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Autore: Gea_Kristh    29/11/2010    3 recensioni
E' passato un anno dalla fine della guerra, ma la tanto agognata pace non è destinata a durare. In India, una nuova minaccia mette in pericolo quanto di più caro Shaka possieda. La sua terra. La sua gente. I suoi ricordi. Il suo cuore.
Dal primo capitolo:
- Tornerò Raja, te lo prometto.-
Allora lo guardò; e il mare dorato che erano i suoi occhi brillava di lacrime trattenute. Shaka sorrise; non pensò, quando con la mano carezzò piano una guancia arrossata.
- Attenderò il momento in cui potrò rivederti ancora, Shaka. Non dimenticarti di me, io non lo farò.-
Sorrise, e con gesti aggraziati sfilò dal proprio collo una catenina d'oro; la ruota del dharma brillò alla luce del sole. [...]
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Virgo Shaka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bleeding Sunset'
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Con una settimanella di ritardo mi accingo ad aggiornare la mia storia. Sono senza speranza!
Il bello è che tra due giorni ho un bell'esame di quelli tosti, e invece di studiare sono qui... (T_T)
Eh... i drammi!
Vabbè, stendiamo un piumone pietosto.

Buona lettura,
Bea-chan

Bleeding Sunset - Occhi di Tigre
Capitolo 6 - La bambina dagli occhi di tigre


 – Visala! –

 Una risata cristallina risuonò nell’aria. Visala sorrise da sotto l’ampio cappuccio, calato sul volto per celare le sue fattezze.

 – [Che sollievo vedervi], – furono le sue prime parole mentre Rajani la raggiungeva e si inginocchiava dinanzi a lei, mettendosi così alla sua altezza – perché Visala era bassa e minuta, anche più della rossa; l’abbraccio che si scambiarono ebbe il potere di sollevare un peso dallo stomaco di entrambe.

 – [Eravamo così preoccupate,] – anche Sheetal si era accostata a loro; poggiò una mano sul capo della nuova arrivata, sorridendole.

 Il sole sorgeva lentamente, rischiarando l’ambiente.

 Visala abbassò il cappuccio, e i cavalieri la guardarono curiosi – una bambina?

 Dall’aspetto si poteva dire che avesse forse undici anni – nonostante questo, da lei emanava un’energia calma e rasserenante. Visala aveva capelli corvini raccolti disordinatamente sul capo, e lunghe ciocche sottili, sfuggite alla crocchia, le ricadevano sul viso giovane, ancora acerbo. La sua pelle era olivastra, scura nella fioca luce dell’alba.

 Una fascia di seta, nera come le vesti che indossava, le copriva gli occhi – era forse cieca?

 – [Lo ero anche io, non sapevo dove foste.] – La voce della ragazzina era, nonostante tutto, profonda. Quasi stonava con le sue fattezze bambinesche.

 Rajani aggrottò le sopracciglia. – [Come ci hai trovate?] –

 Visala accennò un piccolo sorriso; poi, con un gesto della mano, indicò qualcosa di ben nascosto alle sue spalle. Si scostò piano, e alla loro vista fu rivelata la figura di una bimba di forse tre anni che, spaventata, era avvinghiata alla gamba della mora.

 Sheetal spalancò gli occhi – perché lei aveva già visto quella bimba. Due volte.

 La bionda non fu la sola a riconoscerla.

 Rajani percepì qualcosa di strano, qualcosa che non aveva mai sentito, guardando negli occhi d’ambra della piccola. Si inginocchiò nuovamente a terra con un movimento fluido, senza interrompere il contatto visivo – oro nell’oro.

 – [Chi sei tu?] – Chiese in un sussurro.

 La bimba non rispose, non a parole comunque. Yashila, la sentì pensare Rajani.

 – Yashila, – ripeté Rajani. La bimba accennò piano con la testa, ma continuò a stringersi, quasi convulsamente, alla gamba di Visala.

