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Autore: VaniaMajor    11/11/2010    5 recensioni
La guerra contro il Signore dell'Est incombe, Sesshomaru e Inuyasha devono trovare un sistema per escludere gli esseri umani dalla battaglia imminente. Miroku ha una buona idea, ma per realizzarla bisognerà che Anna coinvolga alcune persone provenienti dal tempo di Kagome...Ranma e compagnia! Ecco a voi il seguito di 'Cuore di Demone'!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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Author's note: Almeno per ora, Sesshomaru e Anna hanno fatto pace, quindi occupiamoci d'altro! Che ne dite di fare conoscenza con il nostro nuovo nemico, il Signore dell'Est?...In aggiunta, un avviso per chi bazzica Facebook. Esiste un gruppo chiamato "Le Fanfictions di VaniaMajor" su cui chiacchieriamo delle fics, di Inuyasha e quant'altro. Se passate da quelle parti, mi farà piacere!

«Queste foreste sembrano infinite.»
«Mh?» chiese Ranma, distratto dai suoi pensieri dalla frase di Akane.
«Dicevo che queste foreste sembrano infinite.- ripeté la ragazza, guardando con ammirazione la distesa scura sotto di loro, tra le cui fronde si potevano ogni tanto scorgere le sagome degli inu-yokai in corsa- Sono ore che voliamo e ancora non ho visto un segno di civiltà.»
«Hai ragione. Se fossimo nella nostra epoca avremmo già incontrato almeno una città.» disse Ranma, spazzando l’orizzonte con lo sguardo.
«Non mi pare una cosa così strana, invece.- obiettò Ryoga, che viaggiava con loro- Anche nel Giappone dei giorni nostri esistono foreste tanto vaste da sembrare infinite.»
«Questo solo perché tu ti ci perdi dentro e giri intorno fino allo stremo, P-chan.» disse Ranma, con aria ironica.
«Chi sarebbe P-chan?!» ringhiò Ryoga, afferrando Ranma per il colletto con il viso contratto per l’ira.
«Smettetela! Ci farete ribaltare!- li sgridò Akane, cercando di dividerli- Ranma, smettila di prendere in giro Ryoga! E tu, Ryoga, cerca di perdonarlo.»
«Perdonami, Akane. Non volevo farti spaventare.» disse Ryoga, arrossendo e disegnando circoli col dito sulla spalliera di legno della sorta di biga sulla quale stavano volando. Ranma gonfiò le guance e guardò altrove, offeso. Akane era carina solo con quel cretino di Ryoga. Se solo non fosse intervenuto quella mattina…
«Ranma!»
«Eh? Chi?- esclamò Ranma, voltandosi verso Akane con aria colpevole, rosso fino alla cima dei capelli- Guarda che io non stavo pensando a…»
«Ma cosa stai dicendo?- gli chiese Akane, corrugando la fronte- Volevo solo avvisarti che siamo arrivati.»
«Oh.» mormorò Ranma, imbarazzato. Guardò oltre Akane e quello che vide non gli piacque affatto. C’erano almeno una cinquantina di persone ad attenderli, al centro di una radura non molto vasta. Grazie al cielo, nel luogo dello scontro non sembravano esserci stagni o corsi d’acqua, ma era evidente che la delegazione di Sesshomaru era in netta inferiorità numerica.
«E’ quello il nostro nemico?» chiese ad Inuyasha, la cui creatura volante procedeva di fianco alla loro. Inuyasha non si voltò, annuendo rigidamente.
«Inuyasha…» mormorò Kagome, osservando la sua evidente tensione.
«Oggi, per la prima volta nella mia vita, incontrerò colui che ha ucciso mio padre.- mormorò Inuyasha, senza lasciare le sagome ormai visibili in lontananza con gli occhi ambrati- Non so se sarò in grado di contenere il mio odio verso di lui.»
«Inuyasha!» ansimò Kagome, spaventata dalla sua estrema serietà. Inuyasha abbassò lo sguardo su di lei e sorrise appena.
«Stammi vicina, vuoi?» le chiese, prendendole la mano. Kagome annuì, guardandolo negli occhi e stringendogli a sua volta la mano.
«Dividi il tuo odio con me. In due saremo in grado di controllarlo.» disse, seria e pallida. Inuyasha annuì. Era così simile a Kikyo, con quelle vesti addosso e lo sguardo serio negli occhi…eppure era sempre Kagome. L’energia stessa che lo teneva in vita.
«Sì.» sussurrò, riportando lo sguardo sulla radura piena di gente.
Sesshomaru e Anna guidarono coloro che li seguivano alla radura, atterrando per primi al suo limitare.
“Così, è questo colui che ha osato sfidare Sesshomaru.” pensò Anna scendendo e guardando colui che stava di fronte al gruppo che li attendeva. Il nemico era uno yokai potente. Avvertiva la sua aura nell’aria e non ne era sorpresa. Nessuno avrebbe potuto sostenere il governo dell’Est senza essere almeno potente quanto lei. Il Signore dell’Est aveva le sembianze di un uomo dai capelli biondi legati in un alto codino. Gli occhi erano neri e molto allungati. Il corpo alto e slanciato era avvolto in una ricca e opulenta veste nobiliare. L’apparenza umana, però, non confondeva la percezione di Anna. Il Signore dell’Est era un moko yokai. Una tigre si nascondeva dietro quegli occhi neri e il sorrisetto dipinto sul bel volto che non dimostrava più di trent’anni.
