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Autore: Mistryss    12/12/2010    2 recensioni
Correva l'anno 1760 circa, e fra i tetti di una città del paese di Arjanne, si aggirava una misteriosa figura nerovestita.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Era la mattina presto di un Lunedì d'estate, il vento sferzava il volto teso di Jean, mentre con passo pesante camminava per la città, portando con sé una borsa in pelle. Era uscito di casa pochi minuti prima con la scusa di volersi fare una passeggiata prima dell'arrivo del suo insegnante, ma in realtà il suo obiettivo era tutt'altro. Solo René sapeva dov'era veramente diretto, ma di certo non lo avrebbe spifferato in giro.

Il giovane emise un sospiro rassegnato. Non gli piaceva doversi affidare a quella persona, ma d'altronde non aveva altra scelta se voleva fare un po' di soldi, quindi niente ripensamenti, doveva continuare per la sua strada. La zona in cui si trovava era ancora un po' buia, perché le case sorgevano ai lati di una strada piena di alberi che crescevano proprio accanto alle case, e che crescendo avevano creato una specie di tetto di foglie che oscurava il cielo. Le abitazioni erano vecchie, alcune anche piuttosto disastrate, d'altronde si trovava in una delle zone povere della città.

Le strade nonostante fosse mattina presto erano già piene di gente: chi andava a fare il bucato, chi apriva il proprio negozietto, chi andava a lavorare, chi a vendere i giornali; solo i nobili facevano la vita comoda e iniziavano più tardi il loro lavoro. Sempre loro...i nobili, quelli che hanno tutte le fortune: proprietari di terre, vite agiate, ricchi da far schifo; mentre nella stessa città, a pochi metri di distanza, la povera gente che si spacca la schiena dalla mattina alla sera per poter avere dei soldi per poter vivere. Lui non aveva mai provato di persona questo tipo di vita, ma gli era capitato di avere a che fare anche se per breve tempo, con persone che davvero lavoravano quasi fino allo sfinimento solo per quattro soldi.

Continuando a camminare, passò lungo una parte di strada che fiancheggiava una delle piazze della città. Era piuttosto sporca quelle poche volte che l'aveva vista, ma ricordava che era spesso usata per un certo tipo di avvenimenti, anche se ora non ricordava cosa.

- Dai, muoviti, muoviti! - diceva un ragazzino ad un suo amico mentre attraversavano frettolosamente la strada in direzione della piazza.

Jean sorpreso dal'arrivo dei due ragazzini, si fermò un attimo per lasciarli passare, in modo da evitare il rischio di scontrarsi, poi riprese il suo cammino. Lungo la strada però molte altre persone si dirigevano piuttosto interessate verso quel punto, destando così la curiosità di Jean, che decise di seguire la folla. Quando finalmente raggiunse anche lui la piazza però, quello che vide gli fece passare la curiosità. Ora ricordava per che tipo di avvenimenti veniva usata:i ghigliottinamenti! Lentamente alcune autorità iniziarono a prendere posto sul patibolo, e poco dopo anche il condannato. A quella scena, Jean si sentì gelare il sangue: il condannato era una ragazzina! Il suo cuore per poco non mancò un battito a quella terribile scena, e dentro di sé si domandò quale terribile crimine doveva aver fatto quella ragazzina, per meritarsi una condanna a morte.

- Condannata Alphonsine Barret. - disse quello che probabilmente era il capo della polizia in quella zona. - Avanza sul palco - le intimò.

La giovane aveva si e no l'età di Maria. Indossava un semplice indumento di tela marroncino, neanche elaborato in qualche modo: era come se indossasse un sacco per le patate ma con le maniche; i suoi capelli invece erano neri, lunghi e piuttosto sporchi e crespi. Ma nonostante l'aspetto trasandato aveva lo stesso portamento fiero di Maria, e nonostante stesse per morire, non dimostrava la minima paura.

Uno degli uomini sul palco le fece poggiare la testa nell’incavo della ghigliottina, mentre il capo della polizia le si avvicinò.

- Alphonsine Barret, sei stata giudicata colpevole del reato di furto di cibo: hai qualcosa da dire al riguardo? - le chiese.

- Sì: - rispose lei a testa alta e con sguardo fiero. - non me ne pento, se potessi tornare indietro nel tempo lo rifarei ancora e ancora.

- Piccola svergognata.. - mormorò in rimando l'uomo.

In lontananza, una campana segnò lo scoccare dell'ora, e in quel momento colui che doveva essere il giudice, diede il segnale agli altri di lasciare andare la corda.

Jean inorridito non osò guardare quell'orribile scena, e si voltò sconvolto.

<< Non posso guardare, non riesco a guardare, non voglio guardare! E come potrei?! Al posto di quella ragazzina potrebbe benissimo esserci Maria! Stesso portamento, stessa fierezza, sono davvero simili, e stare a guardare mentre viene giustiziata, come fanno gli altri, sarebbe barbarico! >> pensò inorridito.