 – Lei non parla. E’ venuta da me di notte, e tra le mani aveva il Sacro Vajra. – Visala parlò in greco per la prima volta, e la sua pronuncia era fortemente accentata.

 Rajani alzò gli occhi su di lei, un’espressione scioccata dipinta sul viso.

 Che quella fosse…? Tornò a guardare negli occhi di tigre della piccolina, e improvvisamente le fu chiaro: le visioni, la connessione che sentiva… Non era un caso. Non poteva esserlo.

 – [Tu dovevi trovare me, non è vero?] – Sussurrò mentre la comprensione le tingeva il volto.

 Yashila annuì piano. Nella sua mente Rajani vide l’immagine di una donna divina, il corpo dalle dieci braccia circondato da un’aura candida ed immensa; sentì chiaramente le sue parole: trova la mia bambina. Durga le era quindi comparsa? Sì, Rajani sapeva che era così.

 Yashila si scostò lentamente dalla gamba di Visala. Si portò la minuscola manina al cuore, poi l’appoggiò sul petto della ragazza. Rajani annuì.

 – Sì, è così, piccola sorella, – disse più a sé stessa che alla bambina.

 Yashila prese allora qualcosa dalla piccola sacca che aveva sulla schiena; qualcosa che, nelle sue manine, sembrava enorme.

 Il Vajra risplendette dei primi raggi del sole: completamente realizzato in oro e gemme preziose, catturava la pallida luce del mattino. Yashila glielo porse, perché quello era il compito che le era stato affidato.

 La sacerdotessa di Durga fissò con meraviglia e reverenza l’arma sacra; allungò piano la mano verso quell’oggetto apparentemente innocuo. Non appena la punta delle sue dita sfiorò il metallo istoriato, fu come se il Vajra prendesse vita: una poderosa esplosione di luce investì gli occhi di chi, stupito, fissava la scena. Durò un solo istante, ma quell’attimo eterno fu per Rajani quasi una rinascita: il suo cosmo esplose e si espanse, mentre chiudeva gli occhi, una sensazione di meravigliosa completezza a pervadere tutto il suo corpo. L’arma era parte di lei, parte di ciò che la Devi le aveva donato.

 Riprese il controllo di sé stessa immediatamente; si sollevò in piedi, il Fulmine Diamante stretto nella mano.

 Neanche si era resa conto che Sheetal a Visala si fossero allontanate, raggiungendo i cavalieri alle sue spalle. Le vide parlottare concitate con Mu e Shaka.

 Rajani sapeva cosa doveva fare; il dono di Durga non era casuale – nemmeno l’arrivo di quella bambina lo era.

 Yashila la fissava, i grandi occhi d’ambra sgranati. Era immobile. Rajani si chiese se si rendesse conto di cosa stava accadendo, poi si castigò mentalmente; sì che se ne rendeva conto. Non c’era forse passata anche lei?

 L’immagine di un’altra bambina si sovrappose allora a quella di Yashila nella sua mente: una piccola bimba dai lunghi capelli rossi e la pelle chiara, gli occhi di tigre sgranati nel fissare impaurita qualcuno stringere tra le mani il Vajra.

 – Qualsiasi cosa vediate, – disse in direzione dei cavalieri, alzando la voce, – non intervenite. –

 Prese un profondo respiro, preparandosi a quel gesto. La fine e l’inizio. Il Risveglio.

 Chiuse gli occhi e sollevò la mano che stringeva il Vajra: l’arma prese a rilucere piano, il cosmo che Rajani gli infondeva lentamente portandolo alla vita.

 Il Vajra era un’arma portentosa: nulla poteva resistere alla sua forza divina – avrebbe perforato qualsiasi ostacolo sul suo cammino senza esserne scalfito: era chiamato Fulmine Diamante.

 Rajani recitò a voce bassa le parole rituali di ringraziamento verso la Devi. Aprendo gli occhi si concentrò sulla piccola figura di fronte a lei.

 Doveva essere fatto.

