Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: VaniaMajor    17/11/2010    3 recensioni
La guerra contro il Signore dell'Est incombe, Sesshomaru e Inuyasha devono trovare un sistema per escludere gli esseri umani dalla battaglia imminente. Miroku ha una buona idea, ma per realizzarla bisognerà che Anna coinvolga alcune persone provenienti dal tempo di Kagome...Ranma e compagnia! Ecco a voi il seguito di 'Cuore di Demone'!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Si sono colpiti a vicenda? Terribile!» mormorò Miroku, quando tornarono al campo per prestare soccorso al giovane svenuto, ascoltando il breve racconto di Sango. Il monaco era ancora impossibilitato a muoversi ed era rimasto in loro attesa fino a quel momento, guardato a  vista da due membri della famiglia inu-yokai.
Ranma stese Ryoga per terra, mentre Sesshomaru faceva cenno ai due inu-yokai di lasciarli.
«Finalmente! Avevo paura che gli venisse appetito.» borbottò Miroku, facendo ridere Sango. Anna li raggiunse portando due otri d’acqua e Kagome mise sul fuoco una pentola, iniziando a preparare la cena.
«Cos’ha il povero Ryoga?» chiese Ukyo, accucciandosi accanto al corpo inerte del ragazzo.
«Si è preso un pugno in un punto vitale. E’ fortunato a essere ancora vivo.- disse Mousse- Come prevedibile, però, Ryoga ha ricambiato il favore.»
«Povero, povero Ryoga…» mormorò Akane, togliendo i capelli dalla fronte del ragazzo. Come in risposta, Ryoga iniziò a mormorare qualcosa nel sonno.
«Si riprenderà presto.» sentenziò Ranma, seccato, alzandosi di scatto e andando ad impattare contro Kagome. L’otre d’acqua gli si rovesciò addosso.
«Toh! Chi si rivede!» sogghignò Inuyasha.
«Così è questa la maledizione?- disse Sesshomaru, fissandolo con aria annoiata- Quale sciocchezza.»
Ranma, trattenendo l’ira, strizzò la camicia che aderiva sui suoi seni prosperosi.
«Era troppo sperare che qui non mi succedesse.» ringhiò.
«Mi spiace, Ranma.» mormorò Kagome, arrossendo.
«Te lo meriti, invece.- disse Akane, immergendo una pezza di stoffa nell’acqua e avvicinandola, grondante, alla fronte di Ryoga- Parlare sempre male di Ryoga a quel modo…»
“Acqua fredda?!” pensò Ranma, una frazione di secondo prima che la pezza toccasse la fronte di Ryoga. In un istante, Ranma si gettò su Akane, chiudendole gli occhi; Kagome afferrò il cucchiaio e lo estrasse, zeppo di acqua bollente, dalla pentola. Anna prese il cucchiaio dalle sue mani e versò tutto il contenuto sul povero porcellino nero che era appena apparso dove un secondo prima riposava Ryoga.
«Lasciami, Ranma! Sei impazzito?!» gridò Akane, forzando le mani di Ranma e tirandogli un pugno in faccia. «Che scherzo scemo! Sei solo geloso! Ti odio!» disse, superando con un passo deciso il corpo addormentato del nuovamente umano Ryoga e inoltrandosi nella foresta.
I presenti rimasero immobili e in silenzio, increduli di essere riusciti a salvare la frittata. Ranma, ancora a terra per il colpo ricevuto, lanciò un’occhiata malevola all’ignaro Ryoga.
“Dovrai ringraziarmi, quando ti sveglierai. Oh, se dovrai ringraziarmi! E quando avrai finito, ti tirerò un pugno su quel tuo naso da maiale." pensò, acido, prima di alzarsi a sedere e gridare alla foresta buia: «Akane, sei una stupida!!!»

***

Anna si avvicinò con passo leggero alla radura rischiarata dal fuoco. Si guardò attorno.
Tutti dormivano, riposandosi dalle fatiche della giornata. Sorrise nel vedere Inuyasha e Kagome dormire abbracciati. Sango e Miroku erano più distanti, ma si tenevano per mano anche nel sonno. Il suo sorriso divenne sarcastico. Finché fossero rimasti in gruppo con gli altri, Anna sapeva di potersi scordare atteggiamenti anche solo vagamente affettuosi da parte di Sesshomaru. La sera prima era stata solo un breve interludio, avvenuto grazie alla lontananza momentanea di qualsiasi intruso sgradito. Desiderava avere la pazienza di attendere che Sesshomaru diventasse meno rigido, ma spesso la sua freddezza in pubblico la feriva.
Un lieve movimento attirò la sua attenzione. Qualcuno non dormiva, al campo. Ranma, di nuovo in forma maschile, era seduto contro un albero, vicino alla figura addormentata di Ryoga, con la testa affondata tra le ginocchia. Anna corrugò la fronte, guardandosi attorno. Akane non era ancora tornata.
Entrò nel cerchio di luce, dirigendosi con movimenti silenziosi verso il ragazzo. Ranma alzò la testa quando Anna fu a pochi passi da lui.