Non riusciva a stare in mezzo a quella folla urlante di gioia per quella morte, e rapidamente infatti si allontanò fino a raggiungere nuovamente la strada in cui camminava prima, per poi fermarsi di fronte al muro di una vecchia casa. Furioso come rare volte, batté molte volte i pugni contro la parete per potersi sfogare, mentre a fatica tratteneva la voglia di urlare dalla rabbia. Non riusciva a darsi pace: aveva assistito all'esecuzione di quella ragazzina, ma continuava a domandarsi se non ci fosse stato un qualche modo per poter evitare a quella poveretta una morte così orribile. Gli piangeva il cuore all'idea che ormai la legge fosse arrivata al punto di far giustiziare anche dei semplici ladri di cibo, soprattutto in un'età così giovane. Non era meglio rieducare a quell'età, invece di uccidere?

- Dannazione! Dannazione! - esclamò continuando a battere i pugni. << Se solo avessi potuto fare qualcosa per aiutarla... Maledizione! Invece di decapitare le ragazzine che rubano cibo, dovrebbero pensare a criminali peggiori! Perché invece di punire con la morte chiunque vada fuori dalla legge, non cercano di rieducare? Sono stufo di sentire di gente che viene decapitata...non è che ammazzando tutti i criminali, diminuisci il loro numero! Tanto c'è sempre qualcuno che commette crimini, il numero sarebbe sempre e comunque in aumento...Ovvio, chi ammazza dovrebbe giustamente essere ucciso a sua volta, ma uccidere chi ruba o che altro, non è giusto! >> Pensò arrabbiato.

Cercò di darsi una calmata: non poteva fare nulla contro queste cose, erano parte della società, per quanto non gli andasse giù. Fece un respiro profondo per poter riprendere il controllo, e in quel momento sentì un dolore alla mano destra, così le sue attenzioni si spostarono su di essa: le nocche e un fianco erano tutti tagliati e sanguinanti, per questo faceva male, solo che prima era così furioso che non aveva pensato al dolore. Istintivamente strinse la mano ferita nell'altra, senza trattenere una leggera smorfia di dolore. Non aveva nulla con cui medicarsi o fasciarsi, per cui era inutile pensarci troppo, per cui riprese la sua borsa, e di malavoglia continuò il tragitto.

Lungo il cammino, la strada si fece sempre più bella: i ruderi iniziarono a essere sostituiti da case normali, non particolarmente sfarzose, ma adatte alla gente media. Gli alberi non erano più così fitti, e se ne trovavano molto meno lungo i viali delle strade, che erano costellati di numerosi negozi e botteghe: sarti, gioiellerie, panetterie, e molto altro. Continuò fino in fondo alla strada, poi girò in una stradina a destra piuttosto stretta e senza illuminazione, che lo condusse infine ad una porta piuttosto semplice, con una piccola tettoia malandata poco sopra. All'apparenza sembrava una comunissima uscita sul retro, che poteva benissimo avere senso in un ristorante, o in un albergo, ma che per lo studio di un avvocato, era alquanto strana. Però Jean sapeva bene a cosa serviva quella porta: era un ingresso per i "clienti".

Si accertò che non stesse arrivando nessun'altro in quella via, dopodiché aprì la borsa ed estrasse tre oggetti, cioè un capello nero, un mantello dello stesso colore,  e una maschera che copriva solo la parte superiore del volto: erano parte dell'abito di Black Rose. In tutta fretta li indossò, dopodiché bussò tre volte di seguito, una poco dopo, e altre due successivamente, come si era sempre concordato di fare quando andava lì. Ad aprirgli venne un vecchio piuttosto rinsecchito dall'aria arcigna, che dopo averlo squadrato un momento, si voltò indietro da dove era entrato e urlò:

- Signore, avete un cliente!

In lontananza si udì un breve "fallo entrare", e in tutta risposta il vecchio in totale silenzio si mise accanto alla porta, facendo segno di entrare.

<< Tipo davvero chiacchierone, eh? >> pensò ironico.

Sapeva bene dove dirigersi: non era la prima volta che andava da quel tipo, ormai la strada la conosceva a memoria, come probabilmente tutti gli altri suoi "clienti". Da quell'ingresso sul retro, camminò lungo un corridoio piuttosto spoglio, senza alcuna porta o finestra, finché non vide arrivare una luce da una stanza sulla destra, e allora seppe di essere arrivato a destinazione. Prima di entrare sullo stipite della porta bussò esattamente come aveva fatto all'ingresso, in modo da attirare l'attenzione dell'uomo seduto alla scrivania.

- Ah, il signor Black Rose! - esclamò l'uomo con un tono quasi di scherno.

Eccolo lì: Alfred Dubois, l'usuraio. Era un uomo sulla cinquantina, i capelli castani brizzolati erano pettinati all'indietro in modo compatto, e i suoi occhi di un azzurro quasi grigio scrutavano sempre con aria famelica e maligna i suoi clienti da sopra gli occhiali da vista.

