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Autore: Liz    21/11/2010    7 recensioni
Snowdrops: nel linguaggio dei fiori simboleggiano la vita e la speranza.
Angela ha 19 anni, i suoi genitori sono morti da due anni, i suoi compagni la maltrattano... Solo l'incontro con Seth riuscirà a darle una ragione per andare avanti. Ma riuscirà ad avere la forza per lasciarsi tutto alle spalle?
Una storia che narra la necessità di avere qualcuno accanto.
Hope you like it!
[Dall'ultimo capitolo] "Pur cogliendo l’ironia e la sottile insoddisfazione delle sue parole Angela annuì dopo un attimo di smarrimento, chiudendo gli occhi.
Più che un bacio, fu una carezza data con le labbra: fugace e superficiale, eppure le fece tremare le gambe più del loro primo bacio.
Forse perché sapeva che sarebbe stato l’ultimo, e che non avrebbe mai potuto più riavere il viso di Seth sul suo."
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Snowdrops'
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Come on, oh my star is fading
and I see no chance of release
and I know I’m dead on the surface
but I am screaming underneath
[Amsterdam – coldplay]


1. Frammenti

“Mi mancate”
Angela riuscì a pronunciare queste due parole solo con molta fatica, sforzando la voce e il cuore, al punto di tremare nel tentativo di mettere ordine nel caos di pensieri e ricordi creatisi nella mente.
Ricordi felici e tristi, testimonianze di un passato che sembrava talmente lontano da parere memoria di una vita precedente.
Per lo meno le ricordavano che cosa volesse dire vivere e che quell’ esistenza che stava conducendo non poteva essere definita tale: c’era un unico pensiero che continuamente si ripeteva nel sottofondo della sua mente, invisibile eppure sempre presente, ormai necessario, come il ritmo in una canzone.
Perché Angela ancora, alla distanza di due anni, non riusciva a realizzare ciò che era successo.
Sistemò distrattamente i gigli freschi nel vaso lungo d’ottone e diede un bacio caldo a ciascuna delle due foto incorniciate nella pietra; buttò i fiori vecchi ormai appassiti e si allontanò con sguardo basso dalla tomba dei suoi genitori, dopo aver rivolto loro un ultimo sguardo.
Un ultimo saluto.
Un ultimo grido di aiuto.
Ogni volta che si recava da loro, la ragazza sentiva la propria anima sgretolarsi e perdere frammenti come fosse stata di vetro: fredda, vuota e quasi inesistente. Ogni volta moriva di nuovo con loro una sua parte piccola ma indispensabile: era una sensazione sgradevole, era nausea, erano occhi rossi di pianto e singhiozzi incontrollati… era la consapevolezza di essere rimasta completamente sola.
E più cercava di allontanare questa sensazione, più si sentiva sua prigioniera.
Angela era ben consapevole che non sarebbe mai riuscita a liberarsi di essa, e più volte si era domandata che senso avesse vivere così, riflesso di un passato brillante e prepotente… ma poi sentiva sempre in fondo al cuore uno strano calore, un bagliore di quella che le piaceva pensare fosse speranza.
Tuttavia, più il tempo passava, più questa fiammella si affievoliva, divenendo sempre più debole e fioca… a malapena ora riusciva a percepirla.
Sulla strada del ritorno verso casa Angela incontrò una vecchia amica di famiglia, di cui a stento si ricordò il nome; parlarono per un po’ tranquillamente, fino a quando la ragazza non alzò gli occhi al cielo e notò nuvole nere cariche di pioggia che si stavano addensando sullo sfondo grigio e azzurro.
Salutò velocemente l’altra donna ed affrettò il passo, maledicendo quell’incontro: se quella non l’avesse trattenuta per così tanto tempo ora sarebbe già a casa e non si troverebbe in questa situazione. La paura di trovarsi da sola sotto la pioggia durante un temporale la fece rabbrividire di terrore e non appena avvertì sulla pelle surriscaldata le prime gocce gelide cominciò a correre senza sosta, mentre anche l’ultimo raggio di sole veniva oscurato dalle nuvole cineree e minacciose.
All’improvviso un lampo illuminò la città, seguito da un tuono che attraversò completamente il cielo cupo.
Angela si paralizzò all’istante, pietrificata dalla panico; la luce le era fastidiosamente rimasta impressa negli occhi e il rumore assordante le rimbombava nella testa, annebbiando la sua razionalità.
La pioggia arrivò in breve; scrosciante, batteva in modo angosciante sui fiori, sui tetti, sulle strade, su Angela che non riusciva a muoversi, che non riusciva a reagire ancora una volta.
La paura dei temporali era una delle tante conseguenze della morte dei suoi genitori.
Cominciò a correre senza pensare, guidata nelle decisioni dal solo terrore e dalla voglia di scappare e trovare un posto dove essere finalmente al sicuro, un posto che le ricordasse casa.
Angela correva velocemente, senza preoccuparsi di prendere fiato; respirava in modo affannato mentre tentava di trattenere con tutte le sue forze le urla che nascevano e contemporaneamente morivano in fondo alla gola. Si sentiva come svuotata dall’interno da artigli di ferro, continuava a correre per inerzia senza sapere dove stesse andando. Lo sguardo era perso tra la confusione che creavano le gocce di pioggia schiantandosi sul terreno: le sentiva una per una, ogni goccia era come una bomba che esplodeva nella sua testa.
Era tutto buio e umido, l’asfalto e l’erba puzzavano di bagnato e le facevano girare la testa. Aveva sbagliato strada. Sì, si era persa… o forse no?
Quelle vie le sembravano tutte famigliari nel delirio, quando improvvisamente un altro lampo e un altro tuono si scatenarono dal cielo.
Le ultime forze la abbandonarono all’improvviso, lasciandola cadere rovinosamente per terra. Tremava sfinita, percorsa da mille brividi di freddo e paura mentre la pioggia continuava imperterrita a torturarla.
“Ehi, ti senti male?”
Una voce calda da sopra di lei la avvolse come una coperta di lana e un lieve sollievo le fece capire che un ombrello la stava riparando dall’alto.
Angela aprì gli occhi in un ultimo sforzo, giusto un istante per vedere due occhi neri che la scrutavano sinceramente preoccupati. Furono le ultime cose che vide prima di svenire mentre il suo cellulare cominciava a suonare.
***
Angela si rigirò nel letto, cercando più calore e raggomitolandosi su sé stessa: nonostante le coperte pesanti sentiva ancora nelle ossa il gelo del temporale e delle leggere scosse di paura.
Tese l’orecchio ancora mezza addormentata ma, sollevata, riuscì distintamente a capire che la pioggia era finita e che il temporale se n’era finalmente andato.
Ma all’improvviso penetrò nel silenzio calmo che la avvolgeva un rumore metallico, che le sembrò provenire dalla cucina e le fece spalancare gli occhi sconvolta.
Angela ricominciò a connettere e si guardò attorno perplessa, stringendo il piumone tra le mani ancora gelate: come ci era arrivata a casa? Chi le aveva messo il pigiama e infilata nel letto? E soprattutto… chi c’era in casa sua?!
Con gesti cauti si mise seduta e tentò di alzarsi, senza però riuscirci per colpa delle gambe che ancora tremavano troppo per lo sforzo eccessivo di poco prima, quando sentì dei passi avvicinarsi, scanditi dal battito accelerato del suo cuore.