«Non dormi?» gli chiese la yokai. Ranma si strinse nelle spalle.
«Neanche tu, vedo.» rispose.
«Io non ne ho necessità. Tu sì.- obiettò Anna, andando a sedersi accanto a lui- Se sei preoccupato per Akane, potresti andare a cercarla. Non credo che si sia allontanata di molto. Non è una sciocca.»
«E invece è proprio una sciocca! Che vuoi che me ne importi di quel maschiaccio violento e…» iniziò a dire Ranma, scaldandosi e alzando la voce. Anna gli tappò la bocca di scatto, senza pensare a dosare la sua forza. Solo quando constatò che nessuno accennava a svegliarsi, si decise a lasciarlo andare…e si accorse di avergli fatto sbattere la testa contro il duro tronco dell’albero.
«Perdonami, Ranma!- si scusò, mentre lui si massaggiava la testa- Stavi alzando troppo la voce.»
«Certo che anche tu non scherzi, in quanto a violenza…» borbottò Ranma. Anna non poté evitare di sorridere. Ranma sospirò, poi si trincerò nuovamente dietro una faccia scura. «E’ tutta colpa di Ryoga.- borbottò alla fine- Se non lo avessi protetto, non avrei litigato di nuovo con quella scema di Akane. Dannato maiale.»
«Vuoi dire ad Akane come stanno le cose?» chiese Anna, a bruciapelo.
«No.» rispose Ranma, dopo un istante. Anna annuì, quindi si alzò.
«Visto che non vuoi andare tu a cercarla, andrò io. Non mi piace che vada in giro per la foresta da sola.» sospirò, spolverandosi la veste bianca e dirigendosi verso il folto.
«Anna!» Il richiamo pressante indusse la ragazza a voltarsi. Si trattenne dal sorridere quando vide un lampo di intensa preoccupazione negli occhi di Ranma. «Pensi che le possa essere successo qualcosa?» chiese Ranma, febbrile.
«Non so, Ranma.- disse lei, inespressiva- Questa è la Sengoku Jidai. Non siamo a Tokyo.»
Ranma si morse un labbro, indeciso, quindi si alzò con un balzo e superò Anna, correndo nella foresta. Anna sorrise. Sperava che Akane avrebbe apprezzato.
«Se la ama, dovrebbe dirlo chiaramente.»
La voce fredda che provenne dal folto la distrasse. Nel buio, vide appena la sagoma chiara di Sesshomaru. Si mosse per raggiungerlo.
«Gli esseri umani sono degli sciocchi, esseri pavidi senza spina dorsale.» disse ancora Sesshomaru. Anna smise di andargli incontro e sollevò un sopracciglio, sarcastica.
«L’amore fa paura, Sesshomaru.- disse, gelida- C’è chi si nasconde dietro un atteggiamento strafottente, chi dietro un alter ego insospettabile…e chi si nasconde dietro occhi di ghiaccio.» Voltò le spalle al silenzioso demone e si inoltrò a sua volta nella foresta. «E né io né te siamo immuni a questa forma di stupidità.» disse, prima di sparire tra gli alberi.
Sesshomaru la guardò allontanarsi con occhi cupi. Non poteva replicare alla verità e questo lo indisponeva. Sapeva di essere tornato ad essere piuttosto freddo con lei. Le aveva più detto di amarla, in quei mesi? Lei l’aveva fatto spesso, ma lui non era più riuscito a pronunciare quelle parole. Si era detto che era uno sforzo inutile, in quanto dette una volta avevano valenza eterna, ma in realtà forse temeva ancora il potere celato in quelle parole.
“Ma non dovrebbe dubitare di me.- pensò, iniziando ad avvertire un fastidioso disagio nel cuore- Ciò che io dico, è verità. Non sono forse il Signore dei Demoni dell’Ovest?”
«Per due stupide parole, devo sentirmi rimproverare come un ragazzino?» ringhiò, seccato. Voltò le spalle alla direzione in cui Anna si era allontanata e si avviò a sua volta nella foresta, scacciando dalla mente il pensiero irritante di essere in realtà assai simile a quegli esseri umani che tanto denigrava.

***

Ranma corse nella foresta, guardandosi attorno con aria febbrile.
“Dove sei, Akane?” pensò, pieno d’ansia. Era impossibile che si fosse allontanata più di tanto e altrettanto impossibile che qualche sicario dell’Est potesse tenderle un agguato. La Grande Famiglia degli Inu-yokai pattugliava l’intera zona come una congrega di spettri.
Era proprio di quegli spettri, però, che non si fidava. A parte Inuyasha, che era evidentemente fatto di una pasta diversa, gli altri demoni gli erano sembrati fino a quel momento degli esseri senza cuore. Anche il fratello di Inuyasha era una specie di ghiacciolo. Tutti loro disprezzavano gli esseri umani. E se uno di loro avesse deciso di fare del male ad Akane? Non si sarebbe mai perdonato di avere aspettato tanto per andare a cercarla.
