V CAPITOLO
La mattina dopo
aprii gli occhi ai primi raggi del sole dorato che entravano dalla finestra.
Illuminavano il mio vestito stupendo, gettato con noncuranza sulla sedia. Sospirai
piano per non svegliare Éomer. Mi sembrava un momento magico,
il suo viso dormiente era tranquillo e sereno. Ero raggomitolata accanto
a lui, la testa sulla sua spalla muscolosa. La sua grande
mano era abbandonata sui miei capelli arruffati, sul cuscino le nostre chiome
mescolate creavano uno strano effetto screaziato. Tirai la
coperta più su sulle nostre membra nude e sensibili all’aria fredda del
mattino, stringendomi ancora di più nel caldo incavo del suo fianco. Mi
sentivo deliziata, ma illanguidita, come persa in un mondo di sogno, e anche
stanca, poichè io in genere la notte dormivo. Accarezzai lentamente una ciocca
di capelli biondi che mi spioveva sul viso, poi mi riaddormentai pigramente,
sentendo l’odore di Éomer sopra di me.
Quando mi risvegliai lui non c’era, in compenso un
ricco vassoio della colazione era appoggiato sulla sedia. Mi sentii triste all’improvviso, persa come una bambina senza il
padre.
“Ha detto che non
sarà sempre così” la voce insopportabilmente petulante di Mathrel si fece
strada nella mia mente intorpidita. “Ha detto che solo per oggi ti ha fatto
mandare la colazione in camera, perché gli sei sembrata…ecco…spossata” potevo
vedere il rossore accenderle le guance. Allora un qualche pudore le era
rimasto.
“Lasciala stare.” Imhlen entrò titubante, parlando a bassa voce. “Come ti
senti?”
“Non male, ma strana.”dato
che le mie sorelle mi fissavano con gli occhi sgranati, aggiunsi: “Intontita.
Stanca.” Sperai che si accorgessero da sole che non desideravo
la loro presenza in quel momento.
“Vieni,
Math, lasciamola sola.” Disse infatti Imhlen.
Mathrel le ubbidì, ma non seppe trattenersi dal mormorare, prima di lasciare la
stanza:
“Se
si sente così, è perché non ha dormito neanche un minuto stanotte. Éomer
dev’essere uno che si dà da fare, non è vero, Lothi?” la scacciai
con un cenno, disperata per quella sorella senza un minimo di ritegno. Dopo
aver fatto un’abbondante colazione, mi alzai, chiamai la cameriera Falmer
perchè cambiasse la lenzuola e mi vestii con uno degli
abiti che avevo portato da casa. Sentii una fitta di nostalgia pensando a Dol
Amroth, ma la scacciai scrollando la testa. Avrei voluto che Éomer avesse aspettato il mio risveglio accanto a me, anche se
sapevo che non aveva certo tempo da perdere a guardarmi dormire.
“Falmer?”chiamai la
donna. Aveva trentotto anni, il viso serio ma buono.
“Si, mia signora?”
esitai. Non sapevo come porre la mia domanda senza apparire spaesata come mi
sentivo. Mi feci coraggio e le chiesi:
“Cos’è che fa in
genere una Regina qui a Edoras? Mia madre si limitava a curare l’organizzazione
del palazzo, e non so se qui le cose siano diverse.”
“Mi sa che voi
avrete anche altri compiti, mia signora. Spesso le mogli dei Re danno udienza
ai sudditi, ma curano anche l’andamento di Meduseld e in assenza del Re
governano il regno. Potete chiedere al Re a pranzo.”
“Si, grazie,
Falmer. Dov’è adesso?”
“Mi dispiace, mia
signora, ma è uscito a cavallo con Sire Aragorn e vostro padre.”
“Non c’è, quindi.”
Mi sentii delusa e abbandonata. Speravo che, essendo sposati, avremmo potuto
condivere qualcos’altro oltre che il letto e qualche sporadica conversazione all’ora dei pasti. Anche se non
morivo d’amore per lui, era pur sempre mio marito.
“Torneranno
presto, mia signora, vedrete. Comunque nessuno
si aspetta che voi facciate grandi cose stamattina.”
