Libri > Un ponte per Terabithia
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Autore: PattyOnTheRollercoaster    03/12/2010    1 recensioni
“Però devi promettere!”, aggiunse Leslie tendendogli di nuovo la mano, “Devi promettere che niente ci fermerà, e che faremo di tutto per realizzare il nostro sogno, e che se servirà ci sosterremo a vicenda.”
Jess sorrise e le strinse la mano. “Prometto”, disse, e pensava davvero a ciò che stava per dire, e desiderava ardentemente che le sue parole si avverassero. “Farò di tutto per realizzare il mio sogno, e ci sosterremo a vicenda.”

Leslie e Jess hanno sogni difficili da realizzare, molto da apprendere e solo loro stessi su cui appoggiarsi. Il mondo li attende solo per rendergli le cose ancora più complicate, ma il Re e la Regina di Terabithia, assieme, non si arrenderanno facilmente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10.Una serata fuori





“Pronto?”
“Leslie, sono io.”
“Marc, ciao! Come va?”
“Tutto bene. Allora stasera esci?”
“Si certo. Ci troviamo davanti alla libreria, ti va?”
“D’accordo. A che ora?”
“Verso le otto”, disse Leslie. “Va bene?”
“Si, si va benissimo. A stasera allora, e ricorda di non cenare”, la ammonì Marc.
“Va bene. Ciao.”
“Ciao.”
Leslie attaccò il telefono e guardò l’ora. Se voleva essere lì alle otto doveva iniziare a prepararsi. Non che lei fosse una di quelle ragazze che passava il tempo davanti allo specchio a truccarsi e perdeva tempo con i capelli, ma decise di fare una doccia, si vestì con più cura del solito e poi mise in tasca cellulare -che i suoi le avevano comprato per sicurezza quando aveva iniziato le superiori¬- e portafoglio.
“Mamma, papà! Io esco con Marc, vi chiamo per dirvi a che ora torno!”, disse prendendo le sue chiavi di casa, posate dentro una curiosa scultura in legno a forma di mano.
“Devo venirti a prendere?”, chiese il signor Burke apparendo nell’ingresso.
“No, la settimana scorsa Marc ha preso la patente. Adesso che è estate i sui genitori gli prestano la macchina dato che loro non la usano tanto”, disse Leslie.
“Ah, d’accordo. Metti la cintura”, la ammonì suo padre.
“Si papà.”
“E stai attenta. In macchina succedono cose… strane”, borbottò.
“Papà!”, esclamò Leslie imbarazzata.
“Che c’è? Ormai sei grande, io ti do soltanto un consiglio”, disse il signor Burke stringendosi nelle spalle.
“Hmmm”, brontolò Leslie uscendo.
“Mi raccomando a…! Uff.” L’uomo scosse la testa e tornò dentro casa.
Sua figlia andava alle superiori, usciva con i ragazzi, diventava sempre più grande… e lui diventava sempre più vecchio.