«Akane!» chiamò, senza ricevere risposta. Dannazione, non sapeva nemmeno dove andarla a cercare! Non aveva idea della direzione in cui si era allontanata. Si pentì di non aver richiesto l’aiuto di Anna. Col suo fiuto, lei avrebbe potuto…Si fermò quando vide una sagoma raggomitolata accanto al tronco resinoso di un albero.
«Akane!» ansimò, riconoscendo la ragazza e correndo da lei. Si inginocchiò accanto ad Akane. La ragazza dormiva profondamente, accoccolata accanto all’albero per proteggersi dal freddo. Sembrava una bambina, con le ginocchia ripiegate sul petto e le mani sotto il viso ancora rigato di lacrime. Ranma si intristì, mentre asciugava con una carezza leggera la traccia umida sulla sua pelle candida.
«Avresti dovuto tornare indietro.- sospirò, scuotendo la testa- Sei testarda, Akane. Almeno quanto me.» Sollevò fra le braccia il corpo addormentato della sua fidanzata e si alzò in piedi.
«Ranma…» mormorò Akane nel sonno, circondandogli il collo con le braccia.
«Perdonami.- mormorò Ranma, baciandole con gentilezza la fronte coperta dalla frangia scura- Se trovassi il coraggio di dirti che ti voglio bene, forse non piangeresti più per le stupidaggini che mi escono di bocca.»
Akane, addormentata, non rispose, ma si accoccolò meglio contro il suo petto. Stringendola a sé, tranquillizzato dal sonno quieto di Akane, Ranma si diresse nuovamente verso il campo.
Anna, poco distante, sorrise. Era un peccato che Akane non si fosse svegliata, ma Ranma era sul punto di capitolare. La demone sperava che le cose tra i due si risolvessero prima del loro ritorno nell’epoca moderna. Si tese appena quando udì avvicinarsi uno degli inu-yokai che pattugliavano i dintorni. Si voltò. Avvertiva poco distante la presenza dell’anziano della Famiglia. La sua attenzione era chiaramente incentrata su di lei.
«Rivesto dunque un interesse maggiore dei sicari dell’Est, vecchio?» chiese Anna, a voce alta.
«Dovresti ringraziare il nemico che ti protegge dalla giusta vendetta, ragazza.» disse il demone, venendo avanti. Anna fece un sorriso storto, ma nei suoi occhi brillò chiara una luce demoniaca.
«Come pensavo. Questa pausa nelle ostilità è dovuta alla vostra necessità di trovare un capo in Sesshomaru.- disse, sarcastica- Vi dirò che non mi stupisce.» Anna ripensò per un istante all’avvertimento di Inuyasha. Forse era stata imprudente ad aggirarsi tra i suoi nemici da sola, ma non aveva paura. Sapeva difendersi bene.
«Non sei una stupida e sapevamo che avresti compreso.- commentò l’anziano demone- Combattere contro di noi non sarà una passeggiata, ragazza.»
«Non sono un avversario poi così facile da battere, vecchio.- disse Anna- Il demone che assimilai era potente, nella vostra Famiglia, e ad esso si è aggiunto il mio potere. Il mio tocco può togliervi la vita. Come mi combatterete senza toccarmi?» L’anziano non rispose e Anna si concesse un sorriso freddo. «Non contate sulla mia umana pietà verso la vita altrui. Ho imparato la freddezza di un demone...molto bene.»
«Hai i tuoi sostenitori, ragazza, poiché i giovani credono poco alla tradizione e auspicano che tu dia un erede alla casata.- disse il vecchio, sprezzante- Io e gli altri, però, non avremo pace finché non lascerai questo mondo. Sei una creatura impura e ti sei macchiata di gravi colpe. Tu indebolirai Sesshomaru e questo non è ammissibile.»
«Fate e credete ciò che volete. Non riveste importanza, per me.- disse Anna, lapidaria- Siete comunque abbastanza saggi da non immischiare le vostre vendette personali in questa guerra. Ne riparleremo quando l’Est sarà in mano al Principe dei Demoni.»
«No. Non ne riparleremo affatto.»
La voce glaciale fece voltare di scatto i due inu-yokai, sorprendendoli. Sesshomaru, col volto di pietra, si voltò verso l’anziano, che non poté reprimere un brivido.
«Sesshomaru-sama…» iniziò.
«Non ho bisogno di alleati pronti a pugnalare me o la mia consorte alla schiena.- disse Sesshomaru- Dimmi quindi se devo ucciderti subito o lasciarti vivere per servire il sangue di Inuken.»
«Io…- disse l’anziano, a denti stretti- Seguirò il vostro volere, Sesshomaru-sama. Perdonate le parole di un anziano molto affezionato alle tradizioni.»
«Vattene.» fu il solo commento di Sesshomaru. L’anziano non poté che obbedire all’ordine. Tra i due inu-yokai rimasti scese il silenzio.
«Avresti dovuto dirmelo.» disse Sesshomaru.
«Avresti dovuto accorgertene.» sbuffò Anna di rimando, voltandogli le spalle e allontanandosi. Sesshomaru le si avvicinò con rapidità fulminea e la afferrò per un polso, costringendola a voltarsi.