 Calare l’arma su una bambina non era qualcosa che Rajani avrebbe mai pensato di essere in grado di fare; quando Yashila cadde a terra, un’espressione agonizzante dipinta sul viso, il corpo paralizzato dal dolore lancinante, Rajani rivisse con lei il ricordo di quella morte atroce.

 Sentì alle sue spalle l’agitazione dei cavalieri; urla risuonarono nell’aria, ma non se ne curò.

 Scie di lacrime brucianti rigavano il viso della bambina; il suo corpo a terra si contorceva privo di controllo, bagnandosi nella pozza scarlatta del suo stesso sangue. Gli occhi erano sgranati e rossi, il viso sporco del liquido che continuava a uscire dal foro sulla fronte.

 Rajani si sentì male a quella vista, ma si impose l’immobilità; quello era l’ordine delle cose. Nulla poté però impedirle di ricordare: e, con gli occhi della sua mente, rivide sé stessa, riversa a terra, urla agonizzanti a spezzare il silenzio di quella che era stata un’alba di sedici anni prima. Anche solo il ricordo di quel dolore era atroce.

 Lentamente, troppo lentamente, i gesti convulsi di Yashila persero forza.

 Rajani continuò a guardarla, impassibile, mentre la morte l’abbracciava. Si sentiva leggera. La voce di Sheetal raggiunse le sue orecchie; era distante, ovattata, e Rajani in quel momento non riuscì a dare un senso a quei suoni.

 – Occorre morire per poter rinascere. –

 Passò un’altra agonizzante manciata di secondi; poi Yashila si bloccò: morì.

 Rajani prese un profondo respiro. Si sentiva sollevata; quel dolore… non sarebbe più tornato.

 Partì dalla sua fronte: proprio lì, tra gli occhi, dove l’arma sacra aveva perforato di netto pelle e ossa, il sangue iniziò ad aggrumarsi lentamente; cristallizzò piano, e brillò di luce propria.

 Quando un respiro rantolante scosse il corpo di Yashila, sulla sua fronte il bindi sacerdotale risplendeva: un piccolo rubino, rosso come il sangue dal quale era nato.

 Aprì infine gli occhi d’ambra e si levò a sedere; il suo respiro era affannato, e il corpo le tremava di freddo e fatica, ma già la sua pelle aveva ripreso colore. Non aveva occhi che per Rajani.

 Benvenuta al mondo, Sorella di Sangue, – iniziò lei, la voce seria e ferma, – Figlia della Devi nel segno di Durga. –

 Yashila le si fiondò tra le braccia, e lei l’afferrò al volo, stringendola a sé con forza e affetto.

 Sheetal le fu accanto in un istante; Rajani abbassò lo sguardo sulla bimba che ancora la abbracciava, e spostò il suo peso in modo da tenerla con un solo braccio. Il sangue che ormai le ricopriva entrambe andava incrostandosi; ci voleva un bagno.

 – L’avevo visto, – le disse mentre si riavvicinavano ai cavalieri di Atena.

 La rossa annuì: ricordava la visione nella quale la bambina dagli occhi d’ambra moriva; ricordava la sua espressione di dolore.

 Gli occhi dei cavalieri erano cupi; la fissavano insistentemente, a metà tra l’essere increduli e rivoltati.

 Shaka le strinse una mano con la sua, e quel piccolo gesto ebbe il potere di darle forza. Sorrise in direzione degli altri: – Mi dispiace. Non avrei voluto farvi assistere a questo spettacolo, ma è stato inevitabile. –

 – E’ stato… raccapricciante. – Rajani annuì alle parole del cavaliere del Leone.

 – Sono d’accordo, – disse semplicemente.

 – Non ti sei scomposta più di tanto, sacerdotessa. –

 La ragazza fissò per un lungo momento gli occhi di Death Mask. – Scompormi non avrebbe ridotto il suo dolore, né l’avrebbe aiutata in qualunque modo. L’unica cosa che potessi fare era patire con lei nel ricordo del Risveglio; anche se da quell’alba sono passati più di sedici anni ormai. –

 Calò il silenzio alle parole dell’indiana, mentre i cavalieri osservavano ora con una nuova consapevolezza il bel rubino incastonato nella sua fronte.

