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Autore: Erisachan    10/12/2010    3 recensioni
Ci sono momenti malati in ogni epoca.
Capitarci in mezzo o meno è solo questione di un calcolo delle probabilità.
Io in matematica faccio schifo, ma è abbastanza palese che le mie probabilità di non finirci in mezzo con le chiappe all'aria e le ginocchia infangate sono state meno di zero.
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Nuovo personaggio, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo .1 The Resistance



La prima volta che l'ho visto se ne stava sotto la pioggia.
All'inizio era solo una figura confusa, magro com'era allora, non ero neppure sicura che fosse davvero una persona quella che stavo guardando.
Ero alla finestra della sala radio, l'ennesima canzone che avevo appena mandato in onda risuonava tra le pareti con i bassi sparati a mille, quel tipo di suono che riesce a farti rimbalzare il cuore, salirti su per lo stomaco e piazzarsi lì, come se fosse il posto giusto in cui stare, l'antro perfetto in cui nascondersi.
Lui se ne stava lì in piedi, fermo sotto una pioggia ormai diventata più acido che acqua. Chiuso in un cappotto nero troppo grande per lui, i capelli bagnati appiccicati al volto e gli occhi rivolti al cielo. Credo fosse per questo che non l'avevo riconosciuto subito, di lui io ricordavo colori sgargianti, abbinamenti improbabili, labbra storte sulle opinioni del mondo…quel nero invece, non me lo ricordava per nulla.
"Questa ragazzi era Speak in Tongues dei Placebo, ora vi lascio con ben due canzoni a farvi compagnia mentre vado a prendere a calci un coglione fuori dalla mia finestra! Queste sono Hey Jude e Across The Universe degli indimenticabili Beatles!"
Quanto fosse ironico che fosse proprio Brian a fare da colonna sonora al nostro primo incontro, lo pensai nell'istante in cui Matthew si voltò ed incontrai il suo sguardo perso nell'acqua. Che anche lui stava provando un dolore come il mio, lo capii appena la pioggia abbandonò i suoi occhi. Liberi dalle lacrime, lasciati dalle gocce acide che cadevano sopra di noi, mi guardava con lo sguardo di chi non si fa più domande, con occhi completamente asciutti. Forse fu per questo che gli diedi quello schiaffo.
Perché era in piedi sotto una pioggia che sapeva solo ferire.
Perché non voleva fare domande.
Perché stava soffrendo ed era così stupido da restare lì, stoicamente, come il più coglione degli uomini, senza concedersi il sollievo del pianto.
"Forza, andiamo dentro testa di cazzo che non sei altro"
Lo trascinai per un braccio fino alla tettoia del palazzo. Appoggiata al portone chiuso alle nostre spalle, con un braccio teso a offrire una sigaretta - forse troppo schiacciata per colpa del pacchetto morbido - a Matthew mi sentivo come una scolaretta che aveva bigiato la scuola ed ora se ne stava nascosta nell'ombra a fumare di soppiatto col suo amico, quello grande, quello che tutte le ragazze prima o poi incontrano nella loro vita e che non dimenticano mai.
"Allora, si può sapere che ci fa Matthew James Bellamy fuori dal mio palazzo a prendersi una bella dose di pioggia acida al tramonto?" aspirai la prima boccata di fumo come se fossero giorni che non lo facevo, assaporandola per bene, mentre aspettavo una qualunque risposta dal depresso che mi stava di fianco.
"Non ti conosco"
"Già, neanche io se è per questo, fama a parte, ovvio - altra boccata, stesso sapore della prima - a proposito, bel colpo con quel film, com'è che aveva detto il vostro bassista? Qualcosa sull'anima sì, che avevate venduto l'anima! Santa verità!" "Stai cercando di attaccare briga per caso?"
"Nah, faccio conversazione da sigaretta, niente di che, preferiresti che parlassimo del tempo? Non che sia un granché, comunque"
"Uno schifo, direi"
"Beh, se non altro, alla pioggia eravamo abituati anche prima"
"Già…"
"Cazzo! - gettai la sigaretta in mezzo ad una pozzanghera e fissai di scatto l'orologio che avevo al polso - merda la radio!"
"Eh?"
"Forza muovi il culo, abbiamo tre rampe di scale da fare e la già poca collaboratività dei miei polmoni è appena stata incrementata dall'ennesima sigaretta!"
Questa volta non dovetti prendere Matt per il braccio, mi seguì spontaneamente, correndo dietro di me per le scale, tenendosi su il cappotto per paura di inciamparvi, annaspando mentre io urlavo improperi al vento per essermi dimenticata che ero ancora in onda e che le canzoni dovevano essere finite da un pezzo.