«Credi che sia uno stupido?- le chiese, con espressione irata- Sapevo che non ti avevano perdonata. Le loro parole sono vuote. Avresti però potuto dirmi che ancora ti minacciavano. Non posso tollerare che tu subisca questo trattamento!»
«E perché? Perché così subisci un affronto indiretto?- ironizzò Anna- E’ inutile che mi chiami consorte. Ai loro occhi sono la tua amante, punto e basta. E forse non sono troppo lontani dalla verità.»
Sesshomaru sollevò una mano, mentre un lampo d’ira gli colorava gli occhi di rosso. Anna chiuse gli occhi, preparandosi allo schiaffo. Invece, sentì le dita di lui afferrarle il mento e costringerla ad alzare il viso.
«Guardami!» le ordinò Sesshomaru. Anna aprì gli occhi a incontrare le sue iridi ambrate. «Chi o cosa credi che io sia?- chiese Sesshomaru, la voce fredda spezzata da qualcosa che bruciava al di sotto- Quale interesse rivestono per me, i soli piaceri della carne? Tu fra tutte dovresti sapere che un intero concubinato ha aspettato i miei favori invano per anni! Tu sei la mia consorte, ho legato il nostro sangue la notte in cui tornammo a casa insieme!»
Anna ricordò d’un tratto che in quella notte di pura felicità, Sesshomaru le aveva d’un tratto morso la spalla, spillando sangue. Arrossendo fino alla radice dei capelli, rammentò di aver fatto lo stesso, mossa dall’istinto.
«Hai fatto…- mormorò Anna, stupefatta- Non me lo hai mai detto! Come diavolo facevo a saperlo?!»
«Speravo lo capissi senza bisogno di tante spiegazioni!- ringhiò Sesshomaru, lasciandola andare di colpo- Credi davvero che l’abbia fatto con ogni mia amante?»
«Io…io non lo sapevo!- replicò Anna, arrabbiata e frustrata da tutta la situazione- Tu non mi dici mai niente! Anche quando siamo soli, faccio una fatica del diavolo a strapparti un sorriso. Tu…tu sei…» D’improvviso, tutta la tensione ruppe gli argini dentro di lei. Anna scoppiò a piangere. «Sei freddo e distante, come se io non ci fossi davvero.- singhiozzò, coprendosi gli occhi con le mani- Non mi parli mai. Non dividi con me i tuoi pensieri e io non so cosa fare! Non voglio che tu cambi, ma…ma…»
Sesshomaru sentì un gran dolore al petto nel vederla piangere. Si avvicinò a lei e la abbracciò, ignorando i suoi pugni rabbiosi per allontanarlo finché non cessarono del tutto.
«So che stai male perché pensi a tuo padre. So anche che in quello che ho fatto a Nerima c’è qualcosa che ti ha fatto male.- singhiozzò Anna, abbracciandolo a sua volta- Ma io non so come aiutarti, perché tu non mi dici niente! Sto accanto a te e tu ricambi i miei baci e le mie carezze, ma mi sembri sempre così lontano! Sei in un posto in cui tu non vuoi che io ti raggiunga.»
«Ti racconterò tutto. Quando la guerra sarà finita e Soichiro sarà morto.- promise Sesshomaru- Non chiedermi altro, è già un grande sforzo per me.»
«Lo so.» mormorò Anna. Sesshomaru le asciugò le lacrime dal viso e la baciò sulle labbra.
«Tu sei la mia sposa. Non dubitarne mai. Sei la Signora dell’Ovest e ciò che è mio è tuo.» mormorò.
«Voglio solo te.» disse Anna, guardandolo negli occhi.
«E mi hai.- mormorò Sesshomaru- Ricorda che ti amo.» Ecco, l’aveva detto. Anna gli si gettò di nuovo tra le braccia e lo baciò con passione. “Forse dovrei davvero dirlo più spesso.” pensò il Signore dei Demoni, ricambiando il bacio e stringendola a sé con tutte le sue forze.

***

Quando Ranma tornò al campo, trovò Inuyasha sveglio, seduto accanto a Kagome, ancora addormentata.
«Sei andato a prendere la tua fidanzata?» chiese Inuyasha. Ranma annuì, arrossendo appena, quindi depose Akane accanto al fuoco e la coprì, premuroso.
«E’ una testarda. Ha preferito dormire al freddo tra gli alberi che tornare qui.» borbottò, andando a sedersi vicino ad Inuyasha.
«Anche Kagome è capace di fare una cosa del genere.- sospirò Inuyasha, rammentando le loro litigate a causa di Koga- Le donne forti sono difficili da controllare.»
«Beh, è più divertente così.» disse Ranma, con un sorrisetto d’intesa. Inuyasha sorrise a sua volta. Un gemito di dolore venne da Ryoga, che sbatté le palpebre e si svegliò.
«Ryoga si è ripreso.- disse Ranma, avvicinandosi all’amico- Come va?»
«Dove sono?- chiese il ragazzo, tentando di alzarsi- Cos’è successo?» Un tremendo dolore al torace gli tolse il fiato e lo costrinse a sdraiarsi nuovamente a terra.
