscirono entrò Sephiroth, con un’espressione piuttosto contrariata.
Si inchinò ai piedi del Re e proclamò: “Non ho catturato le ragazzine, mio signore. Non sono riuscito a prenderle. Ho intravisto la bionda, ma non ho fatto in tempo a prenderla.”
Topolino represse un ringhio infastidito. Questo significava che non erano state convinte da Riku, ma avevano agito di testa loro. Doveva farle fuori prima che potessero creare un gruppo abbastanza forte di ribelli.
“Fate setacciare Crepuscopoli. Le voglio vive.” Ordinò, e Sephiroth uscì a grandi passi dalla stanza.
“Vi troverò, fosse l’ultima cosa che faccio!” giurò a sé stesso con un ringhio.
 

 

Mansarda segreta di Crepuscopoli, ore 05.00
 

Tutti e quattordici emisero un sospiro di sollievo quando sentirono Sephiroth uscire dalla sala bianca e ritornare al Castello Disney.
Kairi si appoggiò al muro, stremata. Aveva bisogno di una lunga dormita e di riposo. Oppure di una dose massiccia di incantesimi energetici. Ma non avrebbe contato sull’aiuto dell’Organizzazione.
Non appena formulò questo pensiero sentì un nuovo vigore farsi strada nel suo corpo. Alzò uno sguardo incuriosito su i dodici, e vide un ghignetto soddisfatto sul volto di Xigbar: “Beh, ora che ti abbiamo energizzato, dolcezza, dovresti raccontarci cosa è successo da quando siamo morti.”
Tutti si fecero più attenti. La rossa sospirò. Si preparava un terzo grado decisamente opprimente: “Voi siete morti quindici anni fa. Beh, sembrava che il bene avesse trionfato. Invece no. Sora, il Re e Yen Sid sembrano essersi convertiti all’Oscurità. Hanno cominciato a conquistare mondo su mondo, finché non si creò, nel giro di dieci anni, un impero con Topolino al comando. Qualcuno si è opposto: o è stato ucciso o, se era utile all’impero, è stato soggiogato dal potere di Naminé.” Dodici paia d’occhi si puntarono sulla bionda, che si incupì notevolmente. “Qualcuno che ha avuto la mia stessa idea. Poco originale direi.” Si lamentò Marluxia, appoggiandosi al muro di fronte a Kairi, dall’altra parte della stanza. Evidentemente non si accorse dell’occhiata rancorosa di Naminé – una delle poche – perché la sua espressione sicura di sé non cambiò di un centimetro.
“Ma Naminé non era rientrata nel tuo corpo?” chiese Xemnas, pensieroso. Ancora non riusciva a collegare la presenza di Naminé con quello a cui aveva assistito da lontano. “Yen Sid è riuscito a trovare un modo per estrarre il Nessuno dal corpo del proprietario, senza far sparire né l’uno né l’altro. Lei è stata tirata fuori da me perché poteva modificare i ricordi e portare dalla parte di Topolino persone come Léon, Sephiroth eccetera.” Spiegò Kairi.
“Ehm” esordì Axel: “Ma allora Roxas dov’è finito?” chiese, mentre il clima tra lui e tutta l’Organizzazione si faceva terribilmente più teso.
Era stato più forte di lui, non ci poteva fare niente. Era morto per Roxas e per Roxas era stato il suo primo pensiero da vivo, che il resto dell’Organizzazione lo volesse o no. Attese comunque la risposta, che non arrivò da Kairi, bensì da Naminé: “Roxas non tornerà. È definitivamente morto.” Annunciò, come se volesse far cominciare un lutto. Perché lei era in lutto da quindici anni ormai, e Roxas le mancava più di ogni altra cosa, persino più del cuore.
“Roxas è stato tirato fuori da Sora nello stesso momento in cui io sono uscita da Kairi. Ma non serviva a Topolino, perché di keyblader ne aveva fin troppi.” Cominciò, mentre tutti si facevano più attenti.
 