 – Ho qualcosa che vi appartiene, – iniziò Visala dopo qualche momento. Dalla sua sacca di seta nera estrasse un sacchetto d’organza rossa e lo porse a Rajani; poi uno in velluto bianco e lo diede a Sheetal. – Mi spiace, non ho potuto portare altro. –

 Le due ragazze sapevano cosa era contenuto in quelle piccole e vecchie borse: conservavano lì i loro pochi averi, le cose a cui tenevano – gioielli tramandati da generazioni di sacerdotesse, pettini d’avorio, boccette di itra.

 Dhan'yavāda Visala.

 Ho bisogno di fare un bagno, – esordì Rajani dopo un momento di pausa, la voce di nuovo serena, – e anche la piccola sorella ne ha. – Sorrise verso Yashila. La bimba se ne stava accoccolata contro la sua spalla, gli occhi chiusi, e con la manina giocava con una ciocca di capelli rosso scuro – nella fretta, Rajani non si era fatta la sua solita treccia, e la chioma le ricadeva folta e riccioluta lungo la schiena.

 – Andrò personalmente ad informare Milady dei nuovi sviluppi; c’è da aspettarsi un aggiornamento del Chrysos Synagein il più presto possibile. –

 Rajani sospirò, ma annuì in direzione di Dohko.

 La camminata fino alla Sesta casa avvenne in silenzio. Quando la raggiunsero, Sheetal si offrì di preparare un tè, mentre Rajani si chiuse nel bagno assieme alla piccola Yashila. Quando ne uscirono, ripulite e profumate di mirra, si accomodarono nel piccolo salotto dove, attorno ad un tavolo circolare, sorseggiarono la bevanda calda, chiusi in un mutismo insistente.

 Visala inalò l’odore dolceamaro del tè; sospirò. Parlò in Hindi, poiché erano presenti solo persone che la avrebbero capita: – [Pensate che questo Tempio possa ospitare anche me?] –

 Sheetal si voltò verso Shaka, attendendo che rispondesse. Questi annuì, piano: – [Atena è una dea giusta; non permetterebbe ai nemici di nuocere ai suoi alleati.] –

 Yashila se ne stava intanto seduta accanto a Rajani. Avvolta da una maglia troppo grande per lei, lanciava occhiate curiose al biondo che, di fronte a lei, sorseggiava elegantemente dalla sua tazza. Nel notarlo Rajani si lasciò scappare un risolino; Sheetal la guardò curiosamente, e lei per tutta risposta indicò la bimba. Proprio in quel momento Yashila alzò di nuovo lo sguardo su Shaka, per poi abbassarlo in tutta fretta, trovando improvvisamente molto interessante il marmo del pavimento. Sheetal non si trattenne: scoppiò a ridere, scompigliando allegramente i capelli sulla testolina della bambina. Persino Visala si lasciò andare a una breve risata.

 Leggendo la domanda nella mente di Yashila, Rajani le rispose: – [Sei molto buffa e carina, piccola sorella.] –

 La piccola arrossì, e non si trattenne dal lanciare un’occhiata verso il bel biondino. Rajani ridacchiò ancora.

 – [Anche Shaka è molto carino, vero Yashila?] – Le chiese.

 La piccola si nascose un po’ dietro alle spalle della rossa, però annuì. Sheetal rise ancora di più nel notare il pallido rossore sulle guance del fratello.

 [Perché tieni gli occhi chiusi? Non ci vedi?] Pensò distrattamente Yashila in direzione del cavaliere. Non si aspettava una risposta – nessuno prima di Rajani aveva mai sentito i suoi pensieri; per questo rimase molto stupita quando Shaka parlò.