«Vi siete colpiti a vicenda.- spiegò Inuyasha, accovacciato lì accanto- E come vedi siamo al campo. Ormai è notte inoltrata.»
Ryoga impallidì.
«Io…io ho perso?!» chiese, quasi senza voce.
«Non hai sentito Inuyasha? Vi siete colpiti a vicenda.- disse Ranma, costringendolo a calmarsi- Siete svenuti tutti e due. Il combattimento è stato giudicato pari.»
«Pari…- disse Ryoga, con una smorfia- Che cos’ho?»
«Nulla, solo un gran bel livido al petto.- disse Inuyasha- Anche il dolore passerà presto.»
«Bene, perché voglio la rivincita.» disse Ryoga, digrignando i denti. Inuyasha e Ranma si scambiarono un’occhiata.
«Ehm…non so se le due parti saranno d’accordo.- borbottò Ranma- Mi pare che abbiano un po’ di fretta.»
«Non posso lasciare un incontro in sospeso!- esclamò Ryoga, per poi riabbassare la voce- Sono certo che anche Kentaro voglia terminare la nostra sfida. Quel tipo è forte quanto me.»
«Se avessi usato lo Shishi Hoko Dan avresti vinto.» sbuffò Ranma.
«Lo Shi-cosa?» chiese Inuyasha, perplesso.
«E’ una tecnica che usa l’energia spirituale derivata dalla depressione. E’ molto potente ed essendo sfortunatissimo Ryoga ne è un maestro.» Un pugno lo colpì in faccia in pieno.
«Grazie tante per il complimento.» ringhiò Ryoga.
«Ma non eri pesto e dolorante?» mugugnò Ranma, ricambiando con un pugno in testa.
«Pare che voi nascondiate più risorse di quelle di un comune essere umano.- disse Inuyasha, pensieroso- Forse Anna aveva ragione.»
«Naturalmente!» disse Ranma, impettito. Ryoga si intristì. Una percepibile aura scura lo avvolse.
«Visto? Che ti avevo detto?» sussurrò Ranma a Inuyasha, che lo guardò con aria perplessa.
«E ora che c’è?» chiese.
«Akane mi ha visto mentre perdevo lo scontro…» disse Ryoga.
«Ti ripeto che è finito pari.» sbuffò Inuyasha, che stava iniziando a irritarsi. Quel ragazzo se le andava cercando, le sfortune!
«E non è tutto!- lo stuzzicò Ranma- Mentre eri svenuto, Akane ti ha bagnato la fronte con una pezza zuppa d’acqua gelida e ti sei trasformato in P-chan proprio di fronte a lei!»
Ryoga sembrò diventare di pietra.
«Ehi!» lo chiamò Inuyasha, sventolandogli una mano davanti agli occhi. Nessuna reazione. Inuyasha si voltò verso Ranma, che sogghignava. «Forse dovresti aggiungere che tu non le hai permesso di vederlo trasformato.»
«Perché mai? Mi sto solo vendicando.» disse Ranma, incrociando le braccia sul petto con espressione cocciuta. Ryoga sembrò uscire dalla trance e appuntò su Ranma due occhi infuocati.
«Se è vero…allora la mia vita è rovinata!- urlò, quindi, dimentico delle ferite, si alzò in piedi- Muori, Ranma!!»
«Ma che c’entro io?!» chiese Ranma, schivando un primo attacco e saltando di qua e di là. Sotto gli occhi attoniti di Inuyasha, Ryoga prese a inseguire Ranma per tutto il campo, gridandogli il suo odio mentre il povero giovane cercava di evitare gli attacchi, portati con tutta la forza possibile. Il baccano svegliò tutti i presenti, che si trovarono davanti agli occhi il campo messo a soqquadro e Ryoga seduto sulla schiena di Ranma, che chiedeva pietà mentre Ryoga gli forzava le gambe all’indietro.
«Direi che Ryoga si è ripreso piuttosto bene.» commentò Miroku, stupefatto, mentre gli altri cercavano di dividere i due contendenti.
Il sole sorse nel cielo fattosi chiaro, dando inizio a una nuova giornata.

***

Quella fu una notte di pensieri anche nel campo dell’esercito dell’Est.
Nella relativa calma precedente l’alba, Soichiro sedeva su un seggio di legno scolpito, davanti a un grande e rovente fuoco da campo. La calura non lo disturbava, essendo lui in grado di manipolare il fuoco a piacimento. Anzi, il danzare delle fiamme acuiva le sue percezioni e gli permetteva di riflettere più lucidamente. Le sue iridi nere erano fisse sul guizzare del fuoco.
Attorno a lui non c’era quasi nessuno. Gli umani dormivano e i demoni si riposavano, aspettando che quella sciocca sfida terminasse per dare finalmente inizio alla battaglia vera e propria. Solo i demoni di guardia passavano di tanto in tanto nelle vicinanze del loro Signore, senza mai osare disturbarlo. Non che Soichiro facesse caso alla loro presenza. Aveva cose più importanti a cui pensare che gli stupidi insetti alle sue dipendenze.
