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Autore: TooSixy    07/12/2010    2 recensioni
Una spietata entità senza nome si aggira per Hueco Mundo, trucidando un Hollow dietro l'altro e lasciando dietro di sé solo una scia di morte e disperazione. Tra i deceduti non mancano nemmeno gli Espada, e persino Aizen sembra cominciare a temere il potenziale del misterioso assassino. L'unico indizio per fronteggiare questa nuova minaccia sembra essere racchiuso nei Focus, enigmatiche visioni che mostrano sprazzi di futuro visibili solo a Rayen Fie Oneiron, una ragazza Arrancar con lo straordinario dono della profezia. Ma decifrare i Focus non è mai facile, e Rayen si ritrova invischiata in problemi più grandi di lei tra vicoli ciechi, boss megalomani e un certo Espada panterino tanto odioso quanto maledettamente sexy. Se vogliamo aggiungere anche un bizzarro, inaspettato legame tra Rayen e Kurosaki Ichigo, il guazzabuglio di caos mentale della ragazza può forse dirsi completo.
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Kurosaki Isshin
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quello psicopatico!
Turbata, Rayen guardò e riguardò la scena come se fosse la pellicola incantata di un vecchio film, senza riuscire a capacitarsi della sua nuova scoperta. Urahara Kisuke… Possibile che quello Shinigami fuori di testa una volta l’avesse salvata da un Hollow? Cosa ne era stato di lui, che fine aveva fatto dopo quel fugace incontro? E Shin… Shin, ora lo ricordava distintamente, ora i frammenti di memoria da lei goffamente incollati stavano cominciando ad assumere un certo senso. Ricordava il suo affetto e la sua ammirazione per il fratello, sì, ma non poteva sopprimere un lieve moto d’inquietudine: perché al contempo il viso di Shin era illogicamente simile ad un altro a lei ben noto.
Non è possibile…
Shin, Kisuke, Inoue-san… i suoi amici e conoscenti… i ricordi di Raiha rifluivano dentro di lei, impetuosi, con la veemenza di un torrente in piena. Il suo cervello lavorava febbrilmente, sforzandosi di macinare il mastodontico fiume di informazioni che le impregnava i pensieri, cercando di non lasciarsi sfuggire nemmeno il più piccolo dettaglio…



XVI // O2. Enduring Survivor

The dead times awake
As I've been called myself to yesterday
The flower has fallen its petals
Out of the petals a cradle I will.

Forever Moments, Nightwish




Il chiarore dell’aurora lambisce delicatamente i bordi della finestrella, cogliendomi di sorpresa. Mi sembrano trascorsi secoli dall’ultima volta che ho visto il sole, e il fatto di non udire alcun sibilo o boato acuisce il mio sollievo: è ancora presto per confermarla, ma comincio a nutrire la timida speranza che l’esercito americano abbia deciso di ignorare del tutto Karakura, magari ritenendola troppo piccola e disgraziata per costituire un problema. E così, spesso anche i bruchi riescono a resistere, pur nella loro goffa piccolezza, mentre le grandi ed eleganti farfalle sono facili prede per gli uccelli.
Mi tiro su lentamente, puntellandomi sui gomiti, però nonostante il buonumore mi sento la testa pesante come il piombo: avrei voluto un sonno placido e ristoratore, ma tutto quello che ho ottenuto è stato un lungo susseguirsi di incubi assurdi e sogni strampalati. Massaggiandomi le tempie, ripenso al bambino in lacrime, alla famelica aggressione del mostro tentacolare, al fulmineo intervento del dio della morte…
Cielo, la farina di frumento del nukapan doveva essere avariata. Parecchio.
“Buongiorno, Raiha…” mi saluta la voce assonnata e un po’ rauca di Shin, ma prima ancora che io faccia in tempo a rispondere essa assume un tono sorpreso, preoccupato: “Che accidenti ti è successo al collo, neechan? Come ti sei procurata quella brutta abrasione?”
Abrasione? Stupita quanto lui, porto una mano alla gola, per poi scostarla con un sussulto. Brucia.
Sgrano gli occhi. Di colpo non avverto più alcun torpore, solo una fredda, terribile lucidità.
Al posto della gola, adesso ho come un collare di pelle escoriata. A quella rivelazione, un brivido incandescente mi attraversa la spina dorsale, accompagnato dal viscido ricordo di un grosso tentacolo bitorzoluto…
Non è stato un sogno.
Quel semplice pensiero è come un pugno nello stomaco. Sento su di me lo sguardo di Shin, lo sguardo apprensivo e indagatore di una gru che nota che il suo pulcino ha un’ala spezzata. Non oso ricambiarlo.
“Raiha.” Lo pronuncia con insolita durezza. Continua con lo stesso tono lento, severo e ben scandito: “Rispondimi, cos’è successo?”
Rivolgo il viso alla tremula luce del sole. Quell’impercettibile carezza cala su di me, avvolgendomi tra le sue pallide ali, rassicurante ed eterea come il sorriso benevolo di una dea.