“Quest’uomo ha ucciso Inuken.- pensò Anna, stringendo appena le labbra- Quest’uomo ha fatto uccidere me. Ora si trova davanti a Sesshomaru e ha l’ardire di sorridere! Presto si troverà a dannare il momento stesso in cui ha deciso di sfidare il sangue di Inuken!”
Lanciò una velocissima occhiata a Sesshomaru. L’inu-yokai, con gelida calma, scese dalla sua cavalcatura, degnando appena di un’occhiata il nemico e coloro che lo spalleggiavano. Gli altri atterrarono accanto a loro e gli inu-yokai apparvero dal folto, in una cacofonia di ululati da far gelare il sangue.
«Signore dell’Ovest, figlio di Inuken! Ti do il mio benvenuto.- disse il Signore dell’Est, con un sorriso di scherno- Mi rammarico, però, di essere costretto a dirti che la tua scorta si sta rivelando alquanto rumorosa.»
Sesshomaru alzò una mano all’altezza della spalla. Immediatamente, gli ululati cessarono e il silenzio calò sulla radura. Anna dovette trattenere un sorriso soddisfatto nel vedere il Signore dell’Est sobbalzare leggermente al gesto di Sesshomaru.
“Lo teme! Oh, se lo teme!” pensò, ferocemente divertita.
Sesshomaru abbassò la mano con deliberata calma.
«Non ho bisogno del tuo benvenuto, Soichiro; non quando siamo ancora sul mio territorio.- rispose, gelido- Avrai la possibilità di ripetermelo quando sarò sulla tua terra.»
Il Signore dell’Est fece una smorfia.
«Sei buono a parole. Quanto tuo padre, se ben ricordo.- disse- Fu lui a dirmi che mi avrebbe strappato il cuore dal petto, non è così? O fosti tu? I miei ricordi sono confusi, aiutami a ricordare.»
«Bastardo!» sibilò Inuyasha tra i denti, impallidendo. L’unica reazione di Sesshomaru fu il lieve contrarsi di un sopracciglio.
«Non capisco di cosa stanno parlando.» mormorò Mousse, perplesso.
«Io credo che quel tipo abbia ucciso il padre di Inuyasha e Sesshomaru.» disse Ranma, cupo in volto. Gli altri lo guardarono con sorpresa. Miroku annuì, dando conferma all’intuizione di Ranma.
«Confido che stavolta farai di meglio che fuggire con la coda tra le gambe, Sesshomaru.- continuò Soichiro- Spero riuscirai ad essere divertente quanto lo fu tuo padre.»
Sesshomaru non si mosse di un palmo, diventando se possibile ancora più gelido. Inuyasha, invece, stava ribollendo d’ira. Non capiva a cosa si riferisse quel bastardo, lui non sapeva nulla di come era morto suo padre, ma sentirlo insultare a quel modo era troppo per lui. Un tocco tiepido gli schiarì la vista. Kagome gli prese la mano, guardando con occhi bui la figura di Soichiro. Inuyasha si aggrappò a lei per evitare di scagliarsi contro il loro nemico, mandando tutto all’aria.
«Fui io a promettertelo.» disse Sesshomaru, freddo.
«Cosa?» chiese Soichiro, troppo preso dal proprio autocompiacimento per capire a cosa l’inu-yokai si riferisse.
«Fui io a prometterti che ti avrei strappato il cuore dal petto.- ripeté Sesshomaru, alzando appena una mano artigliata- E lo farò. Mantengo le mie promesse. Se non erro, però, oggi siamo qui per un diverso tipo di scontro.»
Soichiro tentennò, deglutendo nervosamente. La mancanza di reazione in Sesshomaru era più spaventosa che lo scoppio d’ira che si era aspettato.
“Sesshomaru è diventato più forte di come lo ricordavo.” pensò, corrugando la fronte.
Anna guardò Sesshomaru. Sapeva che, in un luogo ben lontano alla vista, le parole del Signore dell’Est avevano suscitato nell’animo dell’inu-yokai echi dolorosi che lei poteva solo immaginare. Più la pena era grande, più il suo bel volto diventava di pietra. A giudicare dalla sua espressione in quel momento, Sesshomaru sarebbe stato ben lieto di pasteggiare col cuore di Soichiro in quello stesso istante. Lei gli avrebbe fatto compagnia volentieri.
«Quasi dimenticavo. La tua sfida.- disse Soichiro, quasi sputando l’ultima parola- Un gesto magnanimo che abbiamo tutti apprezzato.» Fece un gesto verso la folla che gli stava attorno. «Ecco i miei campioni, Sesshomaru. I migliori guerrieri e i più potenti uomini di fede della mia terra.»
«Io ne ho dieci. Bastano e avanzano.» disse Sesshomaru, lapidario.