"Eccomi di ritorno ragazzi! A quanto pare per risolvere la questione c'è voluto più del previsto! Per farmi perdonare la prossima canzone sarà un pezzo davvero speciale, la dedico a tutti quelli in ascolto che hanno ancora la voglia di lottare, a quelli che hanno dimenticato cosa significhi farlo davvero e a quelli del governo sempre in ascolto sui nostri aggiornamenti… e a loro personalmente ho da dire solo: attenti, alcune note possono essere pericolose. Orecchie bene aperte gente questa è Assassin e loro sono i Muse!"
Le chitarre elettriche fendettero l'aria nella stanza come lame imprendibili, sfiorando la pelle nei punti sensibili, scoprendola alle vibrazioni della musica.
Matthew se ne stava appoggiato allo stipite della porta, nella classica posa da figo indifferente, eppure sapevo che la stava ascoltando, per Matt, la musica era tutto e sapevo che seppure per la maggior parte della gente i testi dei Muse sembravano solo parole accatastate l'una all'altra in un susseguirsi privo di un senso reale lui ci credeva, in ogni singola sillaba. Ed io volevo vederlo. Volevo scoprire fino a che punto avrebbe preteso di non provare più nulla, fino a che punto sarebbe arrivato prima di crollare sulle ginocchia.
Che poi si sarebbe rialzato, non ne avevo il minimo dubbio.
"Carino da parte tua mettere una nostra canzone"
"Già, è la parte comoda di avere una radio pirata, niente diritti d'autore da pagare! Più canzoni da mandare nell'etere!"
"Comodo, sì"
Un lampo squarciò il cielo fuori dalla finestra mentre mi riappropriavo del microfono per chiudere la trasmissione "Perfino il cielo fa casino con noi stanotte! Buona serata a tutti voi la fuori e restate sintonizzati su Radio Killjoys per i prossimi aggiornamenti, qui è la vostra Urban Symphony che come sempre vi saluta con un unico consiglio: Make some noise!"
"Sembra che il tempo stia peggiorando"
"Così pare, hai intenzione di tornartene là fuori?"
A quel punto Matt sorrise, con quel tipo di sorriso di cui solo i maschi sono capaci "Mi stai offrendo un posto per la notte?" disse con tutta la malizia di cui era capace "Certo, lo vedi quell'armadio lì?" risposi indicando con il dito un armadio di quelli di legno vecchio, di quelli che la maggior parte della gente butta via ma che noi avevamo tenuto, che volete, dopotutto stava ancora in piedi e la serratura funzionava, alla fine sono le uniche caratteristiche che contano in un armadio.
"Intendi farmi dormire in un armadio?"
"No, ma dentro c'è un ottima brandina che potrai sistemare in questa stanza nella posizione che preferisci"
"Tutto d'un tratto la pioggia sembra allettante"
Mi alzai dalla mia postazione di comando ed andai verso di lui, non era molto più alto di me, quindi non mi fu difficile fissarlo negli occhi senza dover mantenere una distanza che mi permettesse di farlo senza farmi venire un fottuto mal di collo come succedeva con la maggior parte degli uomini "Smettila di fare il coglione e prendi quella brandina, a dispetto delle apparenze mi dicono che tu sia umano come tutti noi, quindi riparati da quella maledetta pioggia e smettila di fare il maschio che non deve chiedere mai, non ti si addice per nulla"
"Stai dicendo che sono tutto atteggiamento?"
"No, ti sto dicendo che essere testardi a volte non porta a nulla"
"Ti chiami Urban Symphony?"
"Ehi! Pensi che i miei genitori mi odiassero? Ovvio che no! E ora lasciami passare che voglio farmi una doccia il prima possibile, mi brucia ancora la pelle per colpa di qualcuno"
"Mica ti ho chiesto io di venire fuori!"
"Infatti, ringrazia!"
"Beh grazie signorina Urban Symphony!"
"Eliza, è il mio nome, mi chiamo Eliza"
"Grazie Eliza"
"Sai che diceva Oscar Wilde a proposito delle conversazioni sul tempo? Diceva: quando qualcuno mi parla del tempo, so già che vuole dirmi tutt'altro. E questo fatto mi rende nervoso"
"Ti rendo nervosa?"
"No, ma te lo si legge negli occhi che hai altro da dire"
"Si potrebbe dire lo stesso di te" Mi accorsi in quel momento di quanto fossero realmente magnetici gli occhi di Matthew, come se avessero davvero mille segreti da raccontare, come gli occhi di un bambino che scruta tutto quello che gli sta intorno con la massima attenzione, come quelli di un adulto che ha già visto molto ma non ancora abbastanza.
"Buonanotte Bellamy"
"Buonanotte Sym"

