Film > La Fabbrica di Cioccolato
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Autore: Iurin    02/11/2010    2 recensioni
Un probabile seguito de "La fabbrica di cioccolato!" .....propongo di fare una ola a Willy Wonka!!! xD
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo qui!!!!!!

Elly_93: spero che la tua donna blu ti abbia soddisfatto xD scusa, non ho tanto tempo per commentare, che pizza -.- ciaooooooo ;)

 

Tra malintesi, pensieri e presunti "cambiamenti"


“Che ci fa Willy con Stacy?” mi ripetevo per la decima volta nella mia testa “E poi perché mi guarda così?”
Ero rimasta dove mi trovavo, come incantata…o imbambolata. Nel frattempo Willy invece era entrato nel locale, seguito a ruota da Stacy.
“Ehi Wil…” feci per salutarlo, ma lui mi interruppe:
“Che ci fai qui?”
“Come?”
“Che stavi facendo?” mi disse.
“ho portato a lavare il cappotto…”
“Questa non mi sembra una lavanderia…”
“Vabbè ma che c’entra! Stavo aspettando che si finisse di lavare.”
“Qui?”
“E dove, in mezzo alla strada?”
“Ed è mentre aspettavi che ti sei messa a ballare?”
L’illuminazione mi giunse tutta insieme. Credevo di aver capito perché Willy mi stava facendo tutte quelle domande, e la mia convinzione crebbe ancora di più dopo aver notato uno sguardo di Willy lanciato di sbieco a Mark.
“Non sarai geloso…” gli dissi.
“cosa?”
“Dai, ammettilo.”
“Perché credi che sia geloso?”
“Oh, andiamo…da quando ballare con qualcuno è reato?” dissi “A te da fastidio che quel qualcuno non sei tu!”
Willy rimase zitto per un bel po’ di tempo, guardandomi con la sua solita faccia senza espressione, e io, di tutta risposta, mi arrabbiai senza motivo:
“Non puoi accettare il fatto che io mi stia divertendo con una persona che non sei tu, giusto?”
“Co…”
“Credi che tutto giri intorno a te, vero? Beh, non è così!”
“Io non intendo che…”
Non lo ascoltai minimamente presa com’ero dal fatto che il mio orgoglio continuava a ripetermi sei per caso una bambina, ché devi essere controllata così? E così, come se fossi impazzita, iniziai a sbraitare:
“Sei un egocentrico, ecco cosa sei? Credi che tutto il mondo giri intorno a te? Beh, non ci sei solo tu nella mia vita! Io posso andare in giro dove voglio, quando voglio e soprattutto con chi voglio! Sei un…un…violadipendente e pallone gonfiato!”
Quando smisi di dare fiato alla bocca, io e Willy ci guardammo negli occhi per qualche istante, senza parlare, senza dir nulla.
“Bene.” Fece infine Willy, e calcandosi il cilindro sulla testa uscì dal locale.
Io lo guardavo allontanarsi dalla vetrina; il cuore ancora mi batteva fortissimo e non riuscivo a controllarlo minimamente. Poco dopo uscii anch’io di lì, ignorando sia Mark che Stacy e quando fui in strada l’aria mi sembrava anche più fredda di quanto ricordassi. Ad un certo punto sentii qualcuno avvicinarsi a me: era Mark, ma non lo degnai del più piccolo segno di attenzione e in silenzio ci dirigemmo alla lavanderia, dove mi fu restituito il cappotto e dove Mark pagò il conto. Il tutto sempre nel più sordo silenzio. Alla fine salutai Mark con un piccolo arrivederci e come se tutto d’un tratto l’apatia si fosse impossessata di me tornai non in ufficio, bensì a casa, a passi molto lenti, sentendo freddo come non mai. Quando arrivai entrai in salotto, ma quel freddo non se ne andava, e allora capii che in quel momento il gelo era dentro di me, sotto la mia pelle, nella mie ossa.
Provai a distrarmi accendendo la tv, e quella era sintonizzata sul programma musicale, dove stavano trasmettendo una canzone di Renato Zero:
♪♫…forse un giorno scopriremo che non ci siamo mai perduti,
e che tutta quella tristezza in realtà non è mai esistita.
I migliori anni della no…♫♪
“Oh, ma stà zitto!” esclamai rivolta all’uomo in nero che cantava sullo schermo, e spensi la televisione.
Rimasi così, a fissare il display scuro davanti a me, mentre nella mia mente riecheggiavano le parole, le frasi…tutto quello che avevo scaraventato contro Willy, e mi resi conto di quanto fossi stata incosciente e insensata: tutto ciò che avevo detto, tutto quanto, erano cose che non pensavo, cose che mi erano uscite dalla bocca senza motivo, aizzate dal mio stupido orgoglio…era stata una scema, lo ammetto, e non potete immaginare quanto in quel momento avrei voluto tornare indietro giusto di un’ora.

***


Camminavo a passi svelti sul marciapiede bagnato dalla neve che già iniziava a sciogliersi; intorno a me la gente si occupava frenetica dei suoi affari: per loro la vita scorreva veloce e inarrestabile nei loro numerosi impegni. Eh, in quel momento per me la vita si era fermata. Camminavo,sì, con un turbinio di sensazioni poco identificabili, ma era come se tutto attorno a me paresse sfocato, privo di significato. Arrivai a casa come un automa, e solo quando mi chiusi nel silenzio della fabbrica la mia mente si rischiarò: era successo tutto così in fretta che quasi non me ne rendevo conto; Julia mi aveva bersagliato con una marea di parole, ma era come se mi fossero scivolate addosso, come se su di me non avevano avuto nessun effetto, e solo tempo dopo ne capii il perché: forse perché in qualche modo sentivo di meritarmele. A pensarci bene infatti ero arrivato lì tutto di corsa, quando l’avevo vista ballare…e ridere con quel tizio biondo, era come se mi fosse venuta una specie di…ansia. E così avevo iniziato a farle domande a raffica e a chiederle questo e quest’altro fino a quando anche lei non si era messa ad urlare.
A dire il vero non so neanche bene perché me ne sia andato in gran fretta. Forse l’atmosfera non era delle migliori, forse avevo voglia di stare da solo.
Forse, forse, forse. Non so se si è capito, ma ero piuttosto confuso.
Mi destai infine dai miei pensieri e mi diressi alla stanza delle invenzioni per riprendere il lavoro che avevo interrotto poco tempo prima, ma quando aprii la porta tutto mi sembro estremamente bluastro: una densa patina azzurra ricopriva gran parte della stanza…e anche la puzza era considerevole. Inoltre c’erano alcuni Umpa Lumpa che fortunatamente stavano pulendo quel disastro.
“Ma che è successo?!” chiesi.
Gli Umpa Lumpa indicarono il paiolo su cui stavo facendo bollire quella roba blu.
“Ah.” Feci “Scommetto che è esplosa, eh?”
Gli Umpa Lumpa annuirono.
“Vi lascio al vostro lavoro, allora.”
E richiusi la porta ritrovandomi nel corridoio.
Fortuna che almeno ero riuscito a scampare alla bomba colorata…
A quel punto allora, non avendo altro da fare, me ne andai in camera mia, per mettermi comodo. Arrivato lanciai cappello e bastone sul letto, e per caso mi guardai allo specchio.
“Ma sarò davvero un violadipendente?” dissi tra me e me guardandomi i vestiti.
Di tutta risposta, allora, aprii l’armadio e tirai fuori qualche abito nuovo.

   
 
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