«Dieci?!» chiese Soichiro, iniziando a ridere. La folla rise con lui.
«Dieci. Non ho tutto questo tempo da perdere in sciocchezze.» ribadì Sesshomaru, facendo cenno agli umani di venire avanti.
«Presentatevi.» mormorò loro Anna, voltandosi appena.
Sango, Miroku e Kagome vennero avanti senza timore, dando il buon esempio agli altri.
«Il mio nome è Sango. Sono l’ultima erede della tribù dei Cacciatori di Demoni.» si presentò la ragazza, spazzando con lo sguardo il folto gruppo di esseri umani.
«Il mio nome è Miroku, e sono un servitore di Buddha.» disse Miroku, con un sorriso cortese, facendo tintinnare il bastone che aveva in mano.
«Io sono Kagome Higurashi.» disse la ragazza, senza aggiungere altro. Le sue vesti da miko e l’arco che aveva in spalla erano eloquenti. Ranma venne avanti, sicuro di sé, ormai eccitato dall’atmosfera combattiva.
«Io sono Ranma Saotome, erede della Scuola di arti marziali indiscriminate Saotome.» si presentò, con un sorriso arrogante.
«Il mio nome è Akane Tendo, erede della Scuola Tendo.» disse Akane, al suo fianco. Ranma ebbe per l’ultima volta l’istinto di zittirla e spingerla via per sottrarla a quel combattimento. Stringendo i denti, si impose di lasciare che quella pagliacciata andasse avanti.
«Io sono Ryoga Hibiki, esperto di arti marziali.»
«Il mio nome è Shan Pu e porto con me la grande arte marziale cinese della famiglia amazzone.» disse Shan Pu, osservando il nemico con un sorrisetto, a braccia conserte.
«Io sono Mousse. La mia abilità con ogni tipo di arma è conosciuta in tutta la Cina.»
«Io sono Ukyo, professionista dell’okonomiyaki.»
«Io sono Konatsu, della famiglia delle kunoichi.» si presentò timidamente Konatsu, guadagnandosi un’occhiata stanca da parte di Ukyo.
«Così questi sono i tuoi campioni?- chiese Soichiro, con un sorriso appena accennato- Molto bene. Converrai che, avendo lanciato tu questa sfida, mi spetta almeno il diritto di lasciare ai miei il piacere di scegliere chi sfidare.»
«Come credi. Non è cosa che mi riguardi.» disse Sesshomaru, gelido.
Il Signore dell’Est si voltò verso i suoi seguaci.
«Ebbene? Chi di voi si offre?- chiese, sarcastico- Come potete notare, la scelta è ridicola.»
«Io.» disse una voce profonda dalle retrovie. I combattenti dell’Est lasciarono passare colui che aveva risposto all’incitamento di Soichiro. Un monaco venne avanti di qualche passo.
«Tenchimaru. Sospettavo di sentire la tua voce prima di quella degli altri.» disse Soichiro, sorridendo. Il monaco, un uomo grande e muscoloso dall’aria scura, non lo guardò neppure, venendo avanti ancora di qualche passo e piazzandosi a una certa distanza dalla fila ordinata degli alleati di Sesshomaru.
«Tu.- disse, puntando un dito forte verso Miroku- Tu sei Miroku, figlio di Kintaro?»
«Ebbene, sì.- disse Miroku, atteggiando il viso a un’espressione sorpresa- Mi rammarico di non ricordare il vostro volto.»
Il monaco sorrise appena, senza per questo migliorare di molto l’espressione del suo viso.
«Eri nulla più che un moccioso, quando tuo padre mi cacciò dal tempio di Mushin.- disse il monaco, con tono da cui traspariva un odio profondo- Ho saputo che la maledizione non gli ha permesso di vivere molto a lungo.»
Miroku corrugò la fronte. Scacciato dal tempio di Mushin?
«Voi siete stato scomunicato?- chiese Miroku, corrugando la fronte- Mi spiego ora il vostro comportamento accidioso.»
Il volto del monaco si contorse in un’espressione di rabbia.
«Io ti sfido, Miroku, figlio di Kintaro.» disse.
«Miroku?» chiese Anna. Il monaco annuì.
«Io accetto. Sono qui per questo.» disse semplicemente.
«E sia!- disse Soichiro, sorridendo con aria sarcastica- Tenchimaru contro il vostro monaco. Chiamo a miei testimoni i miei campioni e le guardie del corpo che mi seguono.»
«Io non ho bisogno di testimoni.» disse Sesshomaru, voltando le spalle al demone, che fece una smorfia irata, prima di allontanarsi come tutti dai due contendenti, i quali si ritrovarono l’uno di fronte all’altro, al centro della radura.
«Prega per la tua anima, ragazzo.» disse Tenchimaru, stringendo tra le mani un grande rosario di giada.
Miroku strinse saldamente il proprio bastone e gli fece un cenno d’invito.  La sfida era iniziata. Le due fazioni si schierarono l’una di fronte all’altra dando ampio spazio ai due contendenti.