Doveva eliminarlo. Gli stava creando solo problemi. Già per due volte per colpa sua non era riuscito a compiere la missione affidatagli dal Re. Perché Roxas sbagliava, cercava di convertirlo a una perversa dottrina da Nessuno per appropriarsi del suo corpo.
O, meglio, questo era quello che Re Topolino gli aveva spiegato. E lui ci aveva creduto. Il Re era buono, era Roxas a sbagliare.
Lui, Sora, aveva più volte tentato di metterlo a tacere, insieme ai pensieri controllati della sua mente, ma quel bastardo ricompariva sempre, ogni volta più insistente. Doveva eliminarlo.
“Sora” lo chiamò il Re: “Yen Sid ha trovato la soluzione che cercavamo. Così potremo liberarti.”
Annuì.
“Finalmente potrò eliminarti per sempre, Roxas.”
Si avviò per i corridoi del Castello che ormai conosceva a menadito, seguendo il Re nella sala della Prima Pietra, dove Yen Sid si stava preparando per svolgere l’incantesimo.
Trovò anche Riku e Kairi nella stanza, poiché anche Kairi doveva sottoporsi alla “cura”. Naminé non le stava dando alcun fastidio, ma forse perché il suo Nessuno non aveva una volontà abbastanza forte da riuscire a sottomettere il proprietario legittimo del corpo.
Non appena si avvicinò al gruppo di persone sentì l’animo farsi inquieto, agitato da un Roxas che percepiva la sua fine. Lo sapeva, perché da tempo aveva imparato a leggergli nella mente.
“Lasciami stare! Sei tu ad essere in torto!” protestò Roxas, la voce acuta di chi ha paura. Ma lui non aveva paura, piuttosto la stava facendo provare a lui.
“Sei un Nessuno, è chiaro che vuoi solo riprenderti il mio corpo. Ma preparati, questa è la tua fine.”
“Se la mia fine farà da inizio a qualcos’altro, allora ben venga.”
“Ha! Cosa pretendi di fare da morto?”
“Io? Nulla. Ma non ho detto che sarò io ad ucciderti.”
“Stolto, credi davvero che uno dei tuoi amichetti dell’Organizzazione vengano a salvarti?”
Ma non poté dire oltre, poiché il Re stava dando il via per cominciare l’incantesimo.
 
Il risveglio fu piuttosto brusco, dato che furono sbattuti immediatamente in una cella vuota.
La bambina bionda si stringeva le ginocchia al petto e tremava di freddo. Perché l’avevano risvegliata?
Il ragazzo, invece, era tutt’altro che perplesso: si guardava intorno, nervoso, quasi impaurito, e sarebbe stato anche credibile se quelle emozioni le avesse potute provare davvero.
“Roxas.” Lo chiamò, ed egli si girò subito, folgorato dal sentire di nuovo quella voce.
“Naminé.”
“Perché ci hanno risvegliati?”
Lui non rispose, anzi, si voltò per vedere se ci fosse qualcuno in corridoio e le sussurrò, teso: “Non sarò vivo ancora per molto, perciò ascoltami.” esordì in un sussurro frettoloso e bloccando le sue parole terrorizzate con una mano.
Le raccontò ogni dettaglio della sua conversazione con Sora, negli ultimi istanti di quando era nel suo corpo, ogni piccolo particolare della nuova cattiveria dell’Eroe veniva accuratamente esposto dal sussurrio frettoloso del Nessuno. Tutto quello che poteva essere utile.
“Naminé, ascoltami.” disse infine, prendendola per le spalle: “Quando ancora ero nell’Organizzazione ho scoperto che esiste un rituale per far risorgere i Nessuno. Ti prego, usalo in caso di necessità. Malefica lo saprà di sicuro. Usalo, ricordati di questa importantissima cosa. Mi raccomando.” finì in tempo per sentire la voce di Sora farsi strada nei corridoi: “Finalmente avrò il piacere di eliminarti, Roxas”
L’ultimo ricordo di Naminé riguardo a Roxas fu il suo volto disperato e teso mentre l’Eroe del Keyblade lo prendeva per un braccio e lo trascinava di peso verso una stanza ignota.
Sentì un urlo, poi nulla, solo grida di giubilio del Re e dell’Eroe.
“Me ne ricorderò. Promesso.”
 