 – [Ci vedo. Li tengo chiusi per concentrazione.] –

 La piccola sbatté le palpebre qualche volta; quando comprese che il ragazzo le aveva risposto sorrise, deliziata. Volle quindi riprovare. [Ma come fai se hai gli occhi chiusi tutto il tempo?]

 – [Percepisco chiaramente tutto ciò che è attorno a me.] –

 Yashila piegò la testa di lato, cercando di capire. Si voltò poi a guardare Visala che, sorridendo, continuava a bere il suo tè. [Anche tu tieni gli occhi chiusi per concentrarti?]

 La bambina non sapeva se la mora avrebbe risposto; non lo aveva fatto quando l’aveva incontrata per la prima volta.

 Fu la voce di Rajani a parlarle infatti: – [No, piccola sorella. Visala non può vedere con gli occhi.] –

 La mora allora poggiò la sua tazza sul tavolino, sorridendo verso la bambina. – [Sento che sei preoccupata, Yashila. Non esserlo; io vedo molto bene con la mia mente.] –

 [Come si fa a vedere con la mente?]

 – [Sono doni, piccola sorella. Come il mio dono di poter leggere quello che pensi; doni che vanno affinati con allenamento e fatica.] –

 [Io ho qualche dono, maestra?]

 Rivolgersi così a Rajani le risultò naturale, e Yashila non si fece molte domande in merito; sentirsi chiamare in quel modo stupì però la rossa. Sulle sue labbra si aprì spontaneo un sorriso.

 – [Sì, piccola sorella. Hai molti doni.] –

 



 

 L’ennesimo Chrysos Synagein stava per avere luogo. Rajani, sospirando, si chiese la reale utilità di una riunione nella quale nessuno prendeva decisioni; ma tacque, grata dell’ospitalità di Atena e disposta, per onorarla, a sopportare quel piccolo sfoggio di ipocrisia. Lei meglio di altri comprendeva la sensazione di impotenza che tutti parevano provare di fronte a quell’insolita situazione.

 Saori Kido non parve scomporsi alla notizia dell’arrivo delle due sconosciute. Dohko l’aveva già messa a parte degli avvenimenti di quella mattina. Richiese comunque che queste si presentassero ufficialmente di fronte a lei.

 Visala non esitò, come prima di lei non lo avevano fatto le altre due, e rispose con serenità ed orgoglio: – Sono Visala, Sacerdotessa del Grande Tempio della Devi sotto il segno di Sarasvati, Maestra delle Arti e Portatrice del Vero. –

 Lady Saori annuì, poi rivolse il suo sguardo sulla bambina che, seduta sulle gambe di Rajani, osservava con occhi sgranati la magnificenza di quella sala.

 – Permettetemi, Lady Saori, di presentare Yashila, – disse la sacerdotessa, ben conscia dell’impossibilità di parola della bambina. Al cenno di capo della ragazza, Rajani continuò: – Yashila è da oggi mia allieva, e futura sacerdotessa della Devi. E’ rinata questa mattina sotto il segno di Durga. –

 – Perché è qui? –

 – La Devi le ha affidato il compito di cercarmi, e di consegnarmi una delle armi sacre. –

 – La bambina mi ha trovata nei miei alloggi. – Visala si sforzò di parlare in greco. – Non l’avevo mai vista prima; sono rimasta molto meravigliata quando mi ha mostrato il Vajra. Poi mi ha presa per mano, e io ho visto chiaramente le sue intenzioni. Ho preso alcune cose e ci siamo allontanate dai confini del Tempio. – Fece una piccola pausa, come a cercare le parole. – Erano Ilesh e Kanak di guardia, e quando ho detto loro che avevo voglia di passeggiare per contemplare la situazione non hanno dubitato le mie parole e ci hanno fatte passare. – La ragazzina sorrise sardonica. – Perché dubitare delle parole della Portatrice del Vero? In fondo io non posso mentire. –

 Rajani aggrottò la fronte. – Se tutto questo si risolverà in bene dovrò fare una chiacchierata con quei due. –