"Non te lo troverai mai un ragazzo se continui così Eliza"
Sara scuoteva la testa fingendo disappunto, ma si vedeva chiaramente dietro quegli occhi arrabbiati, che in fondo, trovava la cosa divertente.
Il tizio al quale avevo appena regalato uno dei miei migliori calci nelle palle era ancora accasciato sul pavimento lanciandomi improperi decisamente coloriti.
La gente intorno a noi era ormai abituata allo spettacolo, per cui dopo una breve occhiata era tornata a godersi le proprie birre tra il chiacchiericcio di sottofondo.
"Stava cercando di toccarti il culo"
"Fosse il primo! Sono maschi, non è che ragionano per davvero eh"
"Così sì che mi fai venire voglia di trovarmene uno!"
"Come se ci fosse la possibilità concreta.."
"Stai dicendo che non sono allettante?"
"No, sto dicendo che viviamo in un quartiere troppo piccolo perché ci sia un solo maschio qui intorno che non ti conosca o che tu non abbia mai preso a calci!"
"C'è Josh"
"E' nostro cugino….che schifo!"
"…Intendevo dire che a lui non l'ho mai preso a calci!"
"Ovvio! Punto numero uno: ti conosce, punto numero due: tu ti incazzi solo con quelli che ci provano con me, punto numero tre: ho già detto è nostro cugino! Che schifo!? E questo ci riconduce a un unico grande problema: neanche io mi troverò mai il maschio se continui a fare a botte con tutti quelli che mi si avvicinano"
"Tu non hai bisogno di un uomo, hai già me"
"Una magra consolazione, non c'è che dire…"
"Ehi!"
Scoppiò a ridere e scese dalle casse dell'amplificatore sul quale si era seduta per godersi la scena e mi saltò al collo.
"Lo sai che scherzo Eliza, come potrei mai lamentarmi del mio bel principe?"
Affondai la faccia nell'incavo tra la sua spalla e il collo, annusai il suo odore come se non lo sentissi da anni, adoravo il sapore di Sara, sapeva di sigarette e alcol e caramelle.
"Scema..e comunque, per la cronaca, la colpa è tua che ti ostini a cantare in questi bar per ubriaconi perditempo"
Strinse le braccia un po' di più intorno al mio collo "Io voglio solo cantare, non mi importa dove, non mi importa quando, non mi importa a chi, voglio cantare, ho bisogno di far uscire la voce. A volte è solo questo sai? Devo urlare più forte che posso, anche quando nessuno mi ascolta - avrei dovuto dirle che io la ascoltavo sempre la sua voce, invece non dissi nulla e restai ferma, con le mani intorno alla sua vita mentre scioglieva l'abbraccio e tornava a guardarmi negli occhi - E poi ci sei tu a proteggermi no? Non corro nessun pericolo al tuo fianco sorellina"
A quel tempo lo credevo anch'io, che l'avrei sempre protetta, costi quel che costi.
Per questo non le avevo detto che l'ascoltavo sempre, per questo ero stata zitta e le avevo accarezzato i capelli, come si fa con i bambini piccoli, perché c'era ancora tempo, tempo per starle accanto, per dirle che avrebbe sempre avuto qualcuno vicino quando avrebbe urlato le sue parole al mondo.
"Prendi il cappotto, è ora di tornare a casa Sara"

Non mi è rimasto nulla di lei.
Quando il governo è venuto a prenderla si è portato via la sua musica, la sua voce, i suoi capelli, il suo sorriso e quell'odore di sigarette e alcol e caramelle.
Di Sara ora, c'è solo il ricordo che mi accompagna e l'insegnamento che se vuoi urlare, allora devi farlo, ogni volta.