«Miroku…» mormorò Sango, con un lampo di preoccupazione negli occhi. Quel monaco, Tenchimaru, aveva negli occhi uno sguardo strano. “Ha un’espressione che non mi piace affatto.” pensò, stringendo nervosamente la cinghia che le legava l’Hiraikotsu sulla schiena. Una mano le si posò sulla spalla. Si voltò, trovandosi di fronte il viso di Kagome, che le sorrise.
«Stai tranquilla. Miroku è in gamba.» mormorò Kagome e Sango annuì. Non dubitava del valore di Miroku. Era di quel tipo chiamato Tenchimaru che non si fidava. L’astio nella sua voce mentre narrava della sua scomunica era pericoloso…troppo, per una sfida che non aveva come scopo ultimo eliminare fisicamente l’avversario.
Miroku stava intanto studiando lo sfidante. Era un uomo maturo, ben oltre la quarantina a giudicare le rughe che gli segnavano il viso rabbioso. Era grosso e muscoloso, e Miroku poteva quasi avvertire la forza violenta di cui era possessore. Miroku era veloce e i suoi colpi sapevano essere poderosi, quindi se la cosa fosse andata sul corpo a corpo l’esito della sfida poteva rivelarsi incerto.
Per quanto concerneva i poteri spirituali, Miroku non avvertiva quasi nulla provenire dal monaco. Le cose stavano diversamente se spostava la sua attenzione sul gigantesco rosario di giada verde che si rigirava fra le mani.
«Vi disturba se vi chiedo cosa significa quel rosario?- chiese, sempre cortese e con il sorriso sulle labbra- Non posso fare a meno di notare la sua dimensione.»
“E il fatto che somiglia enormemente al rosario assorbi – energia del maestro Mushin.” pensò. Il sorriso che solcò per un istante il volto del monaco gli diede la conferma che cercava. Tenchimaru gestiva una qualche tecnica spirituale utilizzando proprio quel rosario.
«Dovresti averne visto uno simile in mano al vecchio Mushin.- disse il monaco- Potremmo dire che l’ho preso a prestito da lui. Mi ha aiutato a sviluppare la tecnica che mi è costata la scomunica…la tecnica che ora sperimenterai sulla tua pelle, ragazzo.»
«Sarei lieto di farlo, se non avessi in programma di vincere questa sfida.» disse Miroku, scrollando il capo con aria dolente.
«Prima di parlare dovresti pensare alle sciocchezze che dici, ragazzo!» esclamò Tenchimaru, afferrando il rosario e lanciandolo verso Miroku. Il giovane evitò le grosse sfere di giada con un salto, quindi atterrò poco oltre, stupefatto. Il rosario sembrava allungarsi a piacimento! Come aveva potuto arrivare fino a lui restando saldamente nelle mani di Tenchimaru?
«Per quanto trovi tutto questo estremamente interessante, non ho tempo per chiedervi delucidazioni. Ne riparleremo a sfida terminata.» disse Miroku, con un sorriso ben poco adatto a un monaco sul volto. Scattò in una breve corsa, saltando poi contro Tenchimaru, sferrando un colpo ad arco con il proprio shakujo. Tenchimaru sembrò essere colto alla sprovvista dalla velocità di Miroku, ma riuscì a scansare il colpo. Miroku toccò terra vicino a lui e si abbassò di scatto per non prendere in pieno il rosario sacro, diretto a tutta velocità contro la sua testa.
«Mai abbassare la guardia!» L’avviso arrivò in contemporanea col poderoso pugno che colpì Miroku all’addome. Si piegò in due, privo di fiato, ma, se pur indebolito, anche il suo colpo andò a segno. La lama dello shakujo colpì Tenchimaru, sfregiandogli una guancia.
«Piccolo bastardo!» sibilò Tenchimaru, facendo un passo indietro.
«Se avessi abbastanza fiato…vi direi la stessa cosa.» borbottò Miroku, saltando immediatamente indietro per evitare un nuovo attacco portato col rosario di giada.
«In questo momento sono pari.» mormorò Inuyasha, osservando Miroku che continuava a schivare i colpi del rosario.
«Cosa intendi dire?- chiese Ryoga- A me sembra in vantaggio Miroku. Quel Tenchimaru sta sprecando troppe energie, ostinandosi a lanciare quel grosso rosario invece di combattere a mani nude.»
«Quel rosario nasconde qualcosa. E’ l’unico motivo che trovo a giustificazione del suo comportamento.» intervenne Ranma, pensieroso.
«E Miroku deve averlo capito. Guardate come cerca di evitare il contatto in tutti i modi.» disse Inuyasha, scuro in volto. Sango strinse le labbra con forza, facendo un passo avanti.
Miroku si stava stancando di evitare i colpi del grosso rosario. Vedeva grosse perle di sudore luccicare sulla pelle lucida del cranio rasato di Tenchimaru, mentre lanciava le sfere di giada verso di lui con gesti poderosi delle braccia muscolose.