Sesshomaru, ad esempio.
Il solo pensiero dell’inu-yokai bastò a fargli stringere percettibilmente gli occhi neri. Il giovane Sesshomaru era molto cambiato, dall’ultima volta in cui l’aveva visto. Le potenzialità di cui aveva avuto un assaggio durante la battaglia più soddisfacente della sua vita erano sbocciate. Ormai, il figlio maggiore di Inuken non aveva da invidiare al padre nemmeno l’esperienza.
Soichiro appoggiò il mento sul dorso della mano, scuro in volto. Desiderava l’Ovest fin da quando era salito sul trono dell’Est. Aveva sempre reputato la famiglia inu-yokai una razza indegna e debole, e odiava Inuken per le umiliazioni che aveva sempre ricevuto da lui. Si era scontrato con il Signore dell’Ovest innumerevoli volte, durante l’adolescenza, e ogni volta aveva perso.
Inuken. Quel dannato…Rammentava la sua risata potente, il suo vizio di porgergli la mano per rialzarsi invece di finirlo con un ultimo colpo. Sciocco. Le loro famiglie avevano stipulato una pace che sembrava duratura. Il padre di Soichiro desiderava che gli eredi delle due casate fossero amici.
Amici. Bah! E quell’idiota di Inuken, tutto sorrisi e pacche sulle spalle e avventure da condividere! Disgustoso. Se aveva sempre subito le finte manifestazioni d’amicizia di Inuken era solo per non incorrere nell’ira di suo padre! Un altro sciocco, il cui ricordo fece comparire una smorfia sprezzante sul suo volto. Quanti secoli erano passati da allora? Tanti…tantissimi. Sei o settecento anni, da quando i due avevano perso quasi contemporaneamente i genitori, ritrovandosi d’un tratto Signori dei Demoni.
Soichiro sorrise, cinico. Dal momento in cui si era seduto sul trono di rubino dell’Est, Soichiro aveva messo in chiaro che la pace tra Est e Ovest era rotta. Finalmente aveva abbastanza potere da far pagare a Inuken tutti i torti che aveva sempre subito. Finalmente poteva assoggettare tutti i demoni del Giappone sotto lo stemma della Tigre.
Invece aveva subito una disfatta dopo l’altra e non aveva perso territori e popolo solo perché Inuken aveva già i suoi guai all’interno del proprio dominio. La rabbia di Inuken per il tradimento dell’amico d’infanzia aveva fatto rabbrividire Soichiro, il quale aveva deciso di prendere tempo e fare le cose con calma. Dopotutto, non c’era alcuna fretta. Inuken sarebbe morto comunque per mano sua. Aveva atteso per centinaia d’anni un segnale di indebolimento che non arrivava, allacciando rapporti con gli insetti umani che infestavano le sue terre, convincendoli a porre i loro poteri al suo servizio.
Nel frattempo, quell’idiota di Inuken si era formato una famiglia e aveva avuto un erede. La notizia aveva fatto infuriare Soichiro, ma si era vendicato come si conveniva. Inuken non aveva mai compreso contro chi la moglie avesse lottato prima di morire…
Al pensiero si lasciò scappare un sorriso compiaciuto. Sperava che il moccioso nato da poco fosse troppo debole per sopravvivere senza la madre, ma così non era stato. Poi, poco prima che l’attacco che aveva progettato per secoli fosse pronto, Inuken aveva sposato un’umana e aveva avuto un figlio bastardo. Soichiro l’aveva preso come il segnale che aspettava. Inuken era diventato debole.
E infatti era stato battuto. Le armate di Soichiro non avevano preso l’Ovest, ma almeno il moko-yokai aveva avuto la soddisfazione di vedere Inuken morto. Ricordava ancora l’espressione del giovane Sesshomaru, l’unico a fianco di Inuken nel momento dell’agguato. L’odio, il disgusto per la propria debolezza e per la scelta del padre, la fiamma della vendetta che ardeva nei suoi occhi demoniaci…Allora Sesshomaru aveva quasi duecento anni di meno, e benché di tempra forte non era riuscito a salvare il padre. Stava anzi per soccombere; se era vivo lo doveva a Inuken.
Soichiro sbatté entrambe le mani sui braccioli del suo seggio. Inuken era morto, ma gli aveva lasciato una bella gatta da pelare. Sesshomaru era potente quanto lui e forse più freddo. In più, Sesshomaru lo odiava davvero con tutte le sue forze. Aveva sperato di trovare il proprio avversario indebolito da quest’odio e dal ricordo del fallimento, ma sembrava che i fatti di cui avrebbe dovuto vergognarsi l’avessero invece reso ancora più duro. Soichiro imprecò.
Un altro problema che non aveva previsto era Inuyasha, il bastardo mezzosangue. Le sue fonti gli avevano detto che tra i due fratelli non era mai corso buon sangue, per usare un eufemismo. Soichiro aveva perfino richiesto al giovane hanyo di unirsi a lui nel combattere Sesshomaru, progettando di guidarlo come un fantoccio nelle sue mani. Si era invece trovato di fronte un demone completo, di poco inferiore a Sesshomaru. Non sapeva cos’era successo in quei pochi mesi, ma pareva che i due fratelli avessero trovato un accordo. Sentiva la loro ostilità nei suoi confronti come una cosa unica e compatta. Era come trovarsi davanti a due Inuken in una volta sola.