Quando Leslie fu davanti alla libreria non dovette aspettare molto. In pochi minuti Marc fu lì, sorridente come al solito. Era un ragazzo alto, aveva gli occhi color azzurro chiaro e i capelli rossicci, un fisico asciutto non troppo muscoloso. Aveva una forte passione per la musica, era il più grande esperto di musica che Leslie avesse mai incontrato. A sette anni aveva iniziato a suonare la batteria, e adesso faceva parte di un gruppo. S’impegnava davvero molto per quel gruppo, fino a quel momento avevano fatto solo cover di canzoni più o meno famose, ma pensavano presto di scrivere delle canzoni tutte loro. Quando parlava di musica Marc si emozionava tantissimo, conosceva moltissimi gruppi a Leslie sconosciuti e le masterizzava un sacco di dischi per, come diceva lui, ‘insegnarti qualcosa sulla musica che conta’. Quando si parlava di musica non era più così timido come appariva di solito.
Con un po’ di tempo Leslie aveva imparato a conoscerlo, ed aveva capito che in realtà era una persona solare e simpaticissima. Ma si apriva solo se conosceva qualcuno molto bene e la reputava una persona di cui potersi fidare.
“Allora dove andiamo?”, chiese Leslie una volta assieme.
“Non saprei. So solo che mi andava di mangiare fuori. Ti va un cinese?”, chiese Marc prendendola per mano.
“D’accordo. Però non ho idea di dove trovare un ristorante cinese”, disse Leslie.
“Nemmeno io. Possiamo chiedere a qualcuno, oppure andare e basta. Cerchiamo”, propose Marc mettendosi in cammino.
“Okay. Andiamo… di là!”, esclamò Leslie una volta giunti all’incrocio indicando la sua sinistra.
“Perché proprio di là?”
“Non lo so, mi ispira di là”, disse Leslie.
“E se sbagli? Dovrei darti un calcetto.”
“Non oseresti.”
“Perché? Perché sei una ragazza? Vuoi vedere?” Marc mosse solo un poco la gamba all’indietro e le colpì piano una coscia.
“Ecco, vedi? Ma non ti vergogni a tirare un calcio ad una ragazza?”, chiese Leslie divertita.
“Lo chiami calcio quello?”
“Infatti, ecco: non ti vergogni a tirare un calcio così moscio ad una ragazza? Lo fai solo perché credi che non sappiano difendersi, se facessi karate scommetto che ti batterei in un secondo.”
“Certo come no”, rispose Marc.
“Aspetta e vedrai”, chiese Leslie ridendo.
Trovarono un ristorante dopo appena venti minuti di pellegrinaggio, si chiamava Hong Kong Restaurant. La cameriera consegnò loro gli eleganti menù ed iniziarono ad esplorarli.
“Secondo te che il pollo all’ananas è buono?”, chiese Marc con gli occhi ancora dietro il libretto.
“Veramente non ne ho idea. Provalo, alla fine è sempre pollo, no?”, rispose Leslie girando le pagine.
“Tu cosa prendi?”
“Credo… gli involtini primavera e il riso ai funghi bambù”, disse Leslie.
“Okay. Ho deciso anch’io”, annunciò fieramente Marc.
Era tutto buonissimo, anche il pollo all’ananas. Quando fu il momento di pagare Marc andò alla cassa e, prima che Leslie potesse anche solo dire qualcosa, tirò fuori un biglietto da cinquanta dollari e pagò tutto quanto. Assieme allo scontrino e al resto la signora del ristorante diede loro due piccoli portachiavi a forma di pagoda, e disse loro: “Passate una buona selata.”
“Grazie”, disse Marc con un sorriso gentile sul volto.
“Grazie”, ripeté Leslie uscendo.
Una volta fuori, in mezzo alle luci del centro città e travolti dall’aria fresca della sera, Marc disse con tono solenne, osservando la strada: “Allora è vero.”
“Che cosa?”
“Che i cinesi non pronunciano la erre.”
“Scemo”, disse Leslie ridendo. “Dove andiamo adesso?”
“Non lo so. Che ore sono?”
“Sono le…”, Leslie tirò fuori il cellulare, “dieci e mezza”.
“Abbiamo fatto tardi. Che facciamo? Vuoi che ti riporti a casa?”
“No, meglio di no. Devo camminare un po’ per smaltire tutto quello che ho mangiato, altrimenti scoppio.”