Quando finisco di raccontare, Shin è teso e immobile, inginocchiato sul vecchio materasso srotolato. Una perfetta statua umana dal volto inespressivo. L’unico palese segno di vita è la gelida fiamma scura che lampeggia dietro le sue iridi.
“Perché non mi hai svegliato?” chiede, monocorde.
Domanda ovvia, ma lo stesso temuta. “Non pensavo fosse necessario” dico con sincerità. “Credevo si trattasse semplicemente di un orfano di guerra, uno di quei bambini spinti dalla disperazione che a volte  incappano a Karakura. Di certo non sarei uscita e meno che mai da sola, se avessi saputo che era un mostro invasato pronto a risucchiarmi l’anima.”
“Non sei divertente.”
“Non era una battuta.”
Shin emette uno strano suono, qualcosa a metà tra uno sbuffo e un grugnito. “E poi, non mi convince affatto quell’Urahara. Come faceva a sapere della presenza di quell’Hora… Horu…”
“Hollow” lo correggo.
“Hollow, d’accordo. Come faceva a saperlo? E mi sembra oltremodo sospetto che sia apparso proprio nel momento del bisogno. Non solo: sono anni che vedi i fantasmi, eppure non ti sei mai imbattuta in uno spirito infernale o un dio della morte… almeno fino a stanotte, quando casualmente li hai incontrati entrambi.”
“E per fortuna, oneesan. Non sarei qui, se avessi incontrato solo l’Hollow.”
Shin socchiude le palpebre, forse con una punta d’esasperazione. “Sarò diretto, Raiha. È possibile che questo Urahara abbia programmato tutto fin dal principio, e che l’aggressione da parte dell’Hollow non fosse che un astuto stratagemma per accattivarsi la tua fiducia. Potrebbe essere a conoscenza del tuo talento segreto… potrebbe essere un meschino tentativo di strumentalizzarti, o peggio ancora di approfittarsi di te.”
Cosa?
Rimango per un attimo fissa, come stordita, refrattaria al ragionamento. In circostanze diverse mi soffermerei a riflettere, ponderando con attenzione l’opinione di Shin, ma adesso non ci riesco. Certo,  non sono più una bambina e so che esistono uomini malvagi disposti a tutto pur di ottenere il loro scopo, ma non posso abbinare la parola approfittatore al volto sorridente di Urahara. Sarebbe come definire ripugnante un limpido mare invernale, aureolato del riflesso argenteo di una rete di stelle.
È una cosa stupida e irrazionale. L’ho realizzato, eppure non cambia nulla: non cambia la situazione, non cambiano le mie idee. Neppure la sottile logica di Shin riesce a smuovermi. Non saprei dire come o in virtù di cosa, ma ho l’inflessibile certezza che Urahara-san sia un uomo buono. Me l’ha sussurrato il vago profumo di cannella e spezie esotiche che impregnava i suoi vestiti. Echeggiava nel canto mortale della sua spada mentre fendeva le carni dell’Hollow.
“Se avesse voluto approfittarsi di me, avrebbe potuto farlo tranquillamente” replico piano, con cautela. “Era piena notte e c’era pure la nebbia, nessuno l’avrebbe visto. Era un’occasione perfetta. Se avesse voluto la mia morte, gli sarebbe bastato aspettare qualche altro secondo e l’Hollow mi avrebbe strangolato. E se avesse voluto ‘accattivarsi la mia fiducia’, come dici tu…” Mi stringo nelle spalle. “A cosa gli servirebbe, la fiducia di una contadina? Vedo gli spiriti, va bene, ma per il resto rimango in tutto e per tutto una ragazzetta qualsiasi. Non riesco nemmeno a difendermi dal primo sgorbio di passaggio…”
Mi mordo il labbro. È questa la cosa che mi brucia di più: la mia fragilità. Pretendo di essere forte, sia fisicamente che spiritualmente, ma forse continuo a ripetermelo solo per mascherare quanto sono vulnerabile. A furia di mentire a se stessi, a volte si finisce per credere realmente alle proprie bugie. Tuttavia non bisogna dimenticare che la verità è una cacciatrice paziente: puoi cercare di sfuggirle, puoi forse illuderti di nasconderla adornandola di splendide falsità, ma alla fine lei ti ricompare davanti e riapre le tue vecchie ferite con precisione crudele, quasi sbeffeggiando l’ingenuità con cui hai tentato di coprirle.
Perché mai dovrei pensare di essere speciale? Se qualcuno mi ferisce, soffro come chiunque altro. Se qualcuno mi accoltella, sanguino come chiunque altro. Se qualcuno mi spezza il collo o la schiena,  muoio come chiunque altro.
Ho magari l’assurda capacità di vedere gli spettri, ma a cosa serve averla quando la guerra ha già trasformato il Giappone in un Paese fantasma?
“Raiha.” Nella voce di Shin c’è ora una nota più dolce, sembra quasi aver intuito i miei pensieri. Lo scorgo muoversi con la coda dell’occhio, e un attimo dopo avverto il suo palmo posarsi gentilmente sulla mia guancia. “Non m’interessa la tua Duplice Vista, tutto quello che desidero è che tu sia al sicuro da qualunque pericolo, sia terreno che ultraterreno. Cerca di comprendermi, se diffido di questo Urahara. Forse hai ragione, forse il suo intervento di ieri notte è stato solo una miracolosa coincidenza, ma concedimi almeno il beneficio del dubbio. In fondo, sono tuo fratello.”
Non riesco a trattenermi, e gli do a stento il tempo di terminare la frase prima di slanciarmi in avanti e abbracciarlo con forza, quasi con disperazione, aggrappandomi a lui come se fosse l’ancora della mia salvezza. Lo sento trasalire appena, sorpreso dal mio impeto, ma dopo un breve attimo di esitazione anche lui mi stringe a sé con l’unico braccio rimastogli. Non posso vedere il suo sorriso, però posso immaginarlo. Appoggio la fronte contro la sua spalla e rafforzo la presa. È la mia certezza, Shin, è l’ombra che segue ogni mio passo, è la luce che mi guida nel buio. Il mio cuore trabocca di affetto, un affetto troppo grande e sconfinato per essere espresso in semplici parole.
Non so dire quanto a lungo restiamo così, immobili, abbracciati. Sono solo meravigliosamente consapevole della presenza viva e ardente di Shin, della sua anima di fuoco e acciaio, dei sottili raggi di sole che entrano dalla finestra, del pulviscolo dorato che vi danza attraverso.
E di una vaga fragranza di spezie che mi aleggia ancora nelle narici.

