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Autore: MeggyElric___    25/11/2010    5 recensioni
Prima fanciction su fullmetal Alchemist ^.^
La mia storia inizia alla fine dell'ultimo episodio di FMA Brotherhood, il numero 64 (capitolo 108 del manga). Quindi, se qualcuno non volesse... ecco... rovinarsi il finale, non dovrebbe leggere questa fanfiction.
DALLA STORIA:
" - Tornerò indietro.
Quelle parole uscirono con difficoltà dalla sua bocca, che si chiuse in una smorfia. Il cuore di Winry ebbe un tuffo. Era già arrivato quel momento, quel momento che temeva tanto. Era arrivato troppo presto.
Non voleva lasciarlo andare, non in quel momento. Era sempre stata innamorata di lui e non riusciva a capacitarsi di non vederlo più. Non voleva che quell’abbraccio fosse il loro ultimo addio.
Forse, però, c’era ancora una speranza. “Tornerò indietro”, aveva detto. Aveva paura a credergli. Aveva paura di rimanere delusa, troppo delusa.
Aveva paura, ma voleva credergli. L’avrebbe aspettato anche tutta la vita, se fosse stato necessario.
Avrebbe atteso il suo ritorno, appoggiata al balcone della finestra.
- Sì.
Disse Winry, quasi senza accorgersene. Edward mosse le labbra, senza dire nulla.
- Fai attenzione. "
comunque sia, spero vi piaccia. E' una storia molto lunga, quindi preparatevi ^.^
se non si fosse capito, è sulla coppia Edward/Winry!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Ciao a tutti/e! sono tornata, di nuovo, con il seguito di questa storia. Come sapete, ora utilizzo il nuovo metodo, quindi le risposte alle recensioni le troverete nell’apposita casella di posta nella pagina profilo.

Bene, precisata questa piccola cosa, vi introduco un po’ in questo capitolo, abbastanza lungo. Si divide in tre parti. La prima, è un sogno, la seconda una lunga riflessione accompagnata da gesti quotidiani e l’ultima... beh, lascio a voi scoprirlo. Ho davvero messo tutta me stessa in questo ventiquattresimo capitolo. Penso di non essermi mai impegnata tanto per la riuscita di una sezione di questa storia. Vi prego, perciò, di donare un millesimo del vostro tempo per lasciare una recensione, così che mi diate la forza di scrivere anche il prossimo. Ovviamente, andranno benissimo un “che schifo! Ritirati a coltivare pannocchie a farmville!” oppure “e questo sarebbe impegno?” e così via...

Ok, ho finito la solita inutile pappardella pre-storia. Spero che ormai abbiate imparato a sopportarmi xD. Vi lascio a questo capitolo, nella speranza di aver compiuto un buon lavoro.

 

24. IL NOSTRO PICCOLO MONDO TRA SOGNO E REALTA’

Silenzio, silenzio, silenzio.

Un movimento, un fruscìo di lenzuola. Caldo, caldo soffocante.

La luce, il buio. Il vento, la calma. Il sole, la luna. Il giorno, la notte.

Un sorriso nascosto, una lacrima irreale.

E l’oro.

Silenzio, silenzio, silenzio.

Un gemito soffocato, un respiro spezzato.

Parole, suoni morti in gola, trafitti da un’ondata di emozioni sconosciute.

Un altro movimento, un sospiro.

E ancora, l’oro.

Silenzio, silenzio, silenzio.

La pelle, il profumo, le labbra, le mani, il cuore.

Il battito del cuore, il respiro pesante, un cigolio conosciuto.

Un brivido lungo la schiena, una vampata di calore nel petto.

E sempre, l’oro.

Silenzio, silenzio, silenzio.

I capelli, gli occhi, la confusione, i ricordi, le speranze.

La nebbia nella mente, il buio nella vista, uno spiraglio di luce, inesistente.

Un sussurro più forte, un grido serrato.

E brilla, l’oro.

Silenzio, silenzio, silenzio.