 Visala sorrise. – Non essere troppo dura. –

 – Come siete giunte fin qui? –

 Visala voltò il capo verso il Grande Sacerdote. – Yashila ci ha teletrasportate fino a un sentiero in un bosco. Da lì ha camminato a lungo, ed io l’ho seguita. Infine siamo giunte dove voi ci avete… accolte. –

 – Chiedo scusa per il mio approccio poco amichevole, sacerdotessa. Non avevo idea di chi foste. –

 Visala scosse il capo in direzione di Mu, un sorriso gentile sulle sue labbra. – Non preoccupatevi. E’ comprensibile. –

 – Che notizie porti da Varanasi? – Domandò Sheetal.

 L’espressione di Visala si incupì visibilmente. – Non sono buone notizie. Sadhira è preda della sua stessa follia; porta avanti questa inscenata del vostro tradimento… è così palese la sua menzogna! Non avreste avuto motivo di uccidere Avani in quel modo orribile, – sospirò e abbassò tristemente il capo. – I funerali si sono tenuti due giorni dopo la vostra partenza. E’ stata una cerimonia rivoltante, – con rabbia strinse i pugni, – non una persona sincera a ricordarla! Non una a cantare la sua vita! Mi sono rifiutata di presenziare; ho pregato per la sua anima, e mi sono permessa di bagnare le sue ceneri con le acque del Gange. Nessun’altro lo aveva fatto. –

 Gli occhi di Rajani mandavano scintille; Sheetal si portò una mano alla bocca, reprimendo un singhiozzo.

 – Dopo le cose sono peggiorate. Sadhira ha emanato un ordine di morte nei confronti delle traditrici e ha dispiegato parte della Guardia per cercarvi. Hanno portato il caos nell’intera Varanasi; senza risultati, chiaramente. Non hanno idea di dove ci troviamo. – Visala fece una pausa. – Nemmeno io ce l’ho, a dire il vero. –

 Il Grande Sacerdote la fissò stralunato per un momento prima di lasciarsi scappare un sorriso sarcastico. Prima che potesse rispondere Visala continuò: – Non voglio saperlo. Siamo in Grecia e questo è chiaro; altrettanto lo è che ci troviamo nel Tempio di Atena. Tanto mi basta. – Sorrise. – Affidare a me delle informazioni è rischioso. Io non posso mentire. –

 Dohko annuì, colpito da quella ragazzina.

 – Ciò che mi sfugge, – a parlare fu Camus, – è il perché la vostra Grande Sacerdotessa non abbia pensato che tu non saresti stata ingannata dal suo controllo mentale. Se quello che dicono ti te è vero, non ti si può mentire. –

 Visala annuì. – Sadhira ha abbandonato la ragione. Accanto a… quel mostro si sente invincibile. Lui alimenta i suoi poteri in modo spaventoso. Ma i doni che la Devi mi ha concesso sono assoluti: non posso mentire e non mi si può mentire. Non importa quanto loro tentino di occludere la mia mente: io vedrò sempre la verità nelle parole e negli intenti. –

 – Tu l’hai visto Visala? –

 – Mahishasura? Oh, sì. – Visala rispose alla domanda di Sheetal. – Sadhira è stata abile, bisogna dargliene atto. Ha intessuto una trama molto fitta nelle loro menti.  Non si chiedono nemmeno chi sia quel demone! E’ proprio lì, davanti ai loro occhi… ma loro non vedono. –

 Ci fu un attimo di silenzio.