“D’accordo, allora andiamo, facciamo un giro e vediamo cosa c’è in città”, disse Marc. La prese per mano e s’incamminarono. Mentre passavano in una via affollata di gente e negozi, con ragazzi e ragazze, famiglie e bambini che mangiavano il gelato, videro un grande cartello rosso, con il disegno di una pagliaccio e di una contorsionista, che annunciava che il circo sarebbe arrivato in città alla fine dell’estate. “Andiamo a vederlo quando arriva?”, chiese Leslie indicando il cartellone.
“Si, perché no? Ci basta solo sapere dove dobbiamo comprare i biglietti”, disse Marc.
“C’è scritto il nome di un bar”, osservò Leslie. “Welcome to the Jungle.”
“Ah, come la canzone dei Guns’n’Roses”, disse Marc.
“Andiamo a comprarli?”
“Non ho più soldi”, disse Marc con un smorfia.
“Ce li ho io. E poi tu mi hai offerto la cena. Io ti offro il circo. Anche se arriverà di qui a due mesi.”
Andarono al Welcome to the Jungle, un locale dove suonavano live gruppi di ragazzi, prevalentemente rock, ma anche jazz e blues. Proprio mentre erano lì c’era un piccolo concerto, così, quando Leslie si avvicinò al bancone, dovette urlare per farsi sentire dal proprietario.
“Mi scusi!”, gridò all’indirizzo del barista.
“Si?”, chiese quello avvicinandosi con uno straccio in mano.
“Qui vendete i biglietti per il circo?” L’uomo fece segno di sì con la testa, poi uscì da dietro il bancone e disse a Leslie e Marc di seguirlo, il ragazzo lo fece quasi a malincuore, osservando la band che si esibiva sul piccolo palco. Andarono in una saletta meno rumorosa e, dopo essere entrato in uno stanzino, l’uomo uscì con un pacco di biglietti in mano.
“Due per favore”, disse Leslie trafficando con il portafoglio.
“Sono venti dollari”, disse l’uomo staccando due biglietti.
Leslie pagò e ringraziò. Poi, per curiosità chiese: “Come mai lei vende biglietti per il circo?”
“Perché ci lavora mio fratello”, disse l’uomo lisciandosi i grossi baffi lunghi.
“Davvero? E che cosa fa?”, chiese Leslie estasiata.
“E’ un clown equilibrista. Si fa chiamare Mr. Squitter”, rispose l’uomo con un sorriso in volto. “Ha fatto la scuola per clown, e ha incontrato sua moglie, Sonia. Adesso lavorano insieme, lei è la sua compagna negli show.”
“Davvero? Che bello!”, esclamò Leslie sognante. Sembrava un bellissimo romanzo d’amore.
S’incamminarono verso l’uscita e quando Leslie stava per andarsene, notò che Marc si era fermato a chiedere qualcosa al signore, indicando la band che suonava sul basso palco. Poi tornò verso Leslie soddisfatto.
“Perché sei così contento?”, chiese lei sospettosa, mentre un sorriso le si allungava sul volto. Era felice che Marc fosse contento.
“Niente, così.” Fece un attimo di pausa, per non far capire che voleva assolutamente dirle che cosa era successo, poi non resistette, e disse: “Ho chiesto al tipo come si fa per suonare lì.”
“E che ha detto?”
“Ha detto che basta che prenotiamo e che gli diamo un logo o un volantino da mettere sul sito del locale, e poi possiamo suonare”, rispose subito Marc eccitato. “Quando lo dirò agli altri di sicuro svengono, non abbiamo mai fatto un live. Suoniamo assieme solo da qualche mese.”
“Wow, sarebbe bellissimo se suonaste live, sai quante band sono state scoperte in questo modo?”
“Già, ma prima dovremmo inventare almeno un paio di canzoni nostre, sarebbe bello suonarle davanti al pubblico. Tu non sei mai venuta alle prove, vero?”
“No ma ti ho sentito suonare.”
“Non ti va di venire? Non conosci nemmeno tutta la band.”
“Ma so tutto su di voi! Magari vuole venire anche Jess. Sai, gli ho passato alcuni cd, e avete gli stessi identici gusti.”
“Ah si?”, chiese Marc cingendo le spalle di Leslie.
“Già, gli piacciono tutti i gruppi underground che ascolti tu.”
“Wow, non lo sapevo”, disse Marc. Si chinò diede un bacio sulle labbra a Leslie. “La prossima volta che suoniamo ti avviso.”
Leslie sorrise fra sé e sé e si strinse a lui.