 

Winry s’alzò a sedere sul letto, respirando affannosamente. Rivoli di caldo sudore rigarono la sua fronte, rendendola tiepida e paonazza. Gli occhi, semichiusi, si aprirono lentamente. Il petto si alzava e si abbassava con velocità, seguendo il ritmo dei suo respiri.

Era tornato, di nuovo.

Quel sogno era tornato, più vivido, caldo e desiderato che mai. Così come quasi ogni notte, dalla sera di più d’una settimana prima.

Scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli biondi, umidi di sudore, portandosi successivamente una mano alla fronte e scostandosi tremante un ciuffo fastidioso.

Sospirò e posò i piedi sul pavimento freddo. Rabbrividì al contatto, allungando un braccio verso l’attaccapanni e afferrando il morbido accappatoio dai dolci toni rosati.

Barcollando, si diresse verso la porta del bagno, intenzionata a farsi una bella doccia ristoratrice. Si spogliò ed entrò nel cubicolo, girando la manovella così che il rilassante getto d’acqua calda scivolasse tiepido sulla sua schiena, lavando via ogni traccia del passato sogno dal suo corpo.

Inclinò la testa verso l’alto, lasciando che l’acqua lambisse la cerea pelle del suo viso.

Strinse le palpebre, nel tentativo di scacciare anche dalla sua mente quelle deliziose immagini che la tormentavano. Eppure, quella sensazione di vuoto che provava non voleva staccarsi da lei, quasi fosse incatenata irreversibilmente al suo corpo.

Il respiro di Edward sul suo collo, le sue labbra fameliche che la divoravano, il calore della sua pelle e l’inconfondibile profumo di erba bagnata su di lei, dentro di lei.

Gemette dolorosamente sotto il getto della doccia, cercando allo stesso tempo di strapparsi di dosso quel sogno e di tenerlo stretto nel suo cuore.

Nell’abbraccio caldo dell’acqua, le parve di sentire le braccia forti dell’ex alchimista cingerle la vita in una muta richiesta, mentre le sue labbra scivolano vogliose sulla sua pelle, per baciarle il collo, le guance, le labbra.

Delicatamente riaprì gli occhi, riscoprendosi disperatamente sola. L’acqua calda cominciava a scarseggiare e il getto stava via via raffreddandosi.

Ruotò nel senso opposto la manovella e uscì, avvolgendosi nel tiepido e soffice accappatoio.

Tornò nella sua stanza e si sedette sul materasso, guardandosi intorno. A lato della porta che dava sul corridoio silenzioso, c’era una cesta di vimini, colma di abiti da lavare.

Che stupida, pensò. Il giorno precedente aveva passato talmente tanto tempo a fantasticare sulla sua relazione – lo era? – con Ed che si era dimenticata di fare il bucato.

Catturata da un istinto che non riconobbe, si avvicinò alla cesta e ne estrasse una canottiera nera, stropicciata. Ah, Ed e le sue manie di gettare a terra in un cumulo gli abiti ancora puliti.

Per quanto infastidita, persa in un annebbiato stato di trance,portò la stoffa cupa e vissuta sotto al naso, respirando profondamente.

Un altro brivido percorse tutta la lunghezza della sua schiena, non appena l’inebriante aroma che fin troppo conosceva s’insinuò nella sua mente e nei suoi polmoni, rendendola schiava di quel ragazzo a cui quel meraviglioso profumo apparteneva.

Ripiegò poi su sé stessa la canotta, posandola poi fugacemente sotto il cuscino del letto.

Si vestì velocemente, indossando una gonna morbida e libera e una camicia bianca, leggera, che abbottonò lentamente.

Non aveva più alcuna voglia di rimanere in camera. Sicuramente si sarebbe gettata sul letto, con quella canottiera – inutile ricordo, quel profumo, quasi a ingannare la sua mente per credere che Ed fosse davvero lì – stretta tra le braccia, le narici a contatto con la stoffa.

Così, scosse a testa in giù i capelli biondi, muovendoli e spettinandoli a scatti con le dita, così da farli sgocciolare quanto bastava per non produrre disastri sul pavimento.

