E’
forse possibile che sia passato tutto questo tempo dal
mio ultimo aggiornamento?! TT_TT
Mi
sento repressa, ecco. Sì, perché tra
università,
impegni incombenti vari, progetti per la conquista del mondo e una
serata fuori
ogni tanto io… non ho tempoooo!
*Me
va a fare i cerchietti nell’angolino*
Ecco.
Ad
ogni modo! Eccomi di nuovo qui, che vi porto il quarto
capitolo di questa ficcy-fiction.
Finalmente
mi sono potuta cimentare con un po’ di Hindi!
Non vedevo l’ora! Se qualcuno lì fuori parla Hindi
e capisce che ho scritto
terribili strafalcioni, per favore tenga i commenti per sé.
U_U
Chiaramente
sto scherzando. Io non capisco un’acca di
lingua indiana, però sono un’esperta di Google
Traduttore (XD), e credo di
averci preso – perché ho fatto più di
un controllo utilizzando la traduzione
sia da Italiano che da Inglese. Per facilitare la lettura ho poi
preferito
mettere i segni fonetici piuttosto che quei simboli astrusi.
Io
vi lascio per ora. Ci risentiamo nelle note di fine
capitolo!
Buona
lettura a tutti,
Bea-chan
La visione era ormai sfocata. Sentiva voci in lontananza, sensazioni nell’aria, respiri appena accennati; eppure, lentamente, stava tornando cosciente di sé.
No, è troppo presto! Devo vedere! Tentò in un
disperato istante di rimanere
preda della visione.
Sheetal sapeva che di lì a poco si sarebbe svegliata: già percepiva la sua mente riprendere contatto con il corpo – il torpore negli arti immobili, la stanchezza permeata sin nelle ossa, il dolore all’addome.
Aprire gli occhi non fu piacevole. La luce era intensa – troppo perché calde lacrime non le rigassero il viso – e passò quella che le parve essere un’eternità prima che riuscisse a dischiuderli nuovamente.
Sheetal era confusa. Non si trovava nel suo letto; non si trovava al Tempio della Devi.
La memoria le tornò a scaglioni ma, nonostante avesse ricordato la fuga, Sheetal non riuscì a riconoscere il luogo in cui si trovava.
Il dove, decise riflettendoci, non le interessava molto. Qualsiasi posto era migliore del Tempio, e il solo fatto di trovarsi in un luogo sconosciuto significava che Rajani era riuscita a portarle in salvo. Ma Rajani dov’era? E quanto tempo era passato da quella fatidica notte?
Sola e senza risposte, Sheetal fece l’unica cosa che le paresse sensata: attese.
– Milady, non crede forse che sarebbe opportuno per le nostre ospiti indossare la maschera tradizionale? – La voce di Aiolia spezzò il silenzio all’interno della sala.
Due giorni erano trascorsi dal Chrysos Synagein e Lady Saori si era infine decisa a indirne un secondo. Attendere il risveglio dell’altra sacerdotessa si era rivelato logorante; la tensione era palpabile nell’aria stessa – quasi come se tutti non attendessero altro che un attacco nemico imminente.
La riunione non era stata fino a quel momento molto proficua, tutt’altro, ma anche solo il pensiero di non starsene con le mani in mano aveva aiutato i cavalieri a risollevare gli animi.
Rajani sollevò lo sguardo sul greco che aveva appena parlato. La domanda l’aveva lasciata alquanto sconcertata; non aveva idea di cosa parlasse. Aggrottò le sopracciglia, rivolgendo poi lo sguardo interrogativo a Shaka.
Il cavaliere della Vergine appariva rilassato e imperturbabile come suo solito. Percepì chiaramente gli occhi di Rajani su di sé, ma non si mosse.
