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Autore: LaMicheCoria    02/11/2010    2 recensioni
[Star Trek: The Original Series/ Star Trek XI: Il Futuro Ha Inizio]
Anno:2261 - Una missione, la lotta personale di James Tiberius Kirk con il proprio futuro, che è per lui passato e presente, e la minaccia costante dell'Impero Romulano. Spock Prime, assunto il ruolo di Ambasciatore col nome Selek, vuole la pace coi Romulani. Vulcano e Romulus la guerra. Riuscirà o troverà la morte?
Anno: 2387 - La Supernova raggiunge Romulus, distruggendolo. Il destino di Spock è quello di finire trascinato nel baratro di un paradosso temporale causato dal Buco Nero creato dalla Materia Rossa, ma che ne sarà di coloro che hanno perso con lui anche il proprio popolo? La rabbia e il dolore. Un'azione disperata..

-Capitano?-
-Sì? Cosa c’è, signor Spock?-
-C’è un Vulcaniano tra i prigionieri- (tratto dal Capitolo 3)
La tanto promessa Long Fiction di Nemeryal è finalmente arrivata alla Base Stellare di EFP!
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2261(3)

Diario di Nemeryal, Data Astrale 64338.5
Visto? Come vi avevo promesso, ecco il nuovo capitolo di The Time Has Come For Us e si ritorna nel 2261!
Ragazzi, speriamo che non vi venga il mal di mare!
Stranamente non ho nulla da dire riguardo questo capitolo, tranne il fatto che nei miei piani originali il titolo doveva essere in Vulcaniano, ma non mi piaceva, e così ho deciso per il latino XD
Dunque, via alle risposte alle recensioni!

 

Thiliol: sono contenta che lo scorso capitolo sia riuscita ad emozionarti! Questo è tranquillo, decisamente. Uno di quei capitoli di passaggio anche noiosi, ma indispensabili..eh vabbè! Questa volta meno frasi in Vulcaniano, ma vedrò di rifarmi col prossimo XD

 

Lady Amber: Evvai! Che bello sono felice sia piaciuto anche a te! Eh già, il tizio che è riuscito in questo o è un genio del male, oppure ha una conoscenza del mondo dei computer da far impallidire Bill Gates! O magari tutte e due le cose O.O
Piccino Shral, lui! Si deve cuccare un Romulano ammattito!
No no, tutta la storia si svolgerà sui due piani, anche perché per Spock sappiamo come è andata dopo il Buco Nero, ma cosa sarà mai accaduto nel 2387? E soprattutto, perché la faccenda dei due piani è così importante? *sorriso malefico*

 

Persefone Fuxia: Aaah, il nostro Berz’uk! Se non fosse un mio pg mi potrei anche prendere una cotta per lui..ma forse preferisco nettamente Shral. Sì, il nostro mezzo Andoriano mezzo Aenar lo batte in tutta la linea per i miei gusti.
Ho fatto tesoro del tuo consiglio ^^ Grazie mille! Va meglio, adesso?
Prendi pure il nu!Spock, cara, tutto tuo!
Per il 2012?! Bhè, speriamo prima del 21/12 XP
 

Fatanera: Una nuova lettrice! Grazie mille per l’attenzione che stai dando alla mia storia! Addirittura un libro?! Cavolo, non fatemi montare la testa però! XD Le frasi in Vulcaniano sono mooolto masochistiche da parte mia! XD

 
Inoltre ringrazio Fatanera, F l a n e Lady Amber per aver recensito la mia ultima Shot “Raggiungere la Vetta [I’ll Find You Somewhere]

 

Grazie a tutte!
Buona Lettura!
Tai Nasha no Karosha!