Aprì piano la porta e la richiuse dolcemente, facendo attenzione a non fare rumore, data l’ora. Il primo sole del mattino era sorto all’orizzonte da pochi minuti e illuminava con delicatezza le mura dell’abitazione che affacciavano a est, insinuandosi all’interno attraverso i lucidi vetri delle finestre.

Procedette silenziosa per il corridoio, sfilando con passi felpati davanti alla porta della camera dei ragazzi, lasciata inaspettatamente aperta.

All’interno, Alphonse dormiva pacificamente, con le gambe piegate al petto e il lenzuolo di cotone chiaro attorcigliato attorno alla vita. Era davvero molto dolce.

Ma era solo.

Dov’era Ed? Winry scrutò la stanza, ma del maggiore degli Elric proprio non vi era alcuna traccia.

La ragazza posò la testa bionda sullo stipite della porta, già sfiorato dalle sue mani, ancora leggermente tremanti. Accarezzò con sguardo languido il placido profilo del volto di al, che appariva talmente tenero così assopito.

Che lui e Edward fossero fratelli, dal punto di vista dell’aspetto fisico, era più che evidente. Sicuramente qualche persona, senza conoscerli, li avrà spesso scambiati per gemelli quand’erano piccoli, nonostante la differenza d’altezza.

Eppure il loro carattere era talmente diverso. Ed era così antipatico, scontroso, a volte maleducato. Al invece era tutto l’opposto.

E allora, per quale ragione il maggiore le faceva quell’effetto? Insomma, non le era mai capitato di svegliarsi una notte dopo aver sognato di fare l’amore con Alphonse. Non aveva neanche mai immaginato lui da quell’angolazione.

Perché, invece, con Ed succedeva in continuazione? Avrebbe dovuto detestarlo, odiarlo per il suo carattere.

Sorrise.

No, lei non avrebbe mai potuto odiarlo. Non c’era riuscita nemmeno quando, due anni – anzi, quasi tre, oramai – prima aveva preso e se n’era andato, con il pretesto di studiare l’alchimia dei lontani paesi occidentali. Lui, che alchimista ormai non era più.

Aveva sempre pensato ad Alphonse come un fratellino adottato e si era chiesta per anni per quale motivo non riuscisse a fare lo stesso con Ed. A volte, credeva di non considerarlo parte della sua famiglia proprio per il fatto che litigavano in continuazione, e non erano mai d’accordo su niente. Eppure, proprio non riusciva ad odiarlo, in nessun modo.

Era stato davvero molto, ma molto bizzarro per lei rendersi conto che in realtà, la ragione dei quel problema era ancora più semplice delle sue supposizioni.

L’amava, ecco tutto. E, dannazione, ormai lo sapeva più che bene.

Però non era a conoscenza del periodo in cui era capitato quel mutamento nei suoi sentimenti, probabilmente era stata una cosa molto progressiva.

Portare dentro di sé quella sorta di segreto per anni non era stato affatto facile. Aveva sofferto parecchio, ma in definitiva, alla luce degli ultimi eventi, era stato meglio così.

Conoscendolo, se lei gli avesse esternato i suoi sentimenti durante la sua missione come alchimista di stato, probabilmente lui l’avrebbe rifiutata, o avrebbe rinviato il discorso, confuso, con le solite scuse di salvare lo stato dall’esercito, recuperare i loro corpi, eccetera, eccetera.

Alphonse si mosse lentamente tra le lenzuola, infrangendo le fantasie di Winry e facendola tornare di botto alla realtà. La ragazza scosse la testa, accostando la porta, abbandonandola semichiusa e dirigendosi verso il piano inferiore.

Passeggiò per la cucina, deserta e taciturna. Pinako era ancora a letto, doveva essere davvero molto presto. Si guardò attorno spaesata, tentando di riconoscere qualcosa di familiare nella penombra della stanza.