La porta si aprì di scatto rivelando la presenza di Ruby, una sua compagna di classe. Sinceramente, Angela sarebbe stata meno sorpresa se si fosse trovata davanti un ladro.
“Ah, sei sveglia finalmente…” esordì la ragazza, evidentemente scocciata dall’imprevisto di doversi prendere cura di lei. Ciò nonostante Angela non si curò della sua espressione infastidita e l’assalì di domande. “Ruby? Ma che ci fai qui? M-mi hai portato a casa tu? Come hai fatto a sapere che…”
“Calmati Angela, non è il caso di agitarsi così! Tieni, ti ho portato una tazza di tè” la interruppe Ruby, porgendole una tazza bollente che Angela accettò con una leggera smorfia: non aveva la minima voglia di berlo.
“Ma cos’è successo? Mi ricordo la pioggia… sono caduta e poi…”
“Hai una sfortuna sfacciata, sai?” affermò Ruby con voce antipatica, sedendosi accanto ad Angela “Proprio mentre sei svenuta ti stavo chiamando. Ha risposto il ragazzo che ti ha soccorsa e mi ha chiesto di aiutarlo, pensando giustamente che io fossi un’amica o una parente…”
“U-un ragazzo? Ma… chi era?” chiese Angela titubante, mentre una strana sensazione le pervase tutto il corpo.
Ruby alzò le spalle, annoiata. “Non lo so. Non ha lasciato né nome, né numero… peccato, era proprio un bel ragazzo!”
Si sistemò annoiata i lunghi capelli mossi e biondi dietro le spalle e si rivolse ad Angela con sguardo di sufficienza. “Comunque ti avevo chiamato solo per ricordati di portarmi i soldi per la gita di settimana prossima, dato che sono la rappresentante di classe…”
“Ah! Ecco, a dire il vero non so se ho voglia di venire a vedere un museo ammuffito pieno di vecchie piante e scheletri” disse prontamente Angela, schiodandosi finalmente di dosso la questione gita che da qualche settimana la preoccupava: non aveva la minima voglia di passare una giornata intera in compagnia della sua classe, ma non poteva certo dirlo in mezzo all’aula piena di gente!
Angela studiò l’espressione di Ruby, cercando un qualche cambiamento che però non avvenne: si limitò a inarcare le labbra e ad emettere un gemito di noncuranza.
“Beh, se ti senti meglio io me ne vado. Avevo un impegno con Susy e le altre, faccio ancora in tempo ad andare…” disse compiaciuta nel tentativo di far rodere Angela di invidia, marcando il tono sul nome “Susy”, appartenente alla ragazza più popolare del liceo.
“Sì. Grazie di tutto” fu l’unica reazione di Angela, che a malapena la sentì, e si accorse che Ruby se ne stava andando solo dopo che questa sbatté la porta, delusa dalla sua indifferenza.
La ragazza appoggiò la tazza di tè ancora piena sulla scrivania di fianco al letto e provò di nuovo ad alzarsi, stavolta con successo. Barcollando e tenendosi stretta nel pigiama di flanella arrivò in cucina, prese il termometro e misurò la temperatura, scoprendo di avere 38 e mezzo di febbre.
“Perfetto” pensò “Una scusa per non andare a scuola domani”.
Tornò a letto con l’intenzione di dormire per un giorno interno, sperando così di far passare i brividi e il mal di testa martellante che la stavano sfiancando. Si raggomitolò sotto le coperte, stringendosi in sé stessa per placare i tremori della febbre, ma il calore che sentiva dentro era diverso da quello solito procurato dalla malattia: era una sensazione molto particolare, quasi… una reminescenza. Le ricordava un po’ lo stesso tepore che gli davano i ricordi felici coi suoi genitori.
Inconsciamente, la sua mente focalizzò l’attenzione sul ricordo del ragazzo che l’aveva salvata: era un immagine sfocata e confusa, ma il cuore le si stringeva piacevolmente nel petto…
Fu solo poco prima di addormentarsi che rivide nitidi nella sua mente quei due occhi neri e profondi, che mai avrebbe potuto dimenticare.