- Allora, sei venuto per altra roba presa durante i tuoi "lavori"? - gli chiese con l'espressione di chi non vedeva l'ora di racimolare tanti soldi.

- Esatto. - rispose freddamente, con voce profonda.

Detestava avere a che fare con quell'uomo, ma era uno dei pochi che sapeva farsi gli affari suoi, e aveva occhio per la roba di un certo valore. Con questo pensiero, velocemente aprì la borsa e ne rovesciò il contenuto sulla scrivania dell'usuraio, che osservò la refurtiva con aria soddisfatta.

- Quanta bella roba! - commentò l'uomo sghignazzando.

Il giovane di fronte a quella reazione strinse i pugni dalla rabbia e cercò di trattenersi dal desiderio di prenderlo a cazzotti. Odiava quel tipo: lavorava come avvocato, ma dietro quell'attività si celava quella di usuraio, cosa che Jean non poteva sopportare. Un avvocato era una persona che difendeva e seguiva la legge, il fatto che fosse anche un usuraio, che elargiva soldi in modi assolutamente contro la legge, era inammissibile!

Lo osservò mentre prendeva la refurtiva e la studiava con una lente per stabilirne il valore complessivo, e tutto senza mai togliersi quel ghigno soddisfatto dalla faccia. Una volta finita la valutazione inforcò nuovamente gli occhiali, posò sul tavolo lente e malloppo e alzò lo sguardo verso di lui.

- Bene, per tutto ti posso dare ottocento. - disse infine.

Quella cifra lasciò spiazzato il ragazzo.

<< Cosa?! Ma è una cifra bassissima! Stiamo scherzando, vero? >> pensò fra sé e sé.

Avrebbe voluto prenderlo e puntargli al collo la spada, ma decise di calmarsi e non farsi andare il sangue alla testa. Doveva restare impassibile, come era sempre stato in presenza di quell'uomo, non doveva lasciarsi andare: non doveva avere comportamenti che potessero rischiare di smascherarlo.

- Non prendermi in giro. Il prezzo è troppo basso, lo sai benissimo anche tu che come minimo tutto fa sui duemila. - disse poi con tono freddo e distaccato.

- Oh, non ti sfugge proprio niente, eh? E va bene, per tutto ti do' duemilacinquecento.

- Mi sembra giusto, accetto.

Velocemente monsieur Dubois prese tutto ciò che gli era stato dato, e dopo averlo affidato al servitore che aveva appena chiamato, si diresse nella stanza accanto per prendere la cifra pattuita. Jean non dovette attendere molto prima che ritornasse con i soldi, e una volta che l'uomo era tornato, velocemente il giovane ladro buttò i soldi nella borsa, che poi richiuse subito dirigendosi infine verso l'uscita.

- È sempre un piacere fare affari con voi. - gli disse all'ultimo l'usuraio continuando a sghignazzare.

Jean in tutta risposta si affrettò ad andarsene da quel posto vomitevole.

 

Una volta lasciatosi alle spalle l'incontro con l'usuraio, il suo primo pensiero fu rivolto alla lezione del giorno: non poteva arrivare in ritardo, che figura ci avrebbe fatto?! Conoscendo il suo precettore, se fosse arrivato in ritardo gli avrebbe fatto una ramanzina lunghissima e noiosissima, che lui non aveva la minima voglia di ascoltare, dato che aveva altro per la testa e perciò pensò che fosse meglio affrettarsi a rincasare. In quel momento una campana suonò le otto emmezza del mattino. La lezione iniziava alle nove in punto, gli restava solo mezz'ora per arrivare a casa! Senza perdere altro tempo, il giovane si mise a correre più veloce che poteva: era abituato a correre, nei panni di Black Rose aveva fatto corse in luoghi incredibili, però non gli era mai capitato di dover correre così veloce per la strada, dato che di solito per i suoi spostamenti usava la carrozza. Ma la carrozza era privata, non se ne trovavano certo in giro per la città di disponibili, quindi l'unica soluzione era quella di correre.

Correndo il tempo passava, e con il tempo, se ne andavano anche le case della città. Dal quartiere medio, dove si trovava lo studio dell'usuraio, passò a quello popolare, quello dove aveva assistito al ghigliottinamento, per poi arrivare infine a quello nobile, dove abitava. Ad un certo punto però dovette fermarsi a riprendere fiato: era sì abituato a lunghe corse, ma ogni tanto doveva pur riprendersi! Stanco si appoggiò a un lampione a bordo strada . Fu in quel momento che per caso ascoltò la conversazione di due servitori lì vicino.

- Hai sentito la novità? Pare che un nobile straniero, un certo Foster, farà trasferire dalla sua prima casa fino alla sua seconda casa qui molta roba di valore! - stava dicendo uno dei due.

- Cosa?! Davvero?! Ma è impazzito? Invece che sistemare la roba di valore in una seconda casa, dovrebbe metterla in cassaforte! - ribatté l'altro stupito.