Afferrò il vicino piatto della torta dalla credenza, portando alle labbra il dolce soffice e assaporando con delizia le sfaccettate gocce di cioccolato fondente, che si scioglievano a contatto con la sua lingua. Quanto adorava la torta al cioccolato della nonna! Certo, non era buona come la torta di mele che cucinava lei stessa – per Ed e Al, principalmente -, ma era comunque una soddisfazione gustarla.

Allungò un braccio verso il frigorifero, appropriandosi del cartone del latte piacevolmente freddo e ingerendone un lungo sorso.

Addentò famelica un'altra detta di torta, leccandosi le labbra ancora inumidite dal liquido bianco.

Ridacchiò, posandosi due dita davanti alla bocca, al pensiero di un biondo in particolare. Se Ed fosse stato lì, in quel momento, l’avrebbe squadrata in cagnesco, storcendo il naso in una smorfia di disgusto.

Quando ebbe finito, abbandonò distrattamente il tutto sul tavolo, avrebbe sistemato più tardi, prima che la nonna si fosse svegliata.

Uscì all’esterno, aveva bisogno di schiarirsi un po’ le idee.

La sua mente tornò con velocità al discorso del pomeriggio del giorno precedente, quello di cui aveva discusso con May. Anche se era più piccola, era stato davvero un gran sollievo aver parlato con lei. Aveva un disperato bisogno di sfogarsi e di raccontare a qualcuno – un’amica? – ciò che aveva provato quella sera di alcuni giorni prima.

Le due avevano discusso a lungo su quello che era successo e l’impressione che la mora aveva avuto era stata quella di trovarsi davanti a una ragazza sconvolta dalla verità dei suoi stessi sentimenti.

“Devi buttarti, se è quello che davvero desideri” aveva detto, a occhi chiusi, con l’aria di chi la sa lunga sull’argomento. “Quando, tempo fa, sono arrivata qui ad Amestris da Xing, ho dovuto...” e giù un racconto chilometrico, che parlava di coraggio, forza, delusioni d’amore, – citò anche Ed, ma Winry faticò a seguire il discorso – qualcosa con il nome di Alkaestry, se non andava errata, di persone dorate e di immortalità, discorso del quale la povera meccanica non capì assolutamente nulla se non il fatto che centrasse poco o niente con il suo problema. O almeno, così credeva lei.

Nonostante tutto, lei aveva annuito insicura, sia al prezioso consiglio, sia alla lunga serie di estratti del passato che May aveva a poco a poco srotolato, supportata dai gesti della piccola Xiao-May.

E dunque, secondo questo ragionamento, avrebbe dovuto lasciarsi andare ai propri desideri, alle emozioni del cuore, ai sogni di passate notti quasi insonni. Ne sarebbe stata capace? Sarebbe stata all’altezza delle sue stesse ambizioni?

L’erba umida le sfiorava ruvida le caviglie nude, in un’armonia di fruscii che profumavano tanto di casa e di natura. Sorrise, di nuovo, divertita – e forse un po’ delusa – da sé stessa.

Si era pure dimenticata di indossare le scarpe, oltre che fare il bucato. A Ed, un giorno, l’avrebbe fatta pagare, poco ma sicuro.

Un prepotente raggio di sole la colpì in pieno viso, filtrando tra le ampie foglie della lontana quercia imponente. Le foglie si muovevano liete, spinte da una forza a lei sconosciuta, dato che alcuna carezza di vento raggiungeva la sua pelle sensibile, quella mattina.

Socchiuse le palpebre meccanicamente, così come ormai era abituata a fare, in quei giorni dal cielo limpido e terso.

Aguzzò la vista, notando una sagoma distesa all’ombra del grande albero. Velocizzò il passo, fermandosi a pochi passi dal rialzo del terreno. L’erba strusciò sulle sue dita dei piedi, delicata, umida di gocce di rugiada.

La sagoma si mosse e un luccichio dorato raccolse tutta l’attenzione della ragazza. Il cuore di Winry cominciò a palpitare impazzito non appena riconobbe in quel corpo i capelli e l’automail di Edward, che risplendevano entrambi sotto alcuni spiragli di sole primaverile, che penetrava dalla folta chioma verde di fogliame.