“Questo calore… forse… appartiene a lui…”
***
Passò una settimana intera prima che Angela potesse rimettersi completamente dall’influenza e dallo shock provato quel giorno: il suo fisico era abbastanza debole ed era sempre stata cagionevole di salute, quindi ogni volta che si ammalava era una sorta di calvario; però a lei questa situazione non dispiaceva più di tanto, ora.
Poteva assentarsi da scuola anche per dei lunghi periodi senza avere remore verso sé stessa… ma il momento di tornare tra i banchi prima o poi arrivava sempre, purtroppo.
Aveva passato sette giorni praticamente reclusa in casa, arrivando a pulire da cima a fondo ogni singola stanza per riempire il tempo: quella casa non era mai stata così brillante da quando lei abitava lì, neanche quando c’era ancora sua sorella Martha – a quel pensiero sentiva qualcosa torcersi nel suo profondo e provocarle un fortissimo disagio e una voglia matta di urlare.
Ma la verità era che fare le faccende di casa era un modo come un altro, forse l’unico per lei, per non pensare sempre sempre a lui.
Lui che non aveva un nome, non aveva un corpo ma solo un volto sfocato e uno sguardo ardente, sempre più penetrante e definito.
Le sarebbe piaciuto ringraziarlo, magari ricambiare il favore. O forse voleva solo rivederlo, conoscerlo ed essergli amica.
Non capiva neanche lei perché sentisse un tale desiderio: lui, per lei, non era nessuno se non uno sconosciuto che l’aveva aiutata, mosso probabilmente solo da ipocrita pietà.
Ma forse proprio per questo era diventato così speciale per lei, abituata ad essere lasciata sola e a cavarsela con le proprie forze; erano anni che non sentiva il sentimento della gratitudine e la sensazione di non essere proprio sola al mondo.
Era un pensiero che le faceva tremare le vene.
Avrebbe voluto avvicinarlo per provare ancora quei sentimenti, non riusciva a pensare ad altro… ma nello stesso tempo non voleva illudersi.
Del resto, lui era uno sconosciuto che molto probabilmente si era già dimenticato di lei, una ragazza come tante senza niente di speciale che semplicemente si era sentita male in mezzo alla strada.
Non voleva sprecare le forze rincorrendo uno stupido desiderio… e allora perché sentiva il bisogno di lui, capace di smuoverle l’anima senza neanche un volto?
Rivederlo anche solo da lontano, sapere che lui esisteva davvero… le sarebbe bastato.
Così, alla fine il tentativo di non pensarlo si era rivelato solo un modo per pensarlo di continuo e non sentirsi molto stupida.
Si incamminò verso scuola assorta da questi pensieri, senza badare nemmeno al freddo troppo intenso per ottobre, che penetrava attraverso la giacchetta di pelle scura e la sciarpa un po’ leggera.
Oltrepassare il cancello dell’istituto, percorrerne il cortile e salire diverse rampe di scale furono gesti puramente meccanici e quasi sofferti, ma appena aprì la porta della propria classe Angela fu richiamata a forza sul pianeta Terra.
Si bloccò sull’uscio, letteralmente congelata degli sguardi carichi di odio e sorpresa dei suoi compagni. “Strano, di solito mi ignorano e basta” pensò, senza nascondersi un sottile divertimento.
Dopo il primo momento di smarrimento Angela tornò in sé e andò verso il proprio posto, in fondo alla classe e vicino alla finestra: il più isolato e il più bello. Camminò insofferente tra quelle occhiatacce che la seguivano ad ogni passo ed appoggiò la borsa sulla sedia, notando sconvolta che qualcuno aveva ricoperto il banco di disegni e scritte oscene.
Sollevò lo sguardo attonita e si ritrovò davanti Susanna, minacciosa e sicura dell’appoggio di tutta la classe.
In ogni liceo che si rispetti c’è una ragazza del genere: bellissima, popolare e terribile.
Non appena Angela aveva messo piede in quella classe due anni prima, Susanna non l’aveva lasciata in pace, riuscendo piano piano a rivolgerle contro anche gli altri compagni. Spesso Angela si chiedeva il motivo di questa cattiveria, trovando poi risposta nel fatto che lei conosceva il suo segreto.
“Con che coraggio osi ripresentarti qui?” la sfidò l’altra guardandola dall’alto del suo metro e ottanta.
Soppresse un risolino e ostentò un’aria serena. “Semplice: non ho niente da temere”
