-Lumos.-
Una fioca luce baluginò nella stanza, poi una lampada ad olio si accese, spandendo un confortevole
chiarore tutto intorno.
Aberforth Silente appoggiò la bacchetta sul tavolo, tolse gli occhiali e si passò una mano sul
volto, stanco. Mandare avanti la Testa di Porco era sempre più difficile, dato che si ostinava a
demotivare con il suo caratteraccio i pochi collaboratori che cercavano di dargli una mano:
avrebbe dovuto rifletterci, all'indomani, al momento bramava solo un bel goccio di idromele ed una
bella dormita.
Una voce lo distolse bruscamente da quei propositi, la voce ferma, inconfondibile, serenamente
aristocratica di suo fratello Albus.
- Alla buon'ora, Aberforth... pensavo ci fosse una festa al piano di sotto, dato che continuavi a
tardare. Quando ti deciderai ad ammettere che stai invecchiando, mio caro fratello? - proseguì
fissandolo mentre si alzava e si dirigeva verso di lui. - Ogni sera hai un'espressione più
distrutta, trovo disdicevole questo tuo ostinato rifiuto della realtà.. Aberforth rimettimi giù
per favore.- proseguì quando il fratello lo sollevò a mezz'aria per qualche istante, riadagiandolo
poi al suo posto.
L'oste gli rivolse uno sguardo duro. - In tutti questi anni solo una cosa non mi è mancata mai di
te, fratello mio... i tuoi dotti consigli. L'unica cosa di cui davvero avrei fatto a meno. -
rimarcò borbottando e riempiendosi la pipa di tabacco nero, che poi accese lanciando un corposo
sbuffo di fumo azzurrognolo verso Albus, che lo allontanò visibilmente infastidito.
- Sempre questo giochetto, sempre questo astio sarcastico... possibile che ogni volta tu debba
ricominciare? Sai quanto me che ho fatto quel che andava fatto, e per quanto riguarda la nostra
gioventù sai quanto me che le circostanze.. - ma il sermoncino dell'ex Preside di Hogwarts
s'interruppe di colpo quando il fratello lo afferrò e lo scaraventò senza tanti complimenti contro
il divano all'altro capo della stanza.
- Aberforth!! Ma sei matto? Mi.. mi potevi ROMPERE!! - esclamò un indignato ed impaurito Albus
Silente, mentre il fratello continuava a fissarlo con lo stesso sguardo duro di prima.
- Non posso farti niente, e lo sai bene.. l'unica volta che ho perso il controllo e ti ho rotto il
naso ero un pò fuori di me: sai, è facile con tanti lutti in famiglia. Ma probabilmente eri troppo
impegnato a riflettere sui risvolti della nuova situazione creatasi, a stringer mani ed accettar
condoglianze, oppure a struggerti ancora per la repentina separazione dal tuo capacissimo ed
avvenente amico, Gellert Grindelwald: voi e il vostro Bene Superiore e i maledettissimi Doni. -
sbottò l'oste della Testa di Porco, versandosi una generosa dose d'idromele e scolandosela d'un
fiato, prendando a passeggiare poi furibondo per la stanza.
D'un tratto si girò verso il ritratto appeso sopra al camino, da dove la sorella Ariana sembrava fissarli trasognata.
- Io non avevo bisogno di consigli o esempi, Albus. Io volevo qualcuno che mi aiutasse a non
pensare a nostro padre consumato dai Dissennatori, a confortare mamma quando era prostrata e
angosciata, a star vicino ad Ariana e proteggerla quando era travolta da quelle devastanti
eruzioni di magia; non mi occorreva il genio di Hogwarts, l'arcimago per eccellenza,
l'impegnatissimo e veneratissimo Albus Silente, a me serviva mio fratello maggiore, e tu non
c'eri, e quando ci sei stato, beh, sappiamo bene qual'è stato il risultato, vero? - concluse con
la voce arrochita dall'ira, contemplando ancora il ritratto della defunta sorella appeso alla
parete.
Il fratello maggiore, il grande mago, fissava Aberforth con uno sguardo strano, stupito,
addolorato. Attese un pò prima di replicare, con voce sommessa: - Sono cosciente dei miei errori,
dei molteplici errori che in verità ho commesso. Sicuramente il mio egoismo mi ha mal guidato
nella vita; so che è brutto a dirsi ma.. quando studiavo vedevo attorno a me gente così limitata,
così annoiante che sentivo il bisogno di confrontarmi con persone che fossero al mio livello, che
potessero insegnarmi qualcosa di vero ed importante.