“Ah, maledizione!- pensò, con una smorfia- Questa cosa sta andando troppo per le lunghe. Alla fine dei conti, quel rosario non può certo sottrarmi energia come farebbe a un demone!” Deciso a farla finita, Miroku usò il proprio shakujo per deviare il rosario. Il colpo gli riverberò dolorosamente nelle braccia, ma Miroku non vi badò, pensando invece a utilizzare il momento libero per attaccare a sua volta. Tenchimaru tentò di recuperare la postura adatta a lanciare il rosario, ma Miroku gli fu addosso, colpendolo brutalmente alla faccia ferita col bastone. Colto di sorpresa, Tenchimaru barcollò e Miroku lo colpì in rapida successione al torace e all’addome.
«E con questo chiudiamo la questione, se non vi dispiace.» disse, ansimando appena e centrandolo al petto con un calcio. Tenchimaru fece un volo di qualche metro prima di atterrare dolorosamente a terra, senza fiato. Chiuse gli occhi, il viso atteggiato a una smorfia di dolore, e rimase immobile, col rosario inerte nel palmo della mano.
«Forse avrei dovuto dirvi che non è mia abitudine perdere uno scontro.» disse Miroku, passandosi le dita tra i capelli e riprendendo fiato. Tenchimaru rimase a terra. Miroku attese un istante, poi annuì. Volse lo sguardo sulla fazione dell’Est. Gli occhi scintillanti di Soichiro erano fissi su di lui.
«Direi che il primo punto va alla nostra squadra.» disse Miroku, prima di voltare le spalle ai nemici e incamminarsi verso il gruppo di Sesshomaru.
«E’ finita qui?- chiese Inuyasha, sorpreso- E io che mi aspettavo chissà cosa. Mi sono preoccupato per niente.»
«Io l’avrei fatto fuori in meno di due minuti.» assicurò Ranma, stuzzicando il giovane demone. Ormai rilassati, non si accorsero del lampo di soddisfazione negli occhi di Soichiro nel momento in cui Miroku voltò le spalle a Tenchimaru. Solo Sango intuì che qualcosa non quadrava.
«Miroku, non voltarti!» gli gridò, venendo avanti.
«Cosa?» chiese Miroku, sorpreso per la reazione della ragazza. Un brivido di gelo gli fece accapponare la pelle. Si voltò, sentendo che qualcosa non andava, solo per trovarsi stretto nella morsa del grande rosario di giada.
«Ma che…» sbottò Miroku, sorpreso. Le sfere di giada si strinsero ancora di più attorno al suo corpo, costringendolo a lasciare andare il bastone. Tenchimaru, ancora semisdraiato a terra, ridacchiava.
«Mai dare le spalle al nemico.» disse Tenchimaru, in tono trionfante, alzandosi in piedi e tendendo il rosario. Miroku fece un sorrisetto ironico.
«Lo ammetto, sono stato superficiale.» disse, chinando appena il capo.
«Miroku!» lo chiamò Sango, correndo da lui.
«Non ti immischiare, Sango.- le disse Miroku, bloccandola- Non è ancora il tuo turno.»
«Ma io…» tentò di protestare la ragazza.
«Tu. Torna qui immediatamente.» La voce gelida di Sesshomaru gelò il sangue ai presenti. Sango si voltò verso l’inu-yokai con aria rabbiosa, ma Anna le fece cenno di raggiungerla. Miroku aveva ragione: Sango non poteva intervenire. Sango si voltò ancora una volta verso Miroku, che le sorrise.
«Vai. Credi che basti un uomo del genere per battermi?» le disse. Sango chinò il capo e gli diede le spalle, tornando accanto a Kagome, che la abbracciò senza lasciare con lo sguardo l’amico legato. Tenchimaru fece una breve smorfia di compatimento.
«Credi davvero di poterti liberare dal rosario?- disse, sarcastico- Solo io ho il potere di farlo.»
«Non so cosa credi di poter fare con un affare così ingombrante, ma non credere che essere legato mi sia d’ostacolo, bastardo.» disse Miroku con un sorrisetto, abbandonando definitivamente i modi garbati. Si slanciò contro Tenchimaru, sfruttando le gambe, libere, per tentare di colpirlo. Il monaco diede invece una violenta torsione al rosario, cosicché il balzo di Miroku fu solo un’ulteriore spinta che lo fece impattare al suolo di faccia.
«Maledi…zione…» ringhiò Miroku, facendo leva sulle ginocchia per alzarsi da terra. Una parte della sua mente registrò la tensione ora presente tra i membri della sua fazione. Un piede lo colpì alla spalla, rigettandolo a terra.
«Dicevi?» chiese Tenchimaru, con un sorrisetto sul volto duro. Miroku alzò la faccia dal terreno e sfoggiò un sorriso non meno arrogante.
«Che questo affare non ti servirà a nulla.» ripeté, sarcastico. Agganciò una caviglia del monaco con le gambe e tirò. Tenchimaru cadde, ma non lasciò andare il rosario. Rialzandosi, affibbiò a Miroku un altro calcio sulla spalla. Miroku si morse un labbro per soffocare un grido, mentre rotolava su se stesso un paio di volte. Quel bastardo gli aveva appena lussato l’articolazione.
«Ringraziami ora che puoi farlo, ragazzo, perché stai per avere l’onore di testare sul tuo corpo il grande potere della mia Tecnica di Manipolazione dell’Anima.- sibilò Tenchimaru- Avrei voluto farla assaggiare a tuo padre, ma è morto troppo presto.»