Non si era accorto di lei, come al solito. Doveva essere completamente assorto nei suoi pensieri, a giudicare dall’espressione sognante che era dipinta sul suo volto.

Le gambe della meccanica si mossero, senza un motivo apparente, come se fossero dotate di una vita propria. Raggiunse l’ex alchimista, che alzò lo sguardo, sorpreso, fino ad incontrare quello di lei, che aveva lo stesso trasparente colore del cielo in quel momento.

Winry tremò visibilmente, tentennando a emettere suoni. Ed la squadrò confuso, facendo scivolare gli occhi color dell’oro su tutto il suo corpo.

Pochi secondi dopo, Winry si avvicinò definitivamente.

-          Posso sedermi qui?

Chiese lei, mente le sue guance si stavano lentamente pennellando di un porpora delizioso. Edward voltò la testa dall’altro lato, a sua volta imbarazzato.

-          Certo.

Mugugnò, senza guardarla. La meccanica obbedì alla sua stessa domanda, posandosi sul soffice manto d’erba. Il suo sguardo volò altrove, seguendo il contorno rotondo delle colline in lontananza, che si perdevano in una nebbiolina rosea.

Accarezzò i ciuffi smeraldo, strappandone alcuni e portandoli alle narici, quasi a voler amplificare quell’aroma splendente che lentamente la stava conducendo in un turbine senza entrata né uscita.

-          Ce l’hai con me?

Domandò Ed, ad un tratto, ruotando impercettibilmente il volto verso di lei. Winry inclinò la testa, confusa.

-          Cosa?

-          Sei arrabbiata con me?

-          No, certo che no. Dovrei?

-          No, assolutamente. Beh, non so.

-          Che stai cercando di dire?

-          Niente. Lascia perdere.

Scansò l’argomento, con fare – forse – falsamente disinteressato. La bionda si passò una mano tra i capelli ancora umidi. Si avvicinò di più a lui, così da poter sfiorare le dita della sua mano sinistra.

Edward sobbalzò al contatto, rabbrividendo piacevolmente. Era da una settimana, o forse di più, che non si rivolgevano una parola. Tutto era partito da quella situazione, talmente imbarazzante. E ora erano lì, insieme, silenziosi, quasi fosse uno di quei noiosi romanzi alla radio, dove i due amanti, probabilmente scoperti in tradimento, non hanno coraggio di parlare.

Inaspettatamente, Winry si sdraiò accanto a lui, posando la testa sul suo petto. Il cuore del ragazzo iniziò a cavalcare rumorosamente, indomabile, e lei se ne accorse. Sorrise, compiaciuta e rassicurata da quel suono caldo di cui non poteva più fare a meno.

Il respiro di Edward, forse un po’ appesantito, le solleticava il collo, procurandogli un meraviglioso senso di calore nel petto.

Chiuse gli occhi, perdendosi in quegli attimi di muta beatitudine, persa nel profumo d’erba bagnata di cui andava matta e che le faceva girare la testa, battere forte il cuore.

Edward, dal canto suo, non riusciva a trovare alcuna spiegazione a quell’assurdo comportamento. Fino al giorno prima, faticavano a guardarsi negli occhi e ora... lei era lì, tra le sue braccia, come se nulla fosse successo.

Le cinse la vita con il braccio destro, voltando tutto il corpo verso di lei, così da poterla abbracciare a dovere. Chinò il capo per essere in grado darle un bacio tra i capelli e odorare il dolce profumo del suo respiro.

La mente di Winry si perse nella confusione delle emozioni, annebbiata, smarrita, cullata dal calore eterno che quel ragazzo le stava donando. Smise di pensare, le riflessioni non servivano più.

Schiuse le labbra e le congiunse a quelle di lui, accarezzandole con estrema dolcezza, con la punta della lingua, quasi trattenendo il respiro. Edward ricambiò, sempre più sorpreso, accarezzandole la guancia sinistra, paonazza.