Le ultime parole di Naminé sembrarono galleggiare nell’aria come un triste palloncino, per poi evaporare sotto una coltre di significati: il primo e il più triste era che Roxas era morto e non sarebbe tornato, il secondo era che Roxas, nonostante fosse solo un ragazzino, fosse riuscito a prevedere il ritorno dell’Organizzazione, il terzo, che più che un significato era un invito, era che dovevano collaborare per detronizzare Sora e il Re.
Xemnas avrebbe davvero voluto vendicarsi, ma non sapeva se l’Organizzazione avrebbe voluto seguirlo di nuovo, dopo aver scoperto che anche il loro Superiore aveva fallito come un miserabile.
“Quello che ancora non capisco è il perché ci avete riportati in vita dopo quindici anni.” Esordì Luxord, dopo aver riflettuto: “Cioè, prima ci uccidete, poi ci fate risorgere, e magari quando non vi saremo più utili e cercheremo di riprenderci il cuore ci farete di nuovo fuori. Dove ci guadagniamo?” disse. Kairi dovette ammettere che non avevano tutti i torti.
“Sono d’accordo con Luxord.” Continuò Vexen: “Alla fine siete voi che ci avete fatti fuori, o ci avete indotto a ucciderci a vicenda,” questa ultima frase la disse scoccando un’occhiata gelida al numero VIII: “Risolvete i vostri problemi da soli, no?” in molti annuirono.
Questo era quello che temeva Naminé: l’Organizzazione non si sarebbe mai e poi mai alleata con qualcuno che aveva fatto loro un torto o, peggio, con coloro che avevano messo la parola fine sulla loro unica speranza di riprendersi il cuore. E doveva ammettere che non avevano tutti i torti.
“Esatto, voi ci avete uccisi, perché dovremmo collaborare con voi?” chiese Demyx. Ancora ricordava il suo ultimo istante di vita. Anche il cavaliere, guerriero o combattente più valoroso avrebbe avuto paura, mentre a lui, che era anche abbastanza fifone, non era concesso il lusso di impaurirsi.
Ma Kairi intervenne scocciata e infastidita dal comportamento egoista dell’Organizzazione: “Prima di tutto, se volete fare i puntigliosi, siete voi a dover chiedere scusa a noi, visto che siete i responsabili del rapimento di Naminé” e indicò Larxene e Marluxia: “E del mio.” Concluse guardando sia Axel che Saïx. “Se siete così arrabbiati potete esserlo con Sora, anche con Riku se volete, ma con noi due dovete essere solo grati visto che, oltre ad essere state usate per le vostre macchinazioni, vi abbiamo anche fatto il favore di riportarvi in vita.” Finì con uno sbuffo a metà tra lo scocciato e l’irato, poi, essendosi accorta di essersi alzata in piedi in preda alla rabbia, si risedette.
Saïx, Axel, Larxene e Marluxia dovettero ammettere, nell’angolino sperduto del loro essere chiamato coscienza, che effettivamente Kairi aveva ragione.
Passò un silenzio che aveva un che di imbarazzato, prima che Lexaeus, per la prima volta da quando era vivo, aprisse bocca: “Se collaboriamo con voi…” cominciò: “Sarete liberi di far ciò che volete per riprendervi il vostro cuore.” completò Kairi, speranzosa: “Questa è una promessa.” Giurò, come termine di garanzia. Lentamente, incrociò le dita dietro la schiena. Forse stavano arrivando a una conclusione positiva.
“Ci sto.” Concluse Demyx.
In effetti la proposta era allettante. Perfino uno stupido come Demyx lo aveva capito. Certo, era allettante se filava tutto liscio e se non morivano nel tentativo di uccidere Sora, questo lo sapevano. Però, scoprire che qualcuno era dalla loro parte, alla fine, sarebbe stato utile. Anche perché, se avessero agito per conto loro, avrebbero pagato a caro prezzo la loro indipendenza, poiché, come aveva testimoniato la notte a Crepuscopoli, non erano più in grado di ambientarsi in mondi dei quali conservavano un confuso ricordo, che corrispondeva a una diversa realtà.
“Anch’io.” Disse Lexaeus, seguito da Vexen, Marluxia, Larxene, Saïx, Axel, Xigbar, Xaldin, Luxord e Xemnas. Solo Zexion tentennò un pochino, ma alla fine aggiunse la sua voce quando tutti gridarono: “Morte al Topo!
La resistenza aveva inizio.
 

 

Mansarda segreta di Crepuscopoli, ora adibita a quartier generale provvisorio della resistenza, ore 22.08

