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Autore: alister_    30/11/2010    2 recensioni
Raccolta di one-shot sui personaggi di Tekken.
#1: La donna accattivante della sera prima pare essersi persa nella notte, ma la cosa che più la infastidisce è quella tonalità spenta che torna ad infestarle lo sguardo e sembra dar voce a quel senso di fastidio che cerca di reprimere da quando si è svegliata.
#2: Jin Kazama, pensa, mentre svita meccanicamente la base della caffetteria. Si ricorda ancora della prima volta che l'ha visto, solitario e vagamente imbronciato all'angolo del ring, mentre suo nonno si prodigava in una delle sue solite esibizioni di forza mettendo al tappeto il mal capitato di turno.
#3:E' una serie di stereotipi viventi che si danno il cambio. La sua fornitura di maschera a forma di farfalla sembra non esaurirsi mai.
#4: Quando ha visto suo figlio, non ha provato niente. Steve Fox è solo un nome sulla carta, un incarico che non ha portato a termine perché confusa da una rivelazione improvvisa. Niente di più.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna Williams, Emily Rochefort, Julia Chang, Nina Williams, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Julia Chang]

Coffee


 

 

 

 

In basso, nell'angolo destro. E' un piccolo sprazzo di nebbia che ombreggia la sua visuale e la infastidisce e lei vorrebbe rimuoverlo, ma non ha la voglia, né il tempo, di alzarsi e recuperare la custodia degli occhiali. La cerca mentalmente, senza staccare gli occhi dal suo pc, e ne conclude, dopo una breve ricerca, che molto probabilmente se ne sta a languire in fondo alla sua borsa, quella con le perline e le frange che sua madre le ha regalato per Natale, in mezzo a tutti quei libri che le servono per la tesi.


Si rassegna a convivere con quella macchia sulle lente destra, e in tutta risposta sposta lo sguardo più a sinistra. Odia le macchie sugli occhiali, ma ancora di più odia le lenti a contatto, e quell'insopportabile mezzora passata ad aprirsi a forza gli occhi per cacciarci dentro quel guscio sottile e scivoloso, quel perenne senso di fastidio e irritazione che, come una ciglia fastidiosa, non l'abbandona finchè non si pizzica gli occhi per levare i gusci ormai secchi e tornare alla sua vecchia e ammaccata montatura. Combattimenti, ricorrenze dei Nativi e cerimonie di gala a cui il suo datore di lavoro, Lee Chaolan, la costringe di tanto in tanto: sono queste le uniche circostanze in cui accetta di scendere a patti con quelle diavolerie.


Cerca di tornare a concentrarsi sulla schermata di numeri e diagrammi che si trova davanti ma è inutile: la statistica è soporifera. Sin da piccola ha sempre avuto aspirazioni modeste: il suo unico desiderio era fare l'archeologa, passare le sue giornate a scavare sotto il solo cocente della sua amata Arizona e trovare qualche vecchio vaso tribale da spennellare e portare al suo professore al college. E invece la storia della riforestazione le aveva preso la mano, e così si ritrova invischiata nei loschi affari della G Corporation, impegnata da anni in un progetto che le risucchia l'anima, e lontana ancora dall'ottenere la sua tanto desiderata laurea, a scrivere una tesi che ormai nulla ha a che fare con i vasetti aztechi e i monili indiani.


Avrebbe dovuto ascoltare sua madre e starsene lontana dai Mishima. Ma Michelle era stata la prima a dare il cattivo esempio, correndo da Heihachi Mishima per torchiarlo e sparendo in circostanze misteriose: quella era stata la molla che l'aveva spinta a iscriversi al suo primo torneo, a far sì che l'Iron Fist Tournament diventasse un'abitudine, una fuga dalle ricerche e dallo schermo del computer e un'occasione per rivedere quelli che per lei erano ormai diventati amici, neanche si trattasse di una cena di ritrovo tra vecchi compagni delle superiori. Eppure le fa sempre piacere rivedere Xiaoyu, l'amica di sempre, e lasciarsi convincere a consolarsi dalle fatiche da ricercatrice abbracciando quell'ammasso di pelouche che è Panda- perchè sì, ammettiamolo, è il sogno di tutti abbarbicarsi ad un panda!-, vedere come se la passa Christie, salutare King, osservare da lontano l'ultima litigata tra le sorelle Williams, ascoltare gli improperi che Asuka riversa, a turno, sul nemico, il cugino o la rivale, chiedersi a chi andrà, per quell'edizione, il premio di personaggio più strambo del torneo. Qualsiasi cosa pur di staccare la spina.