“A che ora scusa?”, chiese Jess per la centesima volta.
“Alle cinque. Jess, ma che hai? Stai bene?”
Jess sbuffò e disse: “Per niente. E’ da nemmeno due settimane che non prendo lezioni e sto quasi cadendo in depressione!”, esclamò il ragazzo sconfortato.
“Ma tutte le cose che hai a casa? Hai tutti i tuoi colori, i pennelli…”, disse Leslie.
“Sono a casa, infatti, ma non ho nemmeno il coraggio di tirarli fuori”, bofonchiò Jess. “Credo che se mio padre mi vedesse prendere ancora in mano una matita sarà la volta buona che mi dà un calcio.”
“Oh.”
“Hm.”
“Jess…”, disse Leslie seria, mettendogli una mano sulla spalla, “abbiamo promesso di non mollare mai, ti ricordi?”
“Si, ma… è diverso. I miei non vogliono, i tuoi invece sono scrittori”, disse Jess lanciando rabbiosamente a terra una briciola di pane. Un uccellino che stava lì vicino andò a posarsi a terra e la mangiò.
“Abbiamo promesso Jess! E poi, tu di sicuro lo sai meglio di me, quanti artisti ci sono i cui genitori non approvavano il loro lavoro? Devi fargli capire che è quello che vuoi fare, è che è l’unica cosa che puoi fare.”
Jess restò pensoso per un po’. In effetti, forse se avesse insistito ancora e ancora, i suoi si sarebbero rassegnati. “Hm… d’accordo. Ma non credo che funzionerà.”
“L’importante è provare”, disse Leslie convinta.
“Già. Allora andremo alle prove del gruppo di Marc? Come si chiamano?”
Your venom.”
“Non è un po’ troppo… ragazzini adolescenti ancora in fase puberale, per lo stile di Marc?”, chiese Jess.
“L’importante è che piaccia a loro. E poi ci sono un sacco di gruppi con nomi davvero ridicoli, e questo non è il peggiore che io abbia sentito”, disse Leslie con tono diplomatico.
“Hai ragione. Credo che andrò a chiedere a mio padre se posso andare a seguire lezioni da Felicity, forse se glielo chiedo in modo gentile, e gli prometto che non spenderò soldi e che continuerò a studiare sodo, lui mi dirà di si.”
“E se dice di no?”
“Mica può impedirmi di uscire. Ci vado lo stesso”, disse Jess scrollando le spalle.
“D’accordo. Non farli arrabbiare però. Allora ci vediamo domani”, disse Leslie alzandosi e cominciando a scendere dalla casa sull’albero.
“D’accordo, ti porto io. In macchina.” Jess fece una faccia soddisfatta.
“Pure io farò la patente fra un po’. Magari mi iscrivo a scuola guida prima, così faccio la pratica subito appena dopo il compleanno.”
“Ti posso insegnare io quando vuoi. Basta che me lo chiedi. E poi da queste parti c’è un sacco di spazio libero”, disse Jess.
“D’accordo grazie. Allora ci vediamo domani.”
Il giorno dopo Leslie e Jess andarono in macchina fino ad un edifico dove si trovava una sala prove molto bella, attrezzata e con diversi ragazzi a gestirla. Trovarono lì Marc e altri ragazzi ad aspettare.
“Scusate il ritardo, c’era traffico”, disse Jess scendendo.
“Niente figurati, tanto stiamo ancora aspettandone uno”, disse Marc indicando vagamente il parcheggio e controllando se per puro caso non arrivava il ritardatario. “Allora loro sono Leslie e Jess. E loro sono James”, un ragazzo dai capelli lunghi che suonava la chitarra ritmica, “e Nicolas”, un tipo basso e tarchiato che era la prima chitarra, “e manca solo la bassista, che sarebbe… eccola. Lei è Wanda.”
Leslie e Jess si voltarono e videro una ragazza che veniva verso di loro a passo svelto. Aveva capelli di un biondo slavato legati alla meno peggio, e portava pantaloni molto larghi e una maglietta a dir poco aderente. “Scusate, ciao”, disse poi rivolta ai nuovi arrivati.
“Andiamo?”, chiese James.
Dopo aver registrato la loro presenza e pagato per un’ora di sala prova, li indirizzarono dentro ad una saletta insonorizzata e i ragazzi si misero subito a controllare gli strumenti e a parlare fra di loro di in un linguaggio tecnico che né Leslie né Jess riuscivano a comprendere. Si sedettero  per terra, in un angolino, e rimasero a guardare, scambiandosi ogni tanto qualche occhiata e qualche parere sulla musica. Suonarono per circa un’ora e venti, sforando di non poco l’orario concesso. Non erano male, anche se a volte qualcuno andava troppo veloce, o troppo lento, o magari sbagliava qualcosa. Ma nel complesso non erano per niente male, Jess credeva gli mancasse solo un po’ d’esperienza. Quando uscirono dalla sala prove sia Jess che Leslie avevano le orecchie che quasi fischiavano, mentre gli altri ormai sembravano abituati a quei volumi spaccatimpani.
“Ho trovato un locale dove potremmo esibirci”, disse ad un tratto Marc mentre si avviavano alle rispettive macchine, o biciclette.
“Ah già, mi avevi detto qualcosa per telefono”, disse Wanda.
“Si. Si chiama Welcome to the Jungle, ed è in una via minuscola, un po’ imboscata. Il proprietario ha detto che dobbiamo solo prenotare e fare un logo per la band, o qualcosa del genere.”
“Un logo?”, chiese Nicolas. “E come facciamo? Il massimo che so fare io è un omino stilizzato.”
Dopo un attimo di esitazione Marc chiese: “Jess, senti… non è che potresti…?”
“Io?”, chiese Jess stupito.
“Perché no? Disegni benissimo.”
“Oh, grazie. Ma sul serio vuoi che disegni un logo per voi?”
“Si, si. Il nostro nome è Your Venom. Ci hai sentiti suonare, quindi, non so vedi un po’ tu.”
“Hm, d’accordo. Allora ti chiamo per quando… sarà pronto.”
“Perfetto!”, esclamò Marc.
Quando se ne andarono in macchina, Jess cercò di non darlo a vedere, ma era contentissimo di aver ricevuto una commissione. E non poté impedire che un sorriso a trentadue denti gli si dipingesse in faccia per tutto il viaggio.



tmbacp10










Ed ecco qui un nuovo capitolo! ^^
Bene bene... hmmm, una piccola precisazione: spero che nessuno si sia offeso a morte per quella battuta sui cinesi, ma ho sentito qualcuno dirla per davvero, mi sono ricordata e, insomma, volevo scriverla (se qualcuno la ritiene particolarmente offensiva può contattarmi e io la eliminerò).
Detto questo -dovere- posso darvi un piccolo spoiler del prossimo capitolo: come promesso un'altro compleanno per Leslie! XD Non c'è niente da fare dev'essere stata una ribellione del mio subconscio per non aver avuto nella storia vera un compleanno per Leslie! XD Ripeto, per la centesima volta forse -ormai chi legge si è stufato- che se volete degli spoiler sono solita postarli sul mio blog il giorno dopo aver aggiornato.

Al prossimo capitolo a tutti,
Patrizia
   
 
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