Quando il silenzio si protrasse alcuni secondi, Rajani decise infine di vociare i suoi dubbi: - Se non sono troppo indiscreta, e visto che mi ritrovo ad essere soggetto di questa richiesta, qualcuno potrebbe gentilmente spiegarmi di cosa si tratta? –
Dohko sospirò. – E’ tradizione e legge, – cominciò, – che le donne del Tempio indossino una maschera per celare il proprio volto agli uomini. La maschera rappresenta il loro onore di guerriere; pertanto colei che mostrasse il proprio viso nudo ad un uomo sarebbe posta innanzi a una scelta: amare quell’uomo oppure ucciderlo, per poter riscattare l’onore perduto. Ad ogni modo, se mi è concesso, vorrei esprimere il mio dissenso: le nostre ospiti non sono affatto sacerdotesse della dea Atena, e pertanto non dovrebbero essere obbligate a seguirne le regole. –
Rajani piegò la testa di lato, un’espressione confusa dipinta sul viso. – Non capisco. La vostra tradizione è bizzarra. Ad ogni modo non ho intenzione di nascondere il mio volto dietro ad una maschera per me priva di significato. Il mio onore non giace in un oggetto; piuttosto, potrei dire che si trova nei doni che la Devi mi ha concesso. – Sorrise, lo sguardo rivolto verso il cavaliere del Leone. Prima ancora che questi potesse aprire bocca per replicare, la ragazza riprese a parlare, un sorriso quasi divertito a piegarle la bocca.
– D’altro canto, in questa sala ci sono sedici uomini; sedici cavalieri che hanno visto il mio viso nudo. Se anche io iniziassi a vestire una maschera da questo stesso momento, cosa che ribadisco non ho intenzione di fare, quali scelte mi si porrebbero davanti? – Fece una pausa, come a pensarci su. – Dovrei forse uccidervi tutti, cavalieri? Non credo che Milady ne sarebbe troppo felice. –
Mentre Dohko tratteneva a stento una risata e altri cavalieri nascondevano sorrisi divertiti, Aiolia sbuffò rumorosamente.
– Credi forse di poterci uccidere tutti quanti? – La domanda proveniva da un Seiya piuttosto indispettito.
– Non saprei, cavaliere. Posso sempre provarci. –
Il sorriso sarcastico non aveva abbandonato le labbra della ragazza. Perché poi provocare quel Seiya la divertisse tanto era un mistero.
– Hai idea di chi hai di fronte? O sei solo una folle? – Seiya pareva infervorato. Solo l’intervento di Shun e Shiryu gli impedì di alzarsi in piedi. Hyoga pareva piuttosto indifferente alla situazione. Come tutti gli altri, anche lui aveva colto l’ironia nelle parole dell’indiana. Lo stava provocando, e il siparietto se non altro era servito ad allentare un po’ la tensione.
I cavalieri d’oro si scambiavano intanto sguardi tra il divertito e l’esasperato. Mu aveva appena un sorriso accennato sulle labbra mentre guardava ogni genere di espressione passare sul viso del cavaliere di Pegasus; Dohko aveva fatto crollare ogni pretesa di serietà e sghignazzava senza ritegno; persino Camus sorrideva un poco.
Rajani rimase impassibile. – E tu, cavaliere? Tu sai chi hai di fronte? –
– Ora basta per l’amor del cielo! – La voce squillante di Saori riportò una parvenza d’ordine nella sala. La giovane sospirò. – Non posso imporre la legge del Santuario alle nostre ospiti. Questo è quanto. –
– Milady, questa donna ha appena insultato l’ordine dei cavalieri! –
– Insultato? No, affatto. Seiya, io non ho mai detto che i cavalieri della dea Atena non hanno valore. Perché dovrei farlo? Sarebbe una palese menzogna. Tu travisi le mie parole; nemmeno ho mai insinuato di essere effettivamente in grado di uccidervi tutti quanti. –
– Ah no? Bèh, a me è sembrato il contrario! –
Rajani si lasciò scappare una risatina. – Noto. –
– Questo è un affare serio! Se ti senti tanto sicura di te stessa perché non dimostri il tuo di valore? –
Quella sfida, se così poteva essere definita, ebbe il potere di farla divenire improvvisamente seria. Un’ombra scura passò nei suoi occhi d’ambra, puntati intensamente in quelli del cavaliere. – No. –
– Come? – Seiya parve spiazzato dalla risposta secca che, chiaramente, non si aspettava.