“Ma desidero fare
anch’io qualcosa di utile.” Mi venne un’idea. “Dove posso trovare quelle tessitrici che stanno facendo il
nuovo arazzo?”
“Fuori al sole,
sulla terrazza. Ma mia signora, non è necessario che voi vi mettiate a lavorare
subito.”
“Non ti
preoccupare, Falmer. Farò ciò che è in mio potere fare.”
Così dicendo mi sentii un poco più regale che all’inizio della conversazione.
Salutai la cameriera e mi misi in cerca delle mie sorelle: le trovai che stavano iniziando a radunare le loro cose nella
camera. Smisero appena si accorsero di me e mi fissarono con aria colpevole.
“Partiamo fra tre
giorni” disse infine Imhlen stringendosi nelle spalle.
“Così presto?”
“Ormai sono passati
sei mesi da quando siamo partite” mormorò Mathrel.
“Nostro padre è assente da casa da troppo tempo.” Era
vero. Per un motivo futile come il mio matrimonio, il Principe era stato
lontano per sei mesi da Dol Amroth. Rassicurai le mie sorelle dicendo loro che
non ero assolutamente né arrabbiata né triste.
“Stavo andando fuori
a vedere le tessitrici, venite con me?” A Mathrel e a
Imhlen le tessitrici interessavano, quindi recammo nel luogo nel quale le avevo
viste il primo giorno. E loro erano lì, tre anziane
donne curve sui telai nel punto più illuminato della terrazza.
“Vi posso aiutare?”
chiesi nella Lingua Corrente.
“Regina, noi siamo
le più abili tessitrici del Mark. Potresti eugugliare la nostra arte?” disse quella più vicina parlando con il pesante accento del
Mark, e mostrò un pezzo dell’arazzo già completato: Eowyn vestita da guerriero
che galoppava brandendo una lancia. Il disegno era realistico e i colori
vividi: mai avrei potuto realizzare una simile opera.
“No, non potrei. Ma
non c’è nient’altro che io possa fare?”
“In seguito avremo
bisogno di quel filo che vedi lì. Ma come puoi
osservare, è legato in matasse, e dovremo farne gomitoli. Potresti sederti
all’arcolaio e svolgere questo compito, ma è troppo
umile per te, Regina mezzaelfa, e per le tue sorelle Principesse.”
“No, lo faccio
volentieri.”risposi, e sistemata la prima matassa,un
bel filo di lana bianca, nei quattro bracci dell’arcolaio, la girai fra lo
strumento e le mie mani finchè non divenne un gomitolo perfettamente rotondo. Anche
Imhlen e Mathrel si misero al lavoro, Mathrel che faceva da arcolaio a Imhlen. Quei movimenti erano stranamente familiari,
centinaia di volte ci eravamo sedute sulla terrazza
comune alle nostre camere a sciogliere le matasse. Era rassicurante vedere che
nulla era cambiato, che ero la stessa ragazza che aveva fatto la maglia
canticchiando al mare, sebbene mi sentissi profondamente diversa.
Lasciai
chiacchierare Mathrel nonostante stesse continuando a fare insinuazioni su me e
mio marito, mentre Imhlen cercava inutilmente di chiuderle la bocca
soffocandola con un gomitolo.
“Insomma, se lei
non ci racconta niente, sono obbligata a immaginarmi
qualcosa, no?” si giustificava Mathrel tentando di evitare gli scappellotti di
Imhlen. “Per me non è un caso se Lothi ha delle occhiaie che le arrivano alle
ginocchia…Ahia!”
Trasformai, in una mattinata di lavoro, tutte le matasse in gomitoli,
mentre osservavo la terra di Rohan, ormai la mia terra, che si stendeva sotto
di noi. Conversai con quelle saggie vecchie e loro iniziarono a insegnarmi qualche parola nella lingua del Mark, che
dovevo imparare il più rapidamente possibile.
“Ecco Re Éomer!” Esclamò
all’improvviso la tessitrice più a sinistra. “Egli cavalca verso Meduseld
insieme al Re di Gondor e al Sire mezzoelfo.”