Shin è tornato al campo, e io sono di nuovo da sola. Ho ripreso il lavoro di cucito del giorno prima, sforzandomi di continuarlo, ma oggi l’ago non pare intenzionato a collaborare: impiego diversi minuti a superare un passaggio appena più ostico,  rovino accidentalmente un punto che sono poi costretta a ricominciare da capo, e soprattutto mi pungo, mi pungo troppo spesso. All’ennesimo morsetto metallico sollevo l’indice, facendo scintillare come minuscoli rubini le piccole perle di sangue che lo orlano. Perché mi distraggo così? L’incubo dell’Hollow è finito, adesso devo tornare coi piedi per terra e affrontare una lotta ben peggiore, quella con la miseria e la carestia. Devo sbrigarmi a completare il lavoro…
Eppure la mia capacità di concentrazione oggi è minima. Lì per lì la cosa mi lascia perplessa, ma, mentre mi trovo a rammendare un pezzo particolarmente ostico, il mio cervello è attraversato da un’improvvisa illuminazione. Nella mia mente fa capolino un ricordo, dapprima confuso, poi sempre più nitido e concreto. Una leggerissima fitta alla mano mi comunica che mi sono punta di nuovo, ma la ignoro totalmente: nella mia testa rivedo il momento in cui Urahara-san – Kisuke – mi ha stretto la mano per aiutarmi a sollevarmi. Un contatto rapido, e tuttavia piacevole. La sua carne non era né fredda né spettrale, anzi, sprigionava un delicato tepore squisitamente umano.
Evoco l’immagine di Kisuke, del suo sorriso sornione e dei suoi felini occhi verde scuro, qua e là screziati di pagliuzze grigie. Forse non vanta la bellezza sensuale e scolpita tanto agognata da certe mie conoscenti, ma nel complesso è intrigante. E ha una voce bellissima! A tratti gentile, a tratti ironica, con un timbro virile e al tempo stesso melodioso. Sì, quell’uomo è senza un dubbio un soggetto più unico che raro. Non posso certo dire di conoscerlo bene, ma mi è sembrato calmo e padrone di sé, una di quelle poche persone che riescono ad apparire sicure e orgogliose senza sfociare nell’arroganza. Da un certo punto di vista mi ricorda Shin…
“Ahia!” Dannato ago.
Il sogno si squarcia, e la realtà torna ad assumere i suoi crudi confini. Ora, però, le mie labbra sono come forzate in un sorriso automatico: mi sento scioccamente, vacuamente felice, come se galleggiassi in una bolla di sapone. Il resto del mondo appare vago, distorto, e stranamente più luminoso.
Sto ancora fluttuando in questo curioso stato di benessere quando, una decina di minuti più tardi,  viene a trovarmi Kaoru. Solo il lieve scricchiolio della porta scorrevole annuncia il suo ingresso: per il resto cammina a passi agili e silenziosi, leggeri come quelli di un passero.  È una ragazza semplice e molto graziosa, appena più grande di me; la guerra l’ha smagrita e ha trasformato il candore della sua pelle in una pallidezza malsana, ma il suo viso è lo stesso ovale magnifico di sempre, e gli occhi neri come eclissi gemelle non hanno perso nulla del loro scuro splendore. Arriva fasciata in una veste verde muschio di modesta fattura, stretta in vita da una cintura di stoffa color lino, e tiene i capelli raccolti in una pratica treccia che le ricade fino a metà schiena.
“Buongiorno, Raiha” mi saluta, con voce quieta e musicale. “Shin-san mi ha detto della tua abrasione, e ti ho portato un po’ d’unguento.”
