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Autore: NevanMcRevolver    15/11/2010    2 recensioni
Il fatale suono dell’Atlantico del Sud.
La scia di sangue della Dolce Melodia di Requiem.
L’urlo muto di un’anima prodiga.
La seducente melodia dei mari, il cantore delle sirene.
“Mi chiamo Sorrento Seebacher. Sareste così gentili da voler ascoltare la mia storia?”
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Nuovo arrivato

 

 

Passarono circa sei mesi da quando scesi in Atlantide, e le giornate passavano lente, monotone, sempre uguali a sé stesse.

Il tedio diventava sempre maggiore, e i vari incontri con Kanon non miglioravano la situazione.

Alla freddezza di Thetis mi ero abituato, ma la presenza di quel giovano dai capelli insolitamente blu mi innervosiva: non riuscivo mai ad abituarmi.

Da quando il Kaioh è stato liberato siamo stati quasi tutti impegnati nel rendere di nuovo abitabile quel posto.

Ho detto quasi perché Thetis ovviamente non lavorava, ed io, invece, lavoravo solo quando mi andava, come del resto Kanon.

Un giorno stavamo spazzando una strada, liberandola dai detriti e dalle pietre meno pesanti.

Decisi di andarmene, anche perché non potevo fare più niente.

Presi a passeggiare per le vie di Atlantide, senza una destinazione precisa.

Perdermi era impossibile, anche perché avevo calcato così tante volte quelle strade che ora le conoscevo a menadito.

Ero completamente solo, perso nei miei pensieri e canticchiavo a bassa voce, con le labbra chiuse, e mi spinsi verso una delle regioni meno colpite dal sisma.

Il paesaggio, lì, era diverso dal centro del regno: l’acqua sembrava più chiara, limpida e fresca.

Le tonalità del fondale erano così chiare da accecare gli occhi.

Mi sedetti su un masso e mi incantai nell’ammirare il panorama: i coralli, le alghe, la sabbia e quell’azzurro infinito si stendevano verso l’infinito in ogni direzione.

Il silenzio era sovrano, e io non cercavo altro.

Mi stesi, allora, con lo sguardo rivolto verso la volta d’acqua e…

Un tonfo.

Qualcosa era caduto: forse un’altra colonna aveva ceduto! Andai sul posto per vedere la gravità della situazione.

Non vedevo nulla di strano: le pietre erano ai loro posti, i coralli se ne stavano indifferenti e le colonne erano ancora in piedi.

Mi girai e sentii un rantolio: mi voltai ancora, ma non riuscivo a capire da dove provenisse.

Un sospiro, un morboso attaccamento alla vita, enorme paura della morte: ecco cosa sentivo: ma non erano mie queste sensazioni.

Aggirai un masso per capire cosa fosse la fonte di tutto questo, quando lo vidi.

Un ragazzo stava riverso in terra, con il volto rivolto verso l’alto, tremendamente sfigurato, sporco di sangue.

Tutto il volto era coperto da un lenzuolo scarlatto, anche i capelli e la bocca sembrava impastata dal liquido. Mi avvicinai, intimorito e spaventato, ma mi allontanai subito.

Respirava a mala pena, e il petto si alzava e abbassava con movimenti spasmodici, scattanti e per niente elastici.

La pelle stava diventando chiara, forse troppo, e le labbra, nonostante tutto quel sangue, stavano evidentemente perdendo colore.

Corsi via e tornai indietro.

Chiesi aiuto e sulla strada del ritorno trovai un gruppetto di guardie.

Una di queste si allontanò per andare a chiamare Thetis e Kanon, mentre gli altri mi seguivano sul punto dove avevo trovato il moribondo.

Quando tornammo quasi non respirava più, e aveva perso molto sangue, anche se il flusso era diminuito.

Il massimo che le guardie fecero era assicurarsi che quello non perdesse molto sangue.

Di corsa, arrivarono anche Thetis e Kanon, i quale congedarono tutti, me escluso.

-Devi aiutarci a curarlo!- mi disse Kanon, senza la minima traccia di ironia sul volto.

Annuii con movimenti isterici e scattanti del capo: avevo paura, forse troppa.

Kanon si chinò sul corpo del ragazzo e lo esaminava, mentre Thetis poggiava per terra un vasto arsenale di roba.

-Passami quell’unguento verde, Sorrento!- mi disse Thetis.

Le porsi il vasetto: emanava un odore nauseabondo.

Non appena Kanon poggiò un po’ di quella melma maleodorante sul corpo del ragazzo, il sangue prese a ritirarsi.

Non usciva più, ma quello che era già stato versato ritornò in corpo, e le membra del giovane ripresero subito colore.

Per il sangue che si era già incrostato non si fece niente: bisognava lavarlo e nient’altro.

Il respiro tornò regolare, ma il ragazzo era incosciente.

Il sangue ancora sporcava il viso, ma almeno era salvo.

Tutto grazie ad un po’ di crema! Non ci potevo credere, ma la cosa mi ridava coraggio e fiducia.

Non tutto era perduto, quindi!

-Passami quello!- mi disse Kanon.

Stava indicando una boccetta di vetro piena di un liquido rosa.

-Versane un po’ sulla ferita- mi disse.

Mi accovacciai di fianco al ragazzo e stappai la fiala: l’odore era nauseate e pungente. Storcendo il muso versai parte del liquido sul viso deturpato. Non appena la soluzione toccò la pelle si elevò una piccola nuvoletta di fumo e si sentiva uno sgradevole sfrigolio, come carne che stesse cocendo ai ferri.