Gellert.. Gellert GrindelWald era un'anima affine, un mare di conoscenza e di idee nel quale
tuffarmi e ristorarmi.. peccato mi sia reso conto troppo tardi che quell'oceano era putrido e
velenoso, ormai il danno era fatto. Irrimediabile. Non ho mai chiesto il tuo perdono, Aberforth, -
proseguì Silente ripulendosi gli occhiali - perchè non potevi darmelo. Non c'è perdono per tutto
quello che ho fatto, solo espiazione; per questo in tutti questi anni, dopo aver sconfitto
Gellert, ho cercato di distruggere il Signore Oscuro con ogni mezzo possibile, aiutando il
destinato a tale compito ad arrivare pronto all'appuntamento finale, ed ho anche rischiato di
rovinare ogni cosa perchè mi ero affezionato troppo a lui. Che ironia, non trovi? Affezionarsi ad
Harry Potter, ad un ragazzo che doveva andare incontro alla morte, quando non avevo saputo
affezionarmi alla mia unica sorella abbastanza da proteggerla nel momento del pericolo supremo.
Alla fine i fatti mi hanno dato ragione ma questo non toglie nulla alla realtà che dopo la perdita
di Ariana non ho più avuto un giorno sereno in vita mia. Non fare quella faccia, Aberforth..è
vero, avevo una scuola da mandare avanti e tanti giovani da aiutare a crescere, ma ogni istante
della mia esistenza l'ho vissuto accanto ad un fantasma, l'incubo d'ombra di quell'essere
spregevole che sarei potuto essere e che in parte sono stato.
Ho pagato il mio conto fino all'ultimo zellino, lo sai bene, anche potendo non riuscirei a fare di
più. Per questo ti chiedo se ti è possibile capire un pò, ed aiutarmi ancora una volta. - con
cluse il vecchio Preside, la voce un pò incrinata dall'emozione.
Il fratello lo guardò un attimo, poi distolse lo sguardo, avvicinandosi e parlando quasi tra sè :
- Harry Potter: un ragazzo leale, si faticava a credere che fosse il figlio di quell'arrognate
casinista di James. Mi ha detto cose su di te che non mi sarei aspettato di sentire, e a dire il
vero ti ha reso onore. Anche se in fondo.. in fondo non mi ha insegnato nulla di nuovo, Albus,
nulla che già non sapessi. Io non ti porto più rancore da tanto tempo ormai. La mia è solo
rabbia.. il dispiacere di aver perso tutti questi anni prima di ritrovarci tutti insieme, di
nuovo.. di nuovo una famiglia. -
Aberforth Silente prese in mano la vecchia cornice e la smontò, prelevando la foto magica di Albus
dal suo interno. Poi, da un vecchio comò, estrasse un grande album di foto, e prese a sfogliarlo,
con il fratello che salutava tutti quei volti che da anni ed anni non rivedeva.
Alla fine giunse a due pagine, una a fianco dell'altra.
Nella prima, una grande foto di Ariana Silente che sorrideva tranquilla, vestita d'un abito
primaverile, seduta su di un'altalena in giardino.
L'altra pagina era vuota.
Con uno sorriso amaro, Aberforth sistemò la foto del fratello nell'album di famiglia, poi accostò
le due pagine, come a richiuderle.
Ariana fissò Albus incuriosita, poi chiese ad Aberforth: - Ma è davvero lui? E' davvero lui? -.
Il fratello assentì, senza riuscire a parlare.
Ariana protese una mano attraverso la foto :- Albus, sei tornato a casa, finalmente. Mi sentivo
sola, sai? Ma adesso sei qui. Vieni a spingermi sull'altalena? -
Albus Silente afferrò quella piccola mano e saltò nell'altra foto, uscì dalla sua solitudine,
dalla sua colpa e, col sorriso sul volto, prese a spingere la sorella sempre più in alto, sempre
più su, mentre la risata di lei si distendeva felice a riempire ogni angolo di quella stanza.
Aberforth li guardò per un pò, prima di richiudere l'album e riporlo al suo posto. Ora,
finalmente, poteva riposare.
Ora erano tutti a casa.
Fine.