- Il fatto è che vuole mettere la sua roba di valore in un caveau di quelli sorvegliati notte e giorno. Il problema è che quello che ha scelto è lontano, e non si fida a lasciar troppo tempo in giro i suoi oggetti di valore, quindi li mette temporaneamente nella sua seconda casa e li fa sorvegliare. Fa' conto che sono così tanti che fra lo scaricarli, farli controllare e ricaricarli, ci vorranno minimo due giorni.

A quel racconto, Jean drizzò le orecchie interessato: questo poteva essere l'obiettivo del suo prossimo furto. Doveva prestare la massima attenzione a ciò che quei due dicevano, perché potevano fornirgli informazioni interessanti.

- Ma non farebbe prima a caricarli su un treno merci? - domandò nuovamente il secondo uomo.

- Non sia mai! Quel tizio è un tirchio di prima categoria! Mio cugino, che è fra quelli che trasportano la sua roba, mi ha raccontato che secondo questo nobile, far caricare la sua roba su un treno merci costa troppo, e non può tenere d'occhio i suoi averi, quindi non si fida. Dice che preferisce far trasportare la sua roba con i carri, perché almeno può controllare con abbastanza sicurezza chi guida.

- Che tipo strano che è...

- Tutti i nobili sono strani, amico mio. Ma una cosa è certa: con l'arrivo di questo nobile in città, potrò guadagnarmi un po' di soldi finalmente!

- E perché mai?

- Perché quello ha bisogno di parecchia gente per portare a posto la sua roba, e mio cugino mi ha detto che anche se tirchio, da' varie mance a quelli che lo aiutano. Quindi, è probabile che più lo aiuti, più la mancia sarà grossa!

Dopo quello, Jean decise di aver sentito abbastanza, e velocemente tornò a casa, con la testa piena di pensieri riguardo tutto ciò che gli era accaduto quel giorno.

 

Mancavano cinque minuti alle nove quando arrivò all'abitazione, ancora piuttosto irritato per quella brutta giornata la cui unica nota positiva era che aveva trovato un nuovo obiettivo per i suoi furti.

Vedendolo entrare René capì subito che qualcosa non andava: lo conosceva da anni ormai, e rare volte lo aveva visto con un'espressione come quella che aveva al momento, inoltre le nocche e un fianco della mano destra erano pieni di tagli, e il ragazzo non poté fare a meno di domandarsi che avesse fatto il suo padrone per ridurle in quello stato.

- Padron Jean, va tutto bene? - gli chiese avvicinandosi preoccupato. - Avete una faccia...

A Jean in quel momento non andava per niente di parlare, per cui liquidò la domanda dell'amico e servitore in modo sbrigativo, dicendo che era tutto a posto e che era solo stanco per aver corso. Ma il servitore non era certo così cretino da cascare in una scusa così banale, per cui tentò di insistere per farsi spiegare cosa fosse successo.

- Padron Jean... - tentò di chiamarlo, ma in quel momento, una voce interruppe ciò che stava per dire.

- Monsieur De la Rou??

Era monsieur Durand, il precettore di Jean, venuto per la lezione quotidiana. Era un tipo deciso, che andava dritto al sodo, e senza troppi complimenti diceva le cose come stavano, e soprattutto, era un tipo piuttosto severo. Come età, non era molto vecchio, avrà avuto trent'anni. Portava i lunghi capelli neri legati in una coda bassa sempre molto curata, e indossava un paio di occhiali sottili, dietro i quali si vedevano chiaramente i suoi freddi occhi marroni. Lui era uno di quelli che danno molta, se non troppa, importanza alla classe sociale: non si sarebbe mai abbassato a dare neanche un singolo pezzo di pane a qualcuno che non era nobile, o comunque di un ceto per lo meno piuttosto benestante. La sua filosofia era: "lo studio permette di distinguerci dai rozzi incivili che infestano questo mondo e non si vogliono acculturare."

Sentendo che il suo precettore era arrivato, senza perdere troppo tempo il giovane Jean andò a prendere il materiale per la lezione e gli venne incontro senza manco lamentarsi, come di solito faceva. Monsieur Durand, non notò minimamente quel comportamento così tranquillo, e non ne voleva manco sapere il motivo, a lui bastava fare il suo lavoro, per cui insieme al giovane nobile andò nell'aula che usavano di solito, e lì iniziò la sua lezione.

La lezione proseguì piuttosto distrattamente per Jean: era sempre perso nei suoi pensieri, fra l'esecuzione, l'usuraio e le idee per il prossimo furto. "se solo avessi potuto salvarla...!" oppure "quel tizio...ogni volta che vado da lui mi viene su un nervoso..." erano alcuni dei pensieri che gli affollavano la testa. Di solito il suo livello di attenzione alla lezione era medio, ma quel giorno non stava manco ascoltando ciò che l'insegnante gli spiegava.

<< Vediamo... come posso riuscire a entrare nella casa di quel Foster, indisturbato? Non posso di certo passare da qualche passaggio nascosto, anche perché dubito ce ne siano, però non sono sicuro di riuscire ad entrarci da qualche finestra, perché mi pare che la distanza sia troppo grande per poter saltare o lanciarci qualcosa. Potrei arrivarci volando, devo solo capire come... >>

- De la Rou, prestate attenzione! - lo ammonì improvvisamente il precettore.