Miroku gli sputò in faccia e tentò di nuovo di colpirlo, ma Tenchimaru, lo sbatté a terra, facendogli nuovamente provare un dolore terribile alla spalla fuori sede. Quando cominciò a recitare il sutra, la vista di Miroku si fece oscura.
«Cosa mi stai facendo?!» chiese Miroku, avvertendo le sue percezioni farsi offuscate.
«Abbandonati…abbandonati…» mormorò nelle sue orecchie la voce di Tenchimaru, con una strana eco.
«Miroku! Kami-sama, cosa gli sta facendo?!» Sentì la voce di Sango allontanarsi da lui.
«Sesshomaru, fa qualcosa!» Questo era…Inuyasha?
«Non possiamo intervenire.» disse Sesshomaru, lapidario. Sentì Soichiro ridere.
«Esatto, mio caro. Sono entrambi monaci. L’uso di poteri spirituali era prevedibile.»
“Gran bella coppia di bastardi…” pensò Miroku, con un ultimo guizzo di ironia.
«Affonda in te…» disse ancora Tenchimaru. E Miroku affondò.

***

«Dove sono?» chiese Miroku. La sua voce echeggiò nel nulla.
Il posto era stravagante, su quello nulla da dire. Il cielo era nero. La terra era rossa. O forse era l’inverso? Se si deconcentrava, gli pareva di poter stare in piedi in entrambe le direzioni.
«Dove sono?» chiese ancora Miroku, più forte. Che diavolo di posto era quello?! Lui aveva qualcosa da fare…qualcosa…qualcosa…
«Non ti ricordi?- disse una voce che gli trasmise un acuto senso di fastidio- Ti aiuto io.»
Non cambiò nulla. Miroku corrugò la fronte.
«Ma che aiuto e aiuto?- borbottò- Almeno di' qualcosa, visto che…ah!!» Un dolore fortissimo gli attraversò una mano. Abbassò lo sguardo, sorpreso, stringendo i denti per il dolore. Un grande foro insanguinato gli bucava il palmo da parte a parte. Poteva vedere la terra oltre lo squarcio, tra lo scorrere del sangue.
«Ma che…» “La maledizione!” Alzò lo sguardo, mentre il suo cuore mancava un battito. Una risata malvagia sembrò fare da contrappunto alle dolorose pulsazioni della ferita. Una sagoma avvolta in una pelle di babbuino volteggiava in aria poco distante.
«Ku ku ku…Senti dolore, Miroku?»
«Na…Naraku!» rantolò Miroku, tenendosi la mano offesa.
«Quella ferita ti ucciderà e si tramanderà di generazione in generazione, uccidendo i tuoi discendenti finché io avrò vita.» mormorò il demone, con voce dura e ironica. Miroku impallidì, sentendo le gambe minacciare di cedere.
«No…- mormorò, quasi senza voce- No, questo…non è successo a me. E’ successo a mio nonno.»
«E’ vero, monaco. Molto perspicace.- rise ancora Naraku, poi gli mostrò il suo volto bello e gelido, crudele- Ma questo non cambia il fatto che la maledizione segue te e i tuoi eredi. E che…il foro del vento è senza protezione.»
«Cosa?!» rantolò Miroku. “Il rosario!” pensò convulsamente. Il rosario che serviva a sigillare il foro del Vento! Perché non lo indossava?! Fu in quell’istante che la tremenda ferita divenne oscura. Un grande potere d’attrazione iniziò a concentrarsi al suo interno.
«No! Oh no!» gridò Miroku, cercando di tenere il polso lontano da sé, mentre la forza d’attrazione iniziava a manifestarsi.
«Che tragedia, non trovi, monaco?- rise Naraku, allontanandosi- Morire come morì tuo padre, ma senza eredi. Non sei curioso di provare l’esperienza, Miroku?»
«No!» gridò Miroku con rabbia alla figura ammantata di bianco, che sparì con un’ultima risata. Abbassò lo sguardo terrorizzato sulla ferita. Il vortice prendeva sempre più forza, sempre di più, di più, di più…”No, c’è qualcosa di strano, qualcosa che non va! Perché non indosso il rosario?! Perché sono qua?!” pensò Miroku, tentando di porre sotto controllo la sua mente terrorizzata. Di colpo tutto il suo corpo fu attratto dal buco nero nella sua mano. Urlò, sentendo il suo corpo contorcersi insieme a tutto ciò che lo circondava. «No! Non voglio morire così!» gridò. Il suo braccio era già per metà scomparso. Il dolore era insopportabile.
«No! No!!» gridò. Avvertì una risata. Naraku?! Naraku lo derideva ancora? Non voleva morire davanti a quel bastardo! «Oh, Buddha, perché?!» singhiozzò, pestando il piede a terra con frustrazione terribile. Aprì gli occhi di scatto. Aveva già compiuto quel gesto…su Naraku? Gli parve che la terribile distorsione del suo corpo si placasse un attimo. Pestò ancora il piede per terra. Sì, significava qualcosa. Vide riapparire parte del suo braccio. Avvertì nell’aria un senso di disappunto. “Com’è possibile?” si chiese. Subito, il vortice riprese a consumarlo. Miroku strinse i denti e pestò ancora il piede per terra, attaccandosi a ogni appiglio per prolungare anche solo di qualche secondo la sua vita.