La ragazza s’allontanò da lui di pochi millimetri, ansimando e premendo l’alito sulle labbra dell’ex alchimista, semiaperte. Farfugliò qualche parola incomprensibile, finché non serrò definitivamente la bocca, prima di prendere un gran respiro e pronunciare due piccole parole, soffiate nell’attimo di un sussurro, contro le labbra del ragazzo – ormai uomo – che amava da sempre.

-          Facciamo l’amore...

Mormorò, arrossendo terribilmente. Ed smise di respirare, rimanendo immobile, a occhi sbarrati. No, era impossibile che lei avesse davvero detto...

No.

No.

No.

Era impossibile. Totalmente fuori dal mondo.

Eppure lei, quel suo sguardo, così deciso, benché impaurito, tenero, imbarazzato. Le guance imporporate, le mani tremanti, il sorriso appena abbozzato, i denti serrati sul labbro inferiore.

Il ragazzo allentò per un attimo la presa sul suo corpo, sorridendo appena, incredulo, probabilmente convinto di aver udito qualcosa di sbagliato.

-          Cosa?

Domandò, irrequieto, con la testa sospinta da miriadi di quesiti ed emozioni. Winry dischiuse brevemente le labbra, boccheggiando. Non trovava la forza di ripetere quella frase. Ed sospirò e abbassò gli occhi, ormai convinto d’aver sentito quella frase tanto agognata solamente nelle sue fantasie più remote.

-          Facciamo l’amore.

Ripetè lei, andando a fuoco ancora di più. L’ex alchimista alzò lo sguardo, incatenandolo con il suo, in una morsa di adorabile tepore. I pozzi blu della ragazza tremolavano, quasi fossero fatti d’acqua, di tenere gocce di pioggia.

Un debolissimo soffio di vento scompigliò per un misero istante i loro capelli, facendoli rabbrividire più del dovuto.

Un sorriso sussultante si dipinse sulle sottili labbra del ragazzo dai capelli d’oro, che avvicinò la punta del naso a quello di Winry. Arrossì, non più abituato a tale vicinanza con la ragazza.

-          Stai... cosa stai...?

Balbettò lui, non riuscendo a nascondere lo stupore e la gioia che avevano pervaso il suo corpo. Winry sorrise, posando la fronte su quella di lui.

-          Non sai per quanto tempo ho sognato questo momento. Quand’eri lontano da me, quando avevo paura per la tua vita, quando temevo che non ti avrei più rivisto, quando sei tornato a casa, quando sei partito di nuovo, quando mi hai donato il primo bacio. Mi sono sentita sempre parte di te, di noi. Come se questo posto, la nostra casa, fosse il luogo in cui dobbiamo vivere, l’uno per l’altra. Siamo soli, niente può disturbarci. Sono pronta, per te, lo sono davvero, come non lo sono mai stata. Ti amo e  voglio essere completamente tua.

-          Mi stai chiedendo di...

-          Sì, è così. Oddio, non so che sto facendo! So solo che, da quando sei tornato nella mia vita, il sole splende ogni giorno, anche quando piove. Tu sei il mio faro nell’oscurità, sei ogni battito del mio cuore, ogni respiro della mia vita.

Edward la osservava con occhi languidi, mentre sul suo volto prendeva forma un sorriso sempre più dolce. Si avvicinò a lei, baciandole con tenerezza il labbro superiore, per poi catturarlo tra le sue in un vortice meraviglioso.

Winry ricambiò il bacio e lo sguardo. Si posò a pochi millimetri da lui, puntando lo sguardo nei due preziosi occhi dorati. Le guance dell’ex alchimista raggiunsero il tono cremisi della palandrana rossa che indossava.

-          Winry ne sei sicura?

-          Più che sicura. Sono qui, siamo qui. Solo tu ed io, se lo vuoi.

Aveva preso la sua decisione, con un luminoso sorriso sul volto e un’immensa pace nel cuore.

In quel momento, tutto scomparve. Solo le loro due anime, legate da qualcosa ancora più forte dell’alchimia o della verità, fondatore, o come si usava chiamarlo, rimanevano a popolare il mondo, che appariva così diverso, allora, ai loro occhi, semichiusi.

