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Autore: NevanMcRevolver    24/11/2010    2 recensioni
Il fatale suono dell’Atlantico del Sud.
La scia di sangue della Dolce Melodia di Requiem.
L’urlo muto di un’anima prodiga.
La seducente melodia dei mari, il cantore delle sirene.
“Mi chiamo Sorrento Seebacher. Sareste così gentili da voler ascoltare la mia storia?”
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

Isaac

 

 

Avevo molte domande da fargli.

Da dove vieni? Quanti anni hai? Ma soprattutto…come diavolo sei arrivato qui? Cosa ti è successo?

Perché quella ferita all’occhio?

Perché?

Forse sarei stato troppo invadente: chi ero io per chiedere cose del genere?

Infondo quando arrivai in Atlantide non venni sottoposto a nessun interrogatorio.

Ma avevo paura di restare solo.

Dovevo conoscerlo, o in quel mondo così azzurro e liquido mi sarei definitivamente perduto.

Il giorno dopo mi alzai e mi diressi verso la casa di Isaac.

Esattamente come l’altra volta, le guardie non mi fermarono ed entrai nelle stanze del nuovo arrivato, dopo aver bussato.

Se ne stava steso sul letto a fissare il soffitto e, non mi degnò di uno sguardo, tranne quello che mi concesse al mio ingresso per capire chi fossi.

Lo salutai, ma quello si limitò a fissare il soffitto, senza rispondere.

-Come stai?- gli chiesi, tanto per avviare una conversazione.

Quello mormorò qualcosa di assurdamente incomprensibile; io non volli insistere per evitare di sembrare piuttosto opprimente.

Perché faceva così?

Nella mia infantile logica non avevo fatto nulla di male, non credevo che forse potessi sembrare di troppo in quel momento.

Avevo solo dieci anni, infondo!

Feci per andarmene, siccome non riuscivo a cavare dalla bocca di quello nemmeno una parola.

Quando arrivai sull’uscio sentii un leggero sospiro alle mie spalle. Non mi voltai e me ne tornai a bighellonare per le strade del regno.

Sicuramente Isaac non mi avrebbe dato la sua amicizia.

In quel momento sentivo bisogno della musica, del mio flauto: sarebbe riuscito a consolarmi.

Dopo ben sei mesi dal mio arrivo andai da Thetis, nel palazzo del Kaioh e le chiesi che fine avesse fatto il mio strumento.

-Non crederai mica che uno strumento così leggero e fragile sia resistito ai vortici che ti hanno risucchiato?-

-Per niente, ma volevo giusto saperlo. E comunque cambia i toni…- le dissi, secco, e me ne andai senza lasciarle il tempo di replicare.

Ne avevo le scatole piene di quella lì. Non vedevo l’ora di ottenere quel dannato risveglio solo per farmi rispettare una volta per tutte.

I miei piedi si muovevano meccanicamente, senza sapere dove mi stessero portando.

Mi sarei meravigliato se mi fossi trovato sulle pendici di un crepaccio o di muso per terra senza rendermene davvero conto.

Mi sedetti sul rudere di una colonna e rimasi lì, per non so quanto tempo, quando mi sentii toccare alle spalle.

Pensando che fosse Thetis, mi voltai con sguardo fulmineo e velenoso.

In realtà era una guardia, che vendendo questo atteggiamento apparentemente immotivato si offese un po’.

-Il signor Isaac la vuole nelle sue stanze- disse.

Mi alzai e mi incamminai verso la mia nuova meta.

Cosa era successo?

Come mai ora mi cercava?

Cosa voleva dirmi?

E soprattutto, perché?

Quando entrai nella stanza, vidi che Isaac era ancora steso, ma il busto era eretto, poggiato su una serie di cuscini.

Lo guardai, interrogativo e quello non riuscì a sostenere il mio sguardo per più di tre secondi.

Era palesemente imbarazzato.

-Volevo scusarmi per il comportamento di prima-

-Non c’è problema- risposi.

Silenzio.

Ancora e ancora.

E nessuno dei due osava interromperlo.

Tanto per fare qualcosa mi avvicinai alla finestra e ammirai il paesaggio.

Ovviamente anche lì, il panorama era molto simile a quello che si vedeva dalle mie stanze: sabbia, acqua ovunque e bolle d’acqua che salivano dai fondali più profondi.

Era di una bellezza e inquietudine sconcertante: di una particolare grazia che ti afferrava alla gola e non ti faceva più respirare: in Atlantide, nonostante tutto sembrasse uguale, la meraviglia non conosceva limiti, ed io ero diventato sua vittima.

-Dove siamo?- chiese all’improvviso Isaac.

-Siamo in Atlantide, nel regno di Poseidone-

Mi voltai per fissarlo, e lui ricambiava duramente col suo unico occhio.

-Capisco- disse con voce neutra.

Sgranai lo sguardo: come faceva ad accettare la realtà su due piedi? Solo io non riuscivo a credere nelle parole di Thetis quando me lo disse?

-Non capisco…- mormorai, affranto.

-Cosa?- mi chiese Isaac.