“Quindi devo intendere che l’ultima lezione non ti è servita?” riprese Susanna, dopo un breve tentennamento “Noi qui non ti vogliamo, ormai dovresti averlo capito…”
“E ormai voi dovreste aver capito che vengo a scuola solo per darvi fastidio”
Susanna fece una smorfia irritata e sbatté la mano sul banco, colpendo uno dei disegni più sporchi del quadro. “Ma chi ti credi di essere?” sbraitò lei, alzando la voce.
Angela sbuffò spazientita, riprese la borsa ed uscì dalla classe mentre l’altra continuava a urlarle insulti: non era dell’umore giusto per tener testa a quella vipera e non aveva la minima voglia di litigare e ritrovarsi di nuovo depressa per colpa della sua predica senza senso.
Al diavolo le lezioni, lei e tutti gli altri.
Angela stava bene da sola. Stava benissimo chiusa in mondo dove nessuno poteva entrare e ferire ancora di più il suo cuore.
Mentre attraversava il corridoio pensando a cosa fare in quella bella mattinata le si presentarono davanti due ragazzine, probabilmente del primo anno, che le sembrarono uscite dal nulla, talmente era assorta nei suoi pensieri e nella sua rabbia.
“Scusa, tu sei Angela, della quinta A?” le chiese la più alta delle due. Aveva un viso ancora molto infantile, ma dagli occhi nocciola traspariva maturità.
“Sì, sono io. Cosa c’è?” rispose scontrosa Angela, sfogando su di loro il suo umore nero.
“E-ecco... l’altro ieri…” incominciò l’altra ragazzina, intimidita dalla risposta “è passato dalla nostra scuola un ragazzo e ha chiesto di te, però poi si è intromessa quella tua compagna, quella bionda coi capelli mossi e lunghi e se ne sono andati via… Volevamo solo dirti questo, magari anche tu lo stavi cercando”
Angela rimase in silenzio per qualche secondo, sentendo la mente vuota galleggiare in quella improvvisa notizia; le due ragazzine si guardarono preoccupate.
“C-che aspetto aveva questo ragazzo?” chiese ancora incredula, con voce acuta per l’agitazione.
La ragazzina che aveva parlato per prima disse che era un ragazzo molto alto, con i capelli e gli occhi neri, sui 20 anni… sì, era lui. Il ragazzo che l’aveva salvata.
“Grazie, siete state molto gentili ad avvisarmi” concluse in fretta Angela, tardando ancora a reagire alla novità.
Rivolse loro un opaco sorriso e si voltò, camminando in direzione della sua classe.
“Certo che per essere una delle ragazze più carine della scuola è parecchio strana, vero Dany?” disse la ragazza più piccola all’amica, osservando Angela allontanarsi.
“Bè, del resto lei è sempre sola, sembra non avere amici… mi chiedo perché”
“Però ci pensi? Abbiamo parlato ad Angela! Magari anche noi ora diventeremo famose!”
L’amica alzò le spalle e si voltarono per poi scendere le scale ed andare a lezione.
Nel frattempo Angela era tornata in classe, tra lo stupore generale; come se niente fosse, prese un banco non occupato e lo scambiò col proprio per poi sedersi ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra, ignorando completamente le urla di Susanna che si placarono non appena entrato il professore.
Angela avrebbe voluto tirarsi addosso qualsiasi cosa, dalla cartella alla sedia alla lavagna, per quanto doveva sempre essere così sfigata. Saranno le prove della vita, quelle che ti rendono più forte? No, era semplicemente un’enorme, mastodontica sfortuna.
“Mi sono lasciata sfuggire l’occasione” disse tra sé e sé “e probabilmente non lo rivedrò mai più. Ma forse Ruby ora sa qualcosa, almeno il suo nome…”
Nonostante maledicesse sé stessa e l’influenza con tutte le sue forze, non poteva fare a meno di essere felice, in un angolino del suo cuore.
Pensò, con la stupidità di un allegria a lungo dimenticata, che forse anche lui continuava a pensarla senza sapere il perché.
Osservando il profilo grigio e azzurro della città ancora un po’ addormentata, Angela sorrise. Sorrise dal profondo del suo cuore, come faceva molto tempo prima.
Quel pensiero così infantile e ridicolo l’aveva svegliata; un’emozione che ormai non provava da troppo tempo si era impadronita del suo cuore, prendendo il posto della rabbia e dell’amarezza: felicità.
“Non uscirai così dalla mia vita. Ne sono sicura”