Jean dopo quel richiamo finse per qualche minuto di prestare attenzione, per poi tornare alle sue macchinazioni una volta certo che l'insegnate non lo controllasse più.

 

Le lezioni finirono a mezzogiorno circa, e di tutto quello che quel giorno era stato spiegato, Jean non aveva sentito neanche una parola perso com'era nei suoi pensieri. A tavola mangiò velocemente e in silenzio per poi rinchiudersi nel vecchio studio di suo padre, da qualche tempo suo. Era sua abitudine stare in quello studio quando voleva elaborare i piani per i suoi furti: era un posto tranquillo dove difficilmente poteva essere disturbato, dato che non c'era alcun motivo per cui i servi dovessero entrare in quella stanza, a meno che non li facesse chiamare lui. Certo di questo, dal doppio fondo di un cassetto tirò fuori uno strano disegno: rappresentava un oggetto di forma triangolare con una specie di manubrio sotto di esso. Il foglio era pieno di freccette e appunti al riguardo, che spiegavano a cosa servisse ogni singolo pezzo, e di cosa doveva essere fatto, nulla era stato lasciato a caso. Controllò velocemente che non mancassero annotazioni, dopodiché dall'armadio lì accanto tirò fuori l'occorrente per creare quello che era rappresentato sul foglio, e ancora con in testa ciò che era successo in quel giorno, si mise all'opera. Da quando era diventato il ladro Black Rose, gli capitava di doversi costruire strani marchingegni per i suoi furti. Era un lavoro a volte faticoso, ma in fondo dava soddisfazione.

Lavorava quasi da un'ora, quando sentì bussare alla porta della stanza. Erano tre colpi di seguito più uno poco dopo: era il segnale di riconoscimento di René.

- Vieni pure. - gli disse in risposta ai colpi. - Come mai sei qui? - gli chiese una volta che fu entrato.

- Sono venuto perché prima mi siete sembrato piuttosto strano. Va tutto bene? - fu la sua domanda un po' preoccupata.

- Eh? Certo! - mentì.

- Non mentite, non sono scemo da credere che sia tutto a posto, vi conosco da troppo tempo. Quando siete arrivato a casa avevate un'espressione che pochissime volte vi avevo visto avere, e anche le nocche della mano destra insanguinate. Si può sapere che avete combinato?

- Ma niente....

- Avanti, non fatemi insistere...

Jean sapeva bene cosa significava far insistere René, ed era una cosa che avrebbe volentieri evitato, per cui vuotò subito il sacco e gli raccontò di quello che era capitato: la decapitazione della ragazzina, l'incontro con quel bastardo dell'usuraio, e l'idea per il furto.

- Capisco... - disse René al termine del racconto. - Vedete che ha fatto bene a parlarne con me? - aggiunse poi notando che il volto del suo amico e padrone era diventato più rilassato.

- Devo ammettere che hai ragione...

- Dovreste imparare a fidarvi un po' più di me e parlarmi dei vostri problemi. Sono o non sono il vostro fedele servitore? - gli disse in tono leggermente ironico.

Jean a quella frase sorrise divertito.

- Beh, s'è per questo sei anche il mio migliore amico, quindi almeno in privato potresti anche darmi del tu, non ti pare? Insomma, è seccante sentire il proprio migliore amico che ti da' del "voi"!

- Non mi sembrerebbe giusto non darvi del "voi", siete pur sempre il mio padrone, no? Io sono un servitore e voi un nobile, siamo di due classi sociali diverse, darci a vicenda del "tu" significherebbe considerarci pari, cosa che non siamo.

Il giovane nobile a sentire il discorso dell'amico emise un lungo sospiro rassegnato, poi tornò alla questione .

- Non c'è verso di farti cambiare idea, eh? Magari avessi la possibilità come i re di concedere titoli nobiliari a mio piacimento, così almeno ti metterei al mio livello e la differenza di classe, e di conseguenza i problemi a essa legati, sparirebbero.

- Sarebbe bello, ma mi accontento anche di questo. Piuttosto, come avete intenzione di entrare nella villa di Foster prima del colpo?

- Beh, pensavo di farmi passare per uno di quei tanti che vogliono tenere d'occhio la casa e il resto per beccarsi poi la mancia quando lui arriverà.

- Capisco. Vi dispiace se vengo con voi?

A quella domanda, il giovane nobile guardò stupito l'amico, domandandosi se stava dicendo sul serio o no.

- No, va bene, ma perché? Non ti sei mai interessato ai miei lavori prima dei furti. - notò.

- Non c'è un motivo vero e proprio, semplicemente mi va. - rispose René scrollando le spalle.

Jean lo guardò con occhio critico.

- Bah. - concluse infine. - Piuttosto, vieni a darmi una mano ad assemblare questo, - disse indicando quello che stava costruendo. - dato che non hai niente da fare. - aggiunse poi.