 
Il giorno era passato, ozioso, senza nessun avvenimento particolare perché ognuno potesse organizzarsi al meglio per compiere il primo passo della neonata resistenza: liberare Riku. La riunione vera e propria si sarebbe tenuta la sera, quando tutti sarebbero stati pronti e saziati dalle cibarie che Xigbar, grazie al suo potere di teletrasportarsi, era riuscito a sgraffignare a ignari cittadini. Ma, oltre a lui, nessuno era uscito dalla casa abbandonata.
Fino a un momento prima i dodici dell’Organizzazione erano indaffarati a allenarsi, sempre facendo il minimo rumore possibile, per verificare se le loro abilità fossero ancora integre dopo la morte, ma ora si ritrovavano stipati di nuovo nella mansarda, con Naminé e Kairi che illustravano i punti deboli per una possibile evasione dei carcerati: “Il carcere del Castello Disney è estremamente difficile da espugnare, poiché è previsto di porte magiche e di serrature a trabocchetto, per non parlare delle guardie che pattugliano i corridoi.” Cominciò Naminé, facendo un disegno approssimativo di quella che era la piantina delle prigioni.
“Tuttavia ogni dodici ore, quando le guardie si trovano in questo punto per il cambio di turno” e indicò il luogo dove era indicata la Stanza della Marchiatura: “Dall’altra parte del corridoio, cioè all’entrata, c’è un punto morto dove non viene effettuata la sorveglianza. Lì ci si può infiltrare fingendosi una guardia che sta andando a prendere il servizio.” Concluse, posando lo sguardo sui Nessuno, ognuno impegnato a riflettere sul piano.
“Sì, va bene, ma come ci arriviamo, al Castello Disney?” chiese Xemnas: “Kairi ci ha detto che lì i varchi oscuri non possono essere aperti.”
“C’è una porta magica che da Crepuscopoli conduce lì e viceversa, che viene aperta nella sala della Prima Pietra. L’unico problema sarebbe scendere da quella sala fino alle prigioni senza essere visti.” Rispose Naminé: “Ma mettendo insieme le vostre abilità riusciremo a raggiungerle abbastanza velocemente.” Rifletté, cercando un modo per portare quattordici persone, che poi sarebbero state quindici con Riku, nel carcere: “Xigbar, teletrasportandosi, potrebbe portare con sé alcuni di noi, magari in due viaggi.” Il numero II annuì. Niente da fare, con il potere che si ritrovava gli sarebbe toccato molte volte fare la spola.
“Numero VI, il potere delle illusioni è di nuovo richiesto.” Ordinò Xemnas: “Dovresti creare un’illusione abbastanza potente da poter nascondere gli altri che non possono essere portati da Xigbar mentre camminano.” Zexion rifletté. Doveva creare una scenografia di un Castello in cui non era mai stato, quindi anche abbastanza improvvisata, per nascondere persone che lo avevano volentieri sfruttato. Non gli andava molto a genio, ma era comunque per il bene comune. Infondo, anche lui voleva la sua piccola parte di vendetta. Solo dopo questi pensieri si accorse di essere al centro delle attenzioni di tutti. “Va bene.” Disse, incolore.
“Ottimo. Dunque, fingendosi una delle guardie, uno di noi si installa davanti alla cella di Riku e, alla prima occasione, mentre gli altri tramortiscono le guardie, apre la cella e lo fa uscire. Ricordate che i prigionieri sono marchiati e come tali non possono uscire. Dovete prenderli voi e portarli fuori.” Concluse, sperando di essere stata abbastanza chiara.
“Sarebbe meglio stabilire dei ruoli, giusto per non cadere nel panico quando ci toccherebbe entrare in azione.” Intervenne Marluxia, sostenuto da Larxene: “Esatto, altrimenti sarebbe molto più difficile urlarsi dei comandi rischiando di far intervenire il moccioso.” Convenne.
“Ok, allora.” Esordì Xemnas, che, con la sua aria altera, sembrava emanare un’aura di superiorità e comando: “Xigbar, come detto dovrai trasportare qualcuno con te in una sala limitrofa alle prigioni…” si guardò intorno, come per studiare i suoi sottoposti, per poi dire: “Larxene, Axel, Saïx, Marluxia, Kairi andate voi con lui.” I nominati annuirono: “Gli altri andranno con me e Naminé. Zexion con noi per nasconderci. Lexaeus, Xaldin, siete gli incaricati a sfondare la porta della cella, anche se temo che ci vorrà ben oltre che forza fisica. Gli altri saranno a distrarre guardie e affini. Sono stato chiaro?” finì, autoritario come sempre. Annuirono.
“L’unica consolazione sarà che alla fine potremo riprovare a conquistare Kingdom Hearts.” Si disse Marluxia.
Naminé e Kairi si guardarono: come avrebbero reagito i membri dell’Organizzazione sapendo che il dono al quale avevano tanto agognato era stato trasformato in dati e i loro cuori rinchiusi chissà dove?
“Kingdom Hearts non esiste più.” Dissero in coro, seminando il simil-panico tra i Nessuno e anche molta indignazione.
In effetti, detto così, sembrava che per tutto il tempo trascorso dalla loro rinascita le due avessero mentito loro riguardo alla seconda possibilità di riconquistare un cuore. “Calma, non abbiamo detto che non potrete riprendervi il cuore! Diciamo che esiste un altro modo…” intervenne Kairi per placare le proteste nascenti. Tutti si zittirono. “Cioè?” chiese Vexen, alzando un sopracciglio.
“Kingdom Hearts è stato datizzato, e i cuori sono stati trasferiti in una stanza nel Castello Disney, chiamata Stanza dei Cuori.”
La vena di stupore che passò tra i dodici fu più che comprensibile: infondo, si trattava sempre del loro desiderio più grande, e sentire che il proprio cuore astratto e puro era stato manomesso e trasformato in volgari dati faceva sempre il suo effetto.
“Bene, allora sarà tutto decisivo per l’attacco” intervenne Axel: “Liberiamo Riku, ci riprendiamo i cuori e già che ci siamo uccidiamo il Topo.”
Nessuno se la sentì di contraddirlo, anche perché Axel, reso assai emotivo dal suo stesso elemento, raggruppava in quell’energica proposta i desideri di tutti. Annuirono, decisi. Con un po’ di fortuna si sarebbe risolto tutto in una volta. 

 

  
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