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Autore: Vikk711    18/11/2010    1 recensioni
Una città di mare, due giovani uomini e il loro personalissimo senso di giustizia, una "famiglia" in cerca di redenzione. Il tutto condito da azione, sentimento, violenza, e strane domande esistenziali. Benvenuti al ristorante Buonviaggio.
Genere: Azione, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il proiettile si piantò nella parete opposta all'entrata dell'edificio.

«CHI CAZZO SIETE VOI?»

Ci voltammo verso l'entrata. Dal nulla era comparso un tizio sulla trentina, classico sgherro della mafia, vestito di tutto punto con i capelli tirati all'indietro.

Ci puntava malamente contro una pistola, tremando come una foglia, con l'espressione terrorizzata di chi ha appena visto il demonio.

Del resto oramai l'interno del magazzino non era un bello spettacolo, con quella composizione di cadaveri sparsi qua e là. Per non parlare poi delle Macchie di sangue decorative che campeggiavano sulle pareti, della passerella superiore cadente, delle colonne di ferro piegate.

Lo fissai, divertito, e gli chiesi con finto stupore

«Cioè, fammi capire, tu dove sei stato mentre ammazzavamo i tuoi compagni? Eri a pisciare?»

Quello, scortesemente, ci sparò di nuovo addosso, mancandoci tutte le volte.

«Qui sono io che faccio le domande,stronzi! Gettate le armi!» Non amo essere insultato senza motivo. Scambiai un gesto di intesa col mio collega, e lentamente infilai le mani nel cappotto per recuperare le pistole.

«Ok, man. Hai vito tu, sei tu il grande capo, adesso ti consegnamo le armi e facciamo finta che non sia successo nulla, va bene?» Dicevo, con tono rassicurante.

Mentre estraevo e poggiavo lentamente a terra le pistole, il mio buon compare Alex produsse uno degli starnuti più inopportuni della storia dell'umanità. Stordito dall'assurdità della situazione, ci misi un attimo a realizzare che il suo gesto aveva attirato l'attenzione del tizio-che-era-andato-a-pisciare, che ora puntava la pistola contro di lui. Al che semplicemente puntai l'arma, e premetti il grilletto un paio di volte. Vidi chiaramente le dita del nostro interlocutore saltare via, lo sentii urlare. Solo che non riuscivo veramente a farci caso, perchè davvero, era la situazione più cretina in cui mi fossi trovato nell'arco di una vita.

Intanto il mio compagno gli era corso incontro, afferrandolo per la cravatta e prendendolo selvaggiamente a pugni sul naso.

Io ero ancora intontito, seriamente, anche il mio senso del ridicolo ha un limite.

Pensieroso, mi diressi a recuperare la borsa con gli esplosivi e le mazze mentre Alex continuava a corcare di botte il nostro nuovo amico.

Quando tornai, Alex si stava fumando una sigaretta,mentre il tizio che aveva avuto la pessima idea di puntarci una pistola addosso poco prima era disteso di fronte a lui, con il naso spezzato.

«Allora, ce la facciamo una bella chiacchierata col nostro compare?» Dicevo, mentre estraevo una sedia e un paio di sgabelli pieghevoli dal nostro borsone dei giochi.

«Non saprei!» Alex sghignazzava «Probabilmente l'abbiamo rincoglionito troppo!»

«Ma lo sai, io sono un comunicatore, con tanta gentilezza gli farò dire quello che ci serve sapere...»

Alex, stavolta rise di gusto.


Assicurato il tizio-che-era-andato-ecc.-ecc. alla sedia, gli svuotai una bottiglietta d'acqua in faccia. Quello si riprese, e cominciò a mugugnare, probabilmente sentendo il dolore alle mani e al viso.

Io e Alex eravamo tranquillamente seduti di fronte a lui. Con la pistola in una mano, e la sigaretta nell'altra, gli introdussi tranquillamente la situazione.

«Salve! Io sono Roberto, per gli amici Rob, e questa simpatica canaglia seduta di fianco a me, che ti ha sfasciato la faccia, si chiama Alessandro, ma tu lo puoi chiamare Alex.»

Quello mi guardava con gli occhi sgranati. Perfettamente comprensibile.

«Ora, la situazione in breve è questa: abbiamo un gran bisogno di sapere chi è il figlio di puttana a capo della baracca, perchè sinceramente ci da davvero tanto tanto fastidio che i tuoi compari abbiano ricominciato a rompere i coglioni agli onesti cittadini e facciano girare certa robaccia per la nostra città. Dico io, non pensate ai bambini?» Gli chiedevo indignato.

Notai che si agitava parecchio per liberarsi dalle corde con cui l'avevamo legato. Che palle, odio davvero quando la gente non mi ascolta. Quindi gli sparai ad un piede, giusto per richiamare la sua attenzione. Quello lanciò un urlo e si ribaltò con tutta la sedia. Dio, che razza di fighetta.

Pazientemente, Alex si alzò e lo rimise a sedere.

Se non altro ora avevo la sua attenzione.

«Dai, davvero!» Gli sorridevo in modo amichevole «Se collabori, potrebbe anche venirci voglia di scaricarti davanti ad un ospedale quando ce ne andiamo!»

E lui mi fissava. Mi fissava con disprezzo, credo.

«Il capo...figuratevi se due stronzi come voi possono pensare di arrivare a lui!»

Alex, da dietro, lo afferrò con forza per i capelli, avvicinò il volto al suo orecchio e disse «Non sei nella posizione adatta a fare il figo, piasciasotto con la mira di merda.».