- Veramente qualcosa da fare ce l'avrei.... - tentò di replicare il servitore.

- Dai, su, poche storie! To' - gli disse in risposta allungandogli un tubo. - prendi e vieni a darmi una mano!

René emise un lungo sospiro rassegnato, poi afferrò ciò che il suo padrone gli stava porgendo, e con lui iniziò a costruire lo strano oggetto.

 

Alcuni giorni dopo, erano circa le tre del pomeriggio quando Jean e René si presentarono davanti a villa Foster, pronti a mettere in atto il piano di sopralluogo elaborato in precedenza. All'ingresso della casa si trovava un tipo piuttosto corpulento, che guardava in modo truce chiunque si avvicinasse all'abitazione.

- Chi siete, cosa volete?! - ringhiò immediatamente quando vide Jean e René dirigersi in direzione sua e l'ingresso.

- Abbiamo saputo che cercate un po' di gente per tenere d'occhio la casa in vista dell'arrivo del suo proprietario, e noi siamo giusto giusto alla ricerca di un lavoro. - spiegò Jean. - Devo aggiungere altro?

- Non serve... - grugnì il risposta l'energumero per poi togliersi da davanti alla porta. - Entrate.

La villetta all'interno era piuttosto piccola: prima di entrare veramente dentro c'era una specie di piccola anticamera dove probabilmente gli ospiti aspettavano di venire annunciati al padrone di casa. Entrati dentro la casa invece ci si trovava davanti a una grossa sala a cui si affacciavano quattro porte: due a destra e due a sinistra.

- A destra ci sono la cucina e la dispensa, a sinistra la sala da pranzo e quella da ballo. - spiegò brevemente l'energumero.

Dalla parete accanto alla dispensa partiva una scalinata che conduceva al piano superiore dell'abitazione. Assieme al loro "accompagnatore" la imboccarono vedendo quindi il primo e ultimo piano della villa: c'era nuovamente una sala su cui s'affacciavano questa volta più stanze sui due lati e alle loro spalle, mentre di fronte a loro c'era solo una grande finestra con un balcone che dava su un piccolo giardino.

- Allora, monsieur Foster arriverà qui fra tre giorni, e per allora questa casa deve brillare, chiaro? I mobili dovete metterli tutti nel salone da ballo, ma per vostra fortuna sono pochi. - spiegò l'uomo.

I due giovani si guardano l'un l'altro perplessi: di cosa stava parlando quel tizio?!

- Scusate, ma...dobbiamo proprio farlo noi? - domandò Jean.

- Certo, e chi altri?!

- Ma scusate, non c'è la servitù per questo genere di compiti? - osservò René.

- Sì, ma i servi stanno tutti nella casa principale, nella patria di monsieur Foster, e non hanno di certo voglia di venire qui apposta per pulire tutto e tornarsene poi indietro.

- E quindi tocca a chi si offre di lavorare... - concluse Jean con un sospiro.

- Esatto. - confermò l'uomo con un sorrisetto soddisfatto, per poi dirigersi verso una stanza che si rivelò essere il ripostiglio e tirarne fuori due scope. - E ora, al lavoro! - esclamò lanciandole in direzione dei due amici che le presero al volo.

                                                            ***

Da pochi minuti l'energumero che li aveva accompagnati dentro se n'era andato lasciandoli al loro lavoro per tornare a fare la guardia fuori dalla villa, e i due così si trovavano ora da soli nel bel mezzo della sala a spazzare con le scope. René era abituato a pulire la casa e quant'altro, per cui spazzava senza troppe storie ma prestando anche attenzione ai dintorni: infondo era venuto lì per provare a dare una mano al suo padrone per una volta. Jean invece spazzava senza prestare attenzione a ciò che faceva: preferiva osservare e memorizzare ogni dettaglio della casa, di certo gli sarebbe stato molto più utile quello per il furto.

- Cavolo, nessuno aveva parlato di pulire la casa di quel tizio! - brontolò lasciando andare la scopa seccato.

- Beh, guardate il lato positivo padron Jean: desideravate che la differenza sociale fra noi due non ci fosse, e in effetti ora stiamo lavorando entrambi come comuni servitori!

- Sì, ma io volevo che fossi tu quello a salire di posizione sociale, non io a scendere!

I due in contemporanea sospirarono, dopodiché Jean cerco di cambiare discorso.

- Senti, ora che quel tizio se n'è andato fuori, che ne dici di metterci al lavoro? Mi serve il tuo aiuto per iniziare a sbloccare tutte le finestre della casa, costruirmi un'uscita d'emergenza in caso porte e finestre fossero bloccate e installare qualcosa che mi permetta di portare fuori la refurtiva.

Il giovane servitore annuì in silenzio, per poi seguire il suo padrone al piano superiore. Al primo piano c'erano in tutto otto stanze, ma le chiavi erano solo sette: ciò significava che in una stanza era vietato l'accesso, e che quindi una volta trovato il modo di aprirla si poteva rivelare un ottimo punto di partenza. Era un'occasione che Jean non poteva certo farsi sfuggire. Si voltò verso il servitore con il sorrisetto di chi ha chiaramente in mente qualcosa.

