CAPITOLO IV
In quindici giorni
le sarte di Edoras aggiustarono per me il vestito che
aveva indossato Théodwyn, madre di Éomer, il giorno del suo matrimonio con
Éomund. Lo dovettero accorciare un po’ perché non ero alta come una donna di
Rohan, ci aggiunsero un lungo strascico e nastri sulle spalle. Era di un
luminoso verde chiaro, ed fu il primo vestito da
Signora del Mark che ebbi. In quei giorni avevo indossato i miei vestiti che
avevo portato da casa, ma qualche giorno prima del
matrimonio indossai un bel vestito bianco, dono della moglie di Gamling, per il
mio compleanno, il ventidue aprile. Regalò vestiti simili, ma di un ricco
rosso, anche alle mie sorelle.
Iniziavo a essere nervosa come prima di incontrare Éomer, mi tenevo
occupata ricevendo tutti gli ospiti che arrivavano alla reggia. Giunsero
Faramir ed Eowyn, Re Elessar, nobili dell’Est e Ovestfalda, persino i Cavalieri
di Estemnet.
Non tutte le sere ci furono banchetti allegri
come quello della prima sera, spesso Éomer, Aragorn, mio padre, Faramir e altri
si chiudevano nella piccola sala dietro il Salone del Trono discutendo di
guerra e delle ultime frange di Orchi, Esterling e
Sudroni che vagavano uccidendo e compiendo razzie. Éomer non mi era mai parso
molto allegro, ma dopo queste riunioni diventava
ancora più cupo del solito. Poi montavano a cavallo e partivano, non ritornando
che qualche giorno dopo. Mi faceva male il cuore a vederli cavalcare via pronti
per la guerra.
“Ma Éomer è sempre
così?” chiesi a Eowyn un pomeriggio, mentre stavamo
sedute di un prato appena fuori Edoras. Le mie sorelle erano rimaste a Meduseld
a provare i loro vestiti. Stellagrigia e il cavallo di Eowyn
pascolavano accanto a noi.
“Quando
nostro padre era vivo Éomer era di carattere più gioioso, ma dalla sua morte si
è incupito e non è mai tornato come prima. Siamo stati costretti a crescere in
fretta, Éomer è diventato Terzo Maresciallo del Riddermark a ventisei anni, ma era un guerriero già da prima. Cavalcò in guerra la prima
volta a sedici anni, e non ha mai smesso. Grìma Vermilinguo lo chiamava “guerrafondaio” ma lui combatte per difendere Rohan; anche in
questi giorni di pace non si concede che pochissimo riposo.” Tacque e poi
sorrise. “Capisco le tue preoccupazioni, ma non è cupo perché ti deve sposare.
Anzi, penso che questo lo rallegri.” Tirai un sospiro di sollievo.
“Ne sono felice, ma
mi preoccupa che la minaccia su Rohan sia ancora di tale portata. C’è la
possibilità di una vera e propria guerra?”
“No, non credo. A ogni modo questi nemici vanno eliminati il più velocemente
possibile.”
“Certo.”
Tornammo a Edoras
poco dopo, e Imhlen mi disse che Éomer desiderava vedermi.
“Benissimo, lo
vedrò a cena.”
“No, intendeva solo
te e lui.” Sobbalzai. Non avevo parlato con Éomer da sola dal giorno del nostro
arrivo. Avevamo conversato e ballato, ma sempre insieme ad
altri. In effetti era assurdo che io non fossi mai
stata da sola con il mio futuro marito fino ad adesso, ma Éomer mi sembrava
sempre così occupato e lontano.
“Dov’è?”
“Ha detto che ti
avrebbe aspettato fuori dalle porte di Edoras. Ha
suggerito di prendere Stellagrigia. Lothi, lo so che hai paura di non sapere che
dire, ma vedrai che andrà tutto bene. Io e Math ti aspettiamo
qui.” Così diedi una mela a Stellagrigia e lei trottò fino al cancello di Edoras.
Lì fuori Éomer
aspettava immobile, in sella a Zoccofuoco, guardando il sole avviarsi a
tramontare. Indossava ancora l’armatura, erano tornati da poco, però non aveva
l’elmo. Il tramonto gli coronava il capo di luce rossa, facendolo apparire più
regale che mai.
“Éomer?”
“Ciao, Lothi.”Mi
chiamava sempre Lothi, da quando gli avevo detto che a
casa il mio nome era questo. “Vieni, ti voglio far
vedere una cosa.” Così cavalcammo in silenzio verso dei tumuli, che avevo notato già dal giorno in cui eravamo arrivati, nove
sul lato occidentale e otto sul lato orientale. “Queste sono le tombe dei miei
avi e di mio zio Théoden, che fu per me come un padre.