Oro più prezioso e splendente nel blu più profondo. Una cosa sola, sapevano di esserlo sempre stati.

Ecco per quale motivo lei non avrebbe mai potuto considerarlo come un componente della sua famiglia. Un fratello non poteva far parte del suo cuore.

Ecco perché non era mai riuscita ad odiarlo. Non si può odiare sé stessi.

Ecco perché era riuscita a continuare ad amarlo sempre e sempre di più in quegli anni. perché Ed faceva parte di lei, della sua vita.

Del suo passato, del suo presente e del suo futuro.

Edward la sormontò con delicatezza, cingendole i fianchi con le braccia, mentre lei circondava i suo collo in un abbraccio indescrivibile.

Avvicinò il viso a quello di lui, catturando le sue labbra in un bacio senza scampo. Ed le accarezzava  dolcemente la schiena, divorando famelicamente le sue labbra, mordicchiandole piano con i denti.

Si liberò della palandrana e la gettò poco di stante da loro. Non produsse alcun rumore sull’erba umida. Baciò l’interno del suo collo, lambendo ogni centimetro della sua pelle, mentre lei si perdeva in un tumulto di sensazioni dall’aroma d’erba bagnata.

Ad un tratto, l’ex alchimista si placò. Silenzioso, tornò a guardare gli occhi azzurri come il cielo della ragazza, che subito si rischiararono in un sorriso lucente.

Tornò su di lei, carezzandola con baci a fior di pelle, infilando una mano tra i folti capelli biondi che stavano a poco a poco asciugandosi al tiepido calore della primavera inoltrata.

Aveva compreso tutto, gli era bastato un semplice sguardo.

Non servivano parole, non a loro.

Winry non avrebbe mai voluto rientrare a casa per compiere quel passo così importante per loro.

Troppi occhi indiscreti, troppe paure, troppe indecisioni, troppa tensione.

E soprattutto, sarebbe mancato il vero profumo di casa.

Il pizzicante aroma della resina degli alberi, il naturale profumo dell’erba dei campi, della terra e dei fiori che ricoprivano intere vallate. La fresca carezza del vento, il suono limpido del ruscelletto di campagna, il cinguettio dei passerotti. La morbidezza del prato, così intrisa di ricordi da farli quasi star male, gettati in una spirale che sapeva di passato, di corse sull’erba, di litigate, di giochi infantili, di abbracci, di notti insonni passate ad ammirare le stelle in compagnia dei migliori amici.

Le carezzò il profilo del fianco destro, sbottonandole la camicia candida, che si era macchiata d’erba, senza che lei se ne accorgesse. Sfiorò con le labbra l’incavo tra i seni, così delicati e bianchi ai suoi occhi.

Winry fece scivolare il palmo tiepido della mano sul petto nudo di Edward, mentre la canottiera grigia atterrava dietro di loro, ai piedi della grande quercia, e la corta gonnellina a pieghe scivolava ai loro piedi, quieta e silenziosa.

Una carezza, un bacio.

Un respiro spezzato, un dolce ricordo che faceva un tuffo nella memoria, per poi ritornare a danzare nelle loro menti, accompagnandoli verso il futuro.

Edward si allungò per afferrare la palandrana, che giaceva immobile appena al di fuori del cono d’ombra dell’imponente albero dietro di loro e coprì entrambi, cosicché Winry smettesse di tremare.

Ma non sapeva che il motivo per il quale lei fremeva in quel modo non era legata alla fresca brezza che soffiava tenue dalle montagne del nord, ma all’emozione che stava via via crescendo dentro di lei, che le offuscava la mente e la vista, in un’ondata di dolce piacere.

Un quieto silenzio regnava tra le colline, unico suono il friscìo dei loro corpi sull’erba, e la palandrana a coprirli, una coperta, un giacigli improvvisato. Il caldo tra quel color vermiglio acceso, il sole che si nascondeva tra le foglie, per poi ricomparire ancor più luminoso di quand’era scomparso.