– Io combatto per la mia dea, cavaliere, non per la gloria personale. Di quella non me ne faccio niente. –
Seiya sbuffò rumorosamente, ma parve tranquillizzarsi un po’. Stava per replicare, quando qualcosa gli fece morire le parole in gola: un cosmo di grandi dimensioni parve esplodere e placarsi tutto in un istante.
A Rajani bastò quell’istante per scattare in piedi, gli occhi sbarrati e una sola parola in gola: - Sheetal! –
Sheetal li percepì arrivare. Molte persone, molti passi – affrettati, rumorosi. Tra tutti riuscì chiaramente a discernere Rajani – il suo cosmo era in tumulto, forte e caldo e agitato. Sheetal sorrise, perché Rajani era salva e stava bene. Percepì, stranamente, l’energia che riconobbe subito appartenere a Shaka.
Il sorriso si accentuò sulle labbra della bionda. Interessante, pensò.
Fu così che la trovarono quando di colpo Rajani spalancò la porta: immobile nella posizione del loto, sul letto, i lunghi capelli che le coprivano le spalle e le braccia come un velo d’oro e un sorriso a ornarle il volto pacifico. Era una visione quasi angelica, nonostante l’aspetto poco curato dovuto ai lunghi giorni di sonno ininterrotto.
La somiglianza con Shaka era impressionante, notarono in molti. Solo quando lei aprì gli occhi e li guardò uno per uno, senza smettere di sorridere, tutti poterono ammirare i suoi occhi blu screziati di verdemare, così diversi da quelli del fratello. Circondati da ciglia lunghe, di quel turchese così intenso e vivo, risaltavano incredibilmente su quel viso pallido – forse troppo, dopo oltre due giorni senza cibo.
Con gli occhi puntati in quelli d’ambra dell’amica di una vita – che, intanto, la fissava come paralizzata – e le labbra ancora distese in un sorriso, Sheetal non si curò della stanchezza intensa che le pervadeva tutto il corpo. Sollevare le braccia le costò fatica, ma lo fece, e Rajani vi si fiondò senza più esitazioni. Abbracciandola stretta, gli occhi ora umidi, la rossa affondò il viso nell’incavo del collo di quella che considerava una sorella – se non di sangue, almeno di vita.
– Isē phira sē mata karanā *, – sussurrò, il suono attutito dalla massa di capelli biondi. Alzò il viso, puntando i suoi occhi di brace in quelli turchesi di Sheetal, e ripeté più forte: – Āpa isē phira sē karanē kī him’mata mata karō! **–
[* Non farlo mai più]
[** Non osare farlo mai più!]
La risata che fuoriuscì dalla gola della bionda fu roca e dolorosa. Immediatamente le venne versato un bicchiere d’acqua da uno dei cavalieri – quello che Sheetal notò immediatamente in lui furono i gloriosi capelli violacei e i due splendidi occhi verdi, illuminati di gentilezza.
– Grazie, – si sforzò di dire.
Bevve a piccoli sorsi. L’acqua non era fredda, ma la sensazione di sollievo che diede alla sua gola arida fu paradisiaca.
Quando il bicchiere fu vuoto lo posò sul comodino, sentendosi subito meglio – per lo meno non provava più quel fastidioso senso di vertigine.
– Shaka, ti trovo bene, – la voce le uscì ancora un po’ debole, ma parlare non le causò dolore.
Il cavaliere di Virgo si avvicinò al letto sul quale ancora lei e Rajani erano sedute. Le posò una mano sulla testa, donandole una piccola carezza. – Non posso dire altrettanto. –
– Suvvia! Mi hai vista in condizioni peggiori. –
Shaka sospirò. – Vero. –
– Come ti senti? La ferita? – Intervenne Rajani.