 

 

 

 

Capitolo 7
Alea Iacta Est

 
(Final Fantasy X-2 Original Soundtrack – Yuna’s Ballad)
La luce intensa del sole tagliava a metà il piccolo balcone, drappeggiato da rami e foglie e fiori intrecciati, simili ad una corona profumata. Accanto alla tenda della porta-finestra dormiva un cucciolo di Sehlat, ringhiando e sbuffando, spazzando il terreno con la coda cespugliosa, e al centro del balcone vi era un tavolo dalle gambe che terminavano in zampe di rapaci; sopra di esso un vaso dal collo aggraziato da cui pendeva un fiore scarlatto.
Su una delle sedie che circondavano il tavolo, stava un bambino, le gambe piegate sotto le cosce e la schiena china in avanti su un tomo antico, dalle pagine ingiallite; sillabava in silenzio le parole del libro, soffermandosi sui passi che gli sembravano più difficili e passandosi la lingua sulle labbra, assaporando ogni frase che si rincorreva sulle pagine. Ogni tanto si grattava la punta ricurva dell’orecchio sinistro, corrugando confuso la fronte e mormorando qualcosa nella sua lingua natale.
D’un tratto alzò il viso dal libro e si voltò verso la porta-finestra ed un sorriso brillò sul suo volto. Salutò in Vulcaniano, incespicando su alcune lettere e passandosi imbarazzato la punta della lingua sui denti traballanti. Le guance si colorarono di verde quando una risata allegra esplose col fragore di un fulmine nel balcone.
-Tai nasha no karosha..un’ottima pronuncia, mi complimento. Ma le erre sono ancora troppo marcate..un Vulcaniano non è un Sehlat da combattimento- ancora una risata e sentendosi chiamato in causa, l’animale alzò la testa e latrò, agitando felice la coda..

-Aicutlun variben k’sek’kam kevet-dutar Sarek’kam, Selek’kam-           [L’Ambasciatore Sarek desidera parlarvi, Selek]
A quella voce, Selek si voltò, girando la schiena a Gad-shen che scintillava di madreperla lungo la vallata che si stendeva sotto la finestra della stanza.
T’Pring, dietro la scrivania, lo fissava con un certo interesse, sebbene mascherato dalla tipica espressione distaccata dei Vulcaniani: a giudicare dal tono della voce, non doveva essere la prima volta che lo chiamava.
Selek si schiarì la gola, annuendo.
-Kal-mutor’ka svi’ aw’kam’hi-           [Fallo entrare]
La donna chinò il capo e lasciò la stanza con un palpito dell’abito color argento, facendosi di lato per permettere a Sarek di entrare.
-Mene sakk’h et ur-seveh, Selek’kam-      [Pace e Lunga Vita, Selek]

-Tai Nasha No Karosha, Sarek’kam- il Vulcaniano rimase un attimo in silenzio, poi chiuse gli occhi, sconfitto, e continuò –So per quale motivo siete qui-
-No, non lo sai- ribatté Sarek, adattandosi con facilità alla lingua terrestre –Tu speri di saperlo-
-E’ per la pace con Romulus, vero?- Selek si lasciò sfuggire un sorriso –A Gad-shen, oramai, non si parla d’altro-
-Su Rok non si parla d’altro- obbiettò Sarek duramente –Una pace con Romulus, dopo quello che è stato fatto al nostro popolo! Converrai con me che non c’è logica in questo-
-Invece vi è molta logica, in questo-
-Aiutami a comprenderla-
Selek sospirò e intrecciò le dita dietro la schiena.
-Stipulando una pace con Romulus, potremo metterli a conoscenza del grave pericolo che minaccerà il loro pianeta fra centoventisei anni. In questo modo, Romulus, Vulcano e Starfleet potrebbero impedire alla Supernova di distruggerlo; senza la scomparsa del pianeta, Nero non avrebbe motivo di vendicarsi della nostra gente e, almeno in un altro Universo, avremo ancora una patria-
-La tua logica è molto umana, figlio mio-
-Immaginavo che non sarei riuscito ad ingannarti per molto tempo- ammise il Vulcaniano, lasciando che un sorriso gli increspasse le labbra –Da quanto tempo sai?-
-Abbastanza- se non fosse stato suo padre, Selek avrebbe giurato di vedere un lampo divertito nei suoi occhi scuri –Tua..tua madre era solita dire che alcuni segnali sono in grado di riconoscerli solo i genitori-
-Amanda era una donna saggia-
Rimasero in silenzio alcuni istanti, col ricordo della donna che frusciava, sereno, accanto a loro.
-I Vulcaniani non te lo permetteranno, figlio mio. E i Romulani non vogliono il tuo aiuto. Non vogliono l’aiuto di nessuno-
Selek chiuse gli occhi e annuì, stanco.
-Lo so, ma devo tentare comunque-
-Tenteranno in ogni modo di fermarti-
-Chi? I Romulani o i Vulcaniani?-
-Entrambi-
-Io andrò comunque-
-Spock!- gridò Sarek, gli occhi accesi dallo sdegno –Hanno distrutto Vulcano! Hanno ucciso tua madre!-
-E’ proprio per impedire questo che devo stipulare una pace!- Selek strinse i pugni –Ma non capisci, padre? Solo in questo modo Amanda potrà vivere ancora!-
-Mai Vulcaniani vogliono la vendetta!-
-E io darò loro la pace! La vendetta non è logica, la pace sì!-
-Non in questo caso!- l’Ambasciatore Sarek batté i pugni sul lungo tavolo scuro, facendolo tremare –Rendere giustizia ai proprio morti, ora, è l’unica cosa che sembra logica a Vulcano! Nessun Romulano desidera la pace con Vulcano-
-Ma non è la via giusta..- sospirò Selek –Tu padre, non hai mai visto. Non hai mai visto nulla. Non ancora-
Sarek rimase in silenzio, riprendendosi dallo scatto avuto poco prima. Si schiarì la gola e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, aspettando che il figlio dicesse qualcosa per infrangere la tensione creatasi.
Ma quelle parole non vennero.
Selek gli dava le spalle, lo sguardo catturato dal sole di Rok che si perdeva lento dietro la foschia.