- René, le hai tu le chiavi, delle stanze, vero?

- Sì, certo.

- E hai anche preso la mia attrezzatura da scasso?

- Beh, sì....

- Ottimo, allora passami le chiavi.

Il giovane servitore senza troppi problemi passò il mazzo di chiavi al suo signore, che con passo spedito si diresse alla porta davanti a lui. Cercò fra le chiavi quale potesse essere quella per aprire la porta, e una volta trovata si diresse a quella accanto ripetendo lo stesso procedimento. Lo fece per altre quattro volte, finché al settimo tentativo notò che nessuna delle chiavi in suo possesso apriva quella porta: finalmente aveva trovato la stanza!

- Ho bisogno dell'attrezzatura. - disse velocemente all'amico senza voltarsi ma porgendo semplicemente indietro la mano, e quest'ultimo velocemente eseguì.

La serratura non era niente di particolare, ma per fare il lavoro in modo preciso gli ci volle circa un quarto d'ora: non si doveva notare che la porta era stata scassinata, sennò addio a tutto il lavoro! una volta terminata l'operazione di scasso spinse la porta, che si aprì cigolando rivelando così il contenuto della stanza: si trattava di uno studio di medie dimensioni, piuttosto pieno di polvere, ragnatele e carte geografiche. Era di forma rettangolare e piuttosto spoglio: sul lato sinistro della stanza si trovava una piccola libreria mezza vuota che era ormai diventato casa per gran parte dei ragni della stanza, all'esatto opposto invece c'era una piccola scrivania con un grosso cassetto principale sotto e quattro sopra in una specie di spessa "parete" di legno; situato al centro si trovava un tavolino probabilmente molto semplice, coperto da un grosso lenzuolo bianco che evidentemente serviva per evitare che prendesse polvere, nonostante tutto il resto ne fosse alla totale mercé. La mobilia era pressoché assente, e per tutto lo studio erano sparpagliate carte di ogni tipo: geografiche, topografiche, documenti, ecc.. alcune stipate in scatole altri buttate direttamente per terra.

Jean incuriosito esaminò l'esatto contenuto di alcuni fogli: sembravano l'unica cosa di un minimo valore che avrebbe potuto convincere il proprietario della dimora a mettere sottochiave quel luogo, ma erano piuttosto vecchi e tutt'ora privi di qualsivoglia valore. Alla fine decise di lasciar perdere la questione, perciò si diresse verso le finestre di fronte all'ingresso e dopo averle aperte ed avere esaminato l'esterno, fece cenno al fedele servitore di portare l'attrezzatura, e questi obbedì.

Dovettero montare parecchie rotelle per creare un piccolo sistema come quello della carrucola, in modo da permettere di trasportare refurtiva e magari ladro insieme, e per collegare tutto e essere sicuri che funzionasse ci volle circa un'ora emmezza, ma alla fine lo studio era stato sistemato. Velocemente passarono alla stanza accanto, in cui ci misero quasi la metà del tempo, dato che ora erano più sicuri delle mosse che facevano. Avevano quasi finito con la terza quando l'energumero li venne a chiamare.

- Hey, voi due, guardate che io qui devo chiudere, vedete di uscire in fretta se non volete che vi chiuda dentro!

Sentendo l'avvertimento lanciato loro, i due si affrettarono a completare il lavoro, per poi prendere le loro cose e andarsene.

Non ci misero molto a tornare a casa, e anche in caso contrario, in fondo nessuno li stava aspettando. In tutta tranquillità Jean valicò il grande portone della villa, ansioso di buttarsi nel letto a riposare per poi continuare con i progetti del furto una volta rilassatosi.

- Hey, si può sapere dove sei stato?! - chiese all'improvviso una voce.

Si trattava di Maria, che, in camicia da notte, lo stava guardando con aria di rimprovero dalla cima delle scalinate che portavano al piano superiore della casa.

- Maria, che ci fai alzata?! - replicò lui preoccupato.

Data la salute cagionevole della ragazza, capitava ogni tanto che si ammalasse e fosse costretta a letto per alcuni giorni, e in quei casi lui non sapendo quasi nulla di medicina, non poteva fare altro che preoccuparsi per la salute della sorella. Si affrontavano in duello quasi a ogni furto, ma era sempre attento a non farle troppo male: se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato!

- Oh, stai tranquillo, su... sto bene, mi sono svegliata che ero in perfetta forma, e così ho pensato di farmi un giro. - spiegò Maria con noncuranza giocherellando con una ciocca dei suoi capelli al momento liberi da ogni sorta di acconciatura.

- Guarda che è il dottore a decidere se ti puoi alzare o no, chi ti dice che non potresti avere una ricaduta da un momento all'altro?

Senza pensarci due volte salì le scale e raggiunse la sorella.

- Avanti, torna a letto! - le ordinò spingendola verso la sua stanza.