Sheetal ci pensò un istante. – Intorpidita direi; stanca, dolorante e con un disperato bisogno di una doccia. Tutto sommato potrei stare peggio. La ferita è… guarita, credo. – Aggrottò le sopracciglia, portandosi una mano al ventre. La blusa che indossava era squarciata e incrostata di sangue, ma la pelle al di sotto era perfetta e chiara, nemmeno una cicatrice a rigarle la carnagione. – Quanto tempo è passato? –
– Due giorni circa. –
Sheetal sospirò. – Questo spiega perché mi sento così esausta. Chi debbo ringraziare per questa? – Accennò verso il proprio ventre.
– Il cavaliere dell’Ariete ti ha curata, – Shaka le indicò il ragazzo che poco prima le aveva porto l’acqua.
Sheetal gli sorrise. – Hai la mia riconoscenza, cavaliere. –
– Dovere. –
– Le presentazioni posso attendere. Ora hai bisogno di darti una sistemata e mangiare qualcosa, non trovi? –
Sheetal annuì verso l’amica. Sì, ne aveva davvero bisogno.
La doccia fu per lei una mano santa. Solo la voce di Rajani la convinse ad uscirne, quando annunciò che il suo pasto era arrivato. Pranzarono assieme, e Rajani le raccontò quanto si era persa durante la convalescenza.
Sheetal rise di gusto quando l’amica le parlò delle sue impressioni sui cavalieri e su Atena, cercando di associare ai nomi un volto tra quelli che aveva visto. Scoprì così che Milo di Scorpio era un galantuomo che aveva fatto arrossire d’imbarazzo Rajani con un baciamano, che Mu dell’Ariete era sempre gentile e pacato, che Aldebaran del Toro faceva impressione per la sua stazza, ma era in fondo un tenerone.
Continuarono a parlare scherzosamente per ore, mentre Rajani le spazzolava i capelli o insieme cercavano una veste decente da farle indossare in un mondo di pizzi e merletti.
Il Chrysos Synagein era stato aggiornato a quella sera stessa.
Fu Shaka a passare a prenderla. Sheetal aveva approfittato del tempo da sola per meditare e recuperare un po’ le forze. Rajani era tornata, qualche tempo prima, nelle stanze che stava occupando. Anche lei aveva bisogno di darsi una sistemata – la veste che aveva indossato quella mattina, anche se modesta, le dava terribilmente fastidio – o almeno così aveva detto.
– Namasté Shaka. – Ancora immobile nella Padmasana, Sheetal salutò il fratello appena entrato. Gli dava le spalle, seduta a terra e rivolta verso la grande finestra della stanza.
– Namasté. –
Lei sorrise tra sé e sé mentre si alzava in piedi. – Certo che ne è passato di tempo, fratellino, però non sei cambiato molto. Potresti anche darmi un abbraccio, sai? –
Lo abbracciò lei di slancio, quasi prendendolo alla sprovvista. Con le forze che aveva recuperato lo strinse quanto più poteva – nonostante il metallo lucido dell’armatura di lui fosse rigido e freddo.
Sheetal amava suo fratello. Tra di loro era sempre stata lei quella più affettuosa, quella meno distaccata; tuttavia, nonostante l’apparente freddezza di lui, la bionda sapeva che il suo affetto era contraccambiato.
Shaka esitò un istante prima di ricambiare il gesto. Sheetal gli era mancata; lei era tutta la famiglia che aveva, e una delle poche persone al mondo che contassero davvero.
–
Maiṁ
tumasē pyāra karatā hūm̐
bhā’ī, kyā tuma jānatē hō?
– [Ti voglio bene fratello, lo sai vero?]
–
Maiṁ
tumasē pyāra bhī bahana.
– [Ti voglio bene anch’io sorella.]
Rajani
era già fuori dalla porta della sua
stanza quando assieme passarono a prenderla. Sheetal si
bloccò di colpo alla
sua vista, gli occhi sgranati e il respiro mozzato in gola.
–
Quel sari…
– Si avvicinò all’amica rapidamente,
facendo poi correre la mano sulla seta
rossa ricamata d’oro, quasi con riverenza. Sheetal sorrise
all’espressione
confusa di Rajani. – Ti sta a pennello. –
–
Grazie. – La rossa aggrottò le sopracciglia.