Tamponai e Thetis, allora, alzò delicatamente la testa del malcapitato per poggiarla sulle sue ginocchia.

-Meno male che non è cosciente. Non gli sarebbe piaciuto!- disse, prendendo ago e filo.

Gli stava mettendo dei punti lungo tutta la cicatrice.

Disgustato, mi voltai dall’altra parte, cercando di restare calmo.

Restammo così, in assoluto silenzio, per quasi mezz’ora. Solo quando Thetis dichiarò di aver finito mi girai. Non me ne ero accorto, ma aveva tolto il grosso della sporcizia dal volto del ragazzo, rivelando un’arruffata chioma smeraldina su un viso infantile ma dai lineamenti stranamente duri per quell’età.

Notai che aveva fasciato parte del capo del ragazzo: dalla fronte fino alla guancia. La ferita, quindi, doveva essere molto lunga.

Chiamammo alcune guardie che erano rimaste nei dintorni, che si caricarono il corpo sulle proprie spalle e lo portarono verso il nucleo del regno.

-E’ un altro prescelto?- chiesi, senza sapere a chi mi rivolgessi davvero.

-Nessuno arriva vivo in Atlantide: solo un Generale!- mi rispose Kanon, guardando fisso dinnanzi a sé, tronfio, superbo della propria persona.

Il suo passo era incalzante, sicuro, anche se una leggera ombra di dubbio gli si era stagliata sul viso accigliato.

Notò che lo stavo fissando e mi si rivolse in maniera non molto gentile.

-Che hai da guardare, tu?!- mi abbaiò contro.

Distolsi subito lo sguardo. L’avevo offeso, e il modo in cui si rivolse mi fece sentire davvero male, tanto da farmi sentire gli occhi lucidi. Mi consolò il fatto che forse ero riuscito a toccare un nervo scoperto, un lato di lui che Kanon non voleva far vedere.

Decisi di andarmene per i fatti miei per evitare l’insolenza di Thetis e le sfuriate di Kanon.

Mentre camminavo, fantasticavo sul mio futuro da Generale: la bionda sarebbe stata sistemata e non avrebbe alzato così facilmente la cresta.

Con l’altro avrei saputo mantener testa, o quanto meno farmi rispettare.

In ogni modo il viso del nuovo arrivato mi si era stagliato in mente, indelebile.

Mi incuriosiva tantissimo.

Da dove veniva? Come si chiamava?

Qual era la sua storia? Anche lui aveva naufragato?

Volevo conoscerlo al più presto.

Dovevo conoscerlo.

Avevo bisogno di amici, perché l’idea di passare il tempo restante per i fatti miei non mi allettava per niente.

Avevo bisogno di parlare con qualcuno che non fosse Kanon, Thetis o le guardie.

Più semplicemente, volevo dare una svolta alla situazione: mi aveva stancato.

Aspettai che dopo il rancio ognuno si ritirasse nelle proprie stanze.

Ognuno era libero di andare dove volesse quando lo ritenesse più opportuno, ma di notte nessuno preferiva andare in giro.

Io non facevo eccezione, ma per quella sera mi armai di sacrosanto coraggio e mi diressi verso Thetis, chiedendole dove avessero sistemato il nuovo arrivato.

Mi indicò una stradina che si allontanava dalla piazza principale e mi avviai.

Arrivai davanti ad una casetta molto simile alla mia, con due guardie ai alti della porta.

Quando mia avvicinai all’uscio, i due non mi fermarono, ormai mi conoscevano tutti in Atlantide, dopo sei mesi di permanenza.

Era stato poggiato su un letto. L’avevano pulito del sangue rimanente che si era incrostato e ora aveva un aspetto completamente diverso.

Mi avvicinai per vederlo meglio.

“Cosa cazzo ci faccio qui?” mi chiesi.

Non appena feci per andarmene sentii un rantolio, come se qualcuno si sforzasse di fare qualcosa.

Mi girai e vidi che sul volto del nuovo c’era una lieve smorfia di dolore.

Mi avvicinai cercando di aiutarlo.

Aprì l’occhio e mi vide con sguardo appannato, la palpebra era semichiusa, tanto da non rivelare davvero l’occhio sotto di essa.

-C-chi sei? Dove sono?- chiese, la voce flebile.

-Sei in Atlantide, al sicuro. Mi chiamo Sorrento. Tu?-

-Dove mi trovo?-

-In Atlantide, al sicuro. Tu come ti chiami?- gli chiesi.

-Isaac- rispose, e si addormentò di nuovo, abbandonando la testa sul cuscino.

Rimasi così per qualche altro secondo, decidendo poi di andarmene.

Sarei tornato, l’avrei conosciuto.

Forse avevo un amico.

 

 

 

 

 

Meiou Hades parla:

Bentrovati cari!

Aggiorno con questo capitolo, con l’arrivo di un nuovo personaggio: Isaac, Generale del mare Artico e cavaliere di Kraken.

Ovviamente, lui non lo sa, e non teniamo questa notizia ben nascosta altrimenti gli roviniamo la sorpresa u.u

Che ve ne pare?

Rispondo alle recensioni del terzo capitolo.

 

A LuluXI: ciao! Grazie per le recensioni che lasci! Mi fa piacere che ti piaccia come scrivo, grazie ancora! E sono lieto che non abbia preferenze fra manga e anime! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

 

A data81: grazie mille anche a te! Comunque non so se hai letto la mail che ti ho inviato. In ogni caso credo che inserirò anche l’intermezzo di Asgard: ho trovato il modo per far sembrare tutto abbastanza coerente!

 

Grazie a tutti e al prossimo capitolo!

  
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