 – Rajani, – la mora catturò l’attenzione della sacerdotessa, – qui, davanti a queste persone, tu devi fare una promessa. –

 La rossa guardò stupita la compagna, ma la esortò a continuare. – Promettimi che, quando arriverà il momento, tu non avrai pietà per quell’essere; promettimi che le future generazioni non vivranno mai l’orrore del suo dominio. – Prese un respiro. – Promettimi che non fermerai la tua mano come Durga fece nei tempi remoti. –

 Rajani la guardò seria. – Io compio il volere della Devi, – esordì. Sorrise, e quel sorriso aveva qualcosa di sinistro, – ed Ella non concepisce pietà alcuna per coloro che trasgrediscono le Sue leggi. Prometto di combatterlo finché nel mio corpo avrò la forza di farlo; prometto di ucciderlo o per sua mano essere uccisa, – strinse con rabbia un pugno, – e che Durga guidi la mia mano. –

 Visala continuò a tenere il capo voltato verso di lei; poi l’abbassò, e sussurrò piano: – [Che Shakti ti protegga, Sacerdotessa della Tigre.] –

 Sheetal, accanto a lei, le poggiò una mano sul capo. – Andrà tutto bene, vedrai. –

 – Non dimenticate che io ho concesso il mio appoggio per la vostra situazione. – Saori Kido, per la prima volta, rivolse loro un sorriso. – Non sarete sole. –

 – Non lo dimentichiamo. Affatto. Però… – Rajani sospirò. – Alla fine so che sarò io a combattere con lui. Così è scritto. Durga nacque dalla luce dei Deva perché adempiesse a quel compito; e lei sola può farlo. –

 – Ma tu non sei Durga. –

 – Ma io sono la sua mano in Terra. Durga compie il suo volere per mio tramite. – Rajani sorrise verso Dohko. – Non preoccupatevi per me, io so come cavarmela. Vorrei solo avere le armi sacre con me; ma il Fulmine Diamante è qui e tanto mi basterà. –

 – E ora aspettiamo. – Sheetal catturò l’attenzione di tutti.

 – Cosa? – Domandò qualcuno.

 – Il futuro, ovviamente. – La bionda sorrise. – La mia visione parla chiaro: Arun e Ashwini giungeranno fin qui, a noi il compito di accoglierli. –

 – Non uccideteli, – la voce di Rajani era triste ed autoritaria al tempo stesso. – Se moriranno sarà per mano mia. –

 Nessuno osò replicare.

 



 

 Visala trovò alloggio alla Tredicesima casa – nella Sesta, purtroppo, non c’era altro spazio per accoglierla. Yashila si rifiutò invece di essere separata da Rajani, e quella notte dormì beatamente accoccolata tra lei e Sheetal.

 Il suo primo incontro con il piccolo Kiki fu esilarante: lei non parlava e lui sapeva a malapena due parole di Hindi; nonostante tutto, nell’incomprensibile linguaggio dei bambini, riuscirono a capirsi e a stringere amicizia da subito.

 Nonostante la sua incredibile timidezza, soprattutto nei confronti degli adulti, Yashila fece molte nuove conoscenze al Tempio. C’era Mu, che era sempre gentile e riusciva a sentire quello che pensava, anche se non parlava molto bene la sua lingua; poi c’erano due che erano uguali ed erano belli, e lei adorava toccare i loro capelli lunghi; un altro si chiamava Milo e ogni volta che la vedeva la riempiva di attenzioni, anche se all’inizio le faceva un po’ paura.

 Imparò così le prime parole di greco, con l’aiuto di Kiki e della valanga di espressioni che i due gemelli le rivolgevano ogni volta che lei si metteva a giocare con le loro ciocche di capelli. Però non la trattavano mai male, quindi lei continuava.

 A Yashila i capelli lunghi piacevano tanto. C’erano quelli della sua maestra che erano bellissimi, anche se li portava sempre in una treccia, e lei li avrebbe voluti così. Anche quelli di Mu erano stupendi, però aveva timore a toccarglieli; non che il maestro di Kiki fosse cattivo, però sembrava quasi un angelo e lei si sentiva a disagio con quella persona così lucente.

 I capelli più belli di tutti erano quelli di Shaka. Anche Sheetal aveva i capelli che sembravano fatti d’oro, però quelli del ragazzo le piacevano di più; ma non glieli avrebbe mai toccati, quindi si accontentava di quelli della ragazza.