-Come mai mi hai creduto fin da subito? Come puoi accettare così, su due piedi, la presenza di un dio per il quale un giorno combatterai?-

-Ti sbagli- sentenziò.

-Perché?- chiesi.

-Io sono cresciuto con l’idea che gli dei esistono, ecco perché mi sono rassegnato, se così si può dire!- esclamò.

-Spiegati meglio-

-Prima dimmi come ti chiami- mi disse.

-Mi chiamo Sorrento- risposi.

-Bene, Sorrento. Devi sapere che io sono finlandese e da qualche anno mi sono trasferito in Siberia per conseguire l’investitura a Cavaliere di Bronzo-

-Cavaliere?-

-Si, Cavaliere del Cigno. Avevo un amico, lì. Si chiamava Hyoga. Eravamo molto legati, nonostante fossimo avversari per diventare Cavalieri di Athena. Sai, le terre emerse sono sotto il protettorato della dea Athena, i cieli appartengono a Zeus, gli Inferi ad Hades e…-

-I mari a Poseidone- terminai per lui.

-Esatto. Tornando al discorso, nonostante le avversità, io e Hyoga ci aiutavamo come potevamo, anche perché gli allenamenti del nostro Maestro erano difficili-

-Chi era il tuo Maestro?-

-Camus dell’Acquario, Cavaliere d’Oro, nonché custode dell’undicesima casa al Grande tempio di Atene, residenza di Athena e del suo Gran Sacerdote. Era freddo con noi, ma si capiva che ci voleva bene e ci aiutava come meglio poteva. Il suo potere risiedeva nelle energie fredde, e volle trasmetterlo a noi, affinché padroneggiassimo al meglio l’armatura del Cigno. Un giorno eravamo in licenza, e ricordo che Hyoga voleva andare a fare visita alla tomba della madre, che giaceva in una nave che si era inabissata fra le gelide acque della Siberia. Non appena ruppe la lastra di ghiaccio che lo divideva dal suo traguardo si gettò. La corrente era violentissima, e le tempeste marine erano più forti del solito. Gli suggerii di non tuffarsi, di aspettare, ma non mi diede retta, e si tuffò. Dopo pochi istanti era in balia della tempesta. Avevo paura: volevo aiutarlo. Dovevo aiutarlo. Così mi tuffai anche io. Appena lo presi lo rigettai in superficie, ma non feci in tempo a risalire che un violento flusso d’acqua mi catturò, sbattendomi in continuazione. Ricordo che urtai la testa contro un pezzo di ghiaccio, che si conficcò nell’occhio. Avevo l’istinto di urlare, ma sapevo che non dovevo. L’acqua fredda inoltre rallentava sempre di più i miei movimenti e rallentava i miei ragionamenti, tanto da farmi perdere coscienza.

Cadevo in profondità, ma riuscivo a respirare, nonostante l’acqua sera mi sovrastasse ovunque.

Fu allora che lo sentii…- mormorò alla fine.

-Cosa?- chiesi, ansioso.

-La Sua voce, quella del Sommo Poseidone: “Diverrai Generale degli abissi, sarai salvato per mano mia, e per la mia causa combatterai, Isaac. Sono Poseidone re dei mari e ti chiamo al mio cospetto. Accetti?”. Avevo paura della morte, per cui ho dato la mia fedeltà a lui- finì.

Sentivo che le sue parole erano piene di risentimento, ma non riuscivo a capire il perché.

Dopo qualche istante di silenzio Isaac parlò di nuovo.

-Come si diventa Generale?-

-Ci sarà, prima o poi, il tuo risveglio. Prenderai davvero coscienza del fatto che sarai Generale, e lo Spirito di uno dei guerrieri di Poseidone si risveglierà in te. In Atlantide siamo in tre: tu, io e Kanon. Diverremo Generali e combatteremo per la causa del re dei mari. I Generali sono sette, uno per ogni mare-

-Ne mancano ancora quattro, quindi…- mormorò.

Annuii e non riuscii a trattenermi: -Perché prima parlavi con risentimento?-

Isaac chinò lo sguardo e arricciò il sopracciglio.

-E’ colpa di Hyoga, troppo legato alle sue emozioni, alle sue debolezze…al suo passato. Non sa dimenticare, e per diventare Cavaliere non è bene. Per colpa sua ho perso un occhio! Per colpa sua, infondo, ho dovuto rinunciare alle vestigia del Cigno per diventare Generale di Poseidone.-

Le sue parole mi spaventarono, tanto da togliermi la parola.

Cosa avrei mai potuto rispondergli? Erano un rimorso e una rabbia troppo grandi le sue, impossibili da curare, e sicuramente lui non avrebbe di certa accettato l’aiuto di qualcuno, tanto meno il mio, ancora uno sconosciuto.

Non appena pensai alle cose che disse sul suo amico Hyoga, mi venne da pensare se Isaac mi avesse mai dato la sua amicizia.

Forse anche io ero troppo sensibile, troppo debole, troppo nostalgico, legato al passato.

Ero condannato a rimanere solo al novantanove percento dei casi, ma non volevo demordere: mai come questa volta ero determinato nell’ottenere quello che volevo.