Sollevo la testa, sorpresa. La famiglia Inoue gestisce una piccola erboristeria, ultimamente trasformatasi in un vivaio di fortuna; è una condizione invidiabile, perché Kaoru e sua madre patiscono la fame sicuramente meno della maggior parte di Karakura, ma nemmeno loro possono permettersi di regalare preziosi medicinali.
“Ti ringrazio, Kaoru, però non saprei come rimborsarti” dico con una vena d’imbarazzo.
“Non dire sciocchezze, non mi devi nulla. Ti ricordo che Shin-san l’anno scorso ci ha aiutato a riparare la recinzione.”
Kaoru mi si siede accanto. Ha in mano un piccolo involucro tondeggiante, di legno smaltato. Ne sfila il coperchio, rivelando un unguento simile ad una fanghiglia molto diluita, e comincia a spalmarmelo sul collo con movimenti rapidi e delicati. Nonostante la tenerezza del suo tocco, tuttavia, non posso non affondarmi le unghie nel palmo della mano: il bruciore s’è acuito di colpo, dandomi la sensazione che zanne incandescenti mi stiano dilaniando la gola. Trattengo a fatica un gemito.
“Lo so, non è affatto piacevole, ma presto il dolore si attenuerà” mi rassicura Kaoru, dopodichè inizia a chiacchierare del più e del meno, tentando di sviare la mia attenzione. Mi aggiorna sugli alti e i bassi di Karakura. Vengo a sapere che il tessitore Himuro è stato rispedito indietro dal fronte con un piede amputato, e che la moglie di Fujiwara ha appena dato alla luce il suo quarto figlio. Infine, quasi timidamente, Kaoru accenna anche a Shin, commentando la sua fulminea ripresa dopo l’asportazione del braccio.
“È stato soprattutto merito tuo, Kaoru. Se non fosse stato per le tue cure, ora Shin sarebbe già nel mondo degli spiriti.”
Lei mi elargisce un sorriso radioso, arrossendo di piacere. È incredibile, il modo in cui cambia quando sorride: è come se i suoi lineamenti, già aggraziati di loro,  si accendessero di una luce interiore, simile a quella emanata dalle stelle. Mentre finisce di spalmarmi l’unguento, mi rendo conto di quanto la invidii – per la sua flemma, per la sua bellezza, per le attenzioni che strappa così facilmente a Shin – e l’intensità di tale sentimento mi sconcerta non poco. Non è da me essere gelosa, soprattutto di Kaoru. Insomma, per me è come una seconda sorella… A proposito, chissà perché non mi domandato nulla sull’abrasione? Forse è stato Shin stesso a chiederle di non indagare.
“Più tardi devo recarmi dai Fujiwara” dice Kaoru, beatamente ignara dei miei pensieri. “Sai, mi hanno chiesto di dare un’occhiata al bambino e assicurarmi che sia in buona salute. A quanto pare non è stato un parto proprio facilissimo… il feto non era in posizione perfetta. Solo che il dottore oggi è fuori città, e io sono la persona di loro conoscenza che più s’avvicina ad un’ostetrica.” Solleva la testa, guardandomi di sottecchi. “Ti andrebbe di accompagnarmi? Almeno per un pezzo di strada. Potresti approfittarne per comprare un po’ di pesce, la nostra scorta sta finendo.”
Mi scosto una ciocca dalla fronte, titubante. Shin non ha bisogno di me con l’orto, in fin dei conti, e prendere una boccata d’aria non mi può fare che bene… ma posso arringarmi questo diritto?
Sì.
Mi delineo mentalmente una mappa di Karakura. I Fujiwara abitano a ovest del villaggio, presso la zona dei campi. Il pescivendolo è situato più a est, verso il centro. E ad appena due viali di distanza dal pescivendolo c’è l’emporio Urahara.
“Sì, molto volentieri” mi sento rispondere.