E' ossessionata dal lavoro, se ne rende conto da sola e sua madre glielo fa notare almeno due volte al giorno durante le loro brevi ma immancabili telefonate.

“Hai vent'anni, Julia. Per l'amor del cielo, trovati un ragazzo, fatti delle amiche ed esci di casa!”

Di nuovo, Michelle ha ragione, ma lei, irrimediabilmente presa dal lavoro, non riesce a frenarsi. E ormai non può più.


Non ha detto a sua madre di come Lee Chaolan, qualche mese fa, le abbia proposto di lavorare come sua spia. Sa che lei non l'ha mai visto di buon occhio, considerandolo solo un altro dei Mishima, e che cercherebbe in ogni modo di farle cambiare idea, di allontanarla da quello che per lei è solo un incarico pericoloso. E Julia non è intenzionata a farlo.


Lee Chaolan le ha parlato facendo sfoggio di tutte le sue carismatiche doti oratorie, ma l'ha fatto con sincerità. Non è solo mosso da una secolare antipatia nei confronti del fratellastro, né dall'odio maturato con gli anni verso tutti i Mishima; è sinceramente preoccupato dalle due potenze opposte che si sono venute a creare. Mishima contro Mishima, diavolo contro diavolo: il pensiero di vedere padre e figlio l'uno contro l'altro mette i brividi, e la profezia della vecchia c'entra solo fino ad un certo punto.


Ha sempre avuto un doveroso rispetto per la tradizione religiosa del suo popolo, ma non è mai stata superstiziosa. Da ricercatrice qual è, crede nel potere della mente umana, non nella preveggenza o in altre sciocchezze. Eppure le parole di quell'anziana signora, pronunciate con voce ormai arrochita e tenebrosa, le tornano in mente la sera, quando stremata si infila sotto le coperte, e, accompagnate dalle immagini dell'ultima glaciale apparizione pubblica di Jin, le impediscono di dormire tranquillamente.


Sospira, chiudendo rassegnata il portatile. Lo lascia acceso, sa che tornerà presto a lavorare, o alla sua tesi, o alla sua ricerca, o al suo rapporto per Lee- la scelta è vasta- ma ora ha bisogno di una tazza di caffè per schiarirsi le idee. Un tempo beveva solo del sano thè, ma nell'ultimo anno ha capito che se vuole rimanere in piedi ha bisogno di una discreta dose di caffeina. Ora che ha staccato gli occhi dallo schermo si accorge che si è fatta sera e che la sua camera è ormai diventata completamente buia. Finalmente la macchia sulla lente smette di darle fastidio, mentre esce dalla stanza facendo affidamento unicamente sulla sua memoria. In soggiorno accende la luce e trova senza difficoltà la borsa, gettata sul piccolo divano a due posti, dove il suo gatto Pancho dorme placidamente ormai del tutto mimetizzato. Le sfugge un sorriso e decide di non disturbare il suo coinquilino e di tenersi gli occhiali sporchi, o di pulirli, al massimo, con uno tovagliolo di carta in cucina- azione assai dannosa per le lenti, ma di cui ormai, viste le condizioni in cui si trovano, le importa ben poco.


La macchinetta del caffè rotta è la peggior perdita che potesse subire: si deve sforzare di prepararselo da sola, perchè anche il suo fidato termos è totalmente vuoto.


Jin Kazama, pensa, mentre svita meccanicamente la base della caffetteria. Si ricorda ancora della prima volta che l'ha visto, solitario e vagamente imbronciato all'angolo del ring, mentre suo nonno si prodigava in una delle sue solite esibizioni di forza mettendo al tappeto il mal capitato di turno. Erano più o meno coetanei e le loro madri, ai tempi del secondo torneo, prima che entrambi nascessero, erano state buone amiche, unite dal disgusto per la Mishima e dall'amore per la natura, così aveva pensato di avvicinarglisi, la volta dopo che l'aveva visto. Aveva accennato un sorriso, e, scioccamente, gli aveva chiesto se fosse Jin Kazama. Lui aveva risposto con un rapido e quasi impercettibile cenno del capo, ma un vago bagliore di curiosità era balenato nei suoi occhi, così, incoraggiata, si era presentata e gli aveva svelato di conoscere sua madre dai racconti di Michelle.