Soichiro, nervoso, spaccò un bracciolo con un solo movimento e lo gettò nel fuoco, irato, quindi si alzò, iniziando a camminare intorno.
E poi c’era quella strana inu-yokai dai capelli biondi. Da dove era saltata fuori? Soichiro conosceva ogni membro di quella stupida famiglia e non aveva mai sentito parlare della ragazza fino a quell’estate, quando gli era stato riferito che l’agguato a Sesshomaru era stato mandato a monte da una potente demone dai capelli biondi. Ora se la trovava di fronte, a fianco di Sesshomaru. Soichiro non riusciva a capire quale fosse la reale forma di quella donna. Era un demone, ma il suo odore aveva qualcosa di strano. E poi era potente, Soichiro l’aveva avvertito con chiarezza. E c’era odio mortale nei suoi occhi…
Sesshomaru, Inuyasha e quella donna: un trio che lo detestava e che stava radunando le forze per scagliarsi contro di lui. Sesshomaru era un avversario più che temibile già di per sé. Con quei due a fianco, la sua forza sembrava ingigantire. Perfino lui, il Signore dell’Est, si era trovato spiazzato e terrorizzato alla prospettiva di affrontarli, il primo giorno della sfida. Aveva avuto la sensazione di trovarsi di fronte ad un nemico al di là delle sue forze e questo non gli era piaciuto per niente.
Soichiro diede un calcio a ciò che restava della sedia, scagliandola lontano. Non appena quella sfida fosse terminata, avrebbe dovuto eliminare i due ‘vassalli’ di Sesshomaru. Allora il suo nemico gli sarebbe parso nuovamente per quello che era : un indegno e debole inu-yokai.
Già, la sfida. Una grandiosa idiozia degna di un essere umano. A Soichiro non importava un accidente degli esseri umani, ma i loro poteri spirituali potevano servire a tendere trappole ai suoi nemici e preferiva non perdere il loro appoggio, almeno finché non avesse avuto il controllo di tutte le terre e fosse stato in grado di spazzarli via. Non voleva dare nemmeno una piccola soddisfazione a Sesshomaru. Dal giorno dopo, la musica doveva assolutamente cambiare.
Soichiro chiamò con fare perentorio una delle guardie di ronda, che accorse subito dal suo padrone.
«Vai a svegliare le sorelle, Akemi e Mikage.- ordinò- Anche Kei e Jukiyomaru. E’ ora di far loro un discorsino.»
La guardia si allontanò per eseguire l’ordine. Soichiro sorrise, sardonico.
“Presto, Sesshomaru, subirai il primo colpo.- pensò, alzando gli occhi al cielo che si andava facendo più chiaro- E sarà solo il primo di una lunga serie.”

***

Kentaro si svegliò al suono lieve di acqua smossa. Aprì gli occhi, avvertendo un senso di pesantezza sotto lo sterno che gli fece contrarre il viso in una smorfia. La luce calda di un fuoco illuminava appena la notte. Il cielo, sopra di lui, stava iniziando a ingrigirsi. L’alba era vicina.
«Ti sei svegliato?» chiese una voce alla sua destra. Kentaro si voltò. Inginocchiata vicino a lui, c’era la sacerdotessa Minako.
«Miko-sama…» mormorò, cercando di fare mente locale. Perché era lì steso?
«Il vostro incontro è finito pari.- lo avvisò Minako, rispondendo alla sua domanda inespressa e avvicinandogli al volto una ciotola d’acqua- Bevi. Sei rimasto svenuto a lungo.»
Kentaro accettò l’offerta della miko, trangugiando l’acqua in pochi sorsi, quindi si ridistese, sospirando.
«Pari. Ci siamo colpiti a vicenda, non è vero?- chiese- Come sta ora il mio avversario?»
«Non ne avremo notizia fino a domattina, presumo.» rispose Minako, posando la ciotola e poggiando le mani sulle ginocchia. Kentaro annuì.
«Ryoga Hibiki è un combattente forte. E' un ottimo avversario. Sono certo che non gli dispiacerà ripetere l’incontro.» disse. Il sospiro secco di Minako lo fece voltare. «Cos’avete, miko-sama? Mi sembrate contrariata.»
«Lo sono, Kentaro-kun, lo sono.- rispose la miko, aggrottando le sopracciglia- In realtà, non credo che ti sarà permesso ripetere l’incontro.»
«Cosa?!» esclamò Kentaro, stupefatto, alzandosi a sedere di scatto. Una fitta al plesso solare lo costrinse a calmare il proprio ardore, ma non per questo desistette. «Minako-sama, perché mi dite questo? Non è onorevole per me mantenere questo stato di cose!»
