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Autore: Alydia Rackham    06/11/2010    1 recensioni
Questa storia non appartiene a me ma a Alydia Rackham. L'intera storia di quello che successe a Peter e Sylar durante la loro prigionia dietro Il Muro-la loro lotta per mantenere la loro umanità e sanità mentale mentre realizzano che l'unica via d'uscita è attraverso la penitenza e il perdono.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Peter Petrelli, Sylar
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
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                                                                                                                                      Parte dieci

                                                                                                                                     Anno cinque

Erano passati così tanti anni che Sylar aveva finalmente smesso di contarli. Sentiva ancora il suo orologio interno che ticchettava in fondo alla sua gola, ma se si distraeva sufficientemente, lavorando al Muro, aggiustando orologi, o leggendo, quel ticchettio si trasformava in un rumore di sottofondo.

Seduto nella stanza dei libri, da solo, si strofinò il pollice contro un callo sul palmo della mano senza pensarci. I suoi occhi scorrevano per le parole familiari, e le sue labbra le ripetevano in silenzio, assorbendo ancora il loro pieno significato anche dopo  tutto quel tempo.

“In vano cercò di alzarsi, ed Evangeline,

Inginocchiandosi al suo fianco,

Baciò le sue labbra morenti, e gli mise la testa in grembo.

Dolce era la luce nei suoi occhi…”

Sospirò, chiuse gli occhi e piegò indietro la testa. Non poteva continuare a leggere. Aveva il collo rigido, e le spalle gli dolevano. E poi, odiava quella parte.

Aprì gli occhi e fissò oltre il libro alla sedia vuota di Peter. Non era ancora tornato dal tetto. Sylar guardò fuori dalla finestra. Era molto scuro, e il vento gemeva contro i muri esterni. Appoggiò il libro al tavolo, si alzò e lasciò la stanza.

Trotterellò su per le scale al buio―non aveva bisogno di luce. Le aveva memorizzate tutte molto tempo fa.

Sylar aprì la pesante porta metallica e fece una smorfia quando fu colpito dal vento freddo. Si era dimenticato il cappotto. Entrò sul tetto, lasciando la porta aperta dietro di lui e ficcandosi le mani in tasca.

Peter se ne stava al suo posto, arroccato sulla sponda del tetto, a guardare la città vuota alla luce della luna.

“Non hai freddo?” Chiese Sylar, fermandosi vicino all’impianto dell’aria condizionata.

“Non è freddo. È la tua immaginazione.” Disse Peter senza guardarlo, lo sguardo che si perdeva lontano. Ma il solito fervore aveva abbandonato la sua voce. Sylar sapeva perché. Sapeva che Peter veniva quassù per pensare a Nathan, e alla sua famiglia e ai suoi amici lasciati alle spalle. Veniva qui per addolorarsi. Ed era sempre stato compito di Sylar farlo uscire da quell’umore tetro.

“Sì, lo so.” Sylar espirò. “Ma si sta facendo tardi e non mi piace stare da solo in quella stanza per ore e ore.”

“Perché?” Sbuffò Peter. “Paura del buio?”

“Sai che è così.” Rispose Sylar. Peter ridacchiò. Sylar sorrise, poi scosse la testa.

“No, sono solo mortalmente annoiato. Ho appena letto Evangeline per la centoquindicesima volta.”

Peter incontrò i suoi occhi e corrugò le sopracciglia.

Evangeline?

La gola di Sylar si chiuse. Non sapeva perché, ma ogni volta che Peter lo vedeva con quel libro, o Sylar lo menzionava, a Peter compariva quello strano sguardo…

Come se sapesse perché Sylar lo leggeva. Ma non poteva essere così. Era impossibile. Sylar non glielo aveva mai detto. Eppure ecco di nuovo quello sguardo, che lo trapassava.

“Sì, Evangeline.” Riuscì a dire Sylar. “Quel povero libro sta per cadere a pezzi―ne ho abusato troppo.”

Lo sguardo di Peter si perse di nuovo.

“Okay.” Sospirò. “Arrivo in un attimo.”

Sylar annuì, voltandosi verso la porta. Poi esitò, e guardò di nuovo l’altro uomo. La luce lunare illuminava Peter e la città, e per qualche ragione, quella sera, la scena non sembrava completamente desolata.

“Non credo di averlo mai detto, Peter.” Disse Sylar con calma. “Ma avrei dovuto.” Prese un profondo respiro. “Grazie per essere venuto a cercarmi. Lo so, lo so―non l’hai fatto per me.” Sylar sollevò la mano quando la testa di Peter si girò verso di lui. Sylar si studiò le scarpe. “Ma il semplice fatto che tu sia venuto qui dice qualcosa. Voglio dire, non tutti sarebbero così coraggiosi da saltare qui dentro.” Sorrise debolmente e si toccò la tempia. Peter attese. Sylar si schiarì la gola. “Quello che voglio dire è…in un qualche modo, nonostante tutto quello che ho fatto, tu hai continuato a credere che io avrei voluto uscire di qui con te, e che sarei andato a salvare Emma. Nessuno ha mai avuto così tanta fiducia in me.” Sylar guardò come Peter chinò la testa spostando velocemente lo sguardo sulla città. Continuò.