 

***

(Kingdom Hearts II Original Soundtrack – Roxas)
Kirk non si mosse.
Seduto sul lettino dell’Infermeria della Odysseus, le dita intrecciate davanti al viso, non intendeva muoversi: immobile, con McCoy che abbaiava ordini nella sala accanto e il respiro regolare dei pazienti fuori pericolo che cullavano dolcemente il silenzio imponente.
Dio, cosa aveva fatto?
L’aveva ucciso.
A pugni.
Come un animale..
Chiuse gli occhi e affondò le dita tra i capelli, tirandoli fino a sentire scosse brucianti farsi strada con un ruggito crepitante dalla testa alle dita. Nel buio emerse il viso tumefatto di Kharandel, il sangue grigio che grondava pastoso dalla bocca semiaperta in un ghigno di ribrezzo, sarcasmo e terrore. Gli occhi vitrei e freddi, ormai seccati nelle orbite incavate, il naso ridotto a carne maciullata, la pelle che pendeva dalle orecchie, i capelli strappati con un colpo secco dalla nuca.
La nausea gli affondò nel petto e Kirk si piegò in avanti, vomitando.
Cominciò ad ansimare, scosso dai contati e dai brividi di freddo, paura e orrore che ridevano della risata sguaiata del mercante.
-Capitano!-
Kirk alzò il viso e dovette sbattere più volte le palpebre prima di riconoscere la sagoma di una delle Infermiere. La donna, esile e dai capelli scuri, corse verso di lui e gli prese le spalle.
-Torni a letto, Capitano, non si è ancora ripreso-
Ma Jim non la stava più ascoltando: le piccole macchie di sangue scarlatto che lei aveva sulla divisa azzurra si ingigantirono e si tinsero del colore della pietra. Il viso ovale si disfece e l’immagine sciolta e liquefatta del volto di Kharandel tornò a fissarlo, a farsi beffe di lui.
Un’altra ondata di nausea e Kirk spinse l’Infermiera con tale forza da farla cadere a terra. Perse l’equilibrio e si ritrovò carponi a vomitare sangue.
Sangue grigio, grigio come quello di Kharandel, grigio, grigio, grigio, grigio, grigio, grigio!
-Capitano-
La voce di Spock, mista alla risata del Mercante, mista al gorgogliare del sangue, al ringhio di sfida, alle urla di dolore..
Una mano sulla spalla, una stretta leggera, poi il nulla, nero come l’Universo.
Spock allargò le braccia e accolse il corpo privo di sensi di Kirk, prima di posarlo con cura nel lettino.
Avvertì i movimenti dell’Infermiera accanto a sé, ma era più concentrato sul volto del Capitano, livido, con la pelle tirata sugli zigomi e gli occhi cerchiati di nero.
-Sta bene, Infermiera Ramirez?-
-Sì- rispose flebile quella, affiancandosi al lettino e consultando la cartella clinica di Kirk –Il dottor McCoy mi aveva avvertito, ma..- lasciò cadere la frase, annotando alcuni appunti sul Padd medico.
Il Vulcaniano, a quelle parole, alzò il viso verso l’ispanica.
-Di cosa l’aveva avvertita il dottore?-
L’Infermiera sgranò gli occhi, accortasi di essersi lasciata sfuggire più del necessario; si schiarì la gola e si morse il labbro inferiore, prima di assecondare lo sguardo insistente di Spock.
-Il Dottore aveva rilevato alcuni..sconvolgimenti a livello emotivo e psicologico da qualche settimana e..-
-Quante?-
-Come?-
-Da quante settimane- chiarì il Primo Ufficiale, il tono di voce più duro di quanto in realtà avrebbe voluto.
-Oh..- la Ramirez parve spaesata per alcuni istanti –Credo..credo almeno sei settimane, forse sette. Ma erano tutti lievi, nulla di cui preoccuparsi. Il Dottore li aveva collegati allo stress accumulato durante l’ultimo periodo trascorso nello spazio, decisamente più ampio rispetto a quanto eravamo abituati- si aggiustò la coda di cavallo, a disagio –Molto probabilmente l’episodio della morte del mercante non ha fatto altro che dare..una scossa in più, diciamo, al suo equilibrio. Nulla che non si possa ristabilire comunque-