«Ne sono conscia, Kentaro-kun, ma ho paura che da domani il procedere di questa sfida subirà qualche cambiamento.» rispose Minako, scura in volto. Kentaro la osservò per un istante, stupito, quindi mormoro: «Cosa intendete?»
Minako rimase in silenzio per qualche minuto, quindi sospirò si nuovo.
«Soichiro-sama ha convocato le Sorelle delle Lame, Jukiyomaru e la giovane Kei, non più di mezz’ora fa.- rispose- Credo abbia delle precise direttive per loro, in quanto si erano offerti di combattere fin da subito.»
«Non vedo cosa possa dire loro che non sia già stato detto. Dovrebbero invece riposare prima del combattimento.» disse Kentaro, oscurandosi in viso a sua volta. Le Sorelle delle Lame non gli piacevano per niente. Erano grandi combattenti, ma non avevano alcun senso dell’onore. Jukiyomaru era un ex-ninja mercenario e la ragazza, Kei, era una tagliaborse più abile della norma. Cosa poteva voler dire loro Soichiro-sama? Forse incitarli a un comportamento adatto alla situazione?
Alzò gli occhi sulla sacerdotessa al suo fianco e la vide immersa in pensieri oscuri.
«Minako-sama, cosa vi turba?- chiese, mettendosi finalmente a sedere- E’ da quando avete parlato con la miko dell’Ovest che avete uno strano sguardo.»
Minako lo guardò intensamente, quindi disse con tono brusco: «Sai mantenere un segreto?»
«Sul mio onore, sì.» mormorò Kentaro. Minako annuì.
«La giovane miko dell’Ovest, Kagome, mi ha messo a parte di rivelazioni che mi hanno scioccata e a cui in un primo momento non ho creduto. Ora…non so.»
«Di che si tratta?» chiese Kentaro, attento.
«Pare che sia stato Soichiro-sama a volere a tutti i costi questa guerra.» disse Minako, appuntando i suoi occhi profondi sul viso del giovane. Kentaro non poté trattenere un’esclamazione sorpresa.
«Ma…Minako-sama, lo sanno tutti che è stato il Signore dell’Ovest a minacciare l’Est…»
Minako lo zittì con un cenno perentorio della mano.
«Questo è ciò che sappiamo noi…per bocca di Soichiro-sama. Puoi dire di avere altra fonte?»
Kentaro rifletté un istante, quindi scosse la testa.
«Secondo le parole di Kagome, sembra che sia sempre stato Soichiro-sama a puntare a Ovest. Pare che abbia già fatto una cosa del genere in passato.» continuò Minako.
«In passato?» chiese Kentaro, corrugando la fronte. Minako annuì.
«Secondo il suo racconto, circa duecento anni fa Soichiro-sama riuscì a uccidere in un vile agguato l’allora Signore dell’Ovest, padre dei due inu-yokai che ora ci troviamo ad affrontare come nemici.- raccontò Minako, con voce sempre più scura- Non essendo riuscito a conquistare l’Ovest allora, sta cercando di farlo adesso. La giovane Kagome mi ha detto di aver assistito in prima persona ad un agguato contro Sesshomaru giusto quest’estate.»
«Un momento, miko-sama…- la fermò Kentaro, cercando di mettere ordine in quello che aveva appena sentito- Mi state dicendo che Soichiro-sama starebbe rischiando le nostre vite per una guerra disonorevole e vile contro innocenti?»
«I demoni non sono mai innocenti.- fu il commento lapidario di Minako- Ma se non badiamo a queste sottigliezze, la risposta è sì, io credo che sia così.»
«Minako-sama, come potete credere alle parole di una ragazzina?!» sbottò Kentaro.
«Se l’avessi guardata negli occhi, le avresti creduto anche tu.- fu la risposta di Minako- Quella ragazza è pura e il suo spirito non ha eguali in questo mondo. Esisteva un tempo una miko di tale purezza, ma ormai ella è morta e io mi arrischierei a dire che la giovane Kagome ne è la reincarnazione. Non posso che credere a uno spirito così illuminato.» I due rimasero in silenzio, poi Minako mormorò. «In più, ricordo bene che quest’estate partirono in segreto molti monaci e non ne vidi tornare che tre. La loro missione non mi fu mai svelata.»
Kentaro si portò una mano alla bocca, sconvolto.
«Starei dunque servendo una causa disonorevole?» sussurrò, la voce incerta.
«Io non lo so.- sospirò Minako, assorta- Aspetterò le sorti di questa battaglia, poi deciderò se sarà il caso o meno di ordinare alle sacerdotesse di lasciare il loro posto in quest’esercito.» Guardò di nuovo Kentaro. «Se le cose stessero così, tu cosa farai?»
«Non lo so.- rispose Kentaro- Non ho giurato fedeltà, ma…»
«C’è chi non si farà tanti scrupoli e rimarrà per denaro.- disse la miko, sprezzante- Cerca di tenere gli occhi aperti insieme a me, Kentaro-kun. Siamo d’accordo?»
«Sì, miko-sama.» rispose Kentaro, deciso.
Il sole sorse sul campo dell’Est.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: VaniaMajor