Note poco serie
Ah! Che emozione!
Vi giuro mi batte il cuore nel (ri)pubblicare il primo capitolo di Snowdrops! Per il momento non è cambiato ancora molto e diciamo che sarà così fino al cap 4. Addirittura i cap 4 e 5 sono completamente nuovi, nati dalla mia malsana voglia di rendere il rapporto tra Seth e Angela un po’ meno semplice, ecco.
Ho ricominciata a scrivere Snowdrops come momento di relax, ed effettivamente in un periodo stressante come questo, rilassarsi con Snowdrops è davvero efficace.
Comunque, anche se sono avanti (sono quasi alla fine del cap 6), gli aggiornamenti saranno più o meno ogni 2/3 settimane. Più che altro non voglio trovarmi a fronteggiare ancora una volta la mancanza di tempo per scrivere e dover quindi fare aspettare un aggiornamento mesi – come sta succedendo per “It’s now or never again”, ferma al cap 7… sigh.
Ma davvero, è un periodo molto pieno. Ho appena iniziato l’università, quindi devo abituarmi ai nuovi ritmi e la sera torno a casa talmente stravolta da non toccare neanche il pc e andare dritta a nanna (non sono stata fatta per svegliarmi alle 5:30!)
Non mi va neanche di fare aggiornamenti settimanali, perché poi nel caso avrei poco tempo per scrivere un nuovo capitolo.
… Mi faccio sempre questi buoni propositi, ma dubito che sarò in grado di mantenerli (ancora una volta!)
Detto questo, spero che questo primo capitolo vi abbia almeno un po’ incuriosito. Ho cercato di far capire di più l’interesse di Angela verso Seth, cosa che nella “vecchia” storia forse era una cosa buttata un po’ lì e invece è un punto importante.
Ringrazio tutti quelli che leggeranno, commenteranno, aggiungeranno ed ogni cosa bella.
Che figata il poter rispondere direttamente alle recensioni! :D
Comunque, al diavolo la mia parlantina senza freni.
Vi ricordi i due siti con cui essere sempre aggiornati sullo stato/prossimi aggiornamenti delle mie storie:

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  • Piccola anticipazione: “Il cuore le andò in gola ed ebbe un sussulto così evidente che anche l’altra ragazza se ne accorse e la guardò strana. Era lui.

Alla prossima!!
Liz



   
 
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