 Con questi pensieri nella testa Yashila guardò la sua maestra preparare la cena. A quasi una settimana dal loro arrivo al Grande Tempio, Visala e Yashila avevano preso l’abitudine di consumare i pasti nella Sesta casa.

 A cucinare era solitamente Rajani – l’unica che sapesse preparare qualcosa di più di una tazza di riso senza far esplodere la cucina.

 Quella sera Sheetal tardò ad arrivare. Quando lo fece la sua espressione era strana, ed un sorriso le ornava il bel viso, ma a nessuno volle raccontare dove fosse stata.

 


 

 Il suo incontro con il cavaliere della Dodicesima casa era stato proficuo, e Sheetal si sentiva soddisfatta. Aphrodite aveva insistito per regalarle una delle sue rose e lei, dopo un attimo di esitazione, aveva accettato. Il ragazzo era stato molto carino: le aveva porto una rosa rossa priva di spine, dal profumo soave e inebriante. L’aveva annusata con cautela: piombare nello stato divinatorio in quella situazione non sarebbe stato opportuno; nulla era però accaduto, e Sheetal pensò che probabilmente il quantitativo di veleno di un’unica rosa non era sufficiente ad alterare la sua coscienza.

 Scese con calma i gradini del Tempio, il fiore appuntato nella crocchia di capelli che Aphrodite le aveva scherzosamente fatto. Quel ragazzo era più di quello che appariva, su questo non c’era alcun dubbio.

 Iniziò a sentire la musica non appena entrò nella casa dell’Acquario. Che melodia meravigliosa! Così dolce e carica di passione… Chiunque stesse suonando quel pianoforte aveva molto talento.

 Sheetal nemmeno si rese conto di essersi fermata ad ascoltare. Inconsciamente si avvicinò alla fonte di quella melodia dal ritmo a tratti lento, a tratti sostenuto; ne rimase affascinata in maniera indelebile. Possibile che la sentisse risuonare nella sua anima?

 Dietro ad una porta aperta per metà scorse infine l’artista di quella musica così bella e soave: lo vide suonare un lucido pianoforte a coda, nero come la pece, con mani agili e affusolate; aveva la schiena dritta e sedeva con una compostezza innata mentre, con gli occhi socchiusi, lasciava le dita correre sui tasti d’avorio. Teneva i capelli legati in una coda bassa, e piccoli occhiali da lettura gli conferivano un’aria da intellettuale che non stonava completamente con la sua figura.

 Sheetal non trovò mai un uomo tanto elegante quanto Camus lo era quella sera.

 Bruscamente la melodia si interruppe. Il cavaliere dell’Acquario si voltò velocemente nella sua direzione.

 – Mi dispiace molto averti disturbato, cavaliere, non era mia intenzione. – Cercò le parole. – La tua musica… è meravigliosa, davvero. L’ho sentita qui, – Sheetal si portò una mano al petto e gli sorrise.

 – Grazie, – rispose laconicamente lui.

 – L’hai scritta tu? –

 Lui annuì, sfilandosi gli occhiali. – Sublime, – commentò. –Non ti disturbo oltre, cavaliere, arrivederci. –

 Camus le indirizzò un cenno con la testa; rimase qualche momento immobile, ascoltando i passi di lei allontanarsi, prima di riprendere a suonare.



Bene!
Questa sarà l'ultima volta che inserirò le risposte alle recensioni a fine capitolo. Penso proprio che utilizzerò la nuova casella di messaggi integrata nel sito prossimamente.

Grazie mille a:
ashar: Mi sento lusingata, davvero! Grazieeeeeeeeee!!! Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento!
winnie343: Già! Povero Seiya! Lo maltratto sempre! (XD) Sono contenta che le mie protagoniste ti piacciano. Purtroppo alcuni capitoli "di transizione" sono necessari a definire per bene l'ambiente... un male necessario, diciamo. :-)

Alla prossima,
Gea Kristh a.k.a. Bea-chan

   
 
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