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Six: e si riaggiornaaaa! Scusatemi se sono stata morta fino ad adesso…
Rayen: secondo me speravano che avessi tirato le cuoia sul serio -.-
(* padellata in testa a Rayen *)
Six: taci, essere inutile u.u ti ricordo che sei nelle mie mani.
Rayen: ç.ç nuuu…
Six: ebbene sì.


Capitolo un po’ smorto, ma necessario. In qualche modo, dovevo pur introdurre il personaggio di Kaoru, e volevo anche approfondire il rapporto tra lei, Shin e Raiha. Shin forse è un po’ troppo sdolcinato? Ho tentato di rendere il tipico fratello protettivo, però non so quanto mi sia riuscito. Raiha qui è ancora un po’ superficialotta, ma perdoniamola, dai… in questa tripletta di capitoli pre-Evil ha tra i quattordici e i quindici anni, è più che giustificabile un po’ di leggerezza emotiva.

Okay, adesso potete pure cominciare ad offendermi per l’esasperante lentezza dei miei aggiornamenti, e ammetto che un bradipo con la moviola sarebbe di gran lunga più veloce di me. Avrei dovuto pubblicarlo per maggio-giugno, ma la mia vita sentimentale ha scelto proprio quel periodo per collassare e ho avuto un’orribile fase in cui continuavo ad aprire Word, a fissare il foglio bianco e a dire a me stessa “Embé, che vogliamo fare?” senza riuscire a cavare un ragno da un buco. Spero che i prossimi cap saranno più rapidi.

Un grazie speciale a tutti i commentatori, che hanno continuato a recensire o a mettere tra i preferiti la storia ^^ siete stati un fantastico supporto!

..:: Elos: buona idea, apporterò questa piccola modifica! Sono contenta che tu abbia gradito il capitolo. Mi spiace che non ci sia molta azione ^^”

..:: Garconne: Shin è forse il mio personaggio preferito, e nella storia futura avrà un ruolo fondamentale… o meglio, l’ha già avuto, ma fino a questo momento è stato, diciamo, “nascosto” xD

..:: sarunia: eheh,  grazie mille =) mi fa piacere che la storia ti piaccia!

..:: Exodus: grazie boss, spero che tu abbia apprezzato anche questo =) per quanto riguarda l’ambientazione, ho preso spunto da “Memorie di una Geisha” (di Arthur Golden) e “Vento nero” (di Clive Cussler), più varie informazioni spillate da Internet frugando in un indefinibile numero di siti. Eh già, la presenza di mr. Kurosaki nel Gotei mi mette un po’ i bastoni tra le ruote, ma d’altro canto mi sono trovata a scegliere tra due imprecisioni temporali non conciliabili tra loro, e ho scelto il male minore.

Oh, stavo per dimenticare: questa è una immagine di Rayen, partorita dalla mia mente malata tramite Phusion: http://toosixy4thisworld.deviantart.com/art/Rayen-Fie-Oneiron-II-188809236
 
  
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