“Mia madre è morta”, era stato il suo commento lapidario. “Uccisa da Ogre”.

“Ho sentito”. Julia non si era scomposta. “Mi dispiace molto. Mia madre invece è scomparsa. Sono qui per cercarla”.

Incuriosito, Jin le aveva chiesto dettagli e lei gli aveva raccontato quel poco che sapeva, omettendo i numerosi insulti che Michelle rivolgeva quotidianamente alla Mishima per non offenderlo. Ma era stato proprio lui, ad un certo punto, a lasciarsi sfuggire un “bastardo” a denti stretti, rivolgendosi proprio al nonno, e allora lei si era sentita rincuorata e aveva continuato a parlare in tutta libertà.


Sono passati poco meno di tre anni da quel momento, e ancora le fa strano pensare a Jin Kazama come all'ennesimo despota senza cuore sfornato dalla fabbrica Mishima, le fa strano trovarlo sempre più freddo e simile al padre dietro lo schermo del televisore, a fare nuovi annunci di guerra, le fa strano convincersi ogni giorno di più che quel ragazzo triste e sensibile sia sparito nel nulla.


Il singhiozzo spezzato della caffetteria la riporta al presente e al suo caffè. Cerca la presina fatta all'uncinetto da Michelle- un esperimento mal riuscito di vita da tranquilla massaia- e la usa per riempirsi una tazza di liquido fumante.


Sorseggia appoggiandosi al bordo del tavolo la sua tazza di caffè, godendosi i suoi minuti di relax. Il telefono squilla, ma lei non ha voglia di far raffreddare la sua meritata ricompensa, e resta immobile. Tre, due, uno, e la segreteria scatta.

Quando ancora dall'altra parte della cornetta sua madre deve cominciare a parlare, riconosce il suo respiro, e anticipa le sue parole:


“Julia, per tutti gli Spiriti, c'è un mondo là fuori. Staccati da quel maledetto pc!”


Le strappa un sorriso, mentre finisce di sorseggiare il caffè. Neppure la sfiora l'idea che possa essere uscita: la conosce troppo bene, ed essere tanto banalmente prevedibile è un po' triste, in fondo.


Posa la tazza sporca sul lavello, in mezzo alle stoviglie sporche del pranzo fugace che ha consumato qualche ora prima, e lo sguardo le cade sulla foto attaccata alla credenza: lei e Michelle l'estate prima nella riserva, abbracciate e sorridenti. Sembrano sorelle, stessa altezza, stessi capelli castani decorati dalla fascetta indiana, stessa carnagione abbronzata dal sole cocente dell'Arizona. Decisamente troppo cocente da qualche anno a questa parte. Il suo sorriso si allarga quando si sofferma a notare il profilo del paesaggio scarno che fa da sfondo al loro abbraccio. E' la sua terra e la ama: manca poco e poi, finalmente, riuscirà finalmente a ritrovare il verde che l'ha accompagnata nella sua infanzia spensierata. Ancora qualche piccolo sforzo, un paio di dati da sistemare, qualche risultato da verificare... Ora che ha recuperato i dati e ha trovato dei finanziatori, non deve fermarsi.


Si dirige spedita al suo tavolo da lavoro. Non c'è tempo da perdere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-COMING NEXT (SOONER OR LATER): Emily "Lili" Rochefort

(...maybe)   

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice:

Okay, questa storia ha meno senso del solito. In sostanza, non succede proprio un bel niente.

Però a me Julia piace e ho cercato di trovare una logica a tutti ruoli insensati che i capoccia della Namco le fanno ricoprire nei vari capitoli della saga. Bah.

Ah sì. Anche in questa storia (che poi è quella che ho scritto per prima) ho parecchi dubbi sui passati. Pardon.


 





   
 
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