Ma Spock non la stava più ascoltando.
Allora non si era immaginato nulla: quegli sguardi, quegli occhi opachi che sembravano perdersi, la voce rotta, gli scatti nervosi, il temperamento aggressivo, arrendevole..quegli sbalzi d’umore, sì lievi, o comunque nascosti, che aveva notato sulla plancia non erano frutto della sua immaginazione.
Da sei-sette settimane Jim perdeva frequentemente il controllo di se stesso, si lasciava andare, vagava dentro di sé senza poter uscire se non a costo di una grande fatica. Cosa lo assillava? Davvero era la missione? Davvero era lo stress per il troppo tempo passato nello spazio?
No, no, non era possibile.
Jim non era mai stato stressato nello spazio..c’era qualcosa di più, una muta richiesta di aiuto che il Capitano aveva sempre cercato di nascondere, ma che vibrava con forza attorno a lui, si tendeva con spasimi violenti, come a voler allungare una mano e dire “Non ce la faccio da solo. Aiutami”
Era lo stesso sguardo che aveva incontrato alcune ore prima, quando lo aveva afferrato di peso dal pavimento del mercante e lo aveva tirato in piedi a forza. Jim si era attaccato a lui come fosse la sua ancora di salvezza nel vasto e pericoloso mare di nebbia della mente, e gli occhi, così opachi, quasi lattiginosi, non fissavano sbigottiti la devastazione e la morte che li circondava, ma qualcosa, qualcuno al di là di Mukade, al di là dello spazio, al di là dell’Universo.
-Signor Spock..?-
La voce gentile dell’Infermeria lo fece sobbalzare.
La Ramirez gli sorrise e Spock annuì in risposta.
-Dica pure, Infermiera-
-Il signor Bellini si è svegliato- lo informò –Ha chiesto di lei. Dice di volerle parlare-
-Molto bene- accondiscese il Vulcaniano, che si costrinse a lasciare il letto del proprio Capitano, ad accantonare, anche solo per poco tempo, le sue labbra esangui e gli occhi distanti, la voce persa..
L’Infermeria lo guidò oltre alcuni lettini, dove stavano riposando alcuni membri della Enterprise, tre donne di Orione e due membri della Ifigenia.
La donna si fermò ad alcuni passi dal letto
-Io devo andare a controllare gli altri pazienti- spiegò –La pregherei di non rimanere troppo a lungo, signor Spock. Il signor Bellini deve riposare-
Il Primo Ufficiale annuì e l’Infermiera li lasciò soli.
Per un istante, Spock fu tentato di tornare al letto del Capitano, visto che Dante era disteso con gli occhi chiusi, il respiro regolare e profondo, ma non appena ebbe formulato quel pensiero, sentì lo sguardo del toscano incatenarlo dove si trovava.
-Ma grazie- sbottò l’uomo, inarcando un sopracciglio e cercando di sorridere –La prima cosa che dico dopo essermi svegliato è che voglio vederti e tu cosa fai? Arrivi e pensi subito di andartene-
-Deduco che il Contatto non sia ancora sparito del tutto-
-Deduci bene- annuì Dante, muovendosi a scatti sotto le coperte e facendo per mettersi seduto –Ti informo che è snervante avere ancora un pezzetto della tua testa bacata nella mia-
-Sono dispiaciuto che il Contatto le provochi disturbo, dottore-
Il toscano sbuffò divertito e si lasciò scivolare, sconfitto, sotto le coperte.
-Spock, non so se ti sei accorto che è dall’inizio della conversazione che ti sto dando del “tu”-
-Me ne sono accorto, certo- rispose il Vulcaniano –Dunque?-
-Dunque mi farebbe piacere se anche tu facessi lo stesso, bischero-
-Se preferisci-