Sì, a dieci anni quasi undici già sapevo cosa volevo, e la mia nuova vita mi aveva completamente cambiato.

-Dove vivono i Generali?- chiese improvvisamente Isaac.

Indicai le colonne che si vedevano sullo sfondo dell’azzurra e sabbiosa Atlantide.

-Dietro ogni colonna ci sono le stanze personali dei Generali, e ognuno avrà la sua servitù- o almeno così mi disse Thetis, un giorno, quando anche a me venne in mente la stessa domanda di Isaac.

-Dimmi, Isaac- dissi, cercando di riportare il discorso sulla sua storia –com’era questo Camus come insegnante?-

-A mio avviso il migliore. Viaggiava spesso perché doveva sbrigare faccende anche in Grecia, al Grande Tempio, ma quando veniva in Siberia da noi, ci dedicava il massimo del suo tempo e il meglio dei suoi insegnamenti. Penso di esser stato davvero fortunato per aver ottenuto il Cavaliere dell’Acquario come Maestro. Anche se le nostre fedi, ora, sono per divinità diverse, devo molto a quell’uomo. Era sempre calmo, sapeva sempre cosa fare, dove farlo e come farlo: l’equilibrio fatto persona. Apparentemente era freddo, ma si vedeva che ci volesse bene e che fosse ossessionato dal nostro addestramento- disse, con la voce intrisa di orgoglio per il suo Maestro.

-Io non ho ricevuto alcun addestramento da nessuno, invece…- mormorai, invidioso di questa mia mancanza.

Mi sentivo inferiore a quel ragazzo, ma sapevo che non avrei dovuto esserlo: al risveglio saremmo stati tutti uguali, ma, ancora una volta, i miei pensieri infantili avevano avuto la meglio.

-Impossibile! E come sei arrivato qui?- chiese, sbigottito.

-Naufragio. Ero a Venezia con la mia famiglia, quando la gondola incappò in un vortice. Sono sopravvissuto solo io, e sono arrivato qui- dissi, liquidando la faccenda in due parole, con tono piuttosto secco. Il dolore di tutte le perdite alle quale avevo assistito era ancora forte, lancinante.

Lo sentivo montare da dentro come una bestia incatenata che si dimena ferocemente per liberarsi.

Quel dolore era come una lama rovente, che mi tagliava le carni da dentro senza pietà e ritegno; di notte mi capitava di piangere, ancora, per mia madre, mia zia Selene, mio padre, Florian e Theresa, che non avrei rivisto mai più.

Forse era proprio questo dolore che mi spingeva a comportarmi così: alcuni lo chiamano ‘istinto di sopravvivenza’. Io preferisco chiamarlo ‘paura della solitudine’, perché di questo, per me, si trattava.

No. Ero più che deciso a non rimanere da solo. Fu allora che glielo chiesi.

-Isaac, vorresti essere mio amico?- chiesi, la voce timida, bassa e imbarazzata. Avevo sempre avuto difficoltà a socializzare. Di solito erano gli altri ad avvicinarsi a me.

Ma questa volta era diverso: o mi sarei mosso di mia iniziativa, o niente!

Avevo paura della reazione di Isaac, di un suo rifiuto, di una sua non-risposta, di un suo silenzio troppo eloquente.

Lo guardai, in attesa.

Silenzio. Se ne stava lì, zitto, muto.

Poi, inavvertitamente, sorrise e annuì.

Di rimando sorrisi anche io.

Non ci avrei mai creduto: non ero più solo!

E non sapevo quanto quel sorriso, quel movimento della testa avessero avuto importanza per la mia vita. Non sapevo che il rapporto fra me e Isaac sarebbe rimasto duraturo.

Non sapevo niente di tutto questo, ma ero contento.

Avevo un amico!

 

 

 

 

 

Meiou Hades parla:

Salve ragazzacci!

Che ve ne pare? Spero di esser riuscito nell’intento. Ho cercato di far sembrare il carattere di Isaac il più fedele possibile all’anime/manga, ma alcuni cambiamenti sono necessari per lo svolgimento dei fatti.

Rispondo alle recensioni del capitolo precedente:

 

A LuluXI: allora? Cosa ne pensi di questo capitolo? Ti ha soddisfatta? Comunque anche a me Isaac ha sempre affascinato, e proprio per questo l’ho fatto entrare subito nella storia.

 

A data81: ciao! Non so se hai letto la mia risposta in precedenza. In ogni caso te la riscrivo qui. Il tuo dubbio è decisamente motivato, siccome ti dissi che la storia sarebbe stata più simile all'anime. Ma questo è il punto, più simile, non identica. Ci saranno, ovviamente, anche dei riferimenti al manga. In ogni caso, per come penso che sarà strutturata la storia, che il maestro di Isaac sia Camus o il Cavaliere della Corona Boreale, è di scarsa importanza, poiché sarà solo citato. In ogni caso, come avrai constatato alla fine ho optato per Camus. Abbi pazienza, che fra poco Sorrento avrà il suo risveglio! E allora se ne vedranno delle belle!

 

Alla prossima!

  
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