L'appuntamento con Steve era per le 19 al solito bar.
Erano le 19.10 ed io stavo per entrare in doccia.
Avrei dato la colpa a Matthew.
A casa mia avevo una targhetta che diceva: "errare è umano, incolpare qualcun altro mostra potenzialità manageriali"; me l'aveva regalata Sara, non ero sicura che scherzasse.
Comunque, era veramente colpa di Matthew da un certo punto di vista, presumo che il suo batterista non scherzasse quando aveva affermato che doveva letteralmente obbligarlo a farsi la doccia dopo i concerti o sarebbe uscito così, in alternativa.
In ogni caso, non ero donna da rinunciare ad una sana - e meritata - doccia e per fortuna, non ero neppure una di quelle che ci mettono una vita a prepararsi. Sono abbastanza orgogliosa dei miei 20 minuti record per doccia, capelli, vestiti e trucco. Il risultato non conta.
L'importante è partecipare, no?
"Dì, ma tu sei sempre uscita conciata a questo modo o è solo una fase transitoria della crescita?" Matt stava fissando i miei leggins verde acido in abbinamento con la mini gialla mentre sputava sentenze al mio indirizzo.
"Ha! Senti chi parla! Quello che mi-cospargo-di-colla-e-mi-tuffo-nell'armadio-come-esco-esco!"
"Ehi! I miei sono capi di alta moda!"
"Infatti! E chi dice qualcosa sul singolo capo, è l'abbinamento che fa schifo Bellamy"
"Questo non è affatto vero, stanno bene messi così"
"Dici che è il colore verdino della tua pelle che stona allora?"
"Mi stai dando del malato?"
"No, dell'alieno e ora muovi il culo che siamo in ritardo!" Afferrai il mio cappotto appeso all'uscita e mi diressi giù per le scale, verso il portone che dava sulla strada.
"E di chi sarebbe la colpa?"
"Tua, ovvio, o almeno, per Steve di sicuro!"
"Carogna!"
Alzai una mano per richiamare l'attenzione di uno dei taxi che ci sfrecciavano davanti. "I debiti si pagano Bellamy!"