-Preferisco- confermò il medico, voltandosi su un fianco –Vorrei mettermi seduto, ma queste lenzuola sono più strette delle bende di una mummia- rise della sua battuta, ma vedendo che Spock non sembrava dell’umore anche solo sollevare le labbra in un accenno di sorriso, si affrettò a smettere e tornò serio.
-Di cosa volermi parlarmi?- chiese il Primo Ufficiale
-Del ragazzo che avete trovato nella cella con me- rispose Dante –Come sta? Sai qualcosa, Spock?-
Il Vulcaniano scosse il capo
-So solo che è fuori pericolo, ma non si è svegliato e secondo il dottor McCoy nemmeno lo farà-
Il medico sospirò
-Il suo corpo non ha nulla, ma la sua mente è distrutta, vero?-
-Esatto-
-Hai provato con una Mind Meld?-
-Non ne ho avuto l’occasione e prima dovrei parlarne col dottor McCoy e col Capitano-
-Molto logico da parte tua-
Per un po’ ci fu solo silenzio, poi Dante ammise
-All’inizio credevo fosse in trance, che stesse cercando di autocurarsi- chiuse gli occhi e Spock vide la stanchezza gravargli sulle spalle –Ma non era così. Era in stato di shock, urlava e piangeva. C’erano dei momenti in cui tentava di parlare con me, ma io non capivo..non capivo nulla di quello che mi stava dicendo..-
Il Primo Ufficiale della Enterprise sbatté le palpebre, confuso
-Eppure parlavate correntemente il Vulcaniano, quando eravamo all’Accademia-
-Che senso aveva- mormorò l’altro con la voce impastata dal sonno –Continuare a parlare in Vulcaniano, quando non c’era più nessuno con cui poterlo fare?-
Spock fece per ribattere, ma il respiro profondo di Dante gli fece capire che la stanchezza alla fine aveva prevalso.
Gettò una rapida occhiata ai valori sullo schermo sopra al lettino e prese mentalmente nota del fatto che, a parte la pressione più bassa rispetto al normale, tutti gli altri valori biologici erano nella norma.
-Starà bene, deve solo riposare- la voce del dottor McCoy raggiunse il Vulcaniano alle spalle –Ed è quello che dovresti fare anche tu-
-Io sto bene, dottore- ribatté freddo il Primo Ufficiale, voltandosi per affrontare lo sguardo scettico del Medico Capo –Non necessito di riposo. Inoltre, la Odysseus ha bisogno di un Ufficiale Superiore che si occupi..-
-Sulu è assolutamente in grado di portarci fino alla Enterprise senza pericolo- rimbeccò McCoy, asciugandosi le mani con una pezza candida. Un rivolo di sudore gli correva lungo la tempia e i capelli erano arruffati, gli occhi arrossati.
-Non dubito delle capacità del Tenente Sulu, tuttavia..-
-Spock, vorrei parlare di quello che è successo nella dimora di Kharandel- lo interruppe il dottore senza troppe cerimonie.
Il Primo Ufficiale annuì
-Molto bene, Dottore. Arrivati al piano superiore, abbiamo trovato il Capitano che..-
-No, non quella parte!- sbottò il Medico Capo, storcendo le labbra –Quella in cui hai sei rimasto in stato catatonico dopo che era crollata l’entrata di uno dei corridoi sotterranei!-
-Non ricordo nulla del genere- ammise Spock, corrugando la fronte e osservando stupito l’Ufficiale Medico Capo –Chi le ha detto una cosa simile?-
-Il signor Marrow- rispose McCoy, incrociando le braccia al petto –Sei impallidito, ti sei irrigidito e hai sgranato gli occhi. Avevi anche le pupille quasi completamente dilatate e il respiro affannoso-
-Non ho registrato nessuno dei sintomi da lei appena descritti, Dottore-
-Non vuol dire che tu non li abbia avuti-
-Mi spiace contraddirla, Dottore- ribatté gentilmente Spock –Noi Vulcaniani abbiamo un controllo ottimale del nostro corpo e riusciamo a registrarne ogni minimo cambiamento anche a livello biologico. Se avessi avuto tali sintomi, lo saprei-
-Come spesso amo ricordati, Spock- disse il Medico Capo, socchiudendo gli occhi –Tu sei per metà umano-