“Parkman aveva ragione―quei primi tre anni sono stati la personificazione della mia più grande paura. Ma tu mi hai salvato, Peter.” Sylar lo guardò fermamente. “Avevo ragione quando ho detto che questo non era il Paradiso per nessuno dei due. Ma non è più neanche un incubo, ormai.”

Peter non rispose. Sylar non si aspettava che lo facesse. E quindi, quando il silenzio calò di nuovo, Sylar tornò alla stanza dei libri. E in pochi minuti, sentì dei passi che scendevano le scale.

                                                                                                                                          VVV

Peter non se la sentiva di martellare oggi. Semplicemente non gli andava. Disse a Sylar di andare avanti senza di lui, cosa che fece. Peter si alzò dalla sua sedia e si strofinò il viso con una mano. Il sole entrava dalla finestra. Si sentiva sul punto di avere mal di testa.

Non ti sta venendo mal di testa…disse debolmente a sé stesso. Frustrato, fece cadere una pila di libri. La Bibbia in pelle cadde al suolo. Peter impallidì e la raccolse velocemente, grato che Sylar non avesse visto la scena.

Peter aveva cominciato a leggerla qualche mese fa, ma ultimamente l’aveva trascurata. Sentendosi in colpa per aver fatto cadere il libro, lo aprì ad una pagina a caso―l’inizio del libro di Luca.

Per un bel po’, lo tenne impegnato―come gli appunti di Sylar, scribacchiati ai margini. Il rifiuto dell’Apostolo Pietro di Cristo e il suo abbandono del suo Signore stupirono Peter Petrelli per un po’, e quando raggiunse la condanna di Gesù, era completamente assorto nel libro, il petto dolente.

E poi lesse quel verso. Il verso che gli si marchiò a fuoco nella mente non appena letto:

“Quando arrivarono al luogo chiamato Golgota, lì lo crocifissero, insieme ai criminali―uno alla sue destra, l’altro alla sua sinistra. Gesù disse, ‘Padre, perdonali, perché non sanno cosa stanno facendo.’”

Peter si immobilizzò mentre i martelli gli rimbombavano nella mente.

Thud. Thud. Thud.

Il pesante martello usato nell’esecuzione non poteva suonare più diversamente da quelli che usavano contro il Muro. Ma quelli trapassavano la carne e le ossa delle mani e dei piedi di Gesù…

E lui li perdonò.

Gli occhi di Peter si offuscarono e lui soffocò, cercando di andare oltre quella parte. Una porzione della colonna successiva catturò la sua attenzione. Corrugò le sopracciglia. Sylar l’aveva sottolineata con una penna verde, e ci aveva disegnato due stelle vicino. Curioso, Peter lesse velocemente.

“Uno dei criminali lì appesi gli scagliò addosso insulti: ‘Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!’ ma l’altro criminale lo rimproverò. ‘Non temi Dio,’ disse ‘dato che sei sotto la stessa sentenza? Siamo puniti giustamente, poiché stiamo ottenendo ciò che le nostre azioni ci hanno fatto meritare. Ma quest’uomo non ha fatto nulla di male.’ Poi disse, ‘Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.’ Gesù gli rispose, ‘Ti dirò la verità, oggi tu sarai insieme a me in Paradiso.’”

Peter espirò lentamente. Qualcosa gli doleva in petto e non se ne andava. In effetti, più se ne stava là, più la pressione aumentava. Si alzò, mise la Bibbia sul tavolo, e si girò per andarsene.

Il suo piede andò addosso alla copertina di un libro facendola aprire. Le pagine si staccarono e si sparsero per tutto il pavimento come acqua. Peter gemette e si passò le mani fra i capelli. La copia dei Pilastri della Terra di Sylar aveva infine ceduto.

La pressione rimase nel petto di Peter. Ma mentre si ricordava di un vecchio momento, e i suoi pensieri si incamminavano per quella strada, la pressione diventò una necessità. Aveva pensato di scendere e andare a martellare su quel maledetto Muro. Invece, cominciò a rovistare per la stanza.

Gli ci volle quasi tutto il giorno. Il collo gli scrocchiava e la schiena gli doleva per aver sollevato libri su libri per sfogliarne le pagine, ma l’aveva finalmente trovato al calare della notte. Sospirò soddisfatto, si passò una mano fra i capelli, poi raccolse il suo nuovo trofeo e, fischiettando senza pensarci ‘When the Boys Come Rolling Home’, uscì a cercare della carta con il quale impacchettarlo.