Un giorno qui sarò seppellito anch’io, nel luogo del riposo finale di tutti i
Signori del Mark. Vedi i fiori bianchi che crescono sui tumuli? Si chiamano
ricordasempre, perché chi li veda non scordi i grandi che lo hanno preceduto.” Io annui in silenzio. “Io, come loro, sono il sovrano di
un popolo spietato, siamo guerrieri e cavalieri, non Principi mezzielfi come
tuo padre. Tu stessa sei qualcosa di profondamente diverso da una Dama di
Rohan, sembri una Signora elfica, qui sei come una stella prigioniera nella
roccia.” Ascoltavo quelle parole
stupita. “Io so che tu non mi ami, e come
potresti? Ci conosciamo appena. Eppure, Lothi” si interruppe
e, voltatosi verso di me, il suo volto severo si ruppe in uno dei suoi rari
sorrisi. “Eppure tu mi piaci. Forse ti amo di già, e
sono felice che tu stia per diventare mia moglie. Se io fossi un Re come
Aragorn, probabilmente ti offrirei, per amor tuo, la possibilità di tornare a
casa dalla tua gente, evitando questo matrimonio politico, e sceglierei
una moglie fra le donne del mio popolo.” Non sorrideva più.
“Mi vuoi mandare
via, mio signore?” chiesi, sgomenta mio malgrado.
Ormai mi ero abituata a una vita qui, e sarebbe stato
il mio modo di contribuire alla pace della Terra di Mezzo, offrendomi come
legame d’alleanza fra Dol Amroth e Rohan.
“Ho detto che lo
farei se io fossi un Re come Aragorn Elessar. Ma poiché non lo sono, non ti
farò questa offerta. Ormai sei vincolata a restare al
mio fianco. “ Le stelle bianche stavano sbocciando sopra di noi. “Questo ti
dispiace, Lothi?”
“No, mio signore
Éomer.”
Allora Zoccofuoco
si accostò a Stellagrigia, ed Éomer mi strinse al suo fianco con un braccio
coperto dalla cotta di maglia. Soffiò un vento gentile e mescolò insieme i
nostri capelli, biondi e corvini nella notte che stava calando.
La sera del giorno
prima del matrimonio Éomer sparì prima di cena con Re Aragorn, Gamling, Elfhelm
e altri Uomini suoi amici. Le donne di Edoras mi
dissero che era una cosa normale.
Io mangiai poco e
mi ritirai in camera con Mathrel.
“E così arriva il grande giorno” disse lei sedendosi sul letto. “Dalla tua
faccia sembra che tu debba combattere da sola contro una schiera di Esterling ribelli.”
“No, sono felice.”
Ribattei, ed era la verità. Certo, ero preoccupata e sovraeccitata, ma anche
felice.
In quel momento
entrò anche Imhlen, che lanciò un’occhiata sospettosa a Mathrel, poi mi chiese
come stavo.
“Bene, penso; ma
cos’hai, Imhlen? Sei strana.”
“Niente…senti, Mathrel ti ha detto qualcosa?”
“Stavo per dirglielo”
interloquì Mathrel, sporgendosi dal suo letto.
“Ecco” mi sussurrò
Imhlen in fretta. “Qualunque cosa ti stia per dire,
sono tutte sciocchezze. Non la ascoltare. Io le impedirei di parlare, ma
purtroppo non trovo nessuno che mi presti una spada.” Io
la fissai incuriosita.
“Di che state
parlando?” chiesi.
“Senti, Lothi…hai
mai baciato nessuno?” esordì Mathrel guardandomi di sottecchi. Imhlen sospirò e
si lasciò cadere sul suo letto.
“Si, una volta,
quando avevo sedici anni, mi ero innamorata di uno scudiero di nostro padre, e
alla fine ci baciammo. Perché?”
“Fu solo un bacio,
vero? Niente di più.” Proseguì Mathrel ignorando la mia domanda. Imhlen affondò
il viso nel cuscino sdegnata.
“Si…la mamma ci
vide e mi fece una tale lavata di capo che me la ricordo
ancora parola per parola. Urlò che non avrei potuto più baciare nessuno fino al giorno in cui mi…mi sarei sposata.” Iniziavo a capire
cosa di cosa volesse parlare quella piccola serpe di
mia sorella. “Io le ho ubbidito” aggiunsi.
“Invece, sai, io ho
baciato un sacco di uomini, e non mi sono mai fatta
scoprire. Così ho imparato molto sull’argomento.”
“Taci, Math, adesso
basta” la redarguì Imhlen.