- Tsk! Quante storie che fai! Solo perché sono uscita!

Guardando quella scena, René, che era entrato in casa poco dopo Jean, sorrise divertito.

- Signorina Maria, le consiglio di ascoltare suo fratello. - le disse. - Se non se ne torna a letto, temo che suo fratello Jean non starebbe tranquillo e diventerebbe più ansioso di una madre apprensiva.

La sola idea di ciò, face accapponare la pelle alla ragazzina, che decise di dare retta al servitore.

- E va bene, e va bene, me ne torno in camera! Ma solo perché lo dici tu, René!

E così dicendo, se ne tornò a grandi passi nelle sue stanze, in cui si chiuse sbattendo la porta nel modo più rumoroso possibile. Dopo che la ragazza se n'era andata, Jean si rivolse all'amico.

- Ma perché ascolta te e non me? - domandò.

- Chissà....forse è innamorata di me! - scherzò il servitore.

- Non dire cose simili che mi fai paura....

I due amici si guardarono un attimo, dopodiché ci risero su e tornarono ognuno alle proprie questioni.

 

Il pomeriggio seguente tornarono di nuovo nella villa di Foster, determinati a finire il lavoro nelle stanze e passare possibilmente al piano inferiore. L'energumero stavolta li accolse a braccia aperte.

- Ben arrivati ragazzi, ieri avete fatto un eccellente lavoro nelle stanze! Ci avete messo un po', ma siete stati perfetti!

Jean guardò l'amico piuttosto confuso: ma di che parlava? Il giorno precedente si erano limitati a piazzare i sistemi di fuga nelle stanze in preparazione al furto.

- Ogni tanto mentre voi eravate occupato a montare da solo certe apparecchiature, io ne ho approfittato per portare al piano di sotto alcuni mobili e pulire le stanze. - gli spiegò sottovoce René.

<< Cavolo, René non finirà mai di stupirmi, è pure così rapido da pulire mentre io faccio altro! >> pensò stupito. - Oh, mi fa piacere che apprezziate il nostro lavoro! - rispose all'energumero dopo aver sentito la spiegazione dell'amico. - Ora se volete scusarci, torniamo a fare ciò per cui saremo pagati.

E così dicendo, i due entrarono nella villa.

 

I giorni lavorando alla villa passarono in fretta, e finalmente arrivò il giorno prima del furto. Erano circa le sei di sera quando monsieur De la Rou rincasò e convocò il figlio nel suo studio. Il giovane incuriosito da quell'improvvisa convocazione non obiettò e seguì il padre nello studio.

- Jean, ti ho convocato qui perché ho bisogno che tu mi faccia un favore. Come ben sai, io viaggio spesso per lavoro, e ho clienti quasi in tutto il paese per vari affari spesso in sospeso. E sai bene che probabilmente un giorno dovrai succedermi in questo lavoro, quando io non ce la farò più.

- Certamente, padre. - confermò Jean non capendo dove volesse arrivare il genitore.

- Bene, allora vado al sodo. Domani ho qui in città un cliente per un importante affare, ma ne ho anche un'altro sempre domani in un’altra città, e nessuno dei due è rimandabile.

- Capisco, suppongo che desideriate che mi occupi del cliente qui in città, giusto?

- Sbagliato. Voglio che tu vada a occuparti per conto mio dell'affare nell’altra città: Arnage.

Jean ebbe un tuffo al cuore: il giorno dopo sarebbero arrivate le cose di Foster alla villa! Non poteva allontanarsi dalla città, avrebbe avuto solo due giorni circa di tempo per commettere il furto, dopodiché il bersaglio sarebbe ripartito per il caveau!

- Capisco. E..potrei sapere quanto ci dovrebbe volere per concludere questo affare? Di solito sempre sapete quanto tempo vi dovrebbero prendere i vostri affari.

- Hai ragione. L'affare durerà all'incirca tre giorni.




Ok gente, eccomi qui con il 5° capitolo! Chiedo scusa a quei 4 gatti che seguono la storia se ci ho messo così tanto, il fatto è che avevo poche idee... =_='' E mi sorprendo anche di aver scritto così tanto! o.o Emmenomale che non avevo idee! XD Ok, tornando a essere seri.... Avviso già che non so quando pubblicherò il capitolo 6, perchè ho ancora meno idee di quelle che avevo riguardo a questo ^ ^''
Ma parlando ancora più seriamente, voglio dire una cosa: quasi nessuno commenta la mia storia, ma non per questo smetterò di pubblicarla! Una ragazza che commenta la mia storia mi ha convinta a continuare a pubblicare, e un'anime che ho seguito ultimamente (per chi fosse interessato, l'anime è Comic Party) mi ha spronata ancora di più! per cui, fino a quando ci sarà almeno una persona che attende i capitoli della mia storia, continuerò a pubblicare! E non me ne frega se magari a qualcuno potrebbe fare schifo, a me piace, e continuerò a scrivere, anche a costo di scrivere solo per me stessa!
  
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