                                                                                                                                                VVV

Peter camminava nell’oscurità svoltando per il solito vicolo. La luce di una lampada riluceva contro la facciata stoica del Muro. Ma la fredda notte era silenziosa. Sylar non stava lavorando. Invece, sedeva davanti al Muro, abbracciandosi le gambe intorno alle ginocchia, a guardare il crudele, muro in pietra che aveva consumato le loro vite per così tanto tempo.

Peter poteva percepire la vulnerabile tristezza di Sylar. Quell’uomo non provava mai emozioni miti―ognuna di esse poteva essere devastante. In quel momento, Peter sentiva la malinconia di Sylar che spazzava lo spazio intorno a lui come le onde del Mar Baltico. Spostando il suo trofeo incartato nella mano destra, Peter si avvicinò a lui e lo colpì con esso sulla spalla.

La testa di Sylar si sollevò di colpo, e Peter lo aggirò e gli lanciò in grembo il pacco. Gli occhi scuri di Sylar incontrarono i suoi, sorpresi.

“Buon compleanno.” Lo salutò Peter. Sylar corrugò le sopracciglia, confuso.

“Non è il mio compleanno.” Disse, ma cominciò ad aprire il pacco lo stesso, rivelando una nuova, meno logora copia de I Pilastri della Terra.

“Sì. Lo so.” Ammise Peter, avvicinandosi al Muro ma guardandolo negli occhi. “La tua copia era così logora, e ho visto questa rovistando in giro.” La pressione sul petto di Peter era tornata. Guardò in basso brevemente, poi prese un respiro e cercò di formare le parole che era venuto lì per dire. “Apprezzo che tu…sia stato così paziente con me. Mi hai impedito di impazzire.”

Sylar lo guardò. La tristezza rimaneva, ma in essa si sciolse la sorpresa.

“È molto gentile da parte tua, Peter. Grazie.”

Sylar appariva così vivo in quel momento, i suoi sentimenti che riflettevano esattamente quelli di Peter, che Peter non seppe più cosa dire. Perciò, si mosse e raccolse il martello.

Le sopracciglia di Sylar si contrassero, e lui mise giù il libro.

“Vuoi sapere qualcosa di strano?” Si alzò, il suo portamento di nuovo simile a quello di un bambino. “Ogni volta che raccogli quel coso, penso sempre che tu sia sul punto di colpirmi con quello, veramente forte.”

Peter ridacchiò. Okay…alla fine ci erano arrivati. Poteva essere interessante. Ma Peter non era spaventato da un eventuale confronto con Sylar. Non più.

È strano.” Disse, con tono fermo. “Perché ogni volta che lo raccolgo mi viene voglio di colpirti. Veramente forte.”

Sylar lo guardò onestamente.

“Perché?”

Peter sospirò. Anche se non era spaventato, non gli piaceva tenere questa conversazione. Ma uno sguardo a Sylar gli fece capire che ormai era inevitabile. Forse quella era la ragione per la quale Sylar era rimasto seduto là, a fissare il Muro. Peter lo guardò, stanco, e , per la prima volta, fu onesto senza essere arrabbiato.

“Perché tu sei tu.”

Lo sguardo di Sylar si fece affilato.

“Vorrei poter accettare le tue scuse.” Confessò Peter. “Ma se ti perdonassi, allora farei un torto a lui.”

“Nathan.” Disse Sylar, e il nome si sollevò in aria. Corrugò le sopracciglia. “Se lasci andare la tua rabbia, temi di perderlo per sempre?”

Peter non rispose. Ma qualcosa cominciò a muoversi nel suo cuore, qualcosa di antico e risentito per essere stato ignorato. Sylar avanzò di qualche passo, la sua espressione improvvisamente trafitta da dolorosa realizzazione.

“Ti sei aggrappato ad essa per tutto questo tempo?”

“La sento scivolare via.” Ammise Peter. “Ma poi ti guardo…Ti vedo ucciderlo.”

Sylar sbatté le palpebre, scioccato. E poi Peter rigirò il coltello nella piaga.

“Tu mi hai portato via mio fratello.” Sollevò il martello, si girò verso il Muro, e lo colpì con tutta la forza che aveva.

Thud. Thud.

Sylar gli si avvicinò, un’improvvisa urgenza nella voce.

“Siamo rimasti qui per non so più quanti anni. Insieme.”

Peter non replicò. Continuò a martellare, anche quando Sylar gli si avvicinò ancora di più.

“Sono cambiato―mi sono pentito―non farò del male a nessuno, mai più.” Insistette Sylar, la sua voce che rendeva lo strano movimento nel cuore di Peter una dolorosa tensione. Peter sollevò il martello sopra la sua spalla, pronto a colpire di nuovo.