“E’ vero!” dissi,
inspiegabilmente felice. Il sole che aveva passato da poco l’apice
illuminava tre lontani cavalieri, potevo riconoscere da lontano il portamento
di mio padre e quello di Éomer. Ringraziai le anziane donne e loro
ringraziarono me, poi ordinai che venisse servito il
pranzo, in modo che i cavalieri in procinto di arrivare trovassero tutto
pronto. Poi andai ad aspettarli davanti al palazzo, mentre le mie sorelle
andavano a rassettarsi nella loro stanza.
“Sembrate
Dama Eowyn.”disse una delle due guardie delle porte. “Anche
lei soleva aspettare i Cavalieri davanti alle porte. Passava molto
tempo qui sola ad aspettare, la Dama dal Braccio di Scudo.”
“Io non aspetterò a
lungo” risposi. “Già scorgo il Re alle porte di Edoras.”
Mio padre, Sire
Aragorn e Éomer
giunsero galoppando ai piedi della collina, poi affidarono Zoccofuoco e gli
altri cavalli agli scudieri e si diressero verso di noi.
“Bentornati” li
accolsi. “Il pranzo è pronto.”
“Brava, Lothi”
mormorò Éomer, senza farsi sentire dagli altri due. Io gli
sorrisi e lo seguii all’interno di Meduseld.
“Dove vi siete
recati stamattina?” domandai mentre ci sedevamo a
tavola. Le mie sorelle sputarono dal buio e si unirono a noi, Faramir ed Eowyn erano andati a fare una passeggiata a cavallo.
“Siamo andati ad
incontrare dei messaggeri inviati dalle vedette stanziate sulle ultime
propaggini delle Montagne Nebbiose: una delle ultime sacche di resistenza degli Orchi ribelli si nasconde lì, e sembra che si stia
muovendo sempre più verso Isengard e l’Ovestfalda. Non possiamo permettere che
entrino a Rohan. Se quelle creature di Mordor mettono piede nella terra della
mia gente, le uccideremo tutte, come abbiamo fatto con i loro simili.” Éomer parlò bruscamente, con un’espressione strana in viso.
Vi leggvo la preoccupazione per il suo popolo, ma anche la
gioia feroce di poter combattere di nuovo.
Finito il pasto,
ordinai ai servitori di sparecchiare, poi cercai Éomer
e lo trovai in camera, che si slacciava i pesanti stivali. I lunghi capelli
biondi erano arruffati e in disordine.
“Te li pettino,
vuoi?” mi sorpresi a chiedergli. Lui mi guardò stupito.
“E’ da quando ero un bambino che nessuno fa questo per me.”
“Ciò non vuol dire
che sia un male” ribattei.
“Va bene, fai come
ti pare.” Mi lasciò sedere accanto a lui sul letto e sciogliere con il pettine,
e a volte con le mani, i numerosi e intricati nodi della sua chioma.
“Éomer, c’è una
cosa di cui desidero parlarti.” Gli dissi
mentre lavoravo con una ciocca particolarmente ingarbugliata. Lui fece
cenno di parlare. “Quali sono i miei compiti qui a Edoras? Cosa devo fare, in qualità di Regina?”
“Innazitutto
soddisfare il Re.” dichiarò, con un sorriso nella
voce. Io arrossii. “Ti devi occupare della direzione del palazzo e provvedere
al sostentamento della servitù e dei Cavalieri che dimorano qui. Poi dovresti
dare udienza ai cittadini di Edoras e dei dintorni che
portano piccole contese giudiziare che tu devi risolvere. Sii giusta ma
magnanima, non essere troppo severa con questi uomini che si stanno
risollevando da un periodo molto oscuro. Ovviamente le leggi vanno rispettate,
ma non essere troppo dura. Ma mi sembra che tu non
possa essere molto rigida con nessuno, non è così? Basta guardare la dolcezza
con cui tratti me, un rude soldato abituato solo alla guerra.”
Lo guardai meravigliata. “Le tue mani sono ferme, e io devo tornare a occuparmi degli affari del Regno.” Fece per alzarsi, ma
senza pensare gli afferraiil polso, trattenendolo.
“Cosa c’è?” incoraggiata
dalle parole che aveva detto prima, mormorai:
“E’ il nostro primo
giorno di matrimonio. Tu hai detto che mi ami, ricordi? L’hai detto davanti ai
tumuli dei tuoi antenati. Io vorrei…io vorrei che tu non mi lasciassi sempre
sola, almeno oggi.”