“Quindi ti volevo
offrire la mia esperienza nel caso la notte…con Éomer…” a quel punto Mathrel fu
presa da un accesso di risa che durò molto a lungo, mentre io e Imhlen la fissavamo scandalizzate.
“Ti avevo detto di
non ascoltarla” mi disse Imhlen. “E’ da un paio di
giorni, che quando tu non ci sei, discute di
quest’argomento. Da sola, perché io non le dò certo
ragione. Buonanotte” concluse, e lasciando Mathrel a contorcersi dalle risa sul
suo letto, cacciò la testa sotto le coperte e non proferì più parola.
“Allora, Lothi, non
vuoi i miei consigli?” mi domandò a bassa voce Mathrel quando
si fu ripresa.
“No davvero” risposi
seccamente.
“Non ci credo”
ribattè “E’ Imhlen che ti ha condizionato.”
“Mathrel, sul
serio!” e detto questo, seguii l’esempio di Imhlen. Ma
mia sorella non si dette per vinta, e accoccolatasi vicino al mio cuscino mi
sciorinò una serie di consigli e avvertimenti che non ripeterò.
La mattina del
primo maggio il sole sorse presto e fu luminoso fin dai primi raggi.
La terrazza davanti
al palazzo era decorata con numerosi vessilli sia di Rohan che di Dol Amroth,
le guardie avevano lucidato le armature e si erano pettinate i lunghi capelli
biondi. Sentii una delle ragazze che si occupavano di me e delle mie sorelle
dire a una sua amica: “Non è strano fare tutta questa
festa per un matrimonio? Voglio dire, anche se si sposa il re, non è uso che ci sia tutta questa solennità” l’altra le rispose così:
“Sarà perché è una
principessa straniera mezzaelfa. Hai visto come sono strani loro! Magari usano
fare sempre così per i matrimoni.”
Mi lasciai vestire
dalle mie sorelle con l’abito di Théodwyn, bellissimo e splendente, dello
stesso verde dell’erba appena nata dopo un lungo gelo. Mi pettinarono a lungo i
capelli e li legarono sulla nuca con nastri bianchi e fiori, tranne alcuni
riccioli che lasciarono ombreggiarmi il viso.
Mi accorsi che
entrambe avevano gli occhi umidi.
Infine, a
mezzogiorno, mi scortarono sulla terrazza. Eowyn mi porse un mazzo di fiori
bianchi che aveva preparato per me, sentii il profumo
dei gigli fra le mie mani. Strizzai gli occhi alla luce improvvisa. I Cavalieri
in armatura formavano un corridoio alla fine del quale c’era Re Aragorn,
vestito con abiti elfici.
Éomer era
bellissimo.
Indossava
l’armatura che era stata forgiata per lui quando era
diventato Re e i suoi capelli, così biondi, splendevano nella luce di quel
giorno meraviglioso. Ma ciò che mi rese felice fu
vedere il suo volto sereno, non rannuvolato e severo com’era di solito. In quel
momento, anche se non era vero, credetti di amarlo, quel giorno era speciale.
Così, davanti a Re
Aragorn, mio padre disse:
“Éomer figlio di
Éomund della Casa di Eorl, Re di Rohan, Signore del Mark, io ti affido
mia figlia Lothíriel, Principessa di Dol Amroth, discendente di Galador il
Mezzelfo, in sposa.”
“Ed io la accetto con tutto il cuore, davanti ai miei Cavalieri e a
Re Elessar Telcontar, Signore di Gondor.”
“Siate per sempre
uniti, nella pace dopo giorni bui, e siate il simbolo dell’amicizia che regna
fra i vostri paesi.” Disse Re Aragorn, ed io mi
accorsi che stavo piangendo, e sentivo i singhiozzi delle mie sorelle dietro di
me. “Piangi pure, Lothíriel, perché questo è un giorno
molto felice. Bevete, Lothíriel figlia di Imrahil e
Éomer figlio di Éomund.” Ci porse una coppa piena di vino rosso e io e Éomer
bevemmo uno dopo l’altra, e così fummo marito e moglie
nel Regno del Mark e nella Terra di Mezzo. Allora Éomer mi prese fra le braccia
e mi baciò, e anch’io lo baciai sotto il sole di quel
mattino stupendo del primo maggio. La gente applaudì e io lanciai il mio mazzo
di fiori in alto, lo prese al volo Imhlen, e sorrise fra le lacrime.
Poi mi inginocchiai e Éomer mi pose sulla testa una sottile
corona d’argento sbalzato. “Io, Éomer Signore del Mark, nomino te, Lothíriel di
Dol Amroth mia moglie, Signora del Mark. Alzati, Lothíriel, mia regina!”