E una rivelazione lampeggiò sul volto di Sylar. Era come se una luce intensissima avesse improvvisamente illuminato il loro vicolo.

“E per tutto questo tempo,” mormorò Sylar “Tu hai avuto paura di farmi uscire?”

La forza di Peter vacillò.

Ecco cos’era. Santo Cielo ecco cos’era. Il suo battito cardiaco vacillò mentre lottava per rialzare il martello. Ma le mani gli tremavano.

Sylar aveva ragione.

Il Muro apparteneva a Peter.

NO!

Colpì di nuovo i mattoni, il colpo che gli vibrava per le braccia.

“Peter!” Gridò Sylar, mettendosi davanti al martello. Peter trattenne il colpo e abbassò il martello. Lo sguardo di Sylar lo catturò. La sua voce era profonda, bassa e ferma.

“Non sono più quella persona, Peter. Tu lo sai.”

Peter dovette guardare a terra. La sua gola minacciava di serrarsi e il suo cuore si ribellava contro la sua ragione.

“Padre, perdonali, perché non sanno ciò che stanno facendo.”

E alzò di nuovo lo sguardo su Sylar. Sylar non indietreggiò.

O meglio…

Gabriel non indietreggiò.

Perché Peter non poteva scappare dalla realtà. Aveva tentato di ignorarla per tutti quegli anni, cercando di aggrapparsi al suo odio alla rabbia con una presa ferrea, a dispetto di tutti i cambiamenti di Sylar. Ma adesso era impossibile. Peter poteva fare un sacco di cose. Ma non poteva mentire a sé stesso. Non quando la verità lo stava fissando.

Lentamente, Peter annuì.

“Lo so.” Mormorò, le parole che gli trapassavano il petto riempiendolo di dolore. “So che non lo sei.” Chinò il capo mentre una nuova, dolorosa onda di cordoglio lo attraversava.

Ha ragione, fratello. Lo sai tu come lo so io.

Addio, Nathan. Ti voglio bene.

Peter sentì che Gabriel lo stava guardando, insicuro se ciò che aveva appena detto era la verità. Peter non riusciva più a parlare. E così fece la sola cosa a cui poté pensare―l’azione che aveva, involontariamente, mostrato la sua piena fiducia in Gabriel per cinque anni. Con velocità e forza colpì lo stesso posto di prima col martello.

Thwack.

Il suono rimbombò per il vicolo. E un grosso pezzo di mattone si staccò dal Muro.

Entrambi lo fissarono, immobili.

Il cuore di Peter gli balzò in gola. Gli occhi sgranati di Gabriel volarono ai suoi.

Gabriel si affrettò ad afferrare un martello.

Con le braccia tremanti, ma guadagnando forza, Peter colpì un altro mattone frantumandolo. Lo sentì cedere sotto di lui, sentì altri pezzi frantumarsi.

Gabriel si posizionò velocemente al fianco di Peter―lo stesso posto che aveva occupato migliaia di volte―e insieme colpirono con rapida precisione, mentre il Muro cominciava a cedere.

Thud. Thud. Thud.

E poi una luce. Una sottile, accecante luce.

                                                                                                                                          FINE

E ora il motivo per il quale sono stati scelti proprio quei libri.

Primo libro: Don Quixote di Cervantes. Applicazione: Peter che arriva in cerca di Sylar così che possa salvare il mondo. A tutti gli altri, questa può sembrare una follia, ma alla fine, è un’azione nobile, e lui prova di essere un eroe.

Secondo libro: L’Odissea di Omero. Applicazione: Sylar, Peter e Nathan. Sylar e Peter perché lottano contro infiniti e apparentemente insormontabili ostacoli messi davanti a loro da poteri più forti dei loro mentre provano a tornare a casa. Sono imprigionati, e il loro coraggio è messo alla prova, ma alla fine, vincono. Nathan, perché era molto simile a Ulisse.

Terzo libro: Evangeline di Longfellow. Applicazione: Sylar, e la sua relazione con Claire. Lui sente che loro sono fatti per stare insieme, ma circostanze, scelte sbagliate, e alcune volte incidenti li tengono separati…e potrebbero rimanere separati fino al momento in cui sarà troppo tardi per raggiungere la felicità.

Quarto libro: A Tale of Two Cities di Charles Dickens. Nathan. Ha combattuto la giusta battaglia, è andato incontro ad un grande avversario, e ha sacrificato la sua vita per le persone che amava. Anche Sylar: teme che se anche cambierà e diventerà un eroe, non avrà un lieto fine.

Quinto libro: Moby Dick di Herman Melville. Applicazione: Sylar è il Capitano Ahab, che precipita verso certa rovina…ma per Peter.

Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito fin'ora e vi annuncio che non appena avrò un minimo di tempo mi metterò a tradurre anche il seguito! ^^

  
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