–
Shaka ha fatto bene a darlo a te. – A
Sheetal venne da ridere all’espressione scioccata di Rajani.
– Non lo sapevi
eh? –
–
No… – Si voltò verso Shaka,
meravigliata, ma
il suo viso impassibile non le diede le risposte che cercava.
Ma… stava forse
arrossendo? Shaka? La sua carnagione chiara non poteva nascondere il
pallido
rossore che gli colorava le guance. Sheetal rise ancora più
forte nel notarlo.
Quando, due imbarazzanti minuti dopo, riuscì a tornare
sobria, la ragazza donò
un sorriso raggiante ai due.
–
Apparteneva a nostra madre, sai? Lei… ti
somigliava, un po’. Ti sta d’incanto. –
Rajani
non trovò le parole per replicare. Aprì
e chiuse la bocca, la mente in tumulto. Shaka le aveva regalato un sari meraviglioso. Shaka le aveva
regalato un sari meraviglioso che
apparteneva a sua madre. Arrossì profondamente quando
finalmente afferrò il
significato di quelle parole, sussurrando un “Dhan’yavāda
*” appena udibile.
[* Grazie]
–
Lei avrebbe apprezzato, – sentenziò infine Shaka.
Sheetal annuì, ripensando alla
dolce bellezza della madre. La sua perdita era stata una grande
tragedia.
Si
avviarono con passo tranquillo, avvolti in un piacevole silenzio. Fuori
dalle
finestre il tramonto illuminava d’arancio il paesaggio;
l’aria era fresca e
sapeva di salsedine.
Sheetal
rimase stupita dalla magnificenza
della Tredicesima casa. Apprezzò ogni ricco dettaglio
– notando come i
cavalieri in armatura d’oro non stonassero affatto con
l’ambiente.
L’ingresso
dei tre portò il silenzio nella
sala; e, mentre Sheetal si guardava attorno curiosa, tutti poterono
notare come
il suo aspetto fosse cambiato da poche ore prima. Le energie le erano
tornate,
assieme a un po’ di colore e freschezza.
Sheetal
era alta, più di Rajani che al
contrario si poteva dire piuttosto minuta. La semplice tunica bianca
che
indossava non valorizzava particolarmente il suo fisico, e tuttavia lei
sembrava irradiare luce. Era bella e, se non per gli occhi, somigliava
in modo
impressionante a Shaka.
Le
presentazioni furono veloci e prive di
convenevoli; tutti fremevano nell’attesa delle informazioni
che la sacerdotessa
avrebbe potuto fornire. Fu nuovamente Lady Saori a chiederle di
presentarsi,
proprio come giorni prima aveva fatto con Rajani.
–
Il mio nome è Sheetal, Alta Sacerdotessa della Mahadevi
sotto le forme di
Lakashimi e Manasa, Maestra della Divinazione e dei Veleni nel Sacro
Tempio di
Varanasi. –
Si
accomodarono su seggi posti lì per l’occasione, e
il Chrysos Synagein poté
iniziare.
–
Vorrei premettere, – cominciò Sheetal, –
che sono davvero spiacente di non
potervi dare molti dettagli. Il mio occhio è stato offuscato
per l’intera
convalescenza a causa della necessità del mio corpo di
guarire. Le visioni, –
scosse la testa, come ad enfatizzare il punto, – erano
confuse. Molte
sensazioni, immagini sporadiche, voci che rammento a malapena. Ho visto
alcune
cose che sono già state: l’omicidio di Avani, la
resurrezione di Mahishasura,
persino alcuni fatti legati alla nostra infanzia. Ora che ci ripenso,
ho visto
Shaka più volte. – Fece una pausa, ponderando le
parole. – Cose di poco conto.
–
– E
del futuro Sheetal? Cosa hai visto del futuro? –
–
Ho visto una bambina. – Nel pronunciare quelle parole,
Sheetal aprì la sua
mente. L’immagine di una bimba si fece largo nei pensieri di
chi, come Rajani,
era in grado di leggere la mente. Poteva avere forse tre, quattro anni,
piccola
com’era; era graziosa, con le guance paffute e la carnagione
baciata dal sole;
i lineamenti erano chiaramente orientaleggianti, probabilmente indiani,
incorniciati da ciocche di un biondo rame molto scuro, quasi castano
chiaro.