 

***

-Signora, lei non dovrebbe alzarsi!- esclamò una delle Infermiere, cercando di rimettere Ida a letto –La prego, torni a riposare!-
La russa fece un debole tentativo per scacciarla e quando si rimise in piedi, le gambe tremarono e cedettero sotto il suo peso. Sarebbe crollata a terra se le mani ferme dell’Infermiera non l’avessero tenuta in piedi.
-Non mi faccia chiamare il Dottore!- la minacciò
-Zitta!- ansimò la donna, scuotendo la testa per dissipare la nebbia che l’offuscava -Vattene!-
-Dottore!- chiamò l’Infermiera –Dottor Herbert!-
Il medico, sostituto del Dottor M’Benga, rimasto sulla Enterprise, la raggiunse di corsa e la scostò, per poi mettere le mani sulle spalle di Ida.
-Si calmi, torni a letto-
-No!- replicò la russa, le labbra esangui e gli occhi opachi –Come stanno? Loro come stanno?-
-Sto bene, Ida, io sto bene..- mormorò una voce accanto al lettino.
-Anche lei!- squittì l’Infermiera, sull’orlo della crisi nervosa –Torni a letto, immediatamente!-
Ida alzò il viso dagli occhi del medico e si girò, incontrando lo sguardo quieto di Haleema che, contro ogni precauzione, si era alzata dal letto e ondeggiava, debole, accanto a lei.
-Signora, vada a risposarsi! Non può alzarsi così, dopo l’operazione!- abbaiò il dottor Herbert, gesticolando in direzione della paziente.
-Come sta Eleni?- chiese invece quella, lo sguardo tranquillo, seppur velato e sconvolto dalla recente operazione –Sta bene?-
-Torni a letto!-
-Come sta..- le fece eco la russa, assottigliando lo sguardo –Come sta Eleni? Era la più grave di noi!-
-Riposate e poi ve lo dirò! Adesso è importante che..-
-E’ importante sapere come sta il nostro Comandante, la nostra amica- la voce di Haleema era sempre bassa e tranquilla, ma venata dalla durezza. Non aveva gridato, ma gli occhi, freddi come lastre di ghiaccio, erano più eloquenti di qualsiasi azione.
-Dottor Herbert..- sussurrò l’Infermiera, ma il medico la zittì con un gesto della mano.
-Il vostro Comandante sta bene, è fuori pericolo- le rassicurò –Abbiamo salvato entrambi-
A quelle parole, Haleema e Ida si guardarono, confuse.
-Entrambi..?-

 

