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Autore: Bec77    23/11/2010    1 recensioni
Sofia era una bambina strana, non solo per il suo atteggiamento: i suoi occhi erano grandi, color della giada, e i suoi capelli lunghi, lisci e lucidi come l'onice; la sua pelle era perlacea, così chiara da sembrare trasparente. Molte volte sua madre, quando entrava nella stanza per rimboccarle le coperte e la vedeva investita dalla luce lunare, la scambiava per un fantasma.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La regina dei cristalli
Capitolo II

Sofia diventava sempre più strana man mano che i mesi passavano. Da quando la madre aveva trovato le sue pietre, la bimba non se ne separava mai. Ogni volta che la donna entrava lei le allontanava, in modo da non fargliele sfiorare nemmeno per sbaglio.
Sofia stava diventando pazza. Questa era la conclusione dei medici. Ma la madre non si voleva arrendere: voleva scoprire come la sua bambina fosse entrata in possesso di quelle pietre preziose. Per farlo rimase con lei giorno e notte, dormendo sul pavimento scomodo e duro, avvolta solo da una coperta troppo leggera per la stagione invernale.
All'inizio non riusciva a tenere gli occhi aperti, si addormentava quasi subito. Pian piano, però, si abituò, e i suoi occhi cominciarono a rimanere aperti sul mondo reale sempre più a lungo. Fu in quel periodo che accadde: una notte, mentre guardava fuori dalla finestra, qualcosa di mosse.
Le ci vollero molte notti per capire di cosa si trattasse, e anche molta pazienza, poiché l'ombra sgusciava sempre da una parte all'altra molto velocemente, impedendole di identificarla. Scoprì infine che si trattava di un gatto, pelle e ossa e un po' sgraziato, dal pelo corto e opaco alla luce della luna. La prima volta che si fece vedere anche da lei la scrutò con diffidenza, stando attento a rimanere lontano; lo stesso fece lei, limitandosi a notare come invece sembrasse in sintonia con sua figlia, e come ogni tanto portasse un pezzo di stoffa in bocca, che depositava sul materasso bitorzoluto del letto.
Sofia non le aveva rivolto nemmeno un cenno d'attenzione fino a quel momento. Eppure quella volta si girò verso di lei, guardandola con i suoi grandi occhi verdi come se la vedesse per la prima volta. Non le sorrise, non fece niente di particolare. La guardò solamente.

La madre aveva rinunciato a parlare con la sua bambina. Tutto il tempo che passavano insieme era fatto di silenzi e brevi sguardi, soprattutto da parte sua. La situazione non cambiò nemmeno quando il gatto nero, improvvisamente, decise che poteva degnarla della sua attenzione: un mese dopo la sua prima apparizione, infatti, il felino la guardò con i grandi occhi gialli e le atterrò a fianco con un balzo, passando sul letto della bambina. Sofia lo guardò attentamente, così come la donna.
Il gatto depositò ai suoi piedi un pezzo di stoffa bianco identico a quello che portava tutte le volte a Sofia. Questo, srotolandosi, rivelò fasciare una pietra preziosa. Gli occhi della donna si allargarono a dismisura.
“Allora sei tu che le porti a Sofia...” mormorò. Dopo qualche attimo di smarrimento afferrò la pietra, rigirandosela fra le mani: era piccola, dalla superficie liscia e chiara. Un turchese, il colore dei suoi occhi. Mentre la stringeva nel palmo della mano, si chiese come un gatto fosse in grado di trovare pietre del genere. Non era per nulla normale.
Quella, comunque, non fu l'unica volta che il felino le portò delle pietre. Continuò a farlo, e si trattava sempre dello stesso tipo di turchese. Sofia la guardava con occhi sempre più lucidi e febbricitanti; la malattia la stava lentamente logorando da dentro, rendendola sempre più simile ad un fantasma e all'ombra della bimba vitale che era appena nata; e siccome Sofia non le permetteva di avvicinarsi a lei nemmeno di un metro, la madre era costretta a guardarla soffrire. Non poteva nemmeno sperare di starle a fianco durante la notte, poiché Sofia sembrava non dormire mai. Ciò era testimoniato dalle occhiaie sempre più profonde e nere che le circondavano gli occhi.
Una notte, non sopportando più la situazione, la donna pianse forte, raggomitolandosi ai piedi del letto della figlia. Sofia le lanciò solo uno sguardo, ma quella volta, a differenza delle precedenti, sembrò volerle trasmettere qualcosa: affetto, forse.
Il felino, intanto, aveva cominciato ad andare e venire tutte le notti, portando ogni tanto delle pietre: alla piccola Sofia quelle di giada, e alla madre sempre dei turchesi. Una sera, con voce flebile, Sofia sembrò volerle spiegare il significato delle azioni del gatto.
“Il turchese dovrebbe proteggerti e darti tanta forza per passare l'inverno.” le disse con sicurezza e un tono infantile. Con una mano, intanto, aveva stretto l'ennesima giada, per poi alzarla e metterla in mostra. La guardò con occhi lucidi prima di farla cadere sul materasso, assieme alle altre. In risposta, la madre strinse la sua nel pugno, ancora indecisa su che emozioni avrebbe dovuto provare in quella particolare circostanza.

L'inverno, intanto, si era fatto sempre più freddo. Era la vigilia di Natale quando le condizioni di Sofia peggiorarono drasticamente: alla febbre molto alta si erano aggiunte la tosse e un lancinante dolore al petto, di cui la bimba aveva cominciato a lamentarsi il giorno prima. Quella mattina sua madre si alzò di corsa, si coprì ed uscì di casa in fretta per andare a chiamare il medico.
A visita terminata, il dottore prese la giovane madre da parte e le diede la terribile notizia.
“Sua figlia non passerà il Natale, signora. Mi dispiace molto...”
Il mondo le crollò addosso. Accompagnò l'uomo fuori dalla porta in uno stato di choc, quindi tornò nella piccola stanza con addosso la sensazione di essere schiacciata da un peso insostenibile. Sofia era stesa, ben avvolta nelle coperte che il medico le aveva portato quando gli aveva parlato di un'emergenza. La donna si accasciò letteralmente a terra, appoggiando apatica il viso sulle braccia, poggiate a loro volta sul materasso scomodo.
Sofia la guardò con i suoi grandi occhi verdi. Poteva avvertire nella sua voce la fatica che faceva a respirare.
“Non essere triste, mamma. Il gatto me lo aveva detto che sarebbe successo...”
La donna la guardò senza capire, inizialmente. Quando nei suoi occhi apparve un barlume di comprensione e la bocca cominciò a spalancarsi, la bimba parlò ancora.
“Mi ha spiegato che per colpa mia tu saresti morta prima del tempo, perché hai dato a me sei anni della tua vita.” E quando il viso della donna era trasfigurato dall'orrore e dallo spavento, Sofia terminò dicendo: “Così gli ho detto di prendere i miei sei anni e di restituirli a te. E lui l'ha fatto... con le pietre.”
Fu a quel punto che per la prima volta il gatto apparve di giorno. La guardò con i suoi occhi gialli, e in essi la donna poté leggere a chiare lettere quelle poche parole che la spezzarono definitivamente: tua figlia morirà per te. Pazza furiosa, la donna afferrò una delle sei pietre preziose che il gatto le aveva donato e gliela scagliò con ferocia contro, facendolo fuggire. Urlò fino a quando non le andò via la voce e i vicini non chiamarono i medici per farla portare via, temendo che la pazzia della figlia l'avesse contagiata.
   
 
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