Lo spinse in avanti, e cadde con tutta la sedia ai miei piedi. L'impatto della sua faccia con  il terreno produsse un suono alquanto divertente.

«Dai Ale, così gli fai male. Tiralo su di nuovo, da bravo.» Il mio compagno afferrò lo schienale della sedia, e tirò di nuovo su il nostro interlocutore.

«Ora, mio buon amico, ti saresti potuto tranquillamente risparmiare quello che segue, se solo mi avessi ascoltato.»

Lentamente, senza fretta, mi alzai dallo sgabello, riposi la pistola nella fondina, mi aggiustai il cappotto, e diedi un calcio ai due sgabelli, lanciandoli lontano.

Alex sorrideva sornione, intuendo le mie intenzioni. Mi chinai sul borsone, frugai un po' all'interno, ed estrassi la nostra mazza da baseball in ferro preferita.

«Che dici, man, usiamo questa?» La sollevai, rigirandomela tra le mani.

Alex si avvicinò di nuovo al nostro sfortunato compagno di giochi. «Sei contento? Per te usiamo quella speciale, quella che riserviamo ai più rompicoglioni!»

Diedi un ultimo tiro alla sigaretta, la gettai, quindi mi avvicinai alla sedia. Mi chinai per guardare il nostro nuovo amico negli occhi. 

«Ora facciamo un gioco di resistenza. La vedi questa mazza? Ora, io e il mio amico qui ce la passeremo cantando "I'm singing in the rain" , cosa che fa molto Arancia Meccanica,  e te la sbatteremo addosso una volta a testa. È di ferro, quindi ti assicuro che fa MOLTO male, e di sicuro non si spezzerà prima delle tue ossa. Tu ci dai il nome che vogliamo, e noi ci fermiamo. Questa sera in particolare mi sento anche buono, quindi ti scaricherò effettivamente davanti ad un ospedale prendendomi anche la briga di sporcare la macchina del tuo sangue di merda. La domanda è: Quante ossa ti dovremo spaccare, prima che tu ti faccia furbo?»

Un espressione terrorizzata si dipinse sul suo volto. Sapeva benissimo che non stavo scherzando.

«I'm siinging in the raaaain...»

La presa ben salda, posizione solida, i muscoli delle braccia tesi. Presi un bel respiro e calai con forza la mazza sulla gamba destra. All'impatto seguì un fragoroso suono di ossa spezzate, lo stinco era andato. Lui cominciò ad urlare come un dannato.

Passai la mazza ad Alex, facendola roteare. Lui la afferrò ed eseguì un movimento rapido e violento sulla gamba sinistra. Ancora una volta, l'aria si riempì di urla.

Guardai Alex indispettito. Teneva la mazza sulla spalla e sorrideva.

«Beh?»

Mi guardò in modo beota «Che c'è adesso, man?»

«Canta, cazzo. Altrimenti non c'è gusto.»

«Sì, sì, come vuoi.... just singing in the rain.»

Sbuffai, innervosito. «Ma cristo, mai che fai le cose come concordiamo! Dai, passami la mazza...»

Lui, gentilmente, me la passò. E mentre caricavo un altro colpo venni interrotto da un nome.

«Franco LaRaga!Fermatevi, cazzo, fermatevi!!»

Abbassai l'arma.

«LaRaga? LaRaga? Ma chi quello stronzo che gestisce locali per fighetti?» Alex era stupefatto. Mi guardava in cerca di risposte. «Da quando una merda del genere si può permettere certe stronzate?»

«Credo sia una semplice questioni di soldi.» Tagliai corto. «Oggi con qualche milione fai il cazzo che ti pare.»

Mollai la mazza a terra e feci qualche passo verso l'uscita. «Dai, dai, mettiamo tutto apposto, buttiamo la spazzatura, e torniamocene a casa. Sono stanco morto, e domani ci tocca pure fare rapporto.»

Silenzio.

Poi sentii un sonoro schiocco di ossa che si spezzano. Mi girai per vedere il mio migliore amico che martoriava con la mazza il cranio dell'uomo che avevamo appena torturato. Lo colpiva a ritmo costante, con ferocia, sorridendo.

Mi avventai su di lui, spingendolo a terra.

«Ma che ti è preso, cretino, è morto!»

Ormai il cadavere aveva il cranio sfondato. Ovunque c'erano schizzi di sanuge e cervello.

«Da quando ti avventi sui cadaveri come un animale? E poi avevo detto di portarlo all'ospedale, cazzo!»

Lui non mi guardò. Aveva solo un aria infastidita sul volto.

«Mi stanno sul cazzo i tipi come quello. Era solo una merda qualunque, nessuno ne sentirà la mancanza.»

Non risposi. Non c'era nulla da fare.

Mi aggiustai il cappotto, e dissi:«Comincia a preparare le cariche esplosive, ce ne andiamo a casa. Cazzo, quanto sei idiota a volte.»

Poco dopo eravamo in macchina. Avevo il telecomando delle cariche in mano.

«Allora, lo premo il bottone?» premere il bottone mi divertiva un sacco, per il momento avevo deciso di ignorare l'atteggiamento idiota di Alex.

«Premi, premi, è una vita che non vedo i fuochi d'artificio!»

Un tocco. E diverse esplosioni minarono la stabilità dell'edificio, che crollò su se stesso seppellendo la gentaglia che avevamo ucciso quella sera. Queste sono le soddisfazioni della vita.

«Andiamo a casa.»

Misi in moto, e cominciammo il nostro viaggio di ritorno.

   
 
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