“Credevo di non
piacerti” ribattè Éomer, il tono ammorbidito che tradiva il viso indifferente.
“Non l’ho mai
detto. Non ci siamo certo sposati per amore, ma non ho mai affermato che tu non
mi piacessi.” La mia voce tremava leggermente. “Resta
ancora un poco, per favore. Mi sento sola e persa fra questa gente che non
parla la mia lingua!” Éomer riprese posto accanto a me e mi
strinse una spalla. “E le tue sorelle? E tuo padre? E la scorta che vi
accompagnato fin qui?”
“Non mi fanno
sentire meno spaesata qui a Rohan. Loro non sono di queste terre. Lo so che tu
sei molto occupato, però pensavo che almeno oggi…ma vai, non ti preoccupare per
me. Non voglio esserti di peso.” Éomer non rispose, non si alzò. Lentamente, come se fossi un oggetto
di cristallo molto fragile, mi sfiorò il viso, poi mi attirò a sé. “Grazie,
Éomer.” Bisbigliai al caldo fra le sue braccia
robuste.
“Anch’io
devo chiederti una cosa.” Disse chinando la testa verso di me. “Tua sorella…”
“Quale?”
“Quella più
piccola. E’ fidanzata?” alzai il capo fissandolo negli
occhi.
“No. Perché?”
“Il mio Maresciallo
Elfhelm mi ha detto che desidera sposarla. Pensi che accetterebbe?”
Mathrel. Mathrel e Elfhelm. Mathrel poteva restare qui! Se fosse diventata la
moglie di Elfhelm, sarebbe rimasta a Edoras, e io non
avrei dovuto separarmene. Conoscendola, sarebbe stata incuriosita dall’idea, ma
in fondo al cuore sapevo che per lei era troppo presto per rinunciare alla
libertà a cui era abituata. E poi, Mathrel non aveva neanche diciott’anni,
mentre Elfhelm aveva visto passare trentasei inverni.
“Se
devo dirti la verità, non credo che mia sorella sarebbe d’accordo. Ella è ancora molto giovane.”
“Anch’io
sono più vecchio di te.”
“Si, ma non di
diciannove anni. Tu hai trent’anni e io ventitrè, non c’è molta differenza.” Lui alzò le sopracciglia con fare scettico, mi accorsi che
nel suo sguardo c’era una scintilla scherzosa che avevo notato molto raramente.
“Guarda” esclamò
afferrandomi la mano “Guarda se non c’è differenza fra i nostri anni e le
nostre braccia.” Tirò su la manica del mio vestito e
quella della sua camicia di panno, mettendo in mostra il mio avambraccio
bianco, morbido e sottile, con il suo, abbronzato e muscoloso.
“Così non è giusto”
protestai allegramente. “E’ chiaro che il tuo braccio ha
compiuto molte imprese gloriose, e il mio, quanto a imprese gloriose, è
rimasto alla cardatura della lana.” Éomer rise, e fu come se il
un raggio di sole irrompesse in un cielo da troppo a lungo chiuso da
nubi grigie.
“Ora devo andare”
disse infine. “Ma non temere, tornerò presto.”
Alzandosi, mi diede una carezza lieve sui capelli. “Anzi, vieni anche tu; devi
iniziare a dare udienza a coloro che lo desiderano.”
“D’accordo.” Mi
alzai e lo raggiunsi sulla soglia.
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Ciao!
Mi dispiace per avervi fatto aspettare per
così tanto tempo.
So che mi volete tutti uccidere per aver
bellamente saltato la prima notte di nozze, ma non sono capace di scrivere una
cosa del genere e ho preferito lasciare tutto alla vostra immaginazione. In
compenso ci ho messo un’altra scenetta mielosa.
Come sempre ringrazio tutti coloro che mi recensiscono eo mi leggono, mi seguono,
ricordano o preferiscono.
Le recensioni mi rendono tanto felice, non è che me ne lascereste qualcuna di più? Per favore!
Un bacio grandissimo a
Arwins, Sesshy94, Nini Superga e Thiliol.
Baci,
Elothiriel