«Non morirò così facilmente.» ringhiò, mentre perle di sudore gli scorrevano sul volto.
«Se morirai qui, allora io morirò con te!»
La frase lo folgorò.
«C…cosa?» chiese Miroku. Nessuno gli rispose, ma il vortice regredì ancora impercettibilmente. Qualcuno aveva pronunciato quella frase…per lui.
«Ma io non morirò. Non posso! Devo prima sconfiggere Naraku.» disse, confortando qualcuno che non ricordava, annaspando fra una massa di ricordi nebulosi. Ovunque guardasse vedeva Naraku…
«Perché non cerchiamo i frammenti insieme?» chiese qualcuno. Una ragazza dai capelli neri. Miroku si aggrappò a quel ricordo come ad un ramo oltre una scarpata. Era la stessa della prima frase? Non credeva, ma…
«Chi siete?» mormorò, concentrando i propri sforzi nel ricordare. Più sentiva quelle voci, più la morsa del Foro del Vento si allentava. “Io non voglio morire.” pensò, concentrando le sue facoltà. Parti di vita vennero alla luce, sempre più chiare, portando in superficie nomi e visi.
«Io…ho viaggiato. Ho cercato una sfera…la Shikon no Tama…con qualcuno.- disse, acquistando forza a ogni ricordo conquistato- Qualcuno che mi ama per quello che sono. Loro sono la mia famiglia...sono coloro che io amo!»
Pestò di nuovo il piede per terra e alzò gli occhi al cielo, che si era fatto ancora più cupo.
«Sì! Con questo gesto, io ho ucciso Naraku! Ho schiacciato al suolo la sua testa e il mio nemico è morto!» esclamò, mentre tutte le tessere del puzzle tornavano al loro posto. Mesi di viaggio, l’amicizia insperata, la vittoria…l’amore per Sango. «Morto e defunto!» gridò ancora, mentre tutto tornava a occupare il suo posto. «Io ho sconfitto Naraku!- gridò, mentre il suo braccio e la sua mano tornavano sani e integri davanti ai suoi occhi- E la maledizione è sparita!» Volse gli occhi rabbiosi al cielo nero. «Tenchimaru! Bastardo, è questa la tua tecnica?! La scomunica è il meno che ti potesse capitare!» gridò al suo vero avversario.
«La tua forza spirituale non ti salverà comunque, dannato piccolo bastardo.» disse Tenchimaru, in qualche luogo ancora invisibile. Miroku avvertì un dolore terrificante al torace e si inarcò all’indietro, spalancando gli occhi e gridando dal dolore. Il mondo si rovesciò su se stesso. Quando Miroku tornò a vedere, si trovò di fronte la faccia contratta di Tenchimaru, il quale gli stava spezzando la spina dorsale costringendolo tra le sue possenti braccia.

***

«C’è qualcosa che non va.» disse Anna, spezzando il silenzio mortale con cui coloro che stavano attorno a Sesshomaru osservavano lo scontro di volontà che si stava consumando al centro della radura.
Tutti si voltarono verso di lei, tranne Sango, la quale non poté distogliere lo sguardo dalla figura di Miroku, inginocchiato a terra, ancora avvolto nelle fredde spire del rosario. Il suo sguardo era perso nel vuoto, oscuro, privo di quella luce di allegra malizia che lo contraddistingueva. Miroku era pallido, mortalmente pallido. A Sango sembrava si consumasse di secondo in secondo.
«Cosa cosa vuoi dire, Anna?- chiese Kagome, preoccupata, distogliendo Sango dai suoi pensieri- Miroku sta perdendo?»
«Non è solo questo.- mormorò Anna- Sento la sua energia disperdersi. Lo sento sempre più lontano.»
Sango si voltò verso di lei con il viso pallido e duro come il marmo.
«Lo sta uccidendo, vero?» chiese, brutale. Anna annuì, dapprima incerta, poi più sicura.
«Sta facendo…collassare la sua anima. Non saprei come altro spiegarmi.» disse.
Tutti assunsero un’espressione stupefatta e preoccupata.
«Ferma lo scontro, allora.- ringhiò Inuyasha, rivolto a Sesshomaru- Non era previsto che ci fossero dei morti.»
«Non si è parlato di evitare morti negli scontri.» disse Sesshomaru, gelido. Corrugò appena le sopracciglia nel notare la luce di divertimento negli occhi di Soichiro. Gli umani al servizio dell’Est si stavano disinteressando a una battaglia che ritenevano già vinta.
«Cosa intendi dire?! Non hai posto questa condizione?!» esclamò Kagome, basita.
«Se intervenissimo in ogni momento pericoloso, queste sfide non avrebbero motivo di esistere.- disse Sesshomaru, sfidando Soichiro con lo sguardo- Quel Miroku saprà cavarsela da solo.»