Quello che colpì Rajani furono però gli occhi:
grandi, espressivi e colorati
d’ambra.
L’immagine
svanì rapidamente, mentre le barriere mentali di Sheetal
tornavano al loro
posto.
–
Cosa significa? – La domanda veniva dal cavaliere
dell’Ariete, Mu.
La
bionda scosse la testa. – Non saprei. So che il futuro legato
a quella bambina
è prossimo, nient’altro. –
–
Dovremmo forse cercare questa fantomatica bimba? –
– No,
Milo, non ce ne sarà alcun bisogno. Alcuni futuri sono
variabili, incerti; ma
non questo. Sarà lei a venire da noi, in un modo o
nell’altro. –
– E
cosa dovremmo fare allora? Attendere immobili che il nemico ci
attacchi? – La
voce di Kanon di Gemini era colma d’impeto.
Rajani
scosse il capo. – Il problema più grande al
momento è un altro. – Prese un
respiro. – Sheetal, hai visto Visala? –
La
bionda sgranò gli occhi, ora colmi d’orrore.
– No. –
–
E’ come temevo. Spero davvero che stia bene… Non
me lo perdonerei mai se le
accadesse qualcosa. –
Sheetal
prese un respiro profondo, chiudendo gli occhi,
un’espressione di sofferenza
dipinta sul volto. – Deve stare bene. Deve.
–
L’altra
annuì, niente affatto convinta.
–
Ciò che devo fare è tornare nello stato
divinatorio. Yaha lānata hai!*
Sarebbe tutto molto
più
semplice se avessi i miei veleni. – Scosse nuovamente la
testa. – Ma va bene.
Sarà solo molto più estenuante. –
[*Dannazione!]
Rajani
annuì ancora, la mente piena di possibilità
– molte delle quali niente affatto
piacevoli.
–
Se è un veleno quello che ti serve, – la voce
apparteneva, notò Sheetal, al
cavaliere dei Pesci, – non hai che da chiedere, e ti
sarà dato. – Un sorriso
cupo gli incurvava le labbra lucide; aveva un’aria sinistra.
– Sono alquanto
curioso, sacerdotessa. Sarà forse vero che il tuo corpo
resiste ad ogni veleno?
O perirai anche tu, sotto il potere delle mie rose? –
Sheetal
sollevò un sopracciglio. – Rose? Di solito
favorisco i serpenti, ma potrebbe
rivelarsi interessante. Spero solo che il veleno di cui parli sia
abbastanza
potente cavaliere, o sarà tutto inutile. –
La
risata di Aphrodite rimbombò nella sala. –
Abbastanza potente dici? Staremo a
vedere. –
Rajani
sorrise, risollevando il capo. – Grazie cavaliere. Ci hai
risparmiato giorni di
meditazione. – Sheetal annuì a sua volta verso il
cavaliere della Dodicesima
casa. Era pensierosa; sperava davvero che tutto sarebbe filato per il
verso
giusto.
Fu
quella sera stessa che Rajani e Sheetal si trasferirono nella Sesta
casa.
Nonostante le iniziali proteste di Saori, l’imbarazzo di
Rajani e l’eventuale
ilarità generale, Sheetal era stata adamantina. Non si
vedevano da anni, per
amor di Shakti!
Shaka
non aveva aperto bocca nella discussione. In fondo, l’idea di
averle vicine non
gli dispiaceva.
L’unica
camera libera della Casa della Vergine era un ambiente luminoso e
ordinato –
come, d’altro canto, lo erano le altre stanze. I mobili di
legno chiaro e le
lenzuola pulite profumavano piacevolmente d’incenso; il letto
era forse un po’
piccolo per due persone, ma avevano dormito in condizioni peggiori.
Rajani
pensò che tutta la casa fosse un po’ asettica.
D’altro canto, Shaka possedeva
poche cose.