Un sorriso, il suo. E in un attimo, il suo profumo intenso. Su di lei, dentro di lei.

-          Dimmi che mi ami, ti prego.

Un gemito, un sospiro, una lacrima. Si tocca la guancia, è già scomparsa. O forse, non è mai esistita. Parole rinchiuse nel cuore, suoni senza significato, emozioni che trafiggono l’anima, impregnata di antiche memorie e nuove speranze, sconosciute.

-          Ti amo!

La pelle calda, un movimento lento, familiare, contro il suo corpo, bollente. Il profumo d’erba bagnata, sempre più suo, sempre più dentro di lei. Le labbra, perse in una danza mistica, umida, inebriante, desiderosa, al ritmo dei battiti del cuore, sempre più veloci. Un brivido che percorre tutta la schiena, come se un potente getto d’acqua gelida lambisse la sua pelle, scossa dal trambusto delle sue stesse emozioni. Un fuoco nel petto, che bruciava ardente ad ogni bacio, ad ogni contatto.

-          Winry, dillo ancora!

Un bagliore di riflesso, una luce aurea, quasi celestiale. Due gioielli d’oro colato, due oceani turchini. Confusione, pensieri, parole, gesti, emozioni. Ricordi del passato che ritornano, che se ne vanno, dimenticati, ripescati da una vita ormai trascorsa. Speranze del futuro, una luce nuova, il sorriso di un bambino, un fiore, il sole. Una nebbia fitta, i pensieri dissolti, in un attimo, come neve al sole. Di nuovo il buio, a coprire la vista, una luce accecante, strappata alla memoria. Respiri veloci, forti, diversi. Un grido, silenzioso, serrato tra la gola e le labbra, diretto al cuore, senza ritorno.

-          Ti amo, Ed. ti amerò per sempre.

Un ultimo sospiro, e poi il nulla.

Silenzio, di nuovo.

Winry chiuse gli occhi, posandosi nuovamente sula petto scottante di Ed, che inclinò la testa fino a trovare quella della ragazza, accaldata. Un piccolo bacio, una carezza, nulla di più.

-          Anch’io. Per sempre.

Un ultimo sussurro, tra le labbra, perso nel vento che non soffia più. Il sole, la grande quercia. Un’ombra sottile, frastagliata, due cuori in tumulto, che piano riposano le loro ali stanche.

Un piccolo globo, silenzioso. Uno spiraglio di luce illumina i loro visi, placidamente addormentati.

Persi nel loro piccolo mondo, esattamente a metà tra sogno e realtà.

 

 

Siete davvero arrivati fino a qui? Se è così vi ringrazio davvero molto, a tutti voi che mi seguite. Siete la mia continua ispirazione J

Come avrete notato, ho inserito una specie di collegamento tra la parte iniziale e quest’ultima, come a sottolineare che Winry si ritrova immersa in un sogno, che sembra davvero più reale dei trascorsi. Ed è così, infatti.

So benissimo che lo stato delle frasi è confusionario, che salta un po’ da una parte all’altra, ma è intenzionale. Mi sono immaginata la mente di Win annebbiata, sconvolta da tutte quelle emozioni. Inoltre, mi scuso con i sostenitori della lemon, che magari si aspettavano i fuochi d’artificio. Ho anche provato a scrivere qualcosa di più esplicito, ma non ne sono stata capace. O almeno, non eni limiti della decenza xD. Per non modificare il raiting ho deciso quindi di scrivere qualcosa che lasciasse intendere, alludere a quello che è successo.

 

Spero che vi sia piaciuto questo capitolo 24. Ho davvero molta voglia di sapere cosa ne pensate. Lasciate un commentino, se lo desiderate ^^

 

Vi annuncio che manca poco alla fine, giusto due o tre capitoli. Continuate a seguirmi, oh miei dei dell’ispirazione! xD

 

Grazie a tutti, un bacio. J

 

Al prossimo capitolo,

MeggyElric___

 

   
 
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