***

Fuoco. Dolore. Rabbia.
Basta, ti prego, basta.
Fiamme, fiamme che lambiscono il corpo, che distruggono, crepitano, ridono. Il respiro che affonda bollente nel petto, ansimi che si conficcano gelidi nella testa e nel cuore, il cuore che batte furioso contro il fianco, che preme per uscire.
La testa gonfia, stretta, pulsa, si contrae, si espande, e fa male, fa male davvero.
Dolore. Dolore. Dolore.
Ti prego, fallo smettere, fallo smettere, ti prego.
Dolore. Dolore. Dolore.
Fiamme, fiamme che lambiscono l’anima, lingue di fuoco che si alzano con un sibilo e uno schiocco e un crepitio nell’oscurità della mente, distruggono e deridono i ricordi, li spezzano, li inceneriscono uno a uno, e fa male, fa sempre male, non smette mai di fare male.
Basta, ti prego, ti prego, basta.
Fallo smettere, ti prego, fallo smettere.
Volti che appaiono e scompaiono, sorrisi che si sciolgono in ghigni e urli, e sempre il fuoco, il dolore che urla e abbaia e ringhia e sibila e ruggisce senza pace senza tregua, ancora, ancora e ancora, e morde, morde sempre, non smette, non c’è tregua, non c’è pace.
Fammi morire, ti prego! Voglio morire!

 

***

(Final Fantasy IX Original Soundtrack – Queen of the Abyss)
Un silenzio teso, cupo, premeva contro le colonne del lungo corridoio, immerso nelle tenebre.
Non c’era nessuno, tranne due persone, accanto ad uno dei bracieri posti lungo la navata, che spandevano il loro profumo intenso e palpitavano rosso-dorati contro il buio.
I due parlavano a voce bassa, gli occhi ridotti a fessure d’ossidiana e la lingua che schioccava, secca, contro il palato e le labbra taglienti.
La donna, vestita con una divisa militare di anelli bronzei e scarlatti, annuì e si allontanò veloce, in lampi di luce e ombra.
L’uomo, rimasto fermo nel corridoio, si lasciò sfuggire un ghigno e si passò la punta della lingua sulle labbra, come una belva che stesse assaporando il gusto dolce del sangue della sua vittima.
Gli occhi brillarono, vendicativi.

 
La nave era pronta, tutto era pronto.
La donna si avvicinò al Superiore, rigido accanto al portellone, e attese, immobile, i propri ordini.
Nell’hangar fremevano i preparativi: accanto all’Incrociatore Meret, una nave più elegante, quasi pesante nel suo essere così squisitamente formale, aspettava solo di essere affiancata da alcune navette di supporto e protezione.
La donna osservò con cipiglio superbo alcuni cadetti salire sulla nave d’ambasciata, vestiti con armature finemente lavorate, adatte solo per essere esibite per la loro bellezza, ma oltremodo inutili in battaglia; armi bianche di pregiata fattura, abbellite con gemme e simboli araldici, pendevano loro al fianco.
Le attività dell’hangar vennero interrotte al passaggio dell’Ambasciatrice, una figura snella e imperiosa, avvolta in un abito nero e scarlatto, con un fermaglio d’argento sui capelli scuri.
L’Ambasciatrice si fermò sulla piattaforma della Nave, per rivolgere uno sguardo all’Incrociatore Meret e annuire, come a dargli la sua benedizione, poi scomparve, inghiottita dallo sfarzo, dal lusso.
Dalla menzogna.

 

***

 -Spero tu sappia ciò che stai facendo- mormorò Sarek, mentre percorreva, insieme al figlio, i corridoi che dalla Sala dell’Ambasciatore Selek li avrebbe portati fino all’hangar.
-Naturalmente-
-Sarebbe illogico se io ti ripetessi quanto poco sia d’accordo con questa tua idea-
-Estremamente-
A Sarek non sfuggì la vena ironica nel tono di voce del figlio.
-Selek- cominciò, sforzandosi di chiamare Spock col nome che si era scelto –E’ una pazzia-
L’altro si limitò a sorridere, poi si fermò davanti alle porte chiuse dell’hangar; fece per digitare il codice che le avrebbe aperte, ma Sarek lo fermò.
-Sei ancora in tempo-
-No- ribatté Selek, alzando lo sguardo –Il dado è tratto-

 

   
 
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