La
parte preferita della ragazza era senza dubbio lo Sharasoju. La
finestra della
camera da letto si affacciava su quel piccolo angolo di paradiso
– a quella
vista, Rajani si era sentita mancare il fiato.
Lo
aveva immaginato: bellissimo e circondato di luce quasi divina, in
quell’armonia colorata, meditare pacificamente. A quel
pensiero, sentì di stare
arrossendo.
Si
diede automaticamente della sciocca, scuotendo la testa per liberarla
da
quella… deliziosa immagine. Al ché,
arrossì ancora di più.
Mērī dēvī ōha!*
[*Oh, mia Dea!]
Fatto!
Ah che bello
tornare a scrivere dopo così tanto tempo. Davvero,
dà un senso… liberatorio.
Allora, come
vi sembra Sheetal? Simpatica la ragazza, vero?
Mi ero
ripromessa di aggiungere qualche piccola annotazione a fine capitolo,
ma ho già
dimenticato cosa volessi scrivere. Ehm… Dunque…
Ah, okay, ci
sono.
La prima cosa
riguarda il personaggio di Aphrodite. Sarò sincera: a me sta
veramente sulle
balle. E, appurato questo, penso che l’Aphrodite che
troverete in questa fanfic
sarà molto… OOC. Un po’ più
Albafica, per intenderci. Non lo stravolgerò
totalmente, ma le differenze si noteranno.
Sono
estremamente indecisa. Sì, perché credo che
dovrò rimandare ciò che avevo
pianificato per il prossimo capitolo a quello dopo ancora. Oh mannaggia!
Un’altra
questione della quale volevo parlare – me ne sono ricordata,
yuppi – riguarda
le prossime date di aggiornamento. Proverò, ma non so se
riuscirò, ad
aggiornare una volta a settimana (scrivendo nei finesettimana,
diciamo). Spero
davvero di trovare il tempo! Le idee, per fortuna, non mancano.
Ora!
Capisco
che le descrizioni che faccio possono essere spesso un pochino
astratte. Ho
pensato quindi di integrare la storia con qualche… immagine,
diciamo. Vi
propongo qui sotto alcuni link a immagini di vari elementi,
così come li ho pensati
io, più o meno:
·
Questo è il
“tatuaggio” sulla schiena di Rajani (certo,
immaginatelo in colori molto più tenui – bianco,
oro e appena un po’ di rosso):
http://www.tattoodesigns123.org/wp-content/uploads/2009/10/Tiger-Tattoo-Design.jpg
·
Questo è invece il
sari:
http://s.chakpak.com/se_images/245068_-1_564_none/karishma-kapoor-in-red-saree-wallpaper.jpg
Dunque! Visto
che ho terminato gli argomenti con i quali tediarvi, passiamo a
rispondere alle
recensioni:
JackoSaint: XD Ma sapete che fate
morire dal ridere? No, davvero. Leggere
le vostre recensioni è uno spasso! Che Shaka sia divino
ormai è appurato, ya
ya. Ad ogni modo grazie mille, siete un grande incoraggiamento a
continuare a
scrivere. ^_^
(Tra
parentesi, non credo che Shura avrà una grande parte in
questa fan fiction – a
meno di un cambio drastico di piani. Anche se forse…)
Cry
Benihime:
grazie mille! Le mie ricerche le ho fatte in giro per la rete.
In Italiano si trovano poche cose purtroppo, ma se spulci i siti
inglesi trovi
il mondo! Se vuoi
ti posso consigliare
qualche sito bellino bellino, sì sì.
winnie343: Rajani ha decisamente un
bel caratterino! Aspetta di vederla
arrabbiata, è una furia! XD Capisco che possa essere un
po’ difficile
inizialmente, ma con l’andare dei capitoli le cose dovrebbero
chiarirsi. Seiya
è il mio… come dire… mezzo per dare
spiegazioni. E’ il perfetto candidato per
fare l’imbecille! Sarai contenta di sapere che Camus
avrà una gran bella parte
andando più in là. ;-) Aspetta e vedrai! Grazie
mille comunque.