Era strano come fosse tutto cambiato nel giro di pochi mesi, da quando il governo ha stretto la nazione nel suo pugno di ferro una delle metropoli più popolate al mondo aveva cambiato faccia inesorabilmente. Dove una volta c'erano le luci dei bar aperti ora si vedevano solo serrande chiuse imbrattate dei vecchi ricordi degli artisti di strada, sopra i marciapiedi dove una volta era impossibile camminare senza urtare qualcuno ora c'era solo cemento e battiti leggeri di pioggia ticchettarvi sopra, rimembri del rumore di scarpe da tennis che correvano spensierate verso un futuro che doveva solo essere scoperto.
Chissà dove si sarebbero diretti quei piedi se avessero saputo cosa li aspettava alla fine della strada…
Matthew si era fatto silenzioso, se ne stava assorto nei suoi pensieri mentre il taxi ci portava al nostro appuntamento sfrecciando per le strade deserte della città.
Il coprifuoco sarebbe scattato di lì a poco e ormai non erano molte le persone che si aggiravano incuranti degli ordini, ormai erano poche le persone che osavano disobbedire a un qualunque tipo di ordine.
Mi faceva incazzare.
Sapevo che erano in molti ad ascoltare la nostra radio, ero sicura di questo, così come ero sicura che non contasse davvero, se volevamo farci sentire, avremmo dovuto fare di meglio che mandare musica proibita nell'etere e limitarci a una rivolta passiva. Non sono mai stata una promotrice di guerra, però sono una persona pragmatica, se c'è qualcosa che non va, bisogna aggiustarlo e quando le parole non bastano più, ci si deve far sentire con i fatti.
In un modo o nell'altro le cose dovevano cambiare.
Matt pagò il taxi da vero gentiluomo, come gli feci notare quando fummo scesi.
Appena entrati nel bar fui io ad avvicinarmi per prima a Steve, se ne stava seduto in un tavolo all'angolo, diametralmente opposto al bancone, non troppo lontano dai bagni, per me andava bene, con un'alzata di mani il barista mi avrebbe vista e si sa, l'alcol ti fa pisciare come se non ci fosse un domani.
Mi tolsi il cappotto fradicio e lo buttai su una delle sedie libere, poi mi voltai verso Matt che se ne stava ancora lì imbambolato a fissare Steve dall'alto - si fa per dire - del suo metro e settanta "Hai intenzione di restare lì ancora per molto?"
Quello che avvenne dopo, beh, era piuttosto prevedibile.
Matt si chinò a sferrare un pugno a Steve che dal suo canto si limitò a fissarlo massaggiandosi la mascella senza reagire, se non con lo sguardo.
Anche Steve se lo aspettava, ne ero sicura, eppure non l'aveva gradito comunque, lo fissava con lo sguardo di chi sapeva di esserselo meritato ma non lo accettava, dopotutto, Matt non era l'unico a soffrire per quello che era successo.
"Me lo dovevi Steve, lo sai anche tu"
Il cappotto di Matt andò a finire sopra il mio e con un gesto di finta noncuranza scostò una sedia prendendo posto tra me e Steve, come per un gesto di sfida a reagire.
"Bene, se voi due avete finito di fare i maschi io ordinerei le birre"
Sapevo quello che aveva fatto Brian e a dirla tutta non lo credevo persona da sacrificare se stesso per gli altri, ma dopotutto io non lo conoscevo. Mi chiedo cosa doveva aver pensato quando aveva letto la lista dei ricercati principali e vi aveva trovato il nome dei Muse in cima.
Paura, forse.
Era stato veloce, il tempo di organizzare la fuga di quelli che aveva deciso di salvare e la cattura di chi con lui non avrebbe visto l'alba mai più. Matt era incazzato. Non gli avevano detto nulla, era tornato a Londra ritrovandosi una casa piena di gente ma vuota dell'unica persona che voleva vedere. Tutte le spiegazioni del mondo non potevano bastare.
A conti fatti Brian era stato egoista, aveva scelto la sua fine piuttosto di quello che sarebbe rimasto senza Matt. Aveva scelto di imporre a Matt quel dolore dal quale lui stesso fuggiva.
Conviverci, non è possibile.
Matthew ora lo sa fin troppo bene.
Sa com'è svegliarsi la mattina al fianco di un cuscino vuoto, annusare vecchie magliette sperando di trovarci un odore che risiede solo nei ricordi, aprire il frigo e trovarlo vuoto e dirsi che va bene così, una birra basterà per la serata.
Matthew sa tutte queste cose e sa che la colpa è di Brian, ma quello che non riuscirà mai a dimenticare è l'amore che ha provato e prova tutt'ora per quella persona che l'ha costretto a vivere così, perciò ha cercato qualcun altro, qualcuno che potesse prendersi le colpe che non poteva dare a lui, qualcuno che l'avrebbe pagata o avrebbe messo la parola fine a tutto.
Per questo mentre io e Steve parlavamo dei prossimi programmi, dei picchetti, delle dimostrazioni di protesta, Matt ci ha fissati e ha detto "Voglio partecipare anch'io".
Perché doveva dare la colpa a qualcuno che non fosse Brian.
Noi ci siamo girati verso di lui guardandolo come se avesse detto la cosa più assurda del mondo. Matt in mezzo a quel macello era una mina vagante, lui non era un capo rivoluzionario, era solo un uomo che cercava vendetta.
Cercammo di fargli cambiare idea, che non era una cosa che potesse fare, non era adatto a lui quel ruolo.
Gli dicemmo tutte queste cose sapendo benissimo che non sarebbe servito a nulla, così come non era servito a me quando accesi per la prima volta le comunicazioni via radio e nella gola avevo solo parole di vendetta che volevano uscire, parole che volevano essere urlate al mondo.
Rabbia.
"Voglio partecipare Steve, non importa quello che direte lo sai, non permetterò mai più che mi lasciate dietro le quinte come un bambino da proteggere. Non ho bisogno di protezione"
"Lo dici come se non te lo meritassi di essere protetto"
Si girò verso di me e dal suo sguardo capii che il problema non era meritarsi protezione, averne bisogno, il problema era che da perdere non aveva più un cazzo di niente e non se ne sarebbe stato lì, con le mani in mano, aspettando la fine di una storia che aveva odiato dalla prima riga. Sarebbe sceso in piazza con noi o senza di noi, sfoderando tutte le armi che gli erano rimaste, fino all'ultima, fino a restare senza voce.
"Starai con Symphony" Fu la risposta di Steve. In un momento diverso mi sarei lamentata, quella sera, però, me ne restai zitta ed annuii al suo indirizzo.

Tornammo a casa su un taxi silenzioso come quello che ci aveva accompagnati all'andata. La pioggia aveva cessato di cadere, eppure né io né lui avevamo voglia di parlare del tempo quella sera.
Stavamo dando il via ad una guerra.
Del tempo avremmo potuto parlare quando tutto sarebbe finito.

Quello che rende forte un uomo non è la volontà di proteggere chi ama, ciò che lo rende davvero pericoloso è il desiderio di vendetta. Se strappi a un uomo la ragione che aveva per andare avanti, lui ti inseguirà fino ai confini del mondo, ti troverà e vorrà il tuo sangue a ripagarlo del dolore. Di quello che viene dopo, non importa a nessuno.


Note dell'autrice…Che dire, innanzitutto è stato un maledetto parto e il prossimo sarà anche peggio, già lo so! Ma abbiate fiducia! Continuerà! è.é
Per il betaggio e i consigli e l'inesauribile pazienza si ringrazia come sempre nainai <3
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, messo nelle preferite, seguite e in particolar modo chi ha trovato il tempo di lasciare un commento! Alla prossima!
Ery
   
 
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