Ci furono balli e
canti, baci e abbracci di molte persone, e vidi Éomer sorridere spesso, come
non l’avevo mai visto fare. Io e lui sedemmo accanto al banchetto, e davanti a
noi mio padre e Eowyn e Faramir e tutti coloro che ci
erano cari, e fu un giorno gioioso per noi e per molti altri. Mentre veniva servita la carne, Imhlen si sporse verso di me e mi
sussurrò: “Anche senza tutti i vaneggiamenti di Math, è stato un bacio
bellissimo.” Io le sorrisi allegramente.
I festeggiamenti
durarono tutto il giorno, e si conclusero con un coro
di fanciulle che cantò un inno antichissimo nella lingua del Mark, che così tradussi
nella Lingua Corrente giorni dopo, con l’aiuto della mia cameriera Falmer e del
libro che mi aveva regalato Lamrai.
Fanciulla
più non sei, giurato hai
che con lui la vita passerai
Sii felice, donna, e rendilo felice
E sii forte, per te e per lui
Quando i giorni non saranno più luminosi
Fidati solo di lui nei giorni paurosi
Abbi fiducia nella sua forza e nel tuo
coraggio
Nella tua anima e nel suo braccio
Continua a camminare al suo fianco
Difendilo quando sarà stanco
Non dubitare del tuo cuore
Non dubitare del suo amore.
La sera stava
calando e dopo l’ultimo ballo, nel quale io ed Éomer ci eravamo
lanciati contagiati dall’entusiasmo di Mathrel e Elfhelm, mi diressi verso la
mia camera approfittando di un momento di distrazione da parte di mio marito,
che discuteva a bassa voce con Elfhelm. Ma fui
raggiunta dalle mie sorelle, che mi sbarrarono il passo con aria decisa. Mi
preoccupai, perché ci voleva qualcosa di serio per farle unire in un tale
fronte compatto.
“Cosa
stai facendo?” mi aggredì Mathrel.
“Sto andando a
dormire” risposi.
“Lothi, stasera non
puoi dormire qui. Devi…dormire in camera di Éomer.”disse
Imhlen.
“Proprio
così”ripartì Mathrel. “Forza, ti accompagniamo noi. Ti ricordi cosa ti ho detto
ieri sera? Ebbene, non dimenticarlo.”
“Non lo so, perciò
non posso dimenticarlo.” Ribattei
mentre le mie sorelle mi trascinavano fino alla porta della camera di
Éomer e mi gettavano dentro.
“Domani ci
racconterai tutto.” Ridacchiò Mathrel mentre si
allontanavano. “Se provi a scappare ce ne
accorgeremo!”
“Penso che dovrò
rimanere, allora.” In realtà avevo capito benissimo tutto quello su cui Mathrel
mi aveva premurosamente informato, ma non ero sicura di volerci pensare. Così
mi misi a osservare la camera. C’era una piccola
finestra da cui entrava la luce della luna crescente. Conteneva solo un grande letto dalle pesanti coltri rosse, una sedia accanto a
questo, un armadio e dei ganci alle pareti dov’erano andavano riposte le parti
dell’armatura e la spada di Éomer, Güthwine. Curiosa, sbirciai fra gli oggetti
appoggiati sulla sedia. C’era un pugnale dalla magnifica impugnatura a forma di
testa di cavallo e due lettere aperte. Una recava il sigillo spezzato del cigno
bianco, avrei voluto leggerla, ma la posai, sentendo un rumore di passi
maschili. Mi sedetti sul letto e iniziai a sciogliermi i capelli, facendo
cadere fiori ormai appassiti sul pavimento. La porta cigolò, aprendosi. Io
presi un profondo respiro e guardai verso colui che
quel giorno era diventato mio marito, Éomer Signore del Mark.
“Buonasera, mio
signore” lo salutai.
“Ciao, Lothi.”
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E così Éomer e Lothi si sono
finalmente sposati!
Che ne dite del matrimonio? E la scena davanti ai tumuli è troppo melensa e sdolcinata?
Come al solito,
pietà per la canzone che è particolarmente indegna stavolta.
Sempre grazie infinite a tutti coloro che leggono la mia storia e soprattutto a quelli che
la rencesiscono, con una puntualità e una fedeltà davvero ammirevoli. Le mie
tre fedelissime Arwins, Nini Superga e Sesshy94 si meritano un ringraziamento
speciale. (In realtà vi meritate molto di più,
chiedete e sarete esaudite)
Mi dispiace per il capitolo
insopportabilemten lungo, ma non sapevo dove
interromperlo.
A presto,
un bacio
Elothiriel