«Bastardo insensibile…» ringhiò Inuyasha, decidendo seduta stante di interrompere quello scontro, a costo di regalare un punto al Signore dell’Est. Fu non poco sorpreso quando Sango lo fermò, prendendolo per un braccio.
«Miroku non perderà.- disse, con una luce dura negli occhi- Sesshomaru ha ragione. Aspettiamo ancora un po’.»
Miroku iniziò a gemere, stringendo la mano destra in un pugno ferreo.
«Non morirò…» disse, rauco. Tenchimaru fece una smorfia e strinse con un gesto il rosario attorno alla figura inginocchiata di Miroku.
«Non dovrebbe nemmeno più parlare.» disse. Sentì sulla schiena l’occhiata tagliente del Signore dell’Est. Più di così non poteva fare. L’anima di quel ragazzino era resistente, più di tutte quelle che lui aveva infranto.
«Sta crescendo.» disse Anna, stringendo una spalla di Sango e annusando l’aria d’un tratto carica di tensione. Sentiva l’aura spirituale di Miroku ingigantirsi tanto quanto fino a un momento prima stava disgregandosi. Miroku alzò la testa con uno scatto che mise in evidenza i tendini del suo collo, facendo fare un balzo per la sorpresa a tutti coloro che seguivano il combattimento.
«Tenchimaru! Bastardo, è questa la tua tecnica?! La scomunica è il meno che ti potesse capitare!» gridò Miroku al suo vero avversario, dando l’impressione di parlare da una grande distanza. D’un tratto, le sfere di giada si spaccarono, liberando il prigioniero, che comunque non si mosse.  Sesshomaru si concesse un sorrisetto, mentre un lampo d’ira passava negli occhi di Soichiro. Tenchimaru, il volto sfigurato dalla rabbia, si gettò su Miroku e lo sollevò da terra, prendendolo per la vita.
«La tua forza spirituale non ti salverà comunque, dannato piccolo bastardo.» esclamò, iniziando a stringere Miroku in una morsa mortale. Gridando, Miroku sembrò destarsi dalla trance.
«Kami-sama, vuole ucciderlo davvero!» gridò Akane, impressionata. Tutti videro del sangue sgorgare dalla bocca di Miroku. Il giovane digrignò i denti per il dolore, sentendo le ossa scricchiolare pericolosamente.
«Ho sconfitto Naraku, quindi non mi farò certo uccidere da te!» disse, utilizzando le sue ultime forse per liberarsi le braccia e afferrare con forza il collo del suo avversario, schiacciando la trachea. Tenchimaru boccheggiò, a corto d’aria, intensificando la stretta. Miroku gridò ancora, sentendo qualcosa rompersi definitivamente, ma non mollò la presa. Il dolore divenne insopportabile, mentre il viso sfigurato dall’ira del suo avversario diventava pallido…poi rosso…poi violaceo. Finalmente la stretta si allentò. Tenchimaru cadde all’indietro, trascinando con sé Miroku. I due giacquero a terra, immobili.
«Parità?» chiese Soichiro, con disappunto.
«Miroku!» gridò Sango, precipitandosi dal ragazzo senza considerare la volontà di Sesshomaru. Si avvicinò a Miroku e allungò una mano tremante, chiamandolo. Con movimenti lenti, Miroku si alzò a fatica sul corpo inerte di Tenchimaru.
«Ho…vinto.» disse a fatica, sfoggiando sulla bocca macchiata di sangue il suo solito sorriso confidenziale. Sango scoppiò in lacrime e lo abbracciò, strappandogli un grido di dolore.
«Piano, Sango! Deve avere qualche costola rotta.» disse Ranma, avvicinandosi con Inuyasha per aiutare il monaco ad alzarsi.
«Direi tre.- disse Miroku, tentando senza molto successo di nascondere una smorfia di dolore- E ricordatevi la spalla lussata. Ahi, fate piano.»
Con cautela, Inuyasha e Ranma lo sollevarono da terra, allontanandolo dal corpo privo di sensi di Tenchimaru, che respirava appena tra le gemme infrante del suo rosario. Sango li seguì, aggrappata a un lembo della veste di Miroku mentre le lacrime continuavano a rigarle il volto.
«Si riposerà e si riprenderà presto.» le mormorò Anna. Sango annuì, asciugandosi le lacrime dagli occhi con un gesto deciso.
«Un punto per me, pare.» disse intanto Sesshomaru, senza degnare di un’occhiata il ferito. Soichiro fece una smorfia, quindi annuì, mentre qualcuno portava via Tenchimaru. Sesshomaru lanciò una breve occhiata a Miroku, quindi tornò a guardare Soichiro, che gli voltò le spalle con un gesto seccato.
«Medica le ferite del tuo protetto, giovane Sesshomaru.- disse, scoccandogli un’ultima occhiata assassina- E goditi la prima vittoria. Domani la musica sarà molto diversa.»
Con queste parole, Soichiro e i suoi si ritirarono nella boscaglia per andare a raggiungere il grosso dell’esercito. L’unica risposta di Sesshomaru